Se la cultura di destra fosse quel concerto di ultrasuoni, che Gianfranco Fini ha lanciato da un fischietto udibile solo dai cani e dai politicanti ammaestrati da Fabio Granata e da Alessandro Campi, avrebbe ragione il dottor Pier Luigi Battista, il quale, in una tagliente pagina del sontuoso “Sole 24 ore” (domenica 17 gennaio 2010) sostiene l'inesistenza di intellettuali ascrivibili a detta area.
Se non che Gianfranco Fini, il duce della latitanza culturale contemplata da Battista, non rappresenta la destra, non proviene dalla cultura di destra, non è neppure un mutante di destra.
Mutante è il ghost writer, l'autore della filastrocca sincretista ultimamente firmata da Fini. Una scuola di pensiero dice che il fantasma è un rautiano, di passaggio da destra a sinistra. Un'altra scuola sostiene che è il cantante ecumenico Jovanotti, in cammino da sinistra a destra.
Sul mutante entrambe le scuola forse sostengono il vero.
Il giudizio è sospeso. Non si tratta di Fini, ad ogni modo. Per rappresentare una mutazione, infatti, occorre che esista un mutante. Il vuoto mentale di un “creato” di donna Assunta, non può cambiare, attesa la sua conclamata appartenenza al nulla.
Nel nulla non si dà cambiamento, dunque non si può trovare l'ombra del cambiante e del cambiato. Intorno al nulla – caso mai – abita il comizio sofistico, la battaglia delle parole senza concetto, la chiacchiera che ieri esaltava Benito Mussolini e oggi scopre Hanna Arendt.
L'ignoto ghost writer di Fini traduce, con dotto eleganza, il non pensiero circolante intorno alla non lettura di Mussolini e della Arendt.
In questa scena comiziale, patetici sono i politicanti che tentano di interpretare il messaggio lanciato dal nulla. E patetici, alla fine, sono anche i giornalisti che confondo la cultura di destra con i pensieri dell'effimero trio Fini-Bocchino-Polverini.
Il dottor Battista sostiene che negli ultimi vent'anni la cultura di destra non ha prodotto niente. Ma cosa intende per cultura di destra? Le interviste televisive di Italo Bocchino? Gli articolini di Adolfo Urso? I fondini della volonterosa Perina? Le esternazioni della Polverini? Le acrobazie post-evoliane e post-rautiane di Fabio Granata?
Il dottor Battista ha mai nutrito il sospetto che a destra ci sia altro da pensiero rasoterra? Stenta ad ammettere che la destra moderna ha avuto inizio in Italia (lo dimostrò Giovanni Gentile) dalle insorgenze antigiacobine? Ha difficoltà a riconoscere che il “moderno”, combattuto dagli insorgenti italiani, è caduto nella polvere nietzschiana e heideggeriana? Legge, su “Repubblica”, gli articoli scritti dall'affranto Scalfari per confessare la catastrofica conversione della modernità al nichilismo? Può seriamente nascondere il radicale ribaltamento della scena contemporanea? Può ignorare la fine ingloriosa delle ideologie progressiste? Se non può (e non si vede a che titolo possa tirarsi indietro) si renderà conto che esiste una destra più profonda e più attiva del Fini-pensiero, del Bocchino-pensiero, del Polverini- pensiero.
Il dottor Battista può fingere d'ignorare l'esistenza di un'agguerrita destra tradizionalista. Può fingere di non aver letto la storia del rinnovamento missino scritta da Giuseppe Parlato. Può sostenere di non saper nulla degli articoli di Francesco Orestano, che (nel biennio 1942-1943) hanno avviato la conversione della cultura ufficiale al c. d. “secondo fascismo”, cioè al tradizionalismo di Niccolò Giani, Guido Pallotta, Balbino Giuliano, Armando Carlini, Nino Tripodi (l'autore di un importante saggio su Vico e la destra italiana).
Addirittura può far credere di non rammentare l'esistenza di Ernesto De Marzio e di Giovanni Volpe, i geniali organizzatori culturali, che promossero il rinnovamento della cultura di destra. Alle loro iniziative aderirono pensatori di alto profilo, quali Cornelio Fabro, Giorgio Del Vecchio, Carlo Costamagna, Gabriel Marcel, Nicola Petruzzellis, Ugo Papi, Augusto Del Noce, Marino Gentile, Francesco Gentile, Ennio Innocenti, Ettore Paratore, Francisco Elias de Tejada, Marcel De Corte ecc.
Infine Battista può raccontare ai suoi lettori che scrittori appartenenti alla cultura cattolica e alla buona destra, quali Gianni Baget Bozzo, Attilio Mordini, Fausto Gianfranceschi, Giano Accame, Fausto Belfiori, Francesco Grisi, Giovanni Torti, Marco Tangheroni, Silvio Vitale, Giulio Alfano, Marcello Veneziani, Primo Siena, Angelo Ruggiero, Roberto De Mattei, Alberto Rosselli, Tommaso Romano, Pietro Giubilo, Pier Franco Bruni ecc. non esistono e se esistono sono insignificanti. Tutto ciò è lecito, nel regime delle parole in libertà. Ma le parole, per sfuggire all'abbraccio della faziosa libertà, volano oltre l'ostacolo e vanno a cadere fuori dal seminato.
Piero Vassallo
http://artrc.blogspot.com/2010/02/destra-ultrasonica-e-cultura-di-destra.html
Caro Piero Vassallo,
RispondiEliminaChi le scrive è un giovane diciottenne ancora imbrigliato nelle asfissianti maglie di una scuola pubblica sempre più impegolata nella melma di una modernità degenerata e sempre più lontana dai capisaldi(Dante, Tasso, Vico, Manzoni, Carducci, D'Annunzio) di una cultura, quella italiana, che ho ben ragione di ritenere assai più gloriosa e nobile delle altre europee. Le opinioni che Lei ha espresso nel suo articolo, in sacrosanta polemica con Pier Luigi Battista, grand'alfiere di un mediocre intelletualismo d'angiporto, sono da me, che mi sento intimamente e profondamente tradizionalista, conservatore e assai vicino alle posizioni della destra, quasi interamente condivise, sennonché mi par che Lei dimentichi qualcosa, qualcosa che pure è oggidì evidentissima e manifestissima. Parlo della politica culturale della destra moderna, o almen quella che tal si proclama e che da troppo tempo governa il paese. Mi riferisco, nominibus omissis, al Presidente del Consiglio e alla colluvie dei suoi cavalier serventi e delle sue sgualdrine, mi riferisco alla miseria della scelta di un Ministro dell'Istruzione, ignorante avvocatuccia che agli studi ha tributato poco e niente della sua vita, mi riferisco alla mortificante programmazione televesiva delle reti pubbliche e private, che il Presidente del Consiglio controlla, ai devastanti tagli alla scuola, nutrice e madre della superba gioventù italiana, cui la Destra, quella vera, dovrebbe dedicare tutte le sue cure, risanandola anche sborsando danari di tasca proprio(ché tanto non ne mancano al Presidente del Consiglio) e riformandola secondo i dettami del classicismo e del tradizionalismo. La morte della cultura di Destra, di una cultura antica e nova, di un conservatorismo sincero, in favore di un becero capitalismo magnaccione, di una strafottenza cafona e ignorante, di un laido puttaneggiar a spese del pubblico erario, ha spalancato le porte al culturame sinistrese di cui Pier Luigi Battista è degno vessillifero.
Con stima e con la speranza che Lei risponda, per consentire o per correggermi
Domenico Giordani