"Essi [i farisei condannati da Cristo
perché conducono i loro seguaci nella 'fossa'] dicono e non fanno" (Mt.
23, 3).
Che cosa c'è di più subdolo e corruttore che
mostrare la fedeltà ai sacri precetti e violarli nella pratica con sofismi e
frodi, instaurando una pratica effettivamente mortifera? A ben vedere, i nuovi
farisei, che hanno preso posto sulla cattedra lasciata da Nostro Signore al suo
Vicario, non "dicono" quasi niente che sia bene fare e osservare (cf.
Mt. 23, 3). Predicano una misericordia immorale ed eretica, viziata
dall'irresponsabilità, dall'illusione, dalla tentazione di Dio, dallo spoglio
delle indispensabili precauzioni, basata sull'odioso errore della bontà
attribuita alle false religioni, sull'innocuità degli effettivi nemici del
Signore
Questa guida diabolica (il diavolo, lo
sappiamo, come l'Anticristo non si espone, ma si traveste da essere pio,
menzogna e malizia essendo affar suo) è l'affare di Bergoglio. Qualcuno dice
che egli adotta l'arte gesuitica. Sarà bene non coinvolgere nel discredito quanti
furono bravi militi della Compagnia di Gesù.
A che vale aggrapparsi alla conservazione del
dogma assicurata dalla gerarchia, all'infallibilità non messa in gioco dagli
ultimi presunti pontefici? Si può dimostrare che il dogma è stato da loro
contraddetto e che hanno usato della loro fittizia autorità predicando e
governando nelle forme e nei modi dell'infallibilità, ma, considerando il male prodotto, quale lo fanno i nemici di
Cristo, il tentativo di salvare l'appartenenza di un Bergoglio alla Chiesa
è ad ogni modo superato. Dicendo, o facendo dire da uno dei suoi satelliti, che
egli rispetta il Deposito della fede, fa peggio che se ne contraddicesse o ne
abolisse qualche caposaldo comportandosi come si comportarono gli eresiarchi,
che poterono assai meglio essere giudicati e condannati dal popolo cattolico.
Potendo dare ad intendere in qualche modo alla massa degli sprovveduti (tenuti
nell'ignoranza specialmente dal Concilio in poi) che egli resta cattolico, conduce
artatamente sempre più il gregge nella perdizione dovuta al peccato mortale,
invano attenuato e giustificato.
Potrebbe sembrare giusto che il male non
debba venirci da altri mediante le loro tentazioni. Se così avvenisse, potrebbe
sembrare una cosa cattiva gratuita, non meritata. Ma così pensando si insegna a
Dio la giustizia, l'economia della Giustizia, presumendo che Egli debba
risparmiarci una disgrazia immeritata. Troppi
oggi sono indotti a pensare: "Dio non permette che un errante contagi
l'anima del suo qualunque prossimo". Ma costoro hanno torto, hanno torto
di non prestar fede al Padre e al Figlio il quale, ad ogni piè sospinto nel
Vangelo, ammonisce chiunque a guardarsi dai seduttori, che ammonisce e poi
condanna i portatori di errore. Aiutati dai falsi profeti, oggi i fedeli hanno finito col non credere più
all'estremo pericolo costituito dall'errore, e hanno finito col non credere
nemmeno più nel peccato, incoraggiati e persuasi da preti, che non oso più
definire.
Non interessa affatto indagare la coscienza
bergogliana: se sia sporca o meno. Interessa il fatto che egli agisce come se
la sua coscienza fosse un raffinato, pestifero marchingegno.
Ecco un'ultima sua trovata truffaldina,
definita da Antonio Socci un altro "colpo di piccone" abbattuto sulla
Chiesa: le "diaconesse". Spacciata la notizia dalle televisioni e dai
giornali del conformismo demoniaco, gli intellettuali mollicci, perduti amanti
della falsità, e la massa neghittosa trovano belle ragioni per l'ultimo
aggiornamento della finta chiesa: le donne ammesse sulla scala del sacerdozio.
Per costoro la Rivelazione, in particolare,
la Scrittura (quando si degnino di accoglierne ancora la retta esegesi) resta assai
ignota o tralasciata, come conviene alla preservazione dei cari pregiudizi
mondani, nondimeno avallati dal neomodernismo pastorale.
Così san Paolo viene citato (a sproposito)
nell'Amoris laetitia (documento redatto
o almeno suggerito dall'Anticristo) ma pochi sanno e notano che disse: "Come
in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee, giacché ad
esse non è permesso parlare, bensì stiano sottoposte, come anche dice la legge
[...] O che, da voi è venuta fuori la
parola d'Iddio, oppure pervenne fino a voi soli? Se taluno crede d'essere
profeta o spirituale, conosca bene le cose che vi scrivo perché sono comando
del Signore; se poi le ignora, è ignorato" (I Cor. 14, 33-37). "La
donna impari in silenzio con ogni subordinazione: non permetto poi alla donna
d'insegnare, né di avere dominio sull'uomo, bensì se ne stia in silenzio"
(I Tim. 2, 11-12).
A chi volesse appigliarsi piuttosto alla
Tradizione, risponde lo storico De Mattei, il cui sapere è allegato da Socci
nell'articolo ove tratta delle "diaconesse". Roberto De Mattei afferma
che non ci furono mai donne che avessero un'ordinazione di tipo sacerdotale,
che appartenessero all'Ordine sacro; nella Chiesa primitiva o successiva
nessuna donna ebbe investiture e poteri riservati ai chierici. Nemmeno la Madre
di Dio, la Mediatrice di tutte le grazie, di dignità superiore a quella degli
Apostoli, svolse le funzioni da Cristo ad essi assegnate.
Anche l'Enciclopedia Cattolica (vol. IV,
col.1535 segg.) non considera "diaconesse" nella storia della Chiesa;
nomina soltanto quelle dei protestanti. L'esegesi tradizionale (p.e. a cura di
mons. Antonio Martini) esclude che appartengano al diaconato le donne di cui a Tim.
3, 11 (San Paolo). Le coadiutrici degli Apostoli furono poco più che perpetue e
benefattrici.
È singolare come i modernisti progressisti e
storicisti si appellino pretestuosamente alle presunte origini, e sovente anche
con quell'archeologismo ripreso da Pio XII.
Piero
Nicola
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