martedì 17 maggio 2016

L'IMPOSTURA SENZA FINE - LE "DIACONESSE" (di Piero Nicola)

  "Essi [i farisei condannati da Cristo perché conducono i loro seguaci nella 'fossa'] dicono e non fanno" (Mt. 23, 3).
  Che cosa c'è di più subdolo e corruttore che mostrare la fedeltà ai sacri precetti e violarli nella pratica con sofismi e frodi, instaurando una pratica effettivamente mortifera? A ben vedere, i nuovi farisei, che hanno preso posto sulla cattedra lasciata da Nostro Signore al suo Vicario, non "dicono" quasi niente che sia bene fare e osservare (cf. Mt. 23, 3). Predicano una misericordia immorale ed eretica, viziata dall'irresponsabilità, dall'illusione, dalla tentazione di Dio, dallo spoglio delle indispensabili precauzioni, basata sull'odioso errore della bontà attribuita alle false religioni, sull'innocuità degli effettivi nemici del Signore
  Questa guida diabolica (il diavolo, lo sappiamo, come l'Anticristo non si espone, ma si traveste da essere pio, menzogna e malizia essendo affar suo) è l'affare di Bergoglio. Qualcuno dice che egli adotta l'arte gesuitica. Sarà bene non coinvolgere nel discredito quanti furono bravi militi della Compagnia di Gesù.
  A che vale aggrapparsi alla conservazione del dogma assicurata dalla gerarchia, all'infallibilità non messa in gioco dagli ultimi presunti pontefici? Si può dimostrare che il dogma è stato da loro contraddetto e che hanno usato della loro fittizia autorità predicando e governando nelle forme e nei modi dell'infallibilità, ma, considerando il male prodotto, quale lo fanno i nemici di Cristo, il tentativo di salvare l'appartenenza di un Bergoglio alla Chiesa è ad ogni modo superato. Dicendo, o facendo dire da uno dei suoi satelliti, che egli rispetta il Deposito della fede, fa peggio che se ne contraddicesse o ne abolisse qualche caposaldo comportandosi come si comportarono gli eresiarchi, che poterono assai meglio essere giudicati e condannati dal popolo cattolico. Potendo dare ad intendere in qualche modo alla massa degli sprovveduti (tenuti nell'ignoranza specialmente dal Concilio in poi) che egli resta cattolico, conduce artatamente sempre più il gregge nella perdizione dovuta al peccato mortale, invano attenuato e giustificato.
  Potrebbe sembrare giusto che il male non debba venirci da altri mediante le loro tentazioni. Se così avvenisse, potrebbe sembrare una cosa cattiva gratuita, non meritata. Ma così pensando si insegna a Dio la giustizia, l'economia della Giustizia, presumendo che Egli debba risparmiarci una disgrazia immeritata. Troppi oggi sono indotti a pensare: "Dio non permette che un errante contagi l'anima del suo qualunque prossimo". Ma costoro hanno torto, hanno torto di non prestar fede al Padre e al Figlio il quale, ad ogni piè sospinto nel Vangelo, ammonisce chiunque a guardarsi dai seduttori, che ammonisce e poi condanna i portatori di errore. Aiutati dai falsi profeti, oggi i fedeli hanno finito col non credere più all'estremo pericolo costituito dall'errore, e hanno finito col non credere nemmeno più nel peccato, incoraggiati e persuasi da preti, che non oso più definire.
  Non interessa affatto indagare la coscienza bergogliana: se sia sporca o meno. Interessa il fatto che egli agisce come se la sua coscienza fosse un raffinato, pestifero marchingegno.
  Ecco un'ultima sua trovata truffaldina, definita da Antonio Socci un altro "colpo di piccone" abbattuto sulla Chiesa: le "diaconesse". Spacciata la notizia dalle televisioni e dai giornali del conformismo demoniaco, gli intellettuali mollicci, perduti amanti della falsità, e la massa neghittosa trovano belle ragioni per l'ultimo aggiornamento della finta chiesa: le donne ammesse sulla scala del sacerdozio.
  Per costoro la Rivelazione, in particolare, la Scrittura (quando si degnino di accoglierne ancora la retta esegesi) resta assai ignota o tralasciata, come conviene alla preservazione dei cari pregiudizi mondani, nondimeno avallati dal neomodernismo pastorale.
  Così san Paolo viene citato (a sproposito) nell'Amoris laetitia (documento redatto o almeno suggerito dall'Anticristo) ma pochi sanno e notano che disse: "Come in tutte le chiese dei santi, le donne tacciano nelle assemblee, giacché ad esse non è permesso parlare, bensì stiano sottoposte, come anche dice la legge [...]  O che, da voi è venuta fuori la parola d'Iddio, oppure pervenne fino a voi soli? Se taluno crede d'essere profeta o spirituale, conosca bene le cose che vi scrivo perché sono comando del Signore; se poi le ignora, è ignorato" (I Cor. 14, 33-37). "La donna impari in silenzio con ogni subordinazione: non permetto poi alla donna d'insegnare, né di avere dominio sull'uomo, bensì se ne stia in silenzio" (I Tim. 2, 11-12).
  A chi volesse appigliarsi piuttosto alla Tradizione, risponde lo storico De Mattei, il cui sapere è allegato da Socci nell'articolo ove tratta delle "diaconesse". Roberto De Mattei afferma che non ci furono mai donne che avessero un'ordinazione di tipo sacerdotale, che appartenessero all'Ordine sacro; nella Chiesa primitiva o successiva nessuna donna ebbe investiture e poteri riservati ai chierici. Nemmeno la Madre di Dio, la Mediatrice di tutte le grazie, di dignità superiore a quella degli Apostoli, svolse le funzioni da Cristo ad essi assegnate.
  Anche l'Enciclopedia Cattolica (vol. IV, col.1535 segg.) non considera "diaconesse" nella storia della Chiesa; nomina soltanto quelle dei protestanti. L'esegesi tradizionale (p.e. a cura di mons. Antonio Martini) esclude che appartengano al diaconato le donne di cui a Tim. 3, 11 (San Paolo). Le coadiutrici degli Apostoli furono poco più che perpetue e benefattrici.
  È singolare come i modernisti progressisti e storicisti si appellino pretestuosamente alle presunte origini, e sovente anche con quell'archeologismo ripreso da Pio XII.


Piero Nicola

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