venerdì 12 novembre 2010

Dalla sinistra ideologica al delirio ambidestro

Figure della metamorfosi moderna

 

Dalla sinistra ideologica al delirio ambidestro

   

     Nel regno della moderna mitologia, ultimamente si vedono solo i moncherini dei pensieri, che occupavano un inebriante e imperioso dizionario. Non segni di concetti, ma suoni confusi, disarticolati, fluttuanti tra l’oscenità, l’amnesia e l’incubo.   
   Il razionalismo illuminista fu. Scrive l'impertinente Raffaele Perrotta: “Il LogoCentrismo non sta più nella pelle, vuole capovolgere altezze e sottostrati della dialettica in ad infinitum: non vuole sentir ragioni, è esso stesso la Ragione del disporsi al Caso alto semantema[1].
   La pelle delle parole moderne, era l'Enciclopedia di Jean Baptiste Le Rond d'Alambert. Che cosa ne è, dunque del volume sommo, che conteneva le magiche parole del LogoCentrismo? E della superiorità del pensiero sull'essere? E dell’imparruccato monsieur Jean-Baptiste Le Rond d’Alambert?
   Braccate da un terremotante delirio, le incipriate parole fuggono dai libri del secolo luminoso. La scolastica degli apostati, ultimamente narra la malinconia sui violini dell’assurdo.
   Geniale e beffardo esploratore della profondità vertiginosa in cui sono cadute le parole della rivoluzione imparruccata, Raffaele Perrotta incalza:  “E la filosofia? Suo distinguersi in altezzosità. Filosofia su quel tratto che va da filia a sofia: e ritornare di parole a parole, parole e corrusche tempestosamente. ¡come è sfilacciato questo tuo volume senza una sosta perché possa riassumersene la lettura![2].

    Le parole del secolo decimottavo si disperdono in disordine, come i soldati del maresciallo Pietro Badoglio. Tutti a casa, in disordine.

   Ma dove si trova la casa delle parole che non hanno né capo né coda?

  L’utopia incipriata e travestita da annuncio messianico, dominava sopra un imponente arco babilonese, esteso dal salotto iniziatico alla sacrestia eterodossa. Oggi è ridotta a vagabondare, inseguita dal  rantolo dei concetti in libera uscita dalla storia.

      Frantumato l’impero ideologico, dove, giusta la magistrale definizione di Augustin Cochin, l’opinione sostituiva l’essere, adesso si ode soltanto la risata sulla fioca filastrocca di Pablo Neruda


Oh, Unione Sovietica, se si potesse raccogliere tutto il sangue che hai dato, come Madre, al mondo, avremmo un nuovo oceano per annegarvi chi ti ha offeso … Madre degli uomini liberi”.

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    Spogliate della splendida corona, che le avvicinava al futuro immaginario, le ammalianti parole dell'enciclopedia illuminata ora scendono nel sottosuolo, dove è al lavoro l’alacre popolo dei confusionari.
  Da destra a sinistra a da sinistra a destra sono schierati intellettuali dediti al nomadismo, signorine umbre emigranti da un'alcova all'altra, energumeni in clargyman, fascistottardi in cerca di autore, pagliette sicule scaraventate sugli schermi delle televisioni nazionali, cinematografari con patente pirandelliana, innovatori sotto la livrea del teppismo, banchieri rampanti, costruttori di motori a scoppio dell'erario, profeti del pensiero unico, romanzieri sgrammaticati, piovigginosi mistici del nulla, pianisti gay ad altissima tariffa, filosofi a gettone, massoni festanti, figuranti politologici in parrucca, agitatori di manette da palcoscenico, comici lacrimosi, presentatrici cocainomani, sindacalisti con l’ermellino, ballerine filosofanti, moralizzatori pederastici, calunniatori effervescenti, Marozie ipercinetiche, giudici riscaldati dal tifo per il boia.
  Sotto i loro denti affilati le parole della lingua ideologica si sbriciolano e diventano chiacchiericcio, gossip, flusso di parole in libertà, rumore. Dopo Kant e Voltaire, Jovanotti, Serena Dandini ed Elisabetta Tulliani. E il curioso Alessandro Campi, raccattapalle ai margini del campo filosofico sul mandato del nichilismo mentale di Gianfranco Fini.

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    Ultimamente, alcuni irriducibili sostenevano che la filosofia di Marx, dopo tutto,  era estranea alla prassi sovietica.  Durante la celebrazione dell’ottantesimo anniversario del partito comunista italiano, il rifondatore Fausto Bertinotti tenne un discorso circolare a due piste, inteso, per un verso, a rivendicare l’eredità della buona filosofia di Marx per quello opposto a rigettare Stalin e la storia delle sue cattive opere.
    Se non che i delitti di Lenin e di Stalin, l’epurazione del 1918, la carestia del 1921 e lo sterminio dei kulaki del 1929, furono commessi da interpreti legittimi, intesi ad attuare la nobile utopia e non a deviare da essa.
   Non è necessario mettere in dubbio la sincerità degli stati d’animo che ha dettato le dichiarazioni d’intenti del segretario rifondazionista, quando san Tommaso ha dimostrato che la phantastica illusio degli erranti, l’ambizione di conseguire  impossibile – quale è, appunto, l’utopia comunista - discende  dalla  sciocca superbia  (oritur  ex  superbia  vel cupiditate) [3].
   D’altra parte non ha importanza sapere se gli irriducibili sono in buona o in cattiva fede, quando è evidente che, posta l’adesione alla filosofia materialista – e nessuno mette in dubbio l’appartenenza di Marx alla scolastica materialista - è impossibile sfuggire a un destino di violenza e di frode.
     Anche se l’intenzione dei marxisti ultimi fosse pacifica e non violenta il tentativo di separare l’utopia di Marx dagli atti dei sanguinari Lenin e Stalin, sarebbe un vuoto e ridicolo esercizio da palcoscenico. La storia della filosofia, quantunque soffocata dal bianchetto dei progressisti, insegna che, dato il pregiudizio materialista, segue necessariamente la scelta metodologica della frode e della violenza - la carota della Nep e il bastone dello sterminio dei kulaki.
   Non si dice cosa nuova rammentando che la filosofia materialista ha origine da Democrito e dal suo scolaro, il sofista Protagora, che le conferì quell’indirizzo soggettivistico e oppressivo, che ha conservato attraversa tutti i mutamenti subiti nel corso della sua  storia plurisecolare.
    Virginia Guazzoni Foà, nella sua “Storia del pensiero occidentale Dalle origini alla chiusura della scuola di Atene”, edita in Milano da Marzorati, ha dimostrato con rigore filologico irrefragabile che, secondo il sofista Protagora, la materia è il fondamento e la ragione di tutti i fenomeni in quanto può essere tutte le cose quali appaiono a noi”.
     Dal suo canto, Michele Federico Sciacca aveva stabilito l’ispirazione sofistica di quella negazione tracotante della verità che ha dominato la scena del “moderno”.
   L’opinione che nei fenomeni contempla la sola apparizione della materia ed esclude la forma, implica, appunto, la conclusione soggettivistica, che Platone ha confutato nel discorso intorno ai sofisti: “Protagora disse che di tutte le cose è misura l’uomo, di quelle che esistono che esistono e di quelle che non esistono che non esistono. … E non viene egli in certo modo a dire questo, che quale ciascuna cosa apparisce a me, tale codesta cosa è per me, quale apparisce a te, tale è per te; e uomini siamo tu ed io?” (Teeteto, 152a).
    Protagora, e dopo di lui ogni materialista coerente, nega che la mente umana sia capace di astrarre gli universali dalle cose e perciò di formulare giudizi oggettivamente validi.
    Dopo Protagora  e fino a Marx, intorno al pregiudizio materialistico si costituisce un circolo vizioso, che attira la verità nel gorgo delle opinioni deliranti.
     Il vizio del pensiero moderno nasce dalla convinzione secondo cui la sede della verità non è più l’oggetto ma il soggetto.
    In obbedienza a una logica paradossale, l’emergenza “totalizzante” del materialismo fa sbiadire l’oggetto trasferendo il colore nell’occhio del soggetto.
     Lo scoloramento dell’oggetto, però, destituisce il giudizio del soggetto, che tenta di colorarlo a suo modo. La conseguenza è che ci sono tante tinte quanti sono i pittori impegnati a dipingere la realtà.
    Risultato del materialismo è l’impero sofistico ambidestro: se esistono tante verità quante sono le opinioni dei soggetti, verità plausibile sarà soltanto quella del soggetto che riesce a far valere (anche a costo d’ingannare o fare violenza) la sua opinione.
     Il materialismo sofistico nega gli universali, che sono il fondamento del dialogo e della ricerca e trasforma la filosofia in un ring riservato agli urlatori, ai cacciatori di potere e alle Marozie.
     Il luogo della verità è occupato da un’opinione labile, che s’impone solo mediante giri di parole, argomenti acrobatici, lavaggi del cervello e all’occorrenza minacce, torture e “concentrazioni rieducative”. In caso di refrattarietà estrema è infine prevista l’eliminazione fisica. Si rammentano al proposito i casi dell'Iran, della Cina, della Corea del Nord, della Birmania e del Sud-Sudan.
   A questo punto è già chiaro il dato che è puntualmente confermato dalla storia di tutti movimenti d’ispirazione materialistica: le opinioni conformi al pregiudizio del materialismo sono sempre associate all’uso della violenza e/o della frode elitaria. Le squallide biografie del comunismo e del nazismo lo confermano puntualmente.
    D’altra parte (e non è per un caso) il materialista coerente Karl Marx intimava ai suoi lettori di non fare domande. E non è per un caso che i suoi interpreti sovietici chiudevano i dissidenti nei manicomi.
    La negazione della verità oggettiva e la consegna della verità all’opinione del più forte o del più abile nasce dal convincimento che gli oggetti del conoscere siano costituiti soltanto dalla materia.
    La neo-sofistica è il motore della juke-box confusionario che suggerisci la declinazione dell'et... et... sulla scena del cabaret postmoderno.   

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    Il pensiero moderno infine è esiliato nei margini umbratili, dove si nutrono i sogni intorno a quella cervellotica e distruttiva economia del dono - il potlach - che la mente alterata del surrealista Georges Bataille ha escogitato ispirandosi ai costumi dei primitivi.
    Il fine perseguito da Bataille era lo scoppio d’una guerra forsennata contro la scienza della produzione e contro la civiltà dell’Occidente cristiano. Una guerra combattuta per deliziare i reduci dell’ideologia, in fuga dalla realtà verso il vuoto mentale e il delirio nietzschiano.
   L’utopia, dopo Marx, si risolve in consumo metafisico, in mortificazione dei beni materiali, attraverso le opposte e convergenti vie tanatofile: l’ascesi dissolutoria (il cui archetipo è l’endura catara) e la dissolutezza ascetica (il cui archetipo è la baldoria marcionita e/o frankista).    
  Consumare, in questa allucinante prospettiva mistica, significa de-creare. Il verbo di Erostrato è usato da Andrea Emo e da Massimo Cacciari per definire l’atto della dottrina nichilista formulata da Simone Weil. 
    La finalità del “consumo” è disgregare l’essere, frantumare la sostanza delle cose per sostituire la immaginaria tirannia del demiurgo  con  il fittizio regno  della libertà assoluta, regno contemplato dalla dottrina degli gnostici, dei manichei, dei bogomili e dei catari [4].
    In “Discesa all’Ade e resurrezione”, Elémire Zolla, il più rigoroso e qualificato fra i seguaci del maestro sessantottino Jacob Taubes, ha sostenuto, con argomenti inconfutabili, che l’ultimo orizzonte della rivoluzione è la devastante teologia di Marcione.
    “L’omosessuale Marcione [5], infatti concepì e fondò “una Chiesa di celibi, che affamano il mondo privandolo del seme. La chiesa di Marcione vuole distruggere il mondo. Il matrimonio come sacramento, ben tardo nella Chiesa di Pietro, qui è impossibile. A Gesù non fu mai rivolta la richiesta più naturale, così insistente nell’Antico Testamento: che la donna possa partorire. Il Padre dell’Antico Testamento era giusto, non fu il padre di Gesù. Marcione proclama che il Vangelo è imparagonabile, non se ne può dire e pensare nulla: proviene dal Dio alieno” [6].
   Il progetto dell’a-teologo Zolla - primattore nella commedia dell'et... et... - nasce dal disperato tentativo di istituire un rapporto tra la teologia di san Paolo e l’insalata di parole rimescolata da Nietzsche (filosofo e maestro avventizio della sinistra francofortese e adelphiana).
   L’insegnamento di Zolla è una pietra miliare nella storia dell’involuzione filosofica del “moderno” e dell’eclissi dell’intellettuale: segna il punto nel quale l’ideologia dei comunisti si è umiliata a supporto dell’insorgenza oltreumana e nichilistica dei fascisti deragliati e dei comunisti in marcia verso il Nulla lucente di cui si parla nel salotto buono.
   La scena della sinistra chic al passo della destra forsennata è conforme al pensiero della retroguardia tenebrosa, che continua la guerra di Marx alla civiltà cristiana nascondendo il fallimento della rivoluzione sotto i panni della solidarietà da palcoscenico e della libertà da postribolo.
   Panni indossati dalla nuova pittoresca fauna progressista: moralisti d'assalto, stilisti, spogliarelliste, calciatori, cocainomani d’alto lignaggio, cantanti, affaristi, fotografi, scialacquatori, giornalisti d'assalto, pederasti gongolanti, neodestri ammaestrati.
    Nella commedia degli inganni, l’insensata dissipazione dei beni concepita da Bataille e messa a tema dal pensatore neognostico Zolla, inverte l’ordine naturale, proponendo il primato temporale della distribuzione sulla produzione, cioè il regresso al delirio politico.
  
Piero Vassallo




[1]     Cfr.: Raffaele Perrotta, “antro immane la parola ricercata λοjanto”, Marco editore, Lungo di Cosenza 2005, pag. 45
[2]     Raffaele Perrotta, op. cit., pag. pag. 59.
[3]     Sum. theol., II-II, q, 11, a. 1.
[4]     Come si è già accennato, Eric Voegelin nel “Il mito del nuovo mondo”, Rusconi, Milano, 1970, ha dimostrato esaurientemente che l’ideologia comunista ha molti punti di contatto con lo gnosticismo antico.
[5]     Marcione (Sinope circa 85 – Roma 165) è l’ispiratore di un vasto movimento di fanatici neopagani intesi a respingere l’Antico Testamento e purificare il Nuovo Testamento eliminando qualunque riferimento al Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe.
[6]     Cfr. “Discesa all’Ade e resurrezione”, Adelphi, Milano 2002, pag. 124.

venerdì 1 ottobre 2010

Novità: ICONE DELLA FALSA DESTRA

Un nuovo, graffiante saggio di Piero Vassallo sugli errori in circolazione nell'avventurosa e tormentata politica dell'abbaglio trasversale e bipolare e della furente tarantella messa in scena dalle elucubrazioni intellettuali neodestre, ma anche sulle possibilità per uscire dalla depressione scavata, nel cuore del Msi e di An, dal conformismo e dall'inconsulta smania di novità normalizzanti.
Il saggio si raccomanda quale strumento indispensabile alla ricognizione delle metastasi neognostiche che stanno devastando il corpo senescente delle ideologie di matrice illuministica. Infatti “nel nuovo e imprevisto scenario allestito dagli ultramoderni, l'insignificanza si è trasferita dal pensiero tradizionale alla elucubrazione radical chic”, ossia dai testimoni della metafisica classica agli interpreti del relativismo a sfondo nichilistico.
Girate le spalle alle false icone, i protagonisti del movimento politico intitolato alla vera destra potrebbero avviarsi alla riscoperta di quei valori tradizionali che furono interpretati fedelmente e strenuamente difesi dal migliore Novecento italiano; quei valori scialacquati dall’impaziente frivolezza di una classe politica intesa a fare futuro con i cascami di un passato ormai sepolto.
Un anziano militante nella corrente giovanile del Msi, Sergio Pessot, ha dichiarato realisticamente che, con questo suo ultimo lavoro, l'autore si procura una nuova, nutrita schiera di contestatori viscerali: "L'arte di farsi nemici, peraltro, è esercitata dal Vassallo con un'assiduità impressionante".


Piero Vassallo
ICONE DELLA FALSA DESTRA
Edizioni Solfanelli
[ISBN-978-88-7497-707-9]
Pagg. 120 - € 10,00

venerdì 24 settembre 2010

Imminente: ICONE DELLA FALSA DESTRA

Un nuovo, graffiante saggio di Piero Vassallo

Icone della falsa destra e destra delle false icone

Dai laboriosi torchi di Marco Solfanelli, editore anticonformista in Chieti, esce in questi giorni un saggio di Piero Vassallo, Icone della falsa destra trattato sugli errori in circolazione nell'avventurosa e tormentata destra dell'abbaglio trasversale e bipolare ed elenco delle acrobazie ideologiche, che i politici avveduti dovrebbero evitare con somma cura.
Il saggio di Vassallo si raccomanda quale strumento indispensabile alla ricognizione delle metastasi neognostiche, degli stati d'animo confusionari e degli impulsi trasformistici che stanno devastando il corpo senescente delle ideologie di matrice illuministica e minacciando (di rimbalzo) l'integrità della cultura di destra.
Ora la prima parte del saggio è costituita da medaglioni dedicati agli autori che hanno depistato e inquinato il pensiero dei militanti di destra, ora avviandoli nelle paludi della contraffatta religiosità [Simone Weil, Cristina Campo, René Guénon] ora arroventando la sindrome disfattista [Cioran, Nietzsche] ora iniziandoli al pensiero multiforme [Evola] o alla mistica salottiera [Gomez Davila].
La seconda parte del saggio è dedicata ai simboli usati per inquinare la cultura della destra, ad esempio il tricolore di Reggio Emilia, strumento della metamorfosi giacobina dell'amor di Patria.
L'alterazione della cultura di destra è inspiegabile poiché "nel nuovo e imprevisto scenario allestito dagli ultramoderni, l'insignificanza giornalistica ha improvvisamente abbandonato il pensiero tradizionale per rovesciarsi sulle elucubrazione radical chic".
E' pertanto urgente arrestare la furente tarantella messa in scena dagli intellettuali tatuati dalla fandonia neodestra, uomini mutanti ed elucubranti in sintonia con i pensieri della banca e con le facezie lasciate in eredità dal polifrenico Armandino Plebe. In definitiva, Vassallo sostiene che occorre uscire dalla depressione scavata, nel cuore del Msi e di An, dal conformismo e dall'inconsulta smania di novità tanto normalizzanti quanto dispersive per ritrovare l'anima religiosa della destra popolare.
Girate le spalle alle false icone, i protagonisti del movimento politico intitolato alla vera destra potrebbero avviarsi alla riscoperta di quei valori tradizionali, che furono interpretati fedelmente e strenuamente difesi dal migliore Novecento italiano. Valori scialacquati dalla impaziente frivolezza di una classe politica intesa a fare futuro con i cascami della defunta sinistra.
Lette le bozze del saggio sulla destra della icone equivoche, un anziano militante nella corrente giovanile del Msi, Sergio Pessot, ha concluso realisticamente che l'autore prepara la raccolta di un nuovo, alto numero di suoi contestatori viscerali: "L'arte di farsi nemici, peraltro, è esercitata dal Vassallo con un'assiduità impressionante".
A nostra domanda, sostiene, invece, l'autore: "Se non è sempre vero che tanti nemici tanto onore è molto probabile che da certi nemici si ottiene un onore certo. Per quanto mi riguarda, oso rammentare che, nel 1994, dissi che cosa conveniva a Gianfranco Fini: scaricare la zavorra neodestra [neopagana] gravante ottusamente sul futuro del Msi. La risposta fu il silenzio imbarazzato di Fini, a margine di un coro di ingiurie lanciate contro di me dalla curva del superomismo festante nella nella marginalità. Dopo che gli irriducibili allora urlanti nella curva neodestro hanno affondato la destra dell'obnubilato Fini nei consensi a numeri decimali, posso esibire, quale segno di un onore certo, l'inimicizia di certe comparse sulla scena dell'effimero e del fittizio. Quanto agli amici miei, posso dire in tranquillità che non mancano del tutto, se è vero quel che mi confida Marco Solfanelli (al quale non saprei come non credere) circa l'incoraggiante successo del mio saggio Itinerari della destra cattolica".

Il volume sulle icone della destra allo sbando, 120 pagine, euro 10, può essere prenotato nella qualunque attrezzata libreria o ordinato direttamente all'editore Solfanelli telefonando al numero 087163210.

Osvaldo Olivieri

lunedì 2 agosto 2010

In preparazione: ICONE DELLA FALSA DESTRA

Figura del caos politico indirizzato al trionfo dei poteri forti, il caos mentale di Fini, Bocchino e Granata discende dalla confusione delle lingue, che ha tormentato e assordato la cultura della destra italiana dagli anni del dopoguerra ad oggi.

Icone delle falsa destra è la spietata rassegna dei pensieri scheletrici, delle idee incapacitanti, delle torride confusioni e dei mimetismi insensati e autolesionistici che hanno condannato la destra rautiana e finiana allo scialo della tradizione italiana e alla sequela del folle desiderio di ricevere il bacio mortifero dell'antItalia. La narrazionedella catastrofe che ha consumato la destra dei pensieri babelici, tuttavia, non è fine a se stessa: la consapevolezza degli errori commessi è la condizione necessaria al lavoro di quanti intendono ricominciare dalla tabula rasa.


Qualificato interprete della tradizione italiana e autorevole storico delle culture di destra, Piero Vassallo è autore di numerosi saggi intesi a contrastare le avventure della confusione, dello spirito gregario e della superficialità nel parito di Gianfranco Fini. L'arrivo della politica di destra nel vicolo cieco del rautismo, epilogo preparato artisticamente da Fabio Granata, è lo specchio delle ragioni che hanno animato gli studi e le polemiche di Vassallo.

sabato 26 giugno 2010

Anticipazione: ICONE DELLA FALSA DESTRA (IL PREAMBOLO)

L’impostura nichilista, da sinistra a destra

L’immagine dell’Illuminismo rutilante e trionfante si è smorzata, appiattendosi sulla catastrofica figura dell’essere disegnata dallo scolarca postmoderno Martin Heidegger e dai suoi continuatori francofortesi e californiani.
L’indirizzo decadente della filosofia moderna, peraltro, era stato previsto dal card. Giuseppe Siri, che ha annunciato la svolta neognostica nel gennaio del 1968, ventun anni prima della caduta del muro di Berlino: «Heidegger è una radicalizzazione di Kant, infatti sta interamente nel quadro kantiano. E tutta una scuola di pensiero, all’inizio di questo secolo, ha tentato un compromesso con Kant. Su quella via diventata facile, è quasi spontaneo ci fosse più che mezzo secolo dopo un tentativo di compromesso con Heidegger. Chi ha fatto le spese di tutto ciò sono la metafisica e la teologia naturale. [...] Queste tesi, che qualificheremo neognostiche hanno come fondamento la linea di pensiero appunto condannata da Concilio Vaticano I, la linea che da Kant va a Heidegger.» (1)
La caduta della filosofia illuminata nella tenebrosa superstizione neognostica rimette in gioco il pensiero tradizionale, rilancia le verità profeticamente affermate da Pio XII nella “Humani generis”, riabilita la filosofia di Cornelio Fabro e l’ecclesiologia di Romano Amerio. E fa scendere nel ridicolo i teologi progressisti, che mendicavano un tozzo di credibilità davanti alle funeree porte del mondo moderno.
Svanisce in un soffio il metacristianesimo, la dirompente e ossessa dottrina del teologo estremo Edward Schillebeeckx, secondo il quale la separazione dal pensiero moderno costringeva la Chiesa cattolica ad un’obiettiva insignificanza.
Si disperde nelle patetiche comunelle dei nostalgici e dei ritardati quello spirito del concilio, che incitava a diffidare della verità e dell’identità cattolica, «perché ambedue diventano momento di contrasto e di scontro con il mondo che cambia, con il mondo nuovo [...] cui i cristiani non solo devono adeguarsi ma devono addirittura adoperarsi per aiutarlo a chiarirsi, crescere, realizzarsi.» (2)
Nel nuovo e imprevisto scenario, l’insignificanza si è trasferita nel pensiero radical-chic, cupo e avvilente succedaneo di quell’utopia comunista, che sollazzava il pubblico festante sotto l’arco trionfale della storia.
Trascinato dal radical chic, il progressismo italiano affonda nella acque torbide della mistica decreazionista elucubrata dal tombale Andrea Emo Capodilista e commentata dal malinconico Massimo Cacciari.
È finalmente possibile fermare le bocce della destra sedicente nuova e inventariare gli errori strategici, le alleanze innaturali e le letture bifide e incapacitanti, che, ultimamente, hanno indebolito e alterato l’identità degli oppositori alla rivoluzione.
I testi di Walter Benjamin, Alexandre Kojève, Jean Paul Sartre, Ernst Bloch, Herbert Marcuse, Theodor Adorno, Max Horckheimer, Hans Jonas, Georges Bataille, Jacob Taubes hanno persuaso gli intellettuali e i militanti di sinistra a consegnare le illusioni rivoluzionarie al divorante fuoco delle passioni inutili.
Alla tradizione cattolica la cultura della sinistra non può opporre altro che il furore abortista e antiproibizionista di Emma Bonino e del suo sponsor, il finanziere apolide George Soros. Sostenuta da un mago della finanza iniziatica, la sinistra si disseta piegandosi caninamente sulle pozzanghere borghesi, un tempo colpite dall’anatema di Lenin.
È dunque evidente l’inutilità delle affrettate ed innaturali serenate al moderno, eseguite dagli esponenti datati di una destra atterrita dall’incubo del sessantottismo vincente.
Occorre chiudere la pigra stagione dell’et... et, che fu segnata dall’arretratezza culturale e dai complessi d’inferiorità. E archiviare gli abbagli che suggerirono alla classe dirigente missina il sodalizio con l’alieno Armando Plebe, la relazione gregaria con il nulla neodestro e l’ammirazione davanti alla capovolta spiritualità di Elemire Zolla, ambiguo suggeritore e promotore dei pensieri eccentrici diffusi dalle case editrici del conformismo (Dell’Albero, Borla, Rusconi, Mediterranee, e ultimamente Pantheon e Vallecchi) per il consumo di giornalisti plagiati e sbandati.
Le alleanze innaturali e zavorranti, sottoscritte dagli esponenti della destra fragile durante gli anni bui intorno al Sessantotto, infatti, non furono suggerite da affinità ideali seriamente accertate ma imposte dalla paura associata con lo sfrenato desiderio di sembrare aggiornati.
Prolungate senza ombra di ragione, oggi tali dipendenze sono diventate strumenti della confusione mentale e, quel che è peggio, giustificazioni di un dialogo anacronistico con gli iniziati ai misteri del postcomunismo: laicisti, relativisti, nichilisti, libertini e becchini.
I centri culturali costituiti dagli intellettuali di Gianfranco Fini sotto l’insegna della confusione tra la politica classica e la scienza comiziale (il vaniloquio sofistico), tra l’aristocrazia e la casta parassitaria, tra la tradizione e il cascame regressista, costituiscono il principale ostacolo sulla via dell’affermazione di una vera destra.
Di più: senza la neutralizzazione di tali fomiti d’ambiguità e d’inquinamento, la falsa destra sopravviverà continuando a deludere, a tradire l’elettorato ben pensante. E a sostenere il radical chic e i poteri forti, trapiantati a sinistra per la conservazione delle riforme attuate grazie al voto carpito a proletari e borghesi inconsapevoli di assecondare una congiura intesa a pervertire la società italiana.
Il conformismo e la superficialità circolanti nell’area neodestra, infatti, contribuiscono alla sopravvivenza delle “riforme liberatorie” di conio sessantottino, sfascio della famiglia, culto dell’adulterio, sostegno statale alla stampa pornografica, legalizzazione dell’aborto, liberalizzazione della droga, canonizzazione della pederastia, indulgenza e mano libera ai criminali, asilo ai terroristi d’importazione.
Il sessantottismo è servito ad insaponare la corda, con la quale la setta iniziatica (quella che si raduna nei luoghi di alto malaffare) e il partito dell’usura tentano di impiccare gli italiani alla lanterna della dissoluzione nichilista.
L’incantesimo è intanto svanito sul lato sinistro. La macchina eversiva ha girato le spalle al progressismo. In compenso, l’azione corruttrice e allucinatoria della scolastica settaria prosegue a destra, utilizzando la tattica che si adatta perfettamente alla società del libero inganno: la deposizione di polpette “squisite” sui palati dei vanesi e dei frivoli, che l’assiduo commercio con la stupidità — nel caso dei neodestri si può addirittura parlare di indurimento nell’idiozia — dispone ad ammirare i vettori del carbonchio spirituale.
È tempo che i militanti anticonformisti si allontanino dal tritacarne neodestro, depongano le illusioni sui presunti splendori della modernità avanzata e comprendano che, dopo il Sessantotto, le sinistre hanno percorso fino in fondo l’orbita del nichilismo.

Piero Vassallo



1) Cfr. “La teologia naturale”, in “Renovatio”, a. III, aprile-giugno 1968.
2) Pier Paolo Saleri ha confutato la dottrina dei dossettiani dimostrando che la scelta religiosa da loro proposta, cfr. “Studi cattolici”, n. 589, marzo 2010.


lunedì 21 giugno 2010

Biografia di Piero Vassallo

Piero Vassallo, nato a Genova nel 1933, in una famiglia appartenente alla borghesia piccolissima, patriottica (il fratello del padre, tenente Silvio, fu un eroe della I guerra mondiale) ma sprovvista di beni di fortuna. Già docente della Facoltà teologica del Nord Italia. Presidente dell’associazione degli scrittori liberi del Nord Ovest, autore di numerosi saggi e articoli. Pubblicista dimissionario dall'ordine.
Da sempre sgradito ai militanti nella neodestra e/o nella sinistra estrema, è ultimamente oggetto di incandescenti attacchi da parte dei redattori di alcuni siti internet sventolanti la bandiera rossa. I redattori di tali siti, ad esempio Saverio Ferrari, citano, inventando, distorcendo e sgangherando il sentito dire intorno a un suo testo degli anni Cinquanta. Testo evidentemente da loro mai letto. A dimostrazione che l'ostinazione ideologica è nutrita dall'allergia alla carta stampata e ultimamente dalla fantasia.



Laureato in filosofia al termine di un percorso scolastico accidentato e tormentato da strutturale indocilità, malattie, bellici impedimenti, professori ignoranti e assillanti problemi economici.
La mortificante, uggiosa esperienza della scuola ha insinuato, fra le righe del suo pensiero schiettamente e risolutamente reazionario, lo stato d'animo del ribelle.
Precocemente affascinato dal mistero della scrittura conobbe e imparò ad usare le lettere dell’alfabeto prima d'iniziare la scuola. Purtroppo sapeva leggere e scrivere solamente in stampatello (i caratteri dei fumetti di Phantom, l'uomo mascherato, su cui si era formato), onde l’immediato conflitto con la scuola, che pretendeva l’uso del corsivo.
Scarsamente dotato di manualità non riusci mai a disegnare la “e” maiuscola che implacabili maestre corsiviste esigevano in luogo del rettilineo e facilmente eseguibile stampatello.
Il conflitto con la pedanteria fu di lunga durata anche a causa del pesante deficit nozionistico accumulato nelle scuole di montagna, frequentate durante gli anni dello sfollamento connesso con la II guerra mondiale, 1940-1945.
Nell'adolescenza e nella prima giovinezza, scampando a pronostici sanitari scoraggianti, aveva cercato gratificazioni e compensazioni nello sport, ottenendo risultati molto promettenti nella corsa veloce.
Il conflitto con la cultura durò fino al 1950, quando, frequentando (senza una chiara coscienza e al seguito dell'ala perdente della sua famiglia-tribù) le agitate e avventurose sedi del Msi, subì, per colpa di Giano Accame, il fascino delle idee, che la capziosità dei pedagoghi costringeva a detestare.
Ha iniziato l’attività para-giornalistica (con spericolati intermezzi attivistici) nel 1951, sollecitato da Giano Accame, instancabile talent scout e paziente educatore della giovane e ignorante destra.
Senza rendersene conto condivise l’emarginazione dell’Italia sconfitta e umiliata. Insieme con Stefano Mangiante, Giovanni Frangini, Sergio Pessot, Mauro Ravenna, Enrica Dal Negro, ciclostilò e diffuse l’animoso foglio “Gerarchia”.
Nella fase iniziale e rudimentale dell’attività pubblicistica si perfezionò nell'arte della provocazione conferendo un tagli speciale alla notizie dal Msi genovese inviate al settimanale “Asso di bastoni”.
In seguito iniziò a pubblicare succinte note, pensierini e articoli brevi su alcune riviste controcorrente, quali “Rinnovare” (rivista studentesca fondata da Stefano Mangiante, Lamberto Fodera, Giuseppe Ferraris e Luciano Garibaldi), “Nazione sociale” (direttore Ernesto Massi), “Vespri d’Italia” (direttore Alfredo Cucco), “Ordine Nuovo” (direttore Pino Rauti, animatore Clemente Graziani), “Azione” (direttore Massimo Anderson), “Carattere” (direttore Primo Siena, condirettore Gaetano Rasi), “Picchio Verde” (direttore Orazio Santagati), “La Sberla” (direttore Michele Di Bella).
Dopo gli incresciosi avvenimenti del luglio 1960 ha aderito (insieme con Giano e Franco Accame, Piero Catanoso, Fausto Gianfranceschi, Fausto Belfiori, Giampaolo Martelli, e Gaetano Falzone) ai centri tambroniani per l’Ordine Civile.
Nel biennio 1961-1962 ha collaborato allo “Stato” (direttore Gianni Baget Bozzo, capo redattore Nicola Guiso), quindi alla terza pagina del “Quotidiano” (direttore Nino Badano) e alla rivista “Il Centro” (direttore Guido Gonella).
Tra il 1963 e il 1964 ha firmato la sceneggiatura alcuni lungometraggi mandati in onda dal culturale della Rai (direttore Pier Emilio Gennarini) e apprezzati dalla critica.
Interrotta la collaborazione con la Rai a seguito di un litigio sulle correzioni ideologiche imposte a una sua sceneggiatura, ha trovato lavoro come dirigente delle vendite in un'azienda tessile americana, la Simon Ackerman.
La sua attività di lavoratore vero fece ridere alcuni esponenti della destra, festanti sui capillari del giornalismo parassitario.
Non ha rinunciato all'attività culturale, tuttavia. Nel 1964, infatti, ha iniziato lo studio della figura del Beato Francesco Faà di Bruno e ne ha tracciato un profilo (tuttora inedito).
Nel 1966, senza alcun merito, è entrato a far parte del ristretto numero dei redattori di “Renovatio”, la rivista di teologia e cultura fondata dal cardinale Giuseppe Siri.
Nelle pagine di “Renovatio”, tra il 1966 e il 1990 ha pubblicato numerosi saggi sulla presenza di torbide suggestioni neognostiche nella filosofia postmoderna e note sulla Scienza Nuova vichiana. Ancor oggi considera un onore la citazione di suoi scritti (a dire il vero non eccelsi) nel saggio di don Julio Meinvielle Dalla Cabala al progressismo.
Dal 1973 al 1983 ha partecipato attivamente ai lavori della fondazione Gioacchino Volpe e ha pubblicato articoli nelle riviste “La Torre” (direttore Giovanni Volpe), “Civiltà” (direttore Pino Rauti), “Nuova Destra”, direttore Amleto Ballarini, “Il Conciliatore” (direttore Gastone Nencioni, caporedattore Piero Capello), “L’Italiano” (direttore Pino Romualdi), “La Quercia” (direttore Pino Tosca).
Grazie a Giovanni Volpe ha conosciuto e frequentato studiosi di alto profilo quali Nicola Petruzzellis, Augusto Del Noce, Marino Gentile, Francesco Grisi, Massimo Pallottino ed Ettore Paratore.
Insieme con Francisco Elias de Tejada, Silvio Vitale, Giovanni Torti, Tommaso Romano, Paolo Caucci, Pino Tosca, Sergio Fabiocchi, nel 1974, ha fondato l'associazione italiana dei giusnaturalisti cattolici, intitolata intrepidamente a Filippo II.
Nel 1979 ha fondato la rivista “Traditio”, alla quale hanno collaborato alcuni illustri esponenti della cultura cattolica, quali Giuseppe Pace, Ennio Innocenti, Andrea Dalledonne, Giovanni Torti, Paolo Caucci, Pucci Cipriani, Sergio Fabiocchi, Daniela De Rosa, Remo Palmirani, Sergio Fabiocchi, Pucci Cipriani, Franco Antico, Piero Catanoso.
Dal 1974 collabora ininterrottamente con la fondazione Thule, fondata a Palermo da Tommaso Romano. All’inizio degli anni Novanta fonda e dirige l’agenzia “Fatti & Cultura”, foglio dell'emarginazione gridante.
Ha collaborato con “Il Secolo d’Italia” dal 1989 al 1994. Ha scritto saggi per le due riviste dirette da Siro Mazza, “Certamen” e “Alfa e Omega”. Dal 1996 al 2003 è stato editorialista dei quotidiani “Roma”, “Il Tempo”, “Il Giornale d’Italia”, “La Discussione”. Ha collaborato con le riviste “Spiritualità e letteratura”, “La Tradizione”, “L’Altra voce”, “Controrivoluzione”, “Meridiano Sud”, “il Borghese Nord” e con i sito internet “Effedieffe”, “La riscossa cristiana”, “Il culturista”.
Vassallo ha dato un forte impulso alla cultura della destra d’indirizzo tradizionale e d’ispirazione cristiana dimostrando la necessità di una ferma opposizione sia alle scuole fondate da pensatori neognostici, quali Heidegger, Benjamin, Guénon, Jonas, Evola, Calasso, Quinzio e Zolla, sia alle scuole avventurosamente alla ricerca di un accordo con le declinanti ideologie del mondo moderno. Ha condotto un’aspra polemica contro le agenzie culturali, ad esempio l’iniziatica Adelphi, che tentano di sciogliere le giuste obiezioni al moderno nelle acque corrosive della gnosi spuria.
Grazie a un approfondita riflessione sul pensiero di Francisco Elias de Tejada ha inoltre stabilito la distanza che separa la politica tradizionale da tutte le filosofie che intendono il potere politico come un assoluto intrascendibile.
Nel 2006 ha pubblicato un saggio inteso a indicare nella rinascita tomista avviata da Cornelio Fabro l’unica vera alternativa alla catastrofe del laicismo filosofico. Nel 2008 è uscito un suo saggio sulla cultura della libertà, saggio in cui ricostruisce il cammino della tradizione italiana in età moderna. Recente la pubblicazione per i tipi della veronese Fede & cultura di Memoria e progresso saggio sulle risposte cattoliche al moderno. L’ultimo suo saggio Itinerari della destra italiana, è edito da Solfanelli in Chieti. Solfanelli ha pubblicato anche Icone della falsa destra, un saggio che sviluppa le tesi esposte in Itinerari della destra cattolica, e Rosso su nero in collaborazione con Sergio Pessot.

(r. b.)

domenica 20 giugno 2010

Bibliografia di Piero Vassallo

Opere principali di Piero Vassallo. Opuscoli, volumi e opere collettive

Girolamo Savonarola (profilo biografico, inedito) 1963

Lo spirito del risorgimento Introduzione alla biografia del servo di Dio Francesco Faà di Bruno, Ordine Civile Francesco Faà di Bruno, agosto 1965

Mondo nuovo e apocalisse mondana, saggio sull'influsso neognostico nel pensiero politico, Edizioni Nuova Destra, Genova 1972.

Su Teilhard de Chardin a proposito di un intervento di Massimo Pallottino, in Autorità e libertà, Atti del primo Incontro romano, Giovanni Volpe editore, Roma 1974.
Comunicazione al secondo incontro romano della fondazione Volpe “Una società contro l’uomo”, Roma 8-9-10 aprile 1974 (nella rivista “La Torre”)

Dal mondo nuovo alla libertà Solzenicyn profeta dell’età postmoderna, Thule, Palermo 1976

In hoc signo Orientamenti per una milizia cristiana nell’ordine civile, Thule, Palermo 1976

Vico filosofo della Controriforma, in Aa. Vv., Vico maestro della Tradizione, Thule, Palermo 1976

Mito storicista e decadenza morale, intervento, Atti del IV Incontro romano della cultura, Giovanni Volpe editore, Roma 1977, nella rivista mensile “La Torre”, n. 73, 1976

Nazionalismo rivoluzionario e nazionalismo cristiano, Thule, Palermo 1977

Giambattista Vico, Giovanni Volpe editore, Roma 1977

Risorgimento italiano e risorgimento liberale, Il Basilisco, Genova 1978

Modernità a tradizione nell’opera evoliana, Thule, Palermo 1978

“Il primato della saggezza”. In Aa. V. “Il non primato dell’economia”, VI Incontro Romano, Giovanni Volpe editore, Roma 1979

“La resistenza all’Illuminismo”, I quaderni di Traditio, Genova 1979

“Fidem servavi In morte di Paolo VI”, Thule, Palermo 1979

Introduzione a: San Luigi Gonzaga “Meditazione sui Santi Angeli”, Thule, Palermo 1979

“Abortismo e nichilismo”, in Aa. Vv. “Aborto, genocidio legalizzato”, Comitato tradizionalista per il Sì all’abrogazione della legge sull’aborto, Palermo 1979


“Il fondamento religioso della monarchia postmoderna”, Thule, Palermo 1980

“La sovversione modernistica del diritto naturale”, in Aa. Vv. “O estrado de direito, a cura di Pedro Galvao de Sousa, Sao Paulo do Brasil 1980.

“La rinascita cristiana dell’Occidente L’umanesimo cristocentrico nell’insegnamento di Giovanni Paolo II”, Quaderni dell’Empire, Palermo 1981

“La reazione pagana al Cristianesimo, tra naturalismo e vangelo alternativo”, Thule, Palermo 1981

“La pubblicistica di destra”, in Aa. Vv. “Idee sulla destra”, Thule, Palermo 1981

“Le moi haïssable di Luigi XIV”, Il Basilisco, Genova 1982

Prefazione al saggio di Franco Antico e Franco Andreini “La massoneria”, Thule, Palermo 1982

Traduzione e introduzione a: Numenio d’Apamea,”Trattato sul Bene”, Il Basilisco, Genova 1983

Introduzione a Giovanni B. Frangini “Xilografie e linoleografie”, ed. Gens nova, Genova 1985

“Di te niente rimane”, in Aa. Vv., “Versanti”, Pellegrini editore, Palermo 1985

“Segni nella memoria e altri sentieri”, in Av. Vv., “Terra di Thule”, Palermo 1987

“Pietro Mignosi e La Tradizione”, Palermo, ISSPE, 1989

Aa. Vv. (Piero Vassallo, Tommaso Romano, Isabella Rauti, Pino Tosca, Pierfranco Bruni) “Oltre la modernità la Tradizione”, documento del gruppo tradizionalpopolare, Thule Palermo 1989

Aa. Vv., “Frammenti di un’antologia perduta”. Supplemento a “Spiritualità e letteratura”, Palermo 1990

“Teologia della corruzione”, in Aa. Vv., “Teologi in rivolta”, Logos, Roma 1990

“Cattolicesimo e liberalismo nell’attualismo”, in Aa. Vv. “Interviste su Gentile” a cura di Aldo Di Lello, Centro Idea, Roma 1991

“Il delitto d’usura”, I quaderni della Quercia, Modugno 1991

“La dottrina sociale strumento di evangelizzazione”, in Aa. Vv., Aa. Vv. Interventi sulla “Centesimus annus”, Logos, Roma 1991

“Introduzione allo studio di Vico”, Thule, Palermo 1992, presentazione di Tommaso Romano, post-fazione di Giano Accame

“L’attizzatoio del gabelliere”, I libri col bullone, Vittorio Veneto 1994, con note di Raffaele Perrotta e Fabio Girardello

“Ritratto di una cultura di morte I pensatori neognostici”, D’Auria, Napoli 1994

“La gnosi del sottosuolo”, Certamen, Alessandria 1995

“L’ideologia del regresso”, D’Auria, Napoli 1996, introduzione di Sandro Fontana

“Balbino Giuliano e Francesco Orestano, due difensori della Tradizione italiana ”, in Aa. Vv., “A voi il tempo, a noi l’eternità”, atti del convegno tradizionalista di Civitella del Tronto, 1997

Aa, Vv., Gianni Baget Bozzo, Cesare Cavalleri, Publio Fiori, Cecilia Gatto Trocchi, Siro Mazza, Pier Paolo Ottonello, Maria Adelaide Raschini, Piero Vassallo, “Fine delle ideologie? Ritorno alla filosofia perenne o metamorfosi dell’errore”. Atti del convegno del SLSI, Rapallo 6 giugno 1997, Alessandria editrice, Alessandria 1998

“Giacomo Noventa: la demistificazione del gramscismo”, in Aa. Vv., “Noventa eretico del Novecento”, Quaderni della Fondazione Micheletti, Brescia 1999

“Piccolo dizionario postmoderno”, pubblicato a cura di Siro Mazza nel sito internet di Antonio Maconi, Alessandria 1999

“Pensieri proibiti”, Costantino Marco editore, Lungro di Cosenza 2000

“Perspective pour la restauration de la métaphisyque”, in Aa. Vv., “Pour une vraie restauration de l’Eglise”, Publication du Courier de Rome, Roma 2002

“Le culture della destra italiana”, Effedieffe, Milano 2002, prefazione di Siro Mazza

“Pino Tosca, la destra senza codino”, in Aa. Vv., “Pino Tosca, autobiografia di una generazione”, Modugno 2002

Sergio Pessot e Piero Vassallo, “A destra della città proibita”, Terziaria – Asefi, Milano 2003, prefazione di Enzo Erra, postfazione di Giano Accame

“Le polemiche sulla gnosi”, in Aa. Vv., “Don Ennio Innocenti, la figura, l’opera, la milizia”, Bibliotheca edizioni, Roma 2004.

“Dopo la modernità la filosofia perenne”, in Atti dell’Osservatorio della Consulta etico -religiosa di An. Supplemento al “Secolo d’Italia” , Roma 2005

“Gentile l’Italiano”, Bibliotheca edizioni, Roma 2005

“La restaurazione del pensiero forte Appunti per la revisione della storiografia filosofica ”, i libri del Peralto, Genova 2006

“Luigi Calabresi L’adempimento cristiano della vita eroica”, in “Luigi Calabresi, un profilo per la storia”, a cura di Giordano Brunettin. Presenza divina, Roma 2007

“Provocazioni”, la banda di Genova editrice, Genova 2007, con note di Raffaele Francesca

Aa. Vv., (Alessandro Pertosa, Giuseppe Franzo, Piero Vassallo), “Crociata per il Graal”, Novantico, Pinerolo 2008

Prefazione a: Fiorella Morello Guarnero e Cesare Simonetti, “Genova profonda”, Erga edizioni, Genova 2008

“La cultura della libertà”, La banda di Genova, postfazione di Pucci Cipriani, note di Giovanni Chersola, Genova 2008

“L’eclissi della modernità”, ISSPE, Palermo 2008, presentazione di Umberto Balisteri, postfazione di Tommaso Romano

Prefazione a: Pierfranco Malfettani, Francesco Tuo, Carlo Viale, “I caduti della RSI Genova 1943-1945”, Tradizione, Genova 2008


“Memoria e progresso Le risposte cattoliche al moderno”, prefazione di Giovanni Zenone, Fede & Cultura, Verona aprile 2009

Prefazione e postfazione a: Luigi Gagliardi “La cultura controriformistica del fascismo”, suppl. alla Tradizione, Roma maggio 2009

Presentazione del saggio di don Ennio Innocenti sulla gnosi spuria. In appendice “La gnosi spuria L’Ottocento”, Sacra Fraternitas Aurigarum, Roma giugno 2009

Prefazione a “Il seme sepolto La follia della verità” di Emilio Biagini, Fede & Cultura, Verona 2009

“Itinerari della destra cattolica”, Solfanelli, Chieti, 2010

“Continuità della gnosi spuria nella destra italiana del Novecento”, in Aa. Vv., “La gnosi tra luci e ombre”, Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 2010

Aa. Vv., Note sciacchiane, Atti del convegno della Fondazione Sciacca, Bocca di Magra 2009, editore Olsckhi, Firenze 2010

"Icone della falsa destra", Solfanelli, Chieti 2010

martedì 25 maggio 2010

LA SCELTA RELATIVISTA DI FINI di Gaetano Rebecchini (Il Tempo, 22/04/2010)

Tanti sono i temi trattati da Piero Vassallo nel suo libro - né poteva essere diversamente trattandosi degli "Itinerari della destra cattolica".
Interessanti, tra le altre, le pagine su "l'esoterismo gnostico di destra" le cui origini risalgono al II secolo ed all'eretico Marcione. Queste argomentazioni, che aprono la seconda parte del libro, mi invitano a soffermarmi sulla figura e sul ruolo di Gianfranco Fini, di cui si parla in più punti, ed al quale sento il dovere di far presente i pericoli di quella "deriva relativista" che purtroppo già da tempo lo investe e che ha provocato il suo cambiamento di riferimento culturale, che addolora molti i noi. Ebbene, per rendersi conto di quel cambiamento basta mettere a confronto ciò che Fini affermava nel 1994 - l'anno del Congresso di Fiuggi in cui fu eletto presidente di An - con quello che oggi dice e che con lui dicono significativi esponenti della Fondazione Fare Futuro da lui fondata e presieduta. Non posso ad esempio dimenticare quando, alla vigilia di Fiuggi, gli sottoposi quel breve scritto che doveva, in modo sintetico, spiegare agli iscritti ed ai futuri elettori chi fossero ed a quali valori intendevano richiamarsi i fondatori del nuovo Partito. Fini non solo accolse quello scritto ma volle anche che fosse riportato negli Atti di fondazione del Partito, scritto che così testualmente diceva: "ci sentiamo eredi e siamo cultori della civiltà romana e di quella cristiana che ha il suo fondamento nel messaggio portato da Pietro a Roma e diffuso in Occidente e nel mondo intero". Ed ugualmente non posso dimenticare le sue parole, e la mia soddisfazione, quando accolse la proposta di istituire la "Consulta etico-religiosa" di Alleanza Nazionale, della quale volle affidarmi la presidenza, e così anche quando fece modificare l'articolo de "il Regolamento di Partito" inserendo la condizione che in tutti i Comitati provinciali (fondamentali organi territoriali del Partito) vi fosse un rappresentante della Consulta etico-religiosa. Tutto questo - e mi dispiace dirlo - è stato poi gradualmente abbandonato e dimenticato già prima della fusione di An con Forza Italia e della nascita quindi del Pdl. Ma veniamo ad oggi e prendiamo il numero dello scorso febbraio di Charta Minuta - il periodico della Fondazione Fare Futuro - un numero dal significativo titolo "La nostra nuova politica", dove i numerosi articoli possono ben illuminarci su quella "nuova politica" definita da alcuni il "Finismo", e da altri, con un pizzico di malizia, il "Fini pensiero". La pubblicazione apre con l'editoriale di Fini che per la verità non dice molto. Accenna al "patriottismo repubblicano" che sottolinea essere una riscoperta - il che gli dà anche modo di ricordare Machiavelli - e poi tocca altri temi, le cosiddette "nuove parole" che, come lui stesso dice, "possono essere mattoni", utili per l'opera di rinnovamento della cultura politica italiana, o meglio della "nuova casa comune degli italiani". Vediamoli allora questi mattoni. Tra i vari articoli di quel numero di "Charta Minuta" soffermiamoci su quello di Filippo Rossi, direttore di "Fare Futuro Web Magazine". Rossi ci spiega che la "destra nuova" è in effetti - come lui stesso afferma - una "destra libertaria". Ed a coloro che vedono questa destra libertaria come "un tradimento dell'identità ed un abbandono della casa del Padre" Rossi risponde deciso: "sì, è proprio così". E subito tutto diviene più chiaro.
"Bisogna navigare in mare aperto" - afferma - "senza vincoli di sorta.
Oltre i muri. Oltre i dogmi". Oltre quindi quelle barriere poste dalla nostra vecchia cultura, di cui ovviamente occorre dimenticarne anche le millenarie radici. Altro che sentirsi eredi ed essere cultori di quelle civiltà, come con tanto entusiamo ed emozione si era voluto affermare negli atti fondativi di Alleanza Nazionale. Bisogna abbracciare la "google-Kultur" dice con enfasi Rossi, senza peraltro rendersi conto che l'informatica non è che uno strumento, indubbiamente affascinante, ma sempre uno strumento, che può anche illudere e deludere. E continuando poi la sua esposizione ci avverte che "bisogna giocare a tutto campo, avere il coraggio del gioco", e per meglio spiegarci il suo gioco afferma: "Che Guevara è anche uno di noi, come icona, come simbolo" e subito dopo aggiunge "ma Che Guevara al tempo stesso non è uno di noi perché dei simboli, della cultura, la cosa più bella è questo: ognuno prende quel che vuole. Non ci sono regole predefinite".
Credo che questi concetti che il direttore di "Fare Futuro Web Magazine" ci espone con tanta franchezza siano più che sufficienti a comprendere cosa vuole essere questa "destra nuova", e quindi quale sia il pensiero del "gruppo ideologico che sta attorno a Fini" come lo stesso Rossi puntualizza. Siamo di fronte ad una proposta ideologica di chiara impronta "soggettivista" e "relativista" che non può che sfociare nel più totale e triste "nichilismo", e quindi di fronte ad un gruppo politico che, dopo aver reciso le proprie radici culturali e dimenticata la propria identità, si avventura in "mare aperto" verso il "nulla", senza riferimento ad alcun "valore", e men che meno ai "valori non negoziabili". Mi sono più volte domandato da dove poteva aver avuto origine il cambiamento culturale di Fini, e Piero Vassallo nel paragrafo del suo libro che tratta dell' "ateismo di destra" ne dà una spiegazione chiamando in causa l'influenza esercitata sulle giovani generazioni degli anni '70/'80 dal movimento francese "Nouvelle Droite" di De Benoist, importato in Italia da Armando Plebe. Quanto a Fini che con la sua "virata", o per meglio dire la sua "strambata culturale", si avventura in mare aperto vorrei ancora una volta ricordare i nostri primi incontri e gli esaltanti anni della nascita di quel nuovo soggetto politico che volemmo chiamare "Alleanza Nazionale". E sempre a lui, che sembra orientato a voler dar vita ad un nuovo movimento politico - come la stessa nascita del gruppo "Generazione Italia" potrebbe far pensare - rivolgo con amicizia l'invito a leggere l'ultimo opuscolo del "Centro di Orientamento Politico" che riporta gli Atti del Convegno su "Etica, diritto e politica" per poi riflettere, non solo sul significato di quei tre termini ma anche, e soprattutto, sull'importanza della loro successione. Il rovesciamento infatti di quella sequenza e quindi il dare inizio ad un'azione politica senza aver prima chiaramente posto a fondamento stabili principi di carattere etico - adeguatamente trasformati in norme giuridiche - conduce inevitabilmente al sopravvento del "potere" su tutto. "Ed è proprio questo" - come dice il professor Francesco D'Agostino in quel convegno - "il tarlo che consuma l'esperienza politica della modernità".

Gaetano Rebecchini
Il Tempo, 22/04/2010, p. 22

sabato 24 aprile 2010

Franco Accame, la sapiente radice dell'anticonformismo

Nell'età della trasgressione al potere, l'anticonformismo si rovescia nella figura, tanto silenziosa quanto ribelle, della vita saggia ed equilibrata. Anticonformista nella società dei ribelli a buon mercato è l'impavido equilibrio, che lancia il guanto di sfida al disordine, mentre la tranquillità si avventura nel rischio dei pensieri calmi e sapienti.
La biografia di Franco Accame (1927-2010), infatti, ha rappresentato in modo esemplare quel pericoloso rifiuto della saccenteria imperante nel salotto buono, che una bolsa, consunta retorica definisce chiusura al “nuovo” e insofferenza “piccolo borghese”.
Nella realtà “piccolo borghese” è il tardivo fremito del Sessantotto, alito stanco di una passione capace solamente d'increspare le acque stagnanti nelle periferia – nelle anse - delle cultura un tempo detta rivoluzionaria.
Acque senza vita, sopra le quali galleggia il malumore ultimo delle mafalde, urlante residuo di una contestazione inacidita dall'esercizio del potere circense negli ambulacri della famiglia sgangherata dal laicismo.
Franco Accame, fu invece specchio di quel paradosso di Charles Peguy, che assegna il titolo di eroe moderno al padre di famiglia, vivente figura della pericolosa, odiata tranquillità nell'ordine.
Felicemente condiviso e splendidamente vissuto dalla moglie Dori, l'ordine della famiglia Accame ha emanato per quattro felici decenni il gradevole profumo dell'antica tradizione italiana.
D'altra parte l'esistenza di Franco Accame si può riassumere nell'ossimoro che declina l'avventurosa tranquillità di un resistente alle sirene del caos.
Il suo curriculum di studente in peregrinazione da ingegneria a filosofia, la sua tranquilla, aristocratica rinuncia alla laurea, le sue appassionate ricerche intorno al pensiero magico del Cinquecento e del Seicento, i suoi approfonditi studi sulle scuole indiane e cinesi di metafisica, testimoniano una vita interiore febbrile e inesauribile.
Uomo tranquillamente inquieto, non è mai mancato agli appuntamenti con le occasioni del rischio, occasioni presenti ora nella sede di un partito protetto da fragili cavalli di Frisia, ora nei quadri dirigenti del movimento cattolico fondato da Gianni Baget Bozzo per resistere al sinistrismo promosso dai poteri forti, ora nei raduni della cultura esclusa e sconsigliata, ultimamente nei circoli del centrodestra.
L'alternanza di tranquillità e rischio caratterizza anche la più recente produzione letteraria di Franco Accame, in parte dedicata alla gastronomia metafisica e alle storie delle tipiche trattorie di Liguria, in parte all'affermazione poetica dei princìpi della migliore destra.
Dalle future generazioni, Franco Accame sarà ricordato specialmente come magnifico autore di poesie poeticamente scorrette, quali furono ad esempio le composizioni nostalgiche raccolte nel commovente volume intitolato “Elegia”, opera straordinaria, arricchita dalle puntuali note dello storico Luciano Garibaldi, e pubblicata dal temerario editore Fabio De Fina in Milano. Volume dove è ricordata, senza amarezza e senza ritegni politicamente corretti, la speranza destata e subito delusa dal progetto golpista del principe Junio Valerio Borghese.
Per aver nutrito la fiducia senza fondamento nel progetto insurrezionale concepito dal vecchio, eroico comandante del sommergibile “Barbarigo”, nel 1974, Franco fu costretto a fuggire a Lugano, e a nascondersi nella casa di amici fidati, finché la tempesta giudiziaria non rivelò la schietta natura di bufala. Franco rievocava quell'avventura mescolando i due ingredienti della sua magica scrittura: il timbro umoristico e il struggente rimpianto dell'intravista avventura.
Chi è stato amico di Franco ricorda anche e specialmente la sua nobile e mai uggiosa malinconia, la sua sofferta estraneità alla deriva crepuscolare di una patria incalzata dalla decomposizione di massa, alla religione del niente assoluto, concepita e promossa nei salotti dal radical chic.
La vita terrena di Franco si è conclusa il 18 aprile del 2010, dopo una sofferta e prolungata agonia. Le sue ultime parole, rivolte al sacerdote che lo ungeva con il sacro olio degli infermi declinarono la serenità del cristiano davanti alla morte.
Gli sarà lieve la terra, come fu lieve e cortese il suo cammino sulle strade dell'esilio e della struggente nostalgia.

Piero Vassallo


giovedì 22 aprile 2010

Presentazione a Genova (Sabato 15 Maggio, ore 16,30)

Sindacato libero scrittori italiani

in occasione dell'uscita del saggio di Piero Vassallo

Itinerari della destra cattolica
edizioni Solfanelli - Chieti

sabato 15 maggio alle ore 16,30

nella sala Barabino del Teatro della Gioventù
via Macaggi 82/a rosso - Genova

si svolgerà un dibattito sul tema

Le radici culturali della destra

relatore Emilio Artiglieri

interventi di Mario Bozzi Sentieri, Luciano Garibaldi, Alberto Rosselli, Angelo Ruggiero, Piero Vassallo

moderatore Massimiliano Lussana

venerdì 16 aprile 2010

Non prenderà mai voti nel centrosinistra (la Discussione, 16/04/2010)

PIETRO GIUBILO, EX SINDACO DI ROMA, BOCCIA IL LAICISMO FINIANO

Non prenderà mai voti nel centrosinistra

In un libro di Piero Vassallo le ragioni storiche del percorso del presidente della Camera

di ADOLFO SPEZZAFERRO


Nella galassia della destra esistono più anime, compresa quella cattolica tradizionalista. Ieri, alla presentazione del libro del professor Piero Vassallo, Itinerari della destra cattolica (Solfanelli editore, 2010), abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti di questa componente ancora importante all’interno del centrodestra. Tutti accomunati da un giudizio negativo nei confronti del presidente della Camera Gianfranco Fini, con toni più o meno duri. Per Vassallo, per esempio, «Fini non è un uomo di destra, perché la destra nasce cattolica, nella rivoluzione francese. Una destra anticattolica è quindi una contraddizione in termini». Per Augusto Sinagra, docente alla Sapienza di Roma, «Fini non ha un progetto politico, ma esclusivamente mire personali, destinate a fallire». Per Pietro Giubilo, ex democristiano ed ex sindaco di Roma, «la destra cattolica, con il cambiamento politico avvenuto dal 1995 in poi, ha ritrovato un ambito nel quale presentare le proprie tesi. Questo ambito è il centrodestra, dove oltre al Pdl va messa in qualche modo anche la Lega - che sta maturando in questa direzione - e l’Udc. Rispetto a questo spazio, le posizioni che vengono soprattutto all’interno del Pdl dall’elaborazione culturale e politica della fondazione di Fini Farefuturo, sono legittimamente in controtendenza. La linea è quella di un laicismo di destra ». Una Lega Nord come portatrice dei princìpi della destra cattolica, quanto se non più del Pdl, dove comunque è Berlusconi e non Fini a incarnare questa tradizione, è l’altro denominatore comune emerso dalle chiacchierate che abbiamo fatto con i presenti al convegno.
Tornando al Fini pensiero - che non esisterebbe, secondo la destra cattolica - Giubilo sottolinea però che «lo stesso Piero Vassallo - nel suo libro - ha dimostrato che una linea laicista, che non tiene conto della posizione cattolica, della tradizione culturale cattolica e quindi della visione del Vaticano II come in continuità con la tradizione, è in qualche modo presente nella cultura della destra, dall’evolismo ad altri filoni che rifiutano la religiosità nella politica e quindi si professano atei. In questo senso, tali posizioni possono definirsi anticattoliche.
Nel caso dell’operazione Fini, il quale si propone anche a un elettorato laico di destra, la posizione laicista riguarda però soprattutto la cultura e la politica di sinistra. Il territorio comune può essere l’interpretazione del Risorgimento, sul quale Alessandro Campi sta tentando di portare il discorso».
Certo però che l’operazione di Fini, ammesso che sia quella di strizzare l’occhio al centrosinistra è un po’ difficile da compiere. «La posizione laicista e anticattolica - ricorda Giubilo - è appannaggio quasi esclusivo della cultura di sinistra.
Quindi difficilmente si può trovare un elettorato, da quella parte. L’idea di voler fare il Sarkozy dell’Italia non tiene conto delle specificità del nostro Paese, dove c’è una presenza cattolica più importante rispetto alla Francia.
C’è un atteggiamento della Chiesa rispetto all’Italia che è diverso.
In questo senso mi pare un po’ difficile per Fini pensare di avere un grande spazio elettorale puntando soprattutto su questi temi».
A proposito di riforme istituzionali poi, terreno di scontro tra finiani e il resto del Pdl, sempre Giubilo fa presente che non serve importare modelli stranieri, che hanno un senso perché espressione di tradizioni e culture politiche dei Paesi d’origine, perché «abbiamo un modello elettorale, già sperimentato e che ha dato buoni frutti, tutto italiano, che è quello dell’elezione del presidente della Regione. Un sistema tra l’altro proposto da Tatarella, che era una persona molto intelligente.
In sostanza c’è un unico turno, ci sono le preferenze, per non fare un Parlamento di designati, uno spazio di indicazione dei partiti, che è il cosiddetto listino del candidato presidente, sul quale possono confluire personalità di prestigio, specie in una competizione nazionale. Questo sistema inoltre omogeneizzerebbe i sistemi politici, che in Italia sono diversi a ogni competizione elettorale.
C’è una soglia di ingresso che consentirebbe di evitare la frammentazione dei partiti e consente di tornare a scegliere i parlamentari, almeno in parte».


ADOLFO SPEZZAFERRO
la Discussione
Venerdì 16 aprile 2010, p. 5

mercoledì 14 aprile 2010

RECENSIONE: ITINERARI DELLA DESTRA CATTOLICA (a cura di Lino Di Stefano)

DOVE VA LA CHIESA?

Ancora una volta, Piero Vassallo ha colto nel segno con la presente ultima fatica – ‘Itinerari della destra cattolica’(Solfanelli, Chieti, 2010) – nel senso che egli, da insigne studioso cristiano, è riuscito a mettere in evidenza le contraddizioni di un certo cattolicesimo, ivi compreso quello uscito fuori dal Concilio Vaticano II; Concilio che nonostante fosse stato portato a termine dal papa Paolo VI, “tormentò – ammonisce l’Autore genovese – gli ultimi anni del pontificato montiniano.
In altre parole, malgrado i meriti, in seno al Concilio si erano mosse forze che avevano tentato, sulla scorta del gesuita Karl Rahner, di convertire la teologia in antropologia. E, al riguardo, non a caso, il nostro Cornelio Fabro aveva fatto sentire la sua autorevole voce parlando, testualmente, “della confusione che regna ai nostri giorni nella sfera dei problemi che toccano la religione e la morale, non solo nel campo dei nemici del Cristianesimo ma anche da parte di troppi cristiani”.
Da qui, la perentoria asserzione di Piero Vassallo secondo cui “la vita della rinascenza cattolica ‘dopo il moderno’ passa per l’obbedienza, lo sviluppo rigoroso e la convinta adesione alle tesi di Benedetto XVI sull’ermeneutica della continuità”. Proseguendo su questa strada, lo studioso genovese, da una parte, osserva che “è difficile dimenticare il grottesco e devastante delirio teologico dei predicatori” – sostenitori di tesi eterodosse volte a giustificare la sodomia e il suicidio – e, dall’altra, ribadisce che è improponibile fare della gnosi la dominatrice del mondo.
Premesso che il “XIX secolo è un palcoscenico sul quale si esibiscono la confusione inavvertita e il frenetico opportunismo degli intellettuali cattolici in conflitto con la tradizione e il magistero”, l’Autore attacca studiosi quali Benjamin, Bloch, Horkheimer ed altri perché rei di professare l’ateismo, nelle varie forme, e lo gnosticismo, dottrina, com’è noto, volta a rivendicare la conoscenza assoluta della divinità e tesa a consentire la risoluzione delle questioni inerenti al mondo, all’uomo e a Dio.
Una concezione, cioè, in grado, secondo i suoi adepti, di fornire una conoscenza genuinamente intuitiva mercé un’illuminazione repentina, decisiva e dispensatrice di salvezza. Quest’ultima, concessa soltanto agli iniziati; da qui, la squalificazione della fede derivante da motivi ermetici, misterici, giudaici, orientaleggianti ed ellenizzanti. Ora, i rilievi vassalliani si appuntano non solo sulle concezioni del mondo suddette, ma pure su sistemi di pensiero più a noi vicini come l’evolismo, il post-moderno nonché quelli che il nostro studioso definisce “fonti reazionarie della teoria della superiorità antropologica vantata dai progressisti”.
Fonti smascherate dal filosofo cattolico Michele Federico Sciacca – esponente con Armando Carlini ed Augusto Guzzo dello spiritualismo cristiano del Novecento – il quale, a detta sempre di Vassallo, “formulò anche un’esatta previsione del futuro reazionario e oscurantista cui tendeva il progressismo”. Con la fine delle ideologie, prosegue l’Autore, e l’affermazione del relativismo in ogni campo del sapere e del vivere civile, la destra non ha bisogno di rifondazione, ma solamente di una rilettura attenta delle opere degli scrittori anti-moderni i quali, egli aggiunge, “hanno dato lustro alla cultura italiana e senza istituire un confronto tra il loro pensiero e la dottrina sociale della Chiesa”.
Autori che rispondono ai nomi di Giano Accame, Augusto Del Noce, Gianni Baget Bozzo, recentemente scomparso, Primo Siena, Francesco Mercadante e numerosi altri come Nino Tripodi, Francesco Grisi, Fausto Gianfranceschi, Pino Tosca etc. Posto l’accento sull’alienazione antifascista della sinistra democristiana, rivalutata, altresì, la figura di Pio XII e riconfermata, infine, la natura spuria della gnosi, chiamata con bella immagine, “metastasi del paganesimo”, Vassallo condanna anche l’ateismo gnostico della destra.
Quest’ultimo, incarnato dai vari Guénon, Evola e De Benoist, ha cercato non solo di occultare le proprie torbide tendenze moderne, ma si è, inoltre, presentato nelle vesti di banditrice di una religione superiore al Cristianesimo. Il libro in questione, ricchissimo di spunti e di suggestioni, si chiude, per un verso, con la difesa degli autentici esponenti della destra, segnatamente il giurista Giorgio Del Vecchio, e, per l’altro, con il biasimo nei confronti della cosiddetta ‘neo-destra’ rappresentata, per fare un altro esempio, da Marco Tarchi il cui sistema, conclude l’Autore ,non è altro che “un involucro adatto a contenere il bizzarro programma di una destra nominalista, libertaria e progressista”.
Un bel saggio, questo di Vassallo, un libro, in definitiva, che merita di essere letto e meditato anche per effetto della solita vivacità letteraria e la consueta ed efficace ‘vis’ polemica.

Lino Di Stefano

venerdì 26 marzo 2010

Presentazione: ITINERARI DELLA DESTRA CATTOLICA (Roma, Giovedì 15 aprile 2010, ore 16,30)

SINDACATO LIBERO SCRITTORI ITALIANI

Giovedì 15 aprile 2010, ore 16,30


presentazione dell’opera di

Piero Vassallo

Itinerari della destra cattolica


Solfanelli Editore



RELATORI
Valentino CECCHETTI
Gaetano REBECCHINI
Pietro GIUBILO

INTERVENTI PROGRAMMATI
Giulio ALFANO e Augusto SINAGRA

MODERA
Francesco MERCADANTE

SARANNO PRESENTI AUTORE ED EDITORE

Roma, aula Magna di Palazzo Sora,
Corso Vittorio Emanuele, 217



SEGRETERIA ORGANIZZATIVA
tel. 06 8558065 - 347 1836042
sindacato.scrittori@tiscali.it

lunedì 22 marzo 2010

RECENSIONE: ITINERARI DELLA DESTRA CATTOLICA (a cura di Valentino Cecchetti)

Per spiegare i paradossi della cronaca e i fenomeni in apparenza incomprensibili, le «esternazioni laiciste» di Gianfranco Fini e i flebili lamenti dei «cattolici maturi» arruolati nelle liste Bonino, la cosa migliore è dotarsi del cannocchiale dell’osservazione metapolitica. Lo fa da sempre Piero Vassallo, acuto demistificatore delle «ideologie del regresso», che si applica ad illustrare i molti modi in cui la destra italiana si lascia sottrarre spazio e allontanare dal proprio autentico territorio spirituale.
Si tratta di un esercizio di abilità prospettica e di un minuzioso lavoro di intersezione tra quanto appare remoto ed è invece vicino. E si dispiega, in questo caso, lungo i venti saggi del suo ultimo libro, Itinerari della destra cattolica, Solfanelli, Chieti, 2010, pp. 158, €. 12.00, volume in due parti comunicanti – «Sdoppiamento e prospettive di ricomposizione della politologia cattolica», «Intorno ai problemi della cultura di destra» - in cui il filosofo e polemista genovese si fa accompagnare dalle «diagnosi lungimiranti» di Michele Federico Sciacca, maestro risoluto fino al sacrificio nell’opporsi al «razionalismo spurio» del moderno e della sua «proclamazione fenomenologica di un mondo posto al servizio di un’unica abissale irrazionalità» (Raschini).
È l’analisi delle ragioni di una schizofrenia culturale, in cui prende corpo l’imitazione parodica dell’avversario laico-progressista e il collasso di una destra che non sa riconciliarsi con un’identità naturalmente cattolica. È vero che, per consegna spirituale, al ricordo di Gianni Baget Bozzo corrisponde l’auspicio di un senso ritrovato dell’agire politico («La censurata eredità di Gianni Baget Bozzo»). Come a Giano Accame rimanda l’aggiramento dell’«irrealismo» delle filosofie politiche della neodestra («Giano Accame, o il realismo dell’avanguardia»).
Ma a farsi più urgente è la riflessione sul «mostro», il golem che allunga «verso destra» l’ombra marcionita dei «padri del sessantottismo» (Benjamin, Bloch, Taubès,). Una linea che si afferma in Italia solo nel secondo dopoguerra, egemonizzando una cultura refrattaria fino a quel momento, per gli anticorpi del «secondo fascismo», alle «suggestioni gnostiche», operanti sotto l’intenzione di attualizzare l’ideologia neopagana. È un oscuro precipitato del mondo tardoantico, che filtra nei secoli dall’apostasia dell’imperatore Giuliano e si fa strada nell’interpretazione esoterica del mito romano, prodotta dal «salotto massonico».
E trova, come è noto, la principale fonte di irradiazione nelle opere di Evola, il «pensatore eclettico che coniuga sul versante politico le suggestioni dell’avanguardia surrealista con i miti della rivoluzione conservatrice» e «sul versante esoterico» associa le «elucubrazioni di Guénon» ai «furori superumani di Nietzsche». Nasce l’equivoco del «Marcuse di destra» (secondo l’ironico paradosso di Accame), dei «tradizionalisti a cavallo delle tigri ultramoderne» che, nei «fumi del sincretismo», spezzano i legami con gli ideali della destra classica.
È la storia di un’«umiliante parabola», l’esito francofortese che, al di là di un’epidermica incompatibilità delle «singole scolastiche», si giustifica nello gnosticismo trasversale in viaggio dalla neosinistra alla neodestra e giunge a contaminare le dirigenze e gli intellettuali odierni, lungo il percorso che collega inevitabilmente «Fare futuro» al plesso ateista Almirante-Plebe-De Benoist: «Alcuni osservatori politici attribuiscono le continue, irritanti esternazioni laiciste di Gianfranco Fini e degli intellettuali radunati da Alessandro Campi e Giuseppe Granata sotto la sigla “Fare futuro” ai suggerimenti di un maestro estraneo alla destra.
In realtà il presidente della Camera è portavoce del surrettizio laicismo che circola a destra, dopo che una disgraziata decisione di Almirante (il padre spirituale di Fini) aveva affidato l’ufficio culturale del Msi al radical-chic (e ateo dichiarato) Armando Plebe. A sua volta Plebe aveva introdotto in Italia Alain De Benoist, un giornalista che contrabbandava il politeismo quale rimedio e impedimento alle guerre di religione e di ideologia» («Gnosticismo e cultura di destra», p. 117).
È naturale, perciò, che «chi desidera comprendere i pensieri che ispirano i giri di valzer anticattolici eseguiti da Gianfranco Fini» non possa che tener conto del «precedente neodestro», come non può ignorare che «la neodestra fu approvata da Almirante» (l’«autore delle prime fortune di Fini»). Senz’altro un aspetto del «progetto antitradizionale» dei poteri forti e del tentativo ricorrente di oscurare la memoria dell’autentica tradizione italiana. Ma che incontra un punto di resistenza nel ricordo della «cultura controriformistica fascista» e nell’eredità, misconosciuta anche a destra, oltre che a sinistra, della scuola milanese di «mistica fascista».
La «fronda giovanile» e la «robusta agenzia filosofica» di Arnaldo Mussolini e Ildefonso Schuster che, in contrasto con le correnti neohegeliane, sosteneva i principi della Scienza Nuova, riconoscendo in Vico l’antagonista degli autori «rivoluzionari».
Un frammento vitale del Novecento italiano, sottratto alla «rovina vandalica» da studiosi come Luigi Gagliardi e Fausto Belfiori e un utile strumento per contrastare il moto perpetuo di un ghibellinismo oscillante di continuo tra i poli opposti dello schieramento politico-culturale. È, quella neoghibellina, la scia su cui si pongono gli epigoni e i portavoce dell’immarcescibile Scuola di Bologna (Bindi, Turco, Binetti), magari sull’onda della revisione storiografica (il caso della biografia di Matilde di Canossa di Paolo Golinelli), che echeggia certe vecchie opere della destra anticlericale, come il Barbarossa di Rudolph Wahl.
Un libro quanto mai «sincrono», uscito in Italia il 25 aprile del ‘45, proprio mentre gli eserciti tedeschi lasciavano il Nord, quasi un segnale di una qualche implicita continuità culturale.


http://www.riscossacristiana.it/index.php?option=com_content&view=article&id=134:itinerari-della-destra-cattolica&catid=66:libri-e-riviste&Itemid=125

sabato 13 marzo 2010

Destra cattolica: Tutte le colpe di Bindi e Fini (il Giornale, Genova, 14/03/2010)

Itinerari della Destra Cattolica di Piero Vassallo, tempestivamente edito da Solfanelli a ridosso delle Regionali, dall'analisi delle radici storiche della dottrina cristiana alle derive attuali, ci aiuta ad orientarci al voto che sarà bussola per le Politiche.
In quarta di copertina il motivo del libro. Le disavventure di due partiti attratti a diventare il proprio contrario: la Dc di Maritain e il Msi di Evola. Il cattolicesimo politico insegue il laico-progressista, il movimento postfascista rinnega le proprie radici spirituali. Perciò: «Rosy Bindi e Gianfranco Fini, interpreti di due scelte antipatiche, si ritrovano nella reciproca simpatia per assenza di un disegno politico».
L'analisi storica scandaglia globalizzazione, battaglie laiche per i cosiddetti «diritti» individuali (aborto, eutanasia), i due primati di Stato e Chiesa, la storia del fascismo e postfascismo da riscrivere, il Concilio Vaticano II e le tonache dei preti svolazzanti a Trento e a Genova, il ’68 dai padri Benjamin Bloch Taubes ai postumi distruttivi. Risale alle radici di cosmopolitismo ed ecumenismo, quando l'universale solidarietà fu portata in Occidente dai Persiani, mentre ora «i pastori dell'arretratezza avversano l'economia globale con intento di colpire l'Occidente colpevole di aver sconfitto l'ideologia comunista...». Oggi imperano «tuttologi diplomati alla scuola di Maria De Filippi e filosofi di risulta marciano sulla strada del regresso». Il lettore assapora proprio questi «flash» parapolitici.
Un assaggio: «Se il bene può sbocciare dall'abisso di malignità (il riferimento è al massacro giacobino di Compiègne e alla santità delle carmelitane martirizzate), per i cattocomunisti esiste un metafisico cavatappi ad estrarre sante azioni di governo dai valori contrari degli alleati di Prodi e Franceschini: aborto facile, festosa eutanasia, droga libera, matrimonio pederastico...». Lo stesso per il pensiero «bicamerale» di Dossetti concentrato nella scuola di Bologna, poi intorno a «Il Mulino»; i cattolici «del magistero a due teste» Rosy Bindi, Livia Turco, la pia equilibrista Binetti in privato obbediscono al Vangelo, ma pubblicamente allo stato laico della (pseudo) legge sull'aborto.
Il libro ha un interesse umano quando racconta i maestri filosofi, l'eredità di un dolente Baget Bozzo, il grande Sciacca vittima della persecuzione sessantottina quando gli studenti erano per lui al primo posto nella scala delle relazioni umane, Evola nel '74 portato morente al Policlinico di Roma cui infermieri sindacalizzati rifiutano assistenza.
Vassallo ricorda volentieri Giano Accame, un maestro che non stimava il giovane segretario di partito Fini, oggi dedito «a continue irritanti esternazioni laiciste con appiattimento della dirigenza di An e degli intellettuali di Fare Futuro».
Un passo importante riguarda, a seguito della visita di Fini ad Israele nel novembre 2003, la smentita dello storico Yehoshua Porat sul «fascismo male assoluto». Testimoniò che il fascismo salvò migliaia di Ebrei nelle regioni conquistate dal proprio esercito: sud-est di Francia, Croazia.
Nel libro frasi fulminanti come il termine «patriottismo costituzionale» o «la canna a gas del gossip». Questo è detto a proposito di un episodio storico: quando Paolo Golinelli, studioso revisionista di storia della Chiesa, prende le distanze dalle «chiacchiere calunniose dello scomunicato Benzone d'Alba» sul rapporto tra Gregorio VII e Matilde di Canossa. Quando il papa nell'inverno 1077 indugiò nei di lei possedimenti fu «un affetto umano di due persone sole...», forse «i momenti più felici per entrambi».

La colpa di Gregorio VII per certi cattolici moderni è aver voluto una Chiesa potente, lontana dall'originario pauperismo? Nell'ultima pagina c'è tutta la poesia dell'Italia com'è forgiata dal cristianesimo: le nostre città storiche sono gemme di un'Italia cristiana, in contrapposizione alla massificante edilizia comunista testimoniano «operosità sapiente che è l'autentica somiglianza divina dell'umanità».