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martedì 23 giugno 2015
Il ruolo di SS Pio XII nella lotta per la libertà e la difesa della persona: La resistenza a Roma (di Giulio Alfano)
Leggendo gli “Apopthegmata Patrum” ci si ricorda che il demonio è incapace di conoscere i nostri pensieri,perché è di un’altra natura dalla nostra,ma si capisce anche come egli possa indovinarli attraverso l’osservazione dei movimenti del nostro corpo. Mediante questo segnale approfitta delle nostre debolezze per tenderci dei tranelli e di qui nasce l’importanza assegnata da sempre al comportamento esteriore e la spontanea venerazione per chi l’abbia perfetto,con un atteggiamento “ierocratico”. E’ il caso di papa Pio XII,che già nel suo aspetto nobile,superiore alle umane debolezze,dimostrava quella “sapientia cordis”che ha fatto del suo lungo pontificato uno degli eventi salienti del ventesimo secolo;tuttavia la sua figura non solo non è stata appieno approfondita,come un’anima tanto significativa meritava,ma è oggetto di denigrazioni che hanno certamente qualcosa che sfugge alle intelligenze integre,perché gli avversari di papa Eugenio Pacelli,sono sovente animati da quella acredine che confina con l’odio. Sembra curioso parlare di insidie contro la memoria di un pontefice,ma la “locutio contra mentem” è,soprattutto oggi,il principale avversario della “veritas” cristiana,che quel pontefice con giusto vigore ha affermato. All’inizio del secondo conflitto mondiale Pio XII è al soglio pontificio da pochi mesi,ma ha alle spalle una lunga presenza diplomatica,non solo nei sacri palazzi,nei quali è entrato giovanissimo,ma negli ambienti della mitteleuropa,che conosce con finezza e profondità. Conosce benissimo l’ambiente diplomatico tedesco per essere stato a lungo nunzio apostolico negli anni dell’ascesa del nazismo,ma,soprattutto,in quelli della repubblica di Weimar. Ha conosciuto l’esordio,l’incubazione violenta di quelle che,alcuni studiosi contemporanei,definiscono le “grandi narrazioni del XX°secolo”. In quel periodo comprende come il piede forcuto del demonio stia entrando nella politica dell’Europa centrale;non appaiano peregrine queste affermazioni perché la natura esoterica del nazismo e il valore anticristiano del comunismo di quegli anni sono fatti assolutamente documentati in sede storica. In quegli anni,tra la fine dei venti e l’inizio dei trenta,monsignor Pacelli è conosciuto anche per la sua forza spirituale:è un mistico che si nutre di preghiera,che ha avuto la forza di creare intorno a sé un anello di purezza inviolabile,a beneficio di quanti gli sono prossimi. San Francesco,che da pontefice proprio papa Pacelli eleverà a compatrono d’Italia insieme a S. Caterina da Siena,diceva “Beato quell’uomo che non vuole nei suoi costumi e nel suo parlare essere veduto né conosciuto,se non in quella pura composizione e in quell’adornamento semplice del quale Dio lo adornò e compose”. Sono parole che si applicano al giovane m ons. Pacelli che in terra germanica vede la difficoltà di essere “Christifideles”,ma capisce anche come la Chiesa ha una forza insopprimibile che Le proviene dal Vangelo del Cristo fattosi uomo. La sua presenza è vista con sospetto dagli ambienti vicini ad Adolf Hitler,che egli ben conosce nelle perverse mire politiche ed anche pseudo religiose. Non dobbiamo dimenticare che il predecessore di papa Pacelli,Pio XI,comprende dal 1931,con la lettera “Non abbiamo bisogno!”,la natura intrinsecamente pagana del fascismo italiano e non a caso chiama Pacelli come Segretario di Stato,proprio per la conoscenza dell’ambiente europeo e germanico in particolare. Appena eletto al soglio pontificio Pio XII rivolge un’accorata supplica ai contendenti europei:”Niente è perduto con la pace,tutto può esserlo con la guerra!”. Si trova di fronte ad Hitler che,certamente non voleva,almeno in quel momento,scatenare una guerra mondiale perché non preparato,ma realizzare estensioni territoriali col “blitzkrieg”,la guerra lampo,ma che non risponde all’appello pontificio. Non solo;nell’inverno del 1939 Pio XII si reca in visita al re Vittorio Emanuele III al palazzo del Quirinale,ed è la prima volta che un romano pontefice vi mette piede dal 1870. Il significato di quella visita epocale è un chiaro segnale per la pace:convincere il sovrano d’Italia,che non era comunque favorevole aqlla guerra e che era comunque il capo dello stato,ad intercedere su Mussolini,che è comunque il “suo” presidente del consiglio,affinchè trasformi la strana “non belligeranza”inventata per non infastidire l’intraprendente alleato nazista,in una dichiarazione di pace attraverso la neutralità! Il messaggio non è compreso dal re,che anzi non solo non muove un dito per mantenere l’Italia neutrale,ma,come i fascisti intransigenti,trasforma la sua iniziale ostilità all’entrata in guerra in un progressivo favore perche’ l’Italia ha aspettato anche troppo di partecipare ad una guerra facile. Pio XII non demorde e scrive personalmente a Mussolini,esortandolo,come hanno già fatto il presidente degli Stati Uniti e quello francese,a non legarsi al carro tedesco,che non solo segnerebbe la disfatta dell’Italia,ma accrediterebbe l’idea che Hitler possa scatenare una guerra planetaria dagli esiti imprevedibili. Ma il Duce nel suo cinismo riottoso,non rispose per nulla all’interlocutore francese,mentre al presidente Roosevelt affermò le ragioni della scelta bellica;al pontefice riservò un trattamento apparentemente più tranquillo probabilmente per l’intervento di padre Tacchi-Venturi,ma nella sostanza,ammonendo che “..Ella,Beatissimo Padre,mi insegna che la stessa chiesa non ha mai perseguito la via della pace fine a sé stessa!” e rifiutando con improntitudine ogni intervento pacificatorio. Pio XII perorò sempre la via della pace fino,come illustra il bel volume di Domenico Bernabei,”Orchestra Nera”,ad arrivare a sostenere una cospirazione,alla vigilia del conflitto,contro Hitler tra le stesse fila del partito nazista,di qui l’espressione spregiativa “orchestra nera”rivolta dal Fuhrer in persona ai sacerdoti della curia. Purtroppo il tentativo non sortì l’effetto sperato,ma Pacelli non si perse d’animo e pregò il nunzio apostolico,monsignor Orsenigo,di intercedere presso la cancelleria del Reich in favore degli ebrei perseguitati. Anche questa missione fallì,perché lo stesso Hitler,non appena Orsenigo pronunciò la parola “ebrei”lanciò un intero calamaio contro la parete che aveva dinnanzi. Già nel 1938 il predecessore di Pacelli,Pio XI,aveva rifiutato qualsiasi incontro con Hitler in visita in Italia,dando ordine di chiudere i Musei Vaticani e ritirandosi egli stesso nella villa di Castelgandolfo;andrebbero studiati maggiormente i contorni dell’improvvisa morte di Pio XI nel febbraio 1939,dopo che aveva scritto la discussa enciclica a favore degli ebrei,andata perduta per decenni,e rivolto un discorso molto duro al collegio teutonico dal titolo “Siamo Semiti!”. Archiatra pontificio era il professore Francesco Saverio Petacci,padre dell’amante del Duce il quale desiderava ardentemente affidare all’illustre clinico una speciale missione probabilmente di eliminare la lettera,nel timore non recondito di essere scomunicato ,per poter preparare meglio la scellerata alleanza con la Germania nazista. Già all’indomani dell’elezione al soglio pontificio Hitler,che non invia alcun messaggio scritto al nuovo pontefice,raccomanda al proprio ambasciatore a Roma di fare congratulazioni verbali al neoeletto Pio XII,ma non eccessivamente cordiali. In quegli anni viene riscoperta l’importanza degli studi tomistici sulla persona,che pure la Chiesa aveva ripreso al massimo livello del Magistero già col pontificato di Leone XIII che nella sua prima enciclica Aeterni Patris” del 1879 aveva riconosciuto alla Scolastica e al tomismo il fondamentale ruolo anche in sede sociale. Tommaso è molto chiaro:posto che non si tratta di disobbedienza perché l’obbedienza è una “virtù” dal momento che la libertà di per sé non lo è ma senza le virtù quali prudenza, perseveranza,pazienza e l’obbedienza,non si può vivere appieno la vera libertà come creatività partecipata,nel momento della tirannia si lede la “dignità”dell’uomo quindi si è “in-dignati”,privati della dignità,quindi “bisogna agire”nell’atto di usurpazione della dignità di fronte al potere oppressivo. Questo era stato già abbondantemente realizzato nel periodo immediatamente precedente al conflitto,basti pensare alla breve ma pur intensa stagione della rivista “Principi”animata da Giorgio La Pira(1904/1977)all’interno della consolidata tradizione della rivista domenicana “Ascetica e Mistica” . Va ricordato che l’Italia entrata in guerra nel giugno 1940 senza neppure riunire un consiglio dei ministri ,già nel 1941 aveva avuto tangibili i segni dell’incipiente sconfitta soprattutto in ordine al riconoscimento del principio della “resa in campo aperto”decretata da Mussolini stesso come Comandante delle FF. Armate e Maresciallo dell’Impero,offrendo la possibilità ai generali di arrendersi senza avvertire i comandi superiori o di zona. Il Duce dal febbraio 1943 deteneva le cariche di ministro degli esteri,interni,guerra,dovuto al primo rimpasto effettuato dopo vent’anni di regime in relazione ai suoi poi fondati timori di ribellione interna al regime stesso da parte dei più importanti gerarchi, in considerazione della conferenza di Casablanca del gennaio precedente che aveva stabilito per l’Italia la “Incondicional Surrender”,la resa incondizionata,quindi comandi militari,Corona e forze economiche cercarono in ogni modo di eliminare un contraente indesiderato:Mussolini. Che aveva trasformato un regime autoritario in uno cesariano intorno al culto della sua persona,tanto da avere deluso anche gli ex nazionalisti dell’ANI ai quali negli anni venti ,al momento della fusione col PNF, aveva pur promesso di elaborare una concezione organica del fascismo,in mancanza della quale esso restò sempre una dottrina del gesto e dell’azione e non divenne mai neppure un ideologia. Già all’indomani della crisi della sfortunata impresa Barbarossa con cui Hitler aveva nell’estate ’41 aggredito l’URSS,si cominciò a pensare ad un eventuale pace separata ed il Re confidò in Dino Grandi (1895/1988),come soggetto di alta gerarchia in grado di scardinare dall’interno il regime fascista che dal 1939 aveva persino trasformato il Parlamento in Camera dei Fasci e delle Corporazioni di cui Grandi,peraltro sgradito ai nazisti,era diventato Presidente. Nell’aprile 1943 Luigi Marchesi giovane aiutante di campo del generale Giuseppe Castellano,venne incaricato di portare i bollettini di guerra al Duce direttamente a palazzo Venezia per la censura da apporre prima di farli trasmettere dai notiziari EIAR . Tuttavia con una missione segreta:verificare “in loco”la possibilità di arrestare Mussolini;ne ricavò un opinione negativa giacchè la milizia era presente dappertutto e quindi il generale Castellano consultatosi con il generale Ambrosio capo di stato maggiore della difesa,carica peraltro creata da Mussolini stesso nel 1925 e ricoperta per lunghi anni da Badoglio,propose al Re un alternativa fattibile:arrestare il Duce nell’unica sede dove entrava senza scorta:il Quirinale. Si era pensato di effettuare l’arresto,ma poiché all’indomani delle conclusioni del Gran Consiglio del sabato 24 luglio Mussolini, che di solito si recava dal Re il lunedi,aveva chiesto un anticipo dell’udienza per il giorno precedente,domenica 25 luglio e nei giorni festivi durante la guerra il Sovrano risiedeva a Villa Savoia,quindi l’arresto venne effettuato in quel luogo dall’ufficiale Frignani,poi martirizzato dai nazisti alle Ardeatine , e l’ormai deposto Duce venne caricato sulla famosa ambulanza targata CR 1732,una di quelle che la settimana prima aveva portato soccorso alle vittime del bombardamento del quartiere di S. Lorenzo. Mussolini poteva in effetti essere liberato in mezz’ora se il regime già corrotto da vent’anni di compromessi,non fosse stato incarnato da personaggi che cercarono la prima via di fuga ,molti presso villa Wolkonsky sede dell’ambasciata tedesca,altri mimetizzandosi,ma lo stesso Mussolini portato prima nella caserma Podgora e poi in quella di via Legnano prima di essere trasportato col Persefore a Ponza, scrisse una lettera di risposta a Badoglio che gli illustrava i motivi della detenzione ufficialmente per evitare reazioni popolari,dicendo che come Capo del Governo aveva servito lealmente il Re ed era a disposizione. Ovviamente intercettato questo messaggio anche il generale Enzo Galbiati,capo della Milizia,non effettuò nessuna reazione in difesa del Duce restandosene nel suo comando di viale Romania.. Solo Manlio Morgagni,vecchio compagno di Mussolini ed allora capo dell’agenzia di stampa Stefani,si suicidò alla notizia dell’arresto del Duce sparandosi un colpo di pistola nella sua lussuosa casa romana di via Antonio Nibby 20 al quartiere Nomentano,non distante da villa Torlonia residenza dell’ormai ex capo del governo,per il resto non si mosse nessuno,ragion per cui quando molti mesi dopo ormai creata la Repubblica Sociale,quando sarà liberata Roma dagli alleati il 4 giugno 1944 Mussolini decreterà 3 giorni di lutto nazionale nel suo stato di Salò,vassallo dei nazisti. In questo contesto va collocata l’opera di papa Pacelli che nel 1942,in un celeberrimo radiomessaggio indica cosa sarebbe dovuto e potuto essere lo stato all’indomani della guerra mondiale come infatti fu;in tale ambito si maturano due iniziative che certamente vedono l’interesse di Pio XII molto attento e vigile:da un lato la ripresa dell’iniziativa politica dei cattolici con la fondazione in casa Falck e sotto la guida di Alcide De Gasperi,della Democrazia Cristiana come soggetto politico e dall’altro l’incontro, dal 18 al 24 luglio 1943 a Camaldoli, di personalità del mondo e dell’associazionismo cattolico per riflettere cosa fare e come trasformare quello stato che aveva condotto l’Italia e con essa l’Europa e il mondo in un conflitto immane ed assurdo ,in un momento certo difficile per l’Asse che aveva riportato la sconfitta di El Alamein,ma non si pensava ancora ad una disfatta certa delle armate naziste,anche se si profilava già un crollo o comunque una crisi molto forte dello stato fascista con le maglie del regime abbondantemente allargate e corrotte. Perché si era giunti ad un punto così critico?Come mai ci si era imbattuti in una angolo così buio della storia e soprattutto perché si era lasciato compiere scelte tanto negative al punto di ritrovarsi nel cuore di una così immane tragedia?Si era arrivati a quel punto perché quello stato e in genere quella cultura di antica ascendenza hegeliana aveva realizzato .uno stato etico e non aveva operato per il raggiungimento di un etica dello stato,anzi aveva contribuito a corrompere lo stato,avendo rimosso la persona dal centro dell’attenzione politica astraendola in un assoluto “sine nomine” che il fascismo aveva sublimato in uno stato corporativo all’interno del quale l’uomo diventava un idea e il suo spessore era ridotto ad una mistica dell’azione senza riflessione,ragion per cui un intera generazione imbevuta dal mito e dall’illusione si era ritrovata inconsapevole vittima sui campi di battaglia in una guerra di cui ignorava le motivazioni e non capiva le finalità. Lo stato etico fascista era uno stato che non aveva nulla contro,nulla fuori ma soprattutto non aveva nulla sopra di sé:era Dio!Questo era la conclusione del percorso cui aveva condotto il neoidealismo di Giovanni Gentile attraverso l’itinerario filosofico dell’autoctisi e questo era alla base dell’inganno fascista distante e distinto dal percorso filosofico politico e morale del cristianesimo,che pone viceversa al centro dell’azione pastorale e sociale l’uomo come persona,al quale si doveva tornare ,come poi si tornò, attraverso una forma istituzionale e un modello politico che facessero crescere e vivificare le migliori qualità della persona come soggetto e non come passivo oggetto. Di ciò percepì’l’importanza il Santo Padre,confortato dalla tenace azione del Padre Mariano Cordovani(1883/1950),domenicano,Maestro del Sacro Palazzo dal 1935 e che papa Pacelli proprio in quel 1942 aveva voluto elevare al rango più significativo di”Teologo della Segreteria di Stato”,carica appositamente creata per lui dal Pontefice a cui già però aveva pensato il predecessore Pio XI all’indomani della guerra di Spagna scatenata dalle provocazioni dell’ateismo comunista e realizzata dall’intervento nazifascista con la vittoria del Caudillo Francisco Franco che comunque pacificò quel paese da “soldato di Dio”come era stato definito dai cattolici vessati e perseguitati dal bolscevismo. Padre Cordovani tra il 1942 e il 1943 svolse un ruolo fondamentale in collaborazione col Pontefice ma anche in stretto contatto con mons. Montini sostituto alla Segreteria di Stato e profondo conoscitore del mondo associazionistico cattolico,ma anche attento a quella rivoluzione del pensiero filosofico politico che fu in quegli anni l’irrompere del personalismo di Jacques Maritain e di Emmanuel Mounier. Lo stesso Padre Mariano.che già nel 1926 era stato aggredito dai fascisti al congresso della FUCI a Macerata era stato il primo professore religioso,frate ad accedere come docente “honoris causa”all’università di Firenze nel 1933 per iniziativa dell’allora ministro dell’Educazione Nazionale Solmi. Cordovani e Montini scelsero Camaldoli come luogo e fucina di una riflessione profonda da compiere sul futuro dell’Italia e del mondo cattolico in ordine alle scelte da effettuare e alle responsabilità da assumere in quella urgente ora. Peraltro Camaldoli fu scelta proprio da Cordovani che era nato nei pressi,a Serravalle Casentino nel febbraio 1883 e in quel momento era forse il consigliere più ascoltato di Pio XII. Va ricordato,per inciso,che proprio nel 1942 il professor Gedda allora Presidente della GIAC fondava la Società Operaia per l’evangelizzazione dei laici,intorno al culto del Getsemani in un momento così difficile,primo sodalizio totalmente laico di consacrazione religiosa e di predicazione pastorale. E sempre Luigi Gedda in quell’anno immortala in un famoso film ,“Pastor Angelicus”,la vita e la quotidianità del Romano Pontefice. Papa Pacelli anticipa un quello che oggi si chiamerebbe “ontologia sociale”,perché vuole circondare di valore,di importanza e di forza propositiva tutte le funzioni sociali che hanno in sé un valore che contiene qualcosa di infinito e di sacro e perciò debbono essere animate dal più alto rispetto. Ogni funzione sociale ha un carattere di alta religiosità perché rappresenta l’ordine,la pace sia esteriore che interiore,la pace santa delle cose e delle anime,quella nella quale gli uomini possono provvedere ai loro interessi e alle loro destinazioni sociali e spirituali. L’apostolo Paolo nell’epistola ai Romani ammonisce “Flere cum flentibus,gaudere cum gaudentibus”,piangere con chi piange,allietarsi con chi si allieta,e la carità è proprio qui,nell’armonia delle anime tra loro perché senza comunicazione tra gli uomini non c’è società,non c’è realtà,non c’è politica!L’uomo non è un “silvano”un essere della selva che nasce solo e da solo muore,ma è un “Civis”un uomo che vive nella città la quale,tuttavia,non dev’essere per lui un luogo dove sentirsi più solo,ma uno “stato” nel quale esercita con più effettiva e piena libertà la carità. Ecco ,’importanza che Pio XII attribuisce allo stato sociale,nel quale l’uomo può amare l’altro uomo con più efficace azione e l’amore può trasformarsi in efficace azione di promozione e di progresso che il Santo Padre segue con attenzione quando proprio il professor Gedda gli proporrà la creazione del centro cattolico cinematografico,dei Comitati Civici e di tante iniziative tese allo sviluppo armonico della personalità dell’uomo fino alla fondazione dell’AIART,associazione di telespettatori creata all’indomani della nascita della TV in Italia nel 1954. L’uomo non vive una vita astratta fuori dal mondo ma con la sua intelligenza e la sua volontà prende possesso di tutta la sua realtà crea e vive la sua vita proprio appropriandosi e trasformando secondo l’esigenza della sua natura tutta la stessa realtà. La famiglia,la società,lo stato,le situazioni economiche,i cosiddetti fenomeni sociali non sono altro che la vita piena dell’uomo la pienezza della sua volontà,della sua natura la quale riesce sempre a porre se stessa e a ridurre a se stessa tutto il complesso e delle condizioni empiriche e naturali della vita,della “persona”. Pio XII agisce e rischia per la difesa dei perseguitati,ma sa bene i pericoli che l’intera comunità cristiana correrebbe se le sue iniziative si presentassero in maniera imprudente,esponendo molti innocenti alle rappresaglie tedesche. In Olanda avviene la deportazione dell’intero Carmelo dove viveva la beata Edith Stein e i nazisti vi avevano fatto irruzione a seguito anche della protesta dell’episcopato di quel paese per l’invasione. Riferisce Suor Pascalina,collaboratrice del pontefice,che a seguito del martirio di quelle suore,egli aveva scritto una lettera di protesta molto dura alle autorità tedesche,ma che poi,consigliato anche da monsignor Montini,preferì addirittura bruciarla non solo perché i nazisti avrebbero reagito in maniera ancora più violenta di fronte ad una presa di posizione del Romano Pontefice rispetto a quanto avevano fatto per una semplice lettera episcopale,ma anche perché vi era il fondato timore che potessero fare irruzione addirittura in Vaticano. E’ una testimonianza assolutamente vera,se si pensa che Hitler aveva allestito un vero e proprio tentativo di rapimento,denominato “operazione Rabat”,che prevedeva il trasferimento forzato del Papa a Monaco per costringerlo a firmare un enciclica filonazista.;per questo motivo il console tedesco a Roma,Eithel Moellahusen,che era cattolico,viste queste intenzioni,preparò un falso dossier su Pio XII facendolo artatamente apparire agli occhi di Hitler prono alle idee naziste. Questo dossier,una volta trasferitosi il console al nord e poi in Germania,capitò,nel dopoguerra, nelle mani della STASI,la polizia segreta della Germania dell’est,che,credendolo vero,accreditò la famosa storia del “Papa di Hitler”. L’”operazione Rabat” non si realizzò anche per l’intervento dello stesso Karl Wolf,capo delle . S. S. in Italia che si recò dal Papa il 4 maggio 1944,in abiti borghesi prestatigli da donna Virginia Agnelli,esattamente un mese prima dell’arrivo delle truppe alleate a Roma,per chiedere,rivelando i dettagli dell’operazione,l’intervento del pontefice per convincere gli americani a sganciarsi dall’alleanza con Stalin e fare una pace separata coi tedeschi. Pacelli indicò al gerarca nazista un possibile contatto attraverso il cardinale Schuster,che in effetti lo mise in collegamento con gli alleati,ma si trovò di fronte alla ferma opposizione di Churchill che volle proseguire la guerra a fianco dei sovietici,perchè il nemico era uno solo,”one men,one men only”,Hitler! Anche durante la razzia delle S. S. di Kappler nel ghetto di Roma,il 16 ottobre 1943,che costò la deportazione a migliaia di ebrei,Pio XII intervenne avvertito dalla principessa Enza Pignatelli d’Aragona ed incaricò il segretario di stato,cardinale Maglione,di convocare l’ambasciatore von Weizeker. Questi,in effetti,giocò un brutto scherzo al cardinale,perché lo pregò di non fare sapere nulla ai suoi superiori a Berlino,in quanto avrebbe agito diplomaticamente in modo fattivo;in realtà non solo non fece niente,ma fu il motivo per cui Pio XII è accusato,ancora oggi, dalla comunità ebraica di non essere intervenuto cosa non vera!. Va detto,in base agli atti del processo ad Albert Kesserling nel dopo guerra,che i tedeschi non pensarono minimamente a richiedere i responsabili dell’attentato a via Rasella a Roma il 23 marzo 1944 quindi anche in quel caso l’urgenza da parte nazista di portare a termine la rappresaglia,impedì qualsiasi intervento del pontefice. Nei terribili mesi dell’occupazione tedesca della capitale moltissimi furono gli episodi in cui l’intervento della S. Sede favorì la salvezza di molti perseguitati;anche il ruolo svolto da mons. Roberto Ronca,rettore in quegli anni terribili del Seminario Lateranense non avrebbe potuto realizzarsi senza il consenso del Papa. Ronca salvò anche illustri personaggi,come lo stesso Alcide De Gasperi che restò in Seminario nascosto alle S. S. sotto il falso nome di Alfonso Porta,o Pietro Nenni,prelevato dalla casa di monsignor Pietro Barbieri in via Cernaia dal futuro cardinale Palazzini e condotto addirittura in tram presso il seminario e Nenni stesso nelle sue memorie intitolate “I conti con la storia”(ed.Sugarco,Milano,1980),offre un ritratto assai lusinghiero di papa Pacelli. Senza contare poi i numerosi salvataggi messi in atto dal futuro cardinale Fiorenzo Angelini,allora viceparroco della Natività in via Gallia,che salvò numerosi ricercati,tra i quali il futuro giornalista televisivo Ugo Zatterin. Cosa dire poi dell’attività di don Pietro Pappagallo,ispiratore della figura del protagonista del film di Rossellini,”Roma,città aperta”,interpretata magistralmente da Aldo Fabrizi,che prima fu torturato nell’opificio dell’orrore di via Tasso e poi offrì la vita alle Ardeatine? Nell’immediato dopoguerra ci furono due figure fondamentali della cultura ebraica che non solo dovevano la vita al papa “del silenzio”,ma addirittura si convertirono:il primo,il rabbino Zolli,assunse il nome di battessimo di Pacelli,Eugenio,perché ebbe salva la vita durante la razzia del ghetto;l’altro è meno conosciuto. Si tratta dello scultore ebreo Arrigo Minerbi che,nascosto dagli orionini in via Tortona,imparò quasi a memoria il Paradiso dantesco,oltre alle liturgie cristiane per timore che gli sgherri fascisti,servi dei nazisti,fatta eventualmente irruzione, scoprissero che si trattava di rifugiati,come già era accaduto alla Basilica di S. Paolo e come poi ha illustrato molti anni dopo Rossellini nel suo bel film “Era notte a Roma”. Dopo la liberazione della capitale,Minerbi si convertì al cristianesimo e volle farlo con un gesto concreto,riprendendo i lavori dell’interrotto monumento che Mussolini nel 1939 voleva farsi erigere a Monte Mario,il cosiddetto “Colosso Littorio”,con basamento in oro,più alto della statua di Garibaldi al Gianicolo e soprattutto più imponente della cupola di S. Pietro. Minerbi costruì la bella statua di Maria che oggi campeggia sulla collina di Monte Mario accanto al collegio degli orionini,che nei desideri del Duce in delirio di onnipotenza,doveva essere sede degli accampamenti della Gioventù Italiana del Littorio(GIL). In quella statua il volto di Maria è effigiato secondo la preghiera di S. Bernardo alla Vergine nel XXXIII canto del Paradiso dantesco “Giuso infra i mortali,fontana verace”. E fontana di verità mistica e di pietà cristiana fu veramente il “Pastor Angelicus”,Eugenio Pacelli,al soglio pontificio Pio XII,successore di Cristo nei giorni che sconvolsero di odio il mondo.
Giulio ALFANO
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