venerdì 22 settembre 2017

I NOSTRI VALORI (di Piero Nicola)

  Leggo questo titolo su un giornale di presunta destra: "Minniti avvisa gli islamici: Adeguatevi ai nostri valori". Non perdo tempo col contenuto dell'articolo: mi chiedo quali siano oggi i nostri valori ufficiali e generali. E trovo solo degli anti-valori o disvalori assolutamente egemoni.
  In che cosa dovrebbero credere, adeguandosi, non soltanto gli islamici, ma anche tutti gli altri? Forse nel principio della partitocrazia faziosa e corrotta, inetta anche perché deve fare soprattutto i propri interessi? Partitocrazia screditata dal comportamento dello stesso popolo italiano, il quale, se va a votare, preferisce il voto di protesta.
  Perché poi gli stranieri dovrebbero aver fiducia nella civiltà di gente che rinnega la propria identità e le proprie tradizioni, posponendole al presunto bene di un consorzio civile multietnico, dove ogni credenza e costume viene sono posto sullo stesso piano? E gli islamici potrebbero mai accogliere l'uguaglianza dei sessi, gli uguali diritti di ogni tendenza sessuale? Potrebbero accettare le leggi che generano l'occidentale famiglia allargata? Quale rispetto o attrattiva esercita sui non cattolici un cattolicesimo (religione italiana) che, snervato e snaturato, in sostanza rinuncia a sé stesso, ovvero a essere depositario della Verità? I non cattolici possono soltanto star larghi nelle loro convinzioni, senza aderire né al nostro nuovo credo e alla relativa morale, né alla vecchia dottrina (salvo le mosche bianche come il battezzato Magdi Cristiano Allam) e, quindi, senza stimare le nostre tradizioni cristiane, la nostra civiltà autentica. Il buonismo invalso, concretato dalle leggi molli, per giunta male interpretate, male eseguite, risolto in una tolleranza indebita: questo disordine inguaribile, quale adesione può suscitare, se non nei delinquenti?
  Allora dove sta la possibile condivisione dei valori? Che cosa abbiamo da dare che valga, che sia ideale per gli stranieri? Perché meravigliarsi se essi formano delle colonie, se tanti finiscono fuorilegge e la loro gioventù, gli elementi fanatici, vanno a parare nell'estremismo integralista (permesso dal Corano) ovvero terrorista? Sono inutili le intimazioni e le minacce, quando non si riesce a persuadere, quando si offre un esempio così basso, una vita così iniqua e disperata (nichilismo). Siccome l'italiano è sceso a tal punto nella melma, quasi al di sotto di qualsiasi altra nazione, appare inutile pretendere che i nuovi arrivati rinneghino la loro differenza.
  Medico, guarisci te stesso. Comincia col riprenderti.


Piero Nicola

sabato 16 settembre 2017

PRINCIPI ELASTICI (di Piero Nicola)

Avete notato come il nostro Presidente del Consiglio e Francesco I vanno di pari passo? Che pensiero e azione di Bergoglio fossero sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda dei magni poteri mondani già si sapeva, tuttavia il capo in Vaticano, sino al suo rinnovato indirizzo sull'immigrazione, dava ancora a vedere un'autonomia morale colorata di cristianesimo. Circa l'indipendenza spirituale non se ne parla, essendosi la Chiesa declassata da depositaria della Verità a religione dialogante, che riconosce le molteplici confessioni come se non fossero erranti: Abolizione pratica del dogma sull'eresia.
  Rivenendo alla morale e alle sue sentenze, la politica governativa è passata dall'intangibile e illimitata accoglienza degli stranieri (giunti sul sacro suolo della Patria con qualsiasi mezzo e senza alcun vaglio preventivo per distinguere gli aventi qualche diritto di rifugiati dai semplici clandestini), è dunque passata da tale apertura (bensì sfornita di efficaci rimpatri successivi, legalmente previsti) a una certa regola restrittiva da imporre alle navi dei presunti soccorritori, collaboranti con i criminali che esercitano la tratta di africani e asiatici. Il ministro dell'Interno, uscito in avanscoperta, ha trattato con i capi libici per la limitazione degli imbarchi e dei trasbordi degli emigranti, nonché la riduzione dei flussi di genti provenienti dal centro dell'Africa. Dopo che egli ha assorbito gli strali degli scandalizzati umanitari d'ogni specie, Renzi e Gentiloni sono intervenuti a spiegare che è umano fare sì che i poveri neri siano aiutati a casa loro, e non si espongano ai pericoli del viaggio migratorio, e non debbano abbandonare le loro radici e i loro cari. Renzi ha ricordato che l'aveva sempre detto di voler aiutare i miseri là dove vivevano. Le organizzazioni che andavano a prelevare i naufraghi fin dentro le acque libiche, previo appuntamento preso con gli scafisti, hanno presto cessato di protestare, si sono ritirate dal traffico e, dopo anni, si sono accorte che i campi di raccolta dei destinati a sbarcare in Italia erano orribili luoghi di prigionia. La UE e lo stesso ONU si sono mostrati comprensivi delle buone ragioni per cui è stato effettuato un contenimento dell'invasione dei profughi e dei disgraziati, tanto più che il principio della loro accoglienza resta intatto. Ma di fatto anche Bruxelles ha ripiegato; "ha fatto marcia indietro" avrebbe detto la stampa di grande diffusione, se si fosse trattato del signor Trump, cattivone privo di attenuanti.
  La UE e gli stati europei che contano hanno convenuto che la massa degli extracomunitari da noi ospitati deve essere in congrua parte ridistribuita nelle altre nazioni dell'Unione. Si è parlato di rivedere il Trattato di Dublino, che prevede che la gestione degli immigrati debba essere a carico del paese che li ha ricevuti. Parole buone, intenti encomiabili. Gentiloni, andato nei paesi dell'Est europeo meno intransigenti in materia di immigrazione per aprirvi una breccia, ha ricevuto comprensione per le sue belle frasi emanate dal podio, diffuse dai canali televisivi. Ma, in sostanza, quei duri di cuore continuano ad essere fiscali, attaccati alle regole.
  Intanto qui le tivù e i giornali filogovernativi hanno trovato ragionevole che l'accoglienza degli stranieri perseguitati e disagiati debba risolversi in una degna integrazione. Occorre evitare che si generino emarginati e poveri in contrasto con i poveri italiani, per cui è giusto che l'afflusso sulle nostre coste venga moderato così da poter sistemare i nuovi arrivati. Il presidente della Repubblica ha concordato, migliorando con la sua pacata saggezza il pensiero un poco discorde manifestato in precedenza.
  Uno solo mancava alla generale concordia, alla conversione - che dico? - all'acquisto di una più meditata bontà, che lo slancio generoso aveva un po' fatto smarrire.
  Così è giunta l'ora di Bergoglio. Egli ha semplicemente condiviso la ragionevolezza del potere civile, ponendo in non cale la predica reiterata circa i muri da abbattere, i ponti da gettare, le porte aperte senza condizione, come è incondizionata la sua misericordia.
  Alcuni pignoli si sono chiesti in che modo si giustifichi una simile inversione di rotta. Di certo non si può credere a un indurimento del suo cuore. Noi siamo convinti che non sia in questione una rinuncia all'importazione di masse d'altra fede e d'altri costumi, assai diversi dai nostri, una rinuncia al bene della diversità. Deve trattarsi di una stasi necessaria, mentre il processo della convivenza multirazziale e multiculturale continua a fare il suo corso. Tuttavia la domanda dei sofistici merita un approfondimento. La risposta sta nella democrazia, che a volte dimostra un'insufficienza. Il difetto non consiste già nella disuguaglianza morale e di competenze dei cittadini elettori,  nemmeno nella gara spregiudicata dei candidati all'elezione, ma nella sussistente, irragionevole mutevolezza popolare, nei rigurgiti d'una presunzione di capire al di là del giusto. Un tempo circolava lo stupido adagio contadino: scarpe grosse e cervello fino. In effetti questo popolo ancora soggetto a ricadere nell'immaturità, brontolone e emotivo, talvolta pretende di avere più intelligenza e maggiori conoscenze dei conduttori televisivi e dei loro ospiti esperti, e persino più criterio del papa. Siccome poi ci sono partiti populisti che, essendo all'opposizione, sobillano e traviano la gente, ecco che le lezioni diventano una grana grossa per i partiti accreditati presso le massime autorità in campo europeo e mondiale.
  Ne consegue che i sondaggi di opinione fanno testo, quando risulta che molti, troppi non si persuadono più che conviene ospitare lo straniero e farsi da parte per fargli posto, perché ne verranno grandi vantaggi materiali e morali.
  Tutto qui. La gente non ha ancora imparato a vedere lontano, a stare al passo coi tempi, a credere abbastanza nella fraternità, dopo aver creduto nella libertà e nell'uguaglianza. Perciò l'elettorato va assecondato nelle sue paure, in attesa che la sua maturazione giunga a compimento. Intanto i populismi lasciano il tempo che trovano, sorgono e tramontano presto. Intanto, per il bene delle sue anime il benemerito Begoglio aggiusta la dottrina, ora in un senso ora nell'altro, secondo che tira il vento dei sondaggi di opinione.


Piero Nicola

mercoledì 6 settembre 2017

L'INTELLIGENZA (di Piero Nicola)

Or ora è giunta notizia che presso una nazione di progredita civiltà si rilasciano passaporti che prevedono il sesso maschile, quello femminile e un terzo sesso, per coloro che non si sentono di essere né uomo né donna. Il rispetto di quei governanti per quelli in precedenza ritenuti individui anomali e trascurabili è davvero segno di una delicatezza raffinata, di un grande perfezionamento del diritto, cui fanno riscontro governati sensibilissimi. Peccato che l'intelligenza di quella nazione non arrivi a valutare le conseguenze. La Storia, che non mente, ha sempre decretato la rovina degli stati che si ressero sui bizantinismi e sulla mollezza dei costumi. Soltanto lo stato e il popolo che accettarono e adottarono il dura lex sed lex, poterono salvarsi.
  L'intelligenza è una dote che abbaglia... le intelligenze, nonché l'ingenua onestà. È una qualità ambigua. Si reputa intelligente chi inquadra e risolve certi problemi, lo scienziato famoso (p.e. un Einstein), il letterato che merita il Premio Nobel (Pirandello), il filosofo possente (Kant), l'inventore, il grande erudito, il campione di scacchi, ecc. Anche un popolo, nelle suo insieme e tranne una minoranza, può essere considerato capace di acume, inventiva, discernimento (gli ebrei, certi paesi nordici ordinati ed efficienti).
  Errore. La gran parte di tali signori sono atei o agnostici; quei paesi civili ignorano la legge naturale e divina legiferando e governandosi a loro talento. Dunque la loro intelligenza è guercia, giocata dalle passioni. Passioni sottili, fredde, ma sostanziose, sostanziate di stolto orgoglio.
  Negando la metafisica, non resta loro che la scienza razionale e materiale. È intelligenza presumere che il metodo della cosiddetta scienza ufficiale possa scoprire la verità ultima, escludendo ciò che non ricade sotto la sua indagine, ossia il preternaturale e il soprannaturale?. Eppure grandi scienziati, che godono di autorità e d'indiscusso rispetto, cadono in questo errore marchiano. E ci devono cadere, non potendo negare le realtà percepite e incomprese, quelle possibili e nascoste, i fenomeni inspiegabili Assecondano il paradosso per cui la sperimentazione accerta i miracoli, ma essi non sono riconosciuti come soprannaturali in quanto sfuggono alla conoscenza scientifica, alla spiegazione razionale, in quanto non sono riproducibili in laboratorio. E allora si spiegherebbero con la natura, saranno spiegati appieno mediante le scoperte del progresso. Prometeo, ormai liberato, arriverà sino in fondo, svelando tutto il conoscibile, toccherà il limite estremo dell'universo come dell'infinitamente piccolo. Egli distruggerà ogni mistero, lo schermo che cela ogni principio e fine.
  E questa sarebbe intelligenza? Semmai è intelligenza quella dell'ottuso ignorante, il quale nei regni minerale, vegetale e animale, e nell'essere umano, e nel firmamento, riconosce la mano del Creatore, secondo la poca o tanta fede che possiede.
  E ci sono gli intellligentoni convinti della giustizia immanente e democratica: si contraddicono prevedendo una palingenesi scientifica, che lascia nell'oscurità miliardi di esseri umani trapassati prima di essa, senza di essa, così come il progresso ha già privato dei suoi beni secoli e millenni di vita mortale... Altri sono convinti della necessità di abbindolare il popolo con le falsità che lo corrompono e lo infrolliscono, come se le conseguenze della decadenza non coinvolgessero tutti quanti (esseri sociali). Inoltre la ragione stessa rifiuta di concepire il dopo della totale conoscenza come una storia di perfezione. Svelato, per mera ipotesi, il mistero dell'esistente, perché l'imperfetto mortale dovrebbe cambiare? Forse che nel divenire della conoscenza scientifica egli è cambiato, è migliorato? No di certo. E allora crolla il presupposto dello scientismo, e nondimeno della gnosi. Come mai la felicità iniziatica non si manifesta e non si dimostra?
  Gli intelligenti artefici (ciascuno nel suo campo), atei o agnostici, si aggrappano stupidamente all'evoluzione umana, considerandola un dato di fatto, perché si sono rivoluzionati i costumi di pari passo con leggi inedite, con una giustizia inedita. Essi usano la loro capacità intellettuale come può farlo qualsiasi individuo mediocre, presuntuoso e vittima delle proprie passioni. Si accecano davanti alla realtà di un'umanità invariabilmente in balia dei propri vizi: che uccide, tradisce, è neghittosa, egoista, vile, bisognosa di regola imposta, di sanzioni e di carcere. Gli intelligenti si difendono con i paraocchi, errano umanamente e perseverano con pervicacia, dando prova di non aver capito l'essenziale o di non voler capire per vigliaccheria.


Piero Nicola

lunedì 4 settembre 2017

Le corruzioni di Alessandro VI (di Piero Nicola)

Quando aderivo a una congregazione di sacerdoti anti-Concilio Vaticano II, e manifestai all'allora mio direttore spirituale il proposito di abbandonarla, non credendo alla possibilità di riconoscere papi coloro che avevano fatto il Concilio, né i loro successori, il buon sacerdote mi obiettò che nella Chiesa c'erano stati diversi pontefici erranti, e citò Alessandro VI Borgia, padre del duca Valentino, senza che si fosse avuto alcun scisma.
  Risposi che, per la verità, c'erano già stati nella Storia un occupante del Soglio di Pietro caduto nell'eresia al tempo dell'arianesimo, e Onorio I, monotelita, condannato da un Concilio Ecumenico. Mentre all'indegno papa Borgia, per quanto dissoluto, non si era contestato alcun tradimento dottrinale.
  In effetti, un monaco predicatore l'avrebbe messo sotto processo anche per eresia: Girolamo Savonarola; per altro, chiamato a Roma affinché si discolpasse, e mandato al patibolo dalla Signoria di Firenze, che in tal modo chiuse la questione.
  Di qui in avanti mi rifaccio dalla fonte costituita dall'Enciclopedia Treccani.
  A parte le varie denigrazioni e falsità che colpirono Alessandro VI fin dai suoi giorni (ebbe molti nemici e la sua condotta si prestava alla calunnia), è provato che i delitti, le violazioni della morale, da lui perpetrati furono gravi, molti e continui. Ma egli non abusò del Vangelo per il proprio interesse, spacciando corruzioni come fossero oro colato, per la perdita delle anime. I suoi successori non dovettero emendare la Legge di Dio, avendola trovata manomessa e pervertita.
  Essendo cardinale sotto Sisto IV, Rodrigo Borgia è legato in Spagna per la crociata (1472-73) e aumenta la sua competenza nel diritto canonico. Fin dal 1460 Pio II lo ha dovuto ammonire per il contegno licenzioso, sconveniente a un ecclesiastico. Non si corregge, ha svariati figli naturali e, di certo lo sono Giovanni, Cesare, Lucrezia e Jofré. Avendo guadagnato alla sua causa - non senza simonia - parecchi cardinali, viene eletto pontefice (1492). Ha per amante Giulia Farnese, sposata a Orsino Orsini. Giulia gli dà una figlia, e la relazione è di dominio pubblico. Riconosce pubblicamente la sua prole. Ed ecco il nepotismo sfrenato, per cui di congiunti del Borgia è popolata la curia; quindi verrà il finanziamento delle imprese del duca Valentino (Cesare).
  Il grande affetto per i figlioli lo trascinò a immischiarsi nelle brighe politiche, assai più che non gli fosse imposto dalla duplice condizione di capo della Chiesa e di principe italiano.
  A suo onore va il tentativo di pacificare Ferrante re di Napoli e Ludovico il Moro, protestando di voler opporre alle ambizioni francesi l'unione degli stati italiani, perché "quantunque fussi ultramontano," egli dice, " non amava manco la Italia che qualunque altro signore italico".
  Tuttavia nell'ora decisiva appare titubante e pauroso. Apre la città ai francesi (1494) di Carlo VIII.
  Scandaloso scioglimento del matrimonio di Lucrezia con Giovanni Sforza.
  La tragica morte del figliolo prediletto (duca di Candia) gli aveva dapprima ispirato propositi di riformare se stesso e la Chiesa, e di attendere alla pace e alla salute d'Italia, propositi che parvero e poterono essere sinceri. Una commissione di cardinali preparò una bolla, che gettava le basi della futura riforma cattolica.
  I sani progetti svanirono con l'ascesa del Valentino, ben più fermo del padre e machiavellico.
  Ormai la politica del papa è quella di Cesare Borgia, fattosi alleato della Francia e da lei protetto. I Borgia spadroneggiano anche nell'Urbe, appropriandosi delle grandi sostanze dei cardinali e dei prelati defunti e, si dice, avvelenati.
  In mezzo a tante manovre temporali l'attività religiosa di Alessandro VI non è stata trascurabile. Contro i Turchi, che minacciavano l'Ungheria e la Polonia, toglievano a Venezia le ultime sue colonie nella penisola balcanica e invadevano lo stesso Friuli, il papa tentò una lega fra i principi cristiani, pubblicò (4 febbraio 1501) una bolla per la crociata, mandò legati, riscosse denaro di decime e d'indulgenze e largì soccorsi; ma non trovò ascolto nei principi e nei popoli cristiani. Favorì anche gli ordini religiosi, le missioni, gli istituti di pubblica beneficienza; difese i privilegi della Chiesa e lottò contro eretici e marrani. Emanò per la Germania un decreto che sottoponeva la stampa alla censura ecclesiastica (1° giugno 1501), primo decreto in siffatta materia. La purezza della sua dottrina religiosa non fu mai messa in dubbio seriamente. Il rispetto, poi, che la dignità di Pietro riscoteva ancora, appare dall'enorme concorso di pellegrinaggi al giubileo indetto per il 1500, nonostante la guerra, la peste e la poca sicurezza di Roma. E meglio era apparso dal ricorrere della Spagna al pontefice per definire l'assegnazione delle nuove terre scoperte da Colombo, quando il papa segnò la linea di confine fra la sfera d'interessi spagnoli e portoghesi; primo trattato per il dominio del Nuovo Mondo. Morì nel 1503.
  In definitiva, egli si distinse per gesta religiose, per singolare mecenatismo, per idealità politiche. Ma la curia romana, lui pontefice, scese così in basso che, senza aiuto provvidenziale, pareva non si potesse rialzare mai più.


Piero Nicola