mercoledì 30 dicembre 2015

Le seduzioni moderne del demonio (recensione di Emilio Biagini)

Lo snello opuscolo di Cesare Ghinelli, Le seduzioni moderne del demonio (Fede & Cultura, Verona  2015), qualificato medico primario di Chirurgia Pediatrica a Parma, mette opportunamente in luce, con dovizia di documentazione, le atroci seduzioni moderne del demonio; filosofie e religioni orientali, tecniche e medicine alternative, mistificazioni e inganni miranti alla distruzione del cristianesimo, come previsto nei diabolici piani della massoneria e dei rosacroce.
Agghiacciante è il documento massonico riportato dall’autore (Informazione 95), che elenca i successi nel distruggere la fede e la Chiesa, mentre segnala come difficoltà ancora da superare persone e movimenti che attirano molta gente e i luoghi di apparizione come Medjugorje, che viene esplicitamente nominata come un grave ostacolo dai satanisti (si rallegrino i nemici di Medjugorje, che si dicono “tradizionalisti”: c’è un numeroso esercito a sostenerli, si chiama “Legione”); mentre, fra gli obiettivi ancora da realizzare, questi satanisti, che si vantano di poter già occupare il vertice di potere dentro la Chiesa, enumerano: annullare la dimensione verticale di ogni forma di preghiera, distruggere e svuotare i dogmi, conseguire l’antropocentrismo, relativizzare la morale, “liberalizzare” il sesso, introdurre il sacerdozio femminile e i preti sposati, eliminare la Messa (pp. 7-10).
Da questa brodaglia di satana, nemica di Medjugorje, scaturisce la New Age, all’insegna del sincretismo buonista (niente supera il demonio in buonismo, finché non vi ha tra le grinfie), che dilaga in tutto il deragliato Occidente, con mercati e negozi degli articoli più eterogenei per le attività esoteriche (ossia demoniache): cristalli, profumi, fiori, erbe, oggetti per pratiche magiche, manuali per l’autoguarigione, cassette audio e video, medicine omeopatiche e compagnia cantante. Alla New Age fa riferimento un verminoso proliferare di movimenti d’ogni genere, dall’ambientalismo al femminismo, dall’omocrazia al veganesimo.
Le medicine “alternative” sono innumerevoli: omeopatia, medicina ayurvedica, medicina antroposofica, agopuntura, cristalloterapia, iridologia, magnetoterapia, pranoterapia, radioterapia, bioenergetica, shiatsu, reiki. Sono spesso unite a pratiche orientali come ginnastica yoga e meditazione trascendentale.
Ogni seria investigazione scientifica su tale roba ha avuto esito disastroso per i ciarlatani: l’American Department of Health ha stanziato migliaia di dollari per studiare i pranoterapeuti, una categoria che si dice ricca di energia curativa. Attratti dalla forte somma offerta, 80.000 pranoterapeuti accettarono di sottoporsi all’investigazione, solo per prendere il largo appena appreso in che modo approfondito sarebbero stati esaminati. Solo otto si sottoposero agli esami, dai quali risultò che non emettevano nessuna energia, né elettrica, né magnetica, né radiante, né altra di alcun genere.
L’autore esamina in particolare l’omeopatia, inventata da Christian Friedrich Samuel Hahnemann (Meissen, 1755 – Parigi, 1834), ciarlatano massone che enunciò una serie di principi che altro non sono se non sciocchezze e vaneggiamenti, come il precetto di non curare altro che i sintomi, curare “le cose simili con cose simili”, diluire al massimo fino a che dei “preparati” non resta che acqua. Tali idee, riferisce lo stesso Hahnemann, gli furono suggerite da spiriti durante una seduta spiritica, cioè satanica. Infatti dev’essere ben chiaro che l’aldilà si manifesta, molto di rado, solo ai veri mistici, che sono persone umili le quali non cercano alcuna comunicazione, ma sono scelti dal Cielo per una qualche missione (di solito per invitare alla preghiera e alla conversione). Invece chi tenta, con somma arroganza, di forzare la comunicazione per acquisire conoscenze e potere mediante lo spiritismo non fa che stuzzicare il demonio e aprire “porte” che vanno lasciate ben chiuse.

Emilio Biagini

martedì 29 dicembre 2015

Museologia e tradizione (recensione di Emilio Biagini)

Il volume di Riccardo Rosati, Museologia e tradizione (Solfanelli, Chieti 2016), raccoglie scritti che hanno formato la rubrica de Il Borghese sui musei e i Beni Culturali dal luglio 2011 all’aprile 2014, un periodo durante il quale ha brillato, come sempre del resto, l’assoluta ignoranza, indifferenza, ottusità della classe politica della repubblica, nata dalla “resistenza” e fondata sul lavoro, nei confronti della cultura. Questa ha bisogno dei musei, essenziali portatori di memoria storica, non solo quelli artistici e archeologici, ma anche scientifici e naturalistici.
Gli italiani, per lo più, non conoscono i tesori dell’Italia, ma in compenso visitano i musei all’estero. Sembra che il Louvre rappresenti il massimo in fatto di cultura e storia: si tratta, argomenta l’autore, di una celebrità assolutamente eccessiva, senza contare che il museo parigino è importante soprattutto per le rapine che l’hanno arricchito, in prevalenza a danno dell’Italia.
L’Italia è in più di un senso il centro del mondo. Non solo ha un immenso patrimonio di cultura propria, ma anche un ulteriore gigantesco patrimonio accumulato nello studio di altre culture, grazie a benemeriti missionari ed esploratori. Giustamente l’autore si sofferma a questo proposito sulle ricchissime collezioni di arte orientale a Roma, a Genova e altrove.
Purtroppo il bilancio dei Beni Culturali è desolante. Spettacolari collezioni d’arte sono nascoste nei fondi, non studiate e non fruite da alcuno. L’Italia ha il maggior patrimonio culturale mondiale, ma non sembra minimamente capace di valorizzare ciò che possiede. Si aggiunga l’emarginazione degli studiosi più importanti, come Mario Praz e Giuseppe Tucci, vittime dei pappagalli politicamente corretti infeudati nelle cattedre universitarie del “Bel Paese”, dove è d’obbligo insegnare (e far ammirare) la cancerosa teoria del gender.
Non è solo questione di inettitudine delle (si fa per dire) “autorità” italiane. C’è un piano ben preciso dei delinquenti della grande finanza anticristica, la quale, anche mediante il delirio del controllo delle nascite, dello “sviluppo sostenibile”, dell’immigrazione incontrollata, mira ad annichilire l’Italia per omologarla nella grande palude mondialista globale.

Emilio Biagini


mercoledì 23 dicembre 2015

Il male radicale

 Sul Natale è calata l'ombra, laica, democratica e progressiva, di un “allegro” e gongolante suicidio nell'ospitale  Svizzera.
 Una rete televisiva ha mandato in onda l'intervista alla infelice signora che, grazie all'assistenza e al liquido contributo del partito radicale, stava per recarsi nella tombale repubblica calvinista, dove è legittimata l'eutanasia (dietro versamento di una robusta somma di denaro: l'avarizia è l'altra faccia della tanatofilia elvetica).
 Davanti alla macchina da presa una gongolante, radicale parodia della tragica, devastante illusione che ingiusto fece me, contro me giusto. Illusione confessata tardivamente e dolorosamente da Pier delle Vigne all'Alighieri.
 La vittima della passione obituaria ha ostentato in presa diretta quella raggelante, insistente, classica ridarella, che manifesta la moderna profondità della possessione nichilista.
 L'aspirante suicida ha pertanto meritato le congratulazioni di Emma Bonino, illuminata specialista in aborti procurati e in atti di acrobatica e untuosa empietà.
 La misericordia esige l'astensione dal giudizio sulla cieca allegria dei suicidi. Non si può nascondere tuttavia il disagio prodotto dall'ostentazione televisiva di una felicità associata all'immaginazione del nulla laico e democratico.
 Ora alla felicità quasi gongolante dell'aspirante suicida soggiace l'allucinata mitologia intorno all'uomo causa sui e perciò padrone assoluto della propria vita.  
 La decisione dei radicali di finanziare il viaggio di un'infelice verso la fabbrica elvetica dei suicidi è conforme a un'ideologia costruita intorno alla stolta irrisione, all'odio verso il creato e al folle   disprezzo del Creatore.
 Il vero, ultimo nome di tale ideologia è necrofilia, estremo traguardo della rivolta attuata dagli illuminati moderni contro la fede in Gesù Cristo e contro la retta ragione.
 Sulla lugubre scena laicista i radicali fanno irrompere l'oscuro, empio medioevo degli albigesi, i fanatici che praticavano il suicidio per sfuggire alla legge del Creatore (che il loro furente/rovente delirio teologico giudicava intrinsecamente malvagio).
 Il partito radicale, avanguardia del pensiero laico e lugubre/sinistra imitazione del nichilismo albigese, suggerisce e promuove l'unione ipostatica del progressismo illuminato con la capovolta e tenebrosa eresia del Medioevo obituario.
 La fortuna del disgraziato partito radicale, infatti, discende dalle purissime (catare, appunto) battaglie contro la fecondità  e contro la vita. Fortuna (duole rammentarlo) che è assecondata dalla pie, calde e incaute conversazioni telefoniche dell'autorità cattolica post- conciliare con gli esponenti del partito radicale.

 Il lugubre, cinereo incontro con il titanismo/nichilismo dei radicali è l'approdo finale del viaggio incauto/eterodosso (impropriamente detto ecumenico) intrapreso dalla gerarchia romana in vista di orizzonti gaudenti, gongolanti e felici.  

Piero Vassallo

lunedì 21 dicembre 2015

SAN FRANCESCO: IL FONDATORE DEL PRESEPIO (di Piero Nicola)

Il Signore perdonerà per l’immagine di San Francesco d’Assisi oggi offerta ai fedeli? Ciò appare impossibile senza ravvedimento e penitenza. Il Santo fu ben altro, testimoniò ben altro da quello che si vuol far credere.
  Colui che si fece poverello mistico e ricevette il sacro sigillo delle stimmate, volle per i suoi Frati minori (volontariamente umili) una Regola che, oltre ai tre voti canonici comuni agli Istituti di perfezione, prescrivesse sia l’assoluta povertà e la questua per supplire al difetto dei proventi procacciati con il lavoro, sia l’apostolato, consistente in opere di carità che includevano la cura della fede e delle conversioni; ossia tanto le opere di misericordia corporali che quelle spirituali. I frati che ne avessero avuto l’attitudine, dovevano accettare di votarsi alla missione evangelizzatrice presso eretici e infedeli. Egli così concepiva la completa attuazione dell’insegnamento e del mandato di Gesù Cristo.
  Il suo Ordine monastico mise in pratica la Regola, approvata da papa Innocenzo III. Sebbene per sua natura San Francesco fosse portato alla penitenza più cruda, alla mistica contemplazione, per ben tre volte intraprese viaggi le cui mete erano in terra musulmana, dove avrebbe recato il verbo divino e assolto la missione commessa da Nostro Signore.
  Una prima volta, nel 1212, la nave che lo portava in Siria naufragò sulle coste della Dalmazia. Negli anni seguenti si recò nella Spagna occupata dai Mori, ma un’infermità lo costrinse a far ritorno. Nel 1219 raggiunse l'Egitto, e vi incontrò il Soldano (al-Malik al-Kamil) con il preciso intento di convertirlo. Non vi riuscì; tuttavia ottenne da lui la licenza di illustrare il Vangelo nei suoi domini.
  I monaci col saio inviati in Spagna vennero arrestati, condannati a morte e graziati. Nel 1220, il Fondatore li mandò in Marocco. Ne conosciamo i nomi: Bernardo, Pietro, Accursio, Adinto, Ottone. Catturati mentre predicavano, furono flagellati e decapitati il 16 gennaio. I loro corpi traslati in Portogallo, contribuirono a suscitare la vocazione francescana di Antonio, dotto canonico regolare di Sant’Agostino, in breve entrato nell’Ordine serafico. Anche Antonio partì per il Marocco e avrebbe seguito le orme dei protomartiri francescani, se una malattia non l’avesse obbligato a imbarcarsi. Durante la traversata il veliero finì per approdare in Sicilia. Di là, egli raggiunse la Porziuncola e conobbe il suo restauratore (1221). Questi lo istituì maestro di teologia. Quindi, dispose che il futuro Sant’Antonio da Padova andasse in Francia a contrastare l’eresia dei Catari. Come il pastore non mercenario della Scrittura, egli si preoccupava delle pecorelle (non ancora modernissime e in grado di badare a se stesse…) avendo incaricando Antonio di difenderle dall’errore quanto mai contagioso e mortifero.
  In seguito, l'ideatore del Presepe (composto a Greccio nel 1223, con autorizzazione di papa Onorio III) perfezionò la Regola secondo le esigenze tuttavia umane, fu sempre attento al buon governo dei monasteri, fondò quello delle Clarisse.
  Tutti questi fatti dimostrano che il figlio del ricco mercante Pietro di Bernardone, rinunciando al suo stato di guerriero e al mondo, non fu rivoluzionario della società, né un quietista ante litteram, né un pacifista dialogante col solo risultato di scandalizzare o, peggio ancora, di persuadere della falsa dottrina per la quale il dialogo non deve essere diretto a fare proseliti, ma deve riconoscere la pari dignità degl’interlocutori, qualunque falsità professino come erranti, e deve, perciò, transigere in materia di verità, di giustizia, di diritti di Dio.
  Quand’anche bisognasse ammettere che sia scomparsa l’attitudine al martirio, non si giustifica l’annullamento del decreto divino: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16, 15-16). Si diventa apostati, allorché per evitare la persecuzione e illudersi su facili vie di salvezza si tradisce il Messia. Infatti: “Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (Lc 6, 26).
  Il Santo della fraternità universale – per nulla egualitaria e incondizionata (fratello dei lupi, che però, restando ribelli, meritano il castigo) - riconobbe semplicemente il valore delle doti e delle inclinazioni umane nell’ambito della fede, ricusò l’indulgenza verso gli erranti ostinati e combatté la peste delle eresie, rendendo ampio ossequio alla legge del Vangelo, al Re Salvatore (il quale accusa pubblicamente i cattivi maestri e rovescia i banchi dei mercanti nel Tempio), alla Chiesa e alla Tradizione cattolica di sempre.

Piero Nicola

  

martedì 15 dicembre 2015

I DEMOCRATICI DOC INSULTANO IL POPOLO (di Piero Nicola)

Da un bel po' i partiti sanguisughe della democrazia fallimentare, si giocano l'asso pigliatutto d'uno slogan che impressiona il popolo bove o ciuco - fate voi. La loro trovata propagandistica, denigratoria dei movimenti da cui vengono battuti, li chiama spregiativamente "populisti". Populismo e fascismo per loro vanno a braccetto. Essi li adoprano alternandoli, approfittando dell'ignoranza che le ultime generazioni hanno assimilato in primo luogo sui banchi di scuola, con rinforzo i capitali falsità spacciate per oro colato.approfittano dei cervelli esercitati a connettere mediante il computer.
Se non fosse così, anche un sempliciotto capirebbe che accusare di populismo un soggetto che ha conseguito il successo delle urne, significa disprezzare l'elettorato, la sua capacità di discernimento e, infine,la democrazia.
Anni addietro, quando un partito di destra strappava consensi oltre il gradimento dei partitoni e dei poteri forti, si parlava di voto di protesta. Come se quella protesta fosse soltanto emotiva e dunque poco assennata.I tempi non erano maturi per sfoderare un'altra definizione della demagogia con cui fare colpo. Ora il cittadino è cotto a dovere: la sua capacità di ragionare logicamente è ridotta allo stato larvale. Lo ripete il diffuso compiacimento accordato agli ecclesiastici imbonitori eterodossi.
E poi, i tormentoni vanno rinnovati, la tecnica pubblicitaria insegna, e ne offre la prova. Cianciano di demagogia soltanto i demodé. Anche l'etichetta di fascista bisogna affibbiarla cautamente, dosandola per non dare soverchia importanza alla fanfaronata irresponsabile, da un lato, e alla sventaggine di chi abbocca,dall'altro lato. Chi abbocca è stanco e sfiduciato, si butta sul buono e sul cattivo, in alternativa all'astensione.
Per noi il fenomeno è interessante. Le dimostrazioni della decadenza, figlia legittima di questo sistema politico, si sprecano; tuttavia è notevole il fatto che i custodi del sistema arrivino a demolirlo, sia pure senza volere. Infatti, se il popolo sovrano è così poco affidabile, una canna al vento ancora minorenne,suggestionabile dopo secoli di ammaestramento e di esercizio dei suoi diritti, delle sue consacrate prerogative, vuol dire che questa democrazia non sta in piedi: è nelle mani dei migliori imbroglioni. La qualcosa possiamo verificare giornalmente anche ne i discorsi di capi e capetti, forse ormai ascoltati con un certo scetticismo, e tuttavia ben tollerati, perché in essi agisce pur sempre la losca esca ammaliatrice.

Piero Nicola 

sabato 12 dicembre 2015

La conversione religiosa di Mussolini

“Quando in tempi recenti, prendendo a motivo una guerra sfortunata o colpe  politiche, si scatenarono ondate di rappresaglie, sconosciute finora nella storia  almeno per il numero delle vittime, il Nostro cuore fu invaso da acerbo dolore,  non solo per la sventura che moltiplicava le sventure e gettava nel lutto  migliaia di famiglie spesso innocenti,  ma perché con sommo rammarico vi vedevamo la tragica testimonianza  dell'apostasia dallo spirito cristiano. Chi vuole essere cristiano deve  saper perdonare.”
 Pio XII, Radiomessaggio per il Natale del 1949.


 Un ruvido e sfacciato scrittore, parafrasando e volgarizzando una sentenza positiva dell'illustre fisiologo e sessuologo Paolo Mantegazza (1831 - 1910), ha sostenuto che la democrazia di stampo atlantico/liberista è una corazza contro la dottrina corporativa e un velo contro l'usura e la sodomia.
 Va da sé che l'autore della suddetta parafrasi – scorretta/sospetta - marcia su una pista tracciata dall'incapacità strutturale di conoscere, stimare e amare il democratico ben di banca (proprio in questi giorni elargitore di vasti godimenti).
 La sfiducia nel al libero mercato (dai refrattari associato alla plutocrazia strozzina) è generata dalla rustica ma sana tendenza a screditare l'alta delizia procurata dalla mano magica del mercato e a ridicolizzare lo storico beneficio a stelle e strisce, donato agli italiani dai velivoli detti liberetors e - ultimamente – a vilipendere la felicità e il benessere elargiti dal duo americanista/antifascista, costituito da Monti Mario & Fornero Elsa.
 Senza recare offesa alla legge democratica, che vieta la qualunque rettifica della leggenda nera, si può finalmente consultare la nuova edizione del robusto e magistrale saggio di don Ennio Innocenti – La conversione religiosa di Benito Mussolini – libro che unisce estremi quali l'erudizione e la piacevolezza.
 Il testo, pubblicato in questi giorni da Fede e cultura in Verona, 330 pagine, 18 euro è suggerito quale dono natalizio, destinato a far felici i renitenti e i refrattari al liberalismo di banca, di cucchiaio malthusiano e di squillante vespasiano.
 L'autore non condivide le acrobatiche giustificazioni dei neofascisti naufragati nel neopaganesimo e perciò non non risparmia severe critiche alle leggi razziali, emanate (sotto schiaffo germanico) dallo stato fascista nel 1938.
 A differenza degli storici di scuola azionista e/o progressista, Innocenti riconosce che il razzismo italiano, in allontanamento dalla scolastica germanica, “metteva l'accento più sulla cultura che sulla razza biologicamente intesa, in quanto discriminava, ossia metteva al sicuro dalle conseguenze negative della legislazione razziale, gli ebrei meritevoli, (combattenti, fascisti della prima ora)”.
 Innocenti riconosce tuttavia che la legge ispirata dal razzismo italiano, quantunque refrattaria all'ideologia tedesca “fu una tragedia per gli interessati”.
 La strutturale differenza che corre tra il pensiero di Mussolini e l'ideologia di Hitler e, sopra tutto, le testimonianza di persone di santa vita, quali San Pio da Pietrelcina, la Beata Elena Aiello, fra' Ginepro da Pompeiana e padre Eusebio inducono, nondimeno, a credere che la conversione religiosa di Mussolini sia realmente avvenuta.
 In special modo, è doveroso rammentare che la testimonianza di padre Eusebio Zappaterra è confermato da una dichiarazione di Mussolini sul Concordato: “Lo desiderai e lo volli io. … nel 1923 proposti al cardinale Gasparri la soluzione della Questione Romana. Il porporato accettò la mia idea, osservando però che un nome della portata di Giolitti non era riuscito ad attuarla per le grandi difficoltà incontrate in seno alla Camera e per l'opposizione della massoneria. Assicurai il cardinale che avrei sciolto l'una e l'altra, eliminando così la vertenza”.
I segni della conversione sono numerosi e inconfutabili specie se si rammenta che Mussolini indenne dalla frenesia omicida che possedette alcuni fra i funesti protagonisti del xx secolo, quali Hitler, Stalin, Mao Tse Tung, Amin, Gheddafi e l'atomico Truman.
 Infine occorre rammentare che dopo aver sottoscritto il Concordato, Mussolini compì un gesto significativo della volontà di eliminare le muffe liberali, ossia separare l'Italia fascista dalla sgradita eredità della cultura laica e massonica, fomite dell'intossicazione del Risorgimento: “il 29 gennaio 1929 fece ricollocare sugli spalti di Porta Pia le statue dei santi già mutilate ed abbattute dai cannoni degli invasori e il giorno della firma [dei Patti lateranensi] vide il popolo in ginocchio: il popolo italiano ringraziava la Provvidenza. La Civiltà Cattolica commentava: l'uomo che doveva finalmente apprezzare la parola del Papa era venuto da strade assai lontane, forse perché meglio si scorgesse che veramente quest'ora auspicata veniva addotta da Dio”.

 La lettura del magnifico libro di Innocenti si raccomanda agli italiani. che desiderano uscire dalle strettoie di un laicismo potenziato dall'alibi antifascista e dalla confusione strisciante nel mondo cattolico.

Piero Vassallo

martedì 8 dicembre 2015

RUMORI DI GUERRA (di Piero Nicola)

Quando Bergoglio asserisce che c'è una Terza Guerra Mondiale sparsa sulla terra, chi sa che cosa sia un conflitto mondiale ride a suo talento. Dove sono gli eserciti che impegnano le grandi nazioni, dove i bombardamenti sulle città, dove gli affondamenti navali e i fronti lunghi migliaia di chilometri, che avanzano e retrocedono?
 Niente di tutto questo. E allora gli importanti ammazzamenti locali, gli armati ribaltoni di regimi, gli attentati, si sono sempre avuti, prima e dopo le conflagrazioni planetarie, ma sono ben altra faccenda. Si può concedere che il terrorismo islamico sia più temibile di quello anarchico o delle Brigate Rosse et similia. Sinora però questa specie di guerra dichiarata ai cristiani ha avuto esplosioni molto circoscritte e non ha coinvolto masse di immigrati e d'invasori in assetto di combattimento.
  Invece gli allarmi per un confronto armato tra le Potenze (Russia e America) si fanno pressanti.
  La stampa riferisce che la Siria ha fatto ricorso all'ONU per un attacco aereo subito da una sua base militare, attuato da forze della coalizione guidata dagli USA. Il rappresentante siriano specifica i mezzi distrutti e i soldati uccisi o feriti. Inoltre  accusa gli americani di fingere di voler distruggere i tagliagole dell'ISIS. È questa una denuncia propagata da più voci e, larvatamente da Putin, quando afferma che l'Occidente non vuol fare abbastanza per debellare lo stato islamico; laonde per cui egli è stato costretto a intervenire. Gli americani negano, dicendo che la loro incursione non ha colpito le truppe regolari siriane, essendo avvenuta altrove.
  Una nave russa ha provocato la convocazione dell'ambasciatore russo ad Ankara. La Turchia, membro della NATO,  ha avanzato formale protesta all'ONU per gli atteggiamenti ostili individuati a bordo dell'unità militare che attraversava il Bosforo. Dopo una pausa, in cui sembrava che ci fosse stato un certo accordo diplomatico fra di due Stati, e si arrestasse la spirale delle ritorsioni seguite all'abbattimento dell'aereo di Mosca presso il confine turco, ecco riaccendersi la contesa, mediante quello che ha tutta l'aria di apparire un pretesto.
  La questione ucraina, sopita da accordi che possono essere violati in ogni momento, con presunte ragioni di entrambe le parti, è una miccia pronta per far esplodere la bomba. Intanto le sanzioni di qua e di là hanno prodotto un aggravamento della crisi economica europea. Per fare un esempio, le associazioni di categoria dell'Emilia fanno sapere che mille aziende hanno dovuto chiudere i battenti a causa delle mancate esportazioni. Ma gli informatori dicono che potrebbero essere duemila le ditte emiliane gravemente danneggiate. Per non parlare della diminuzione dei turisti e degli investimenti di capitali in Italia. Ciò sempre in conseguenza dei conflitti in Ucraina. E si sa che crisi e malesseri predispongono alla guerra, che incrementa bensì la produzione industriale.
  Dunque, se i papaveri yankee ricevessero l'impulso, avrebbero agio di provocare la vera Terza Guerra. I motivi, basati sui pregiudizi inculcati nelle popolazioni europee ed extraeuropee, abbondano. La Russia si è annessa la Crimea - non importa che la popolazione vi sia per lo più russofona e che i crimei abbiano scelto una nuova patria. Lo stesso dicasi per l'appoggio che Mosca ha dato ai separatisti delle altre province, già ucraine. La spedizione in Siria a sostegno dell'esecrato regime dittatoriale di Assad costituisce un'altra ragione di rivendicazione di diritti umani, di campagna democratico-liberatrice. E ci vuol niente per un incidente sul campo, dove agiscono vicini vicini aerei e missili delle due Potenze rivali. Rivali, si badi, filosoficamente, moralmente, ideologicamente. Il che è grave minaccia per il mondialismo democratico-liberale.
  Forse i padroni del vapore (che intendono trasformare in transatlantico onnicomprensivo dell'orbe terraqueo) non ritengono che i tempi siano maturi. Nel Nuovo Continente non spira ancora un vento di mobilitazione.
  Però le circostanze fatali stanno dietro l'angolo. Esiste una faccia da salvare, ed è importante salvarla più che non si creda. La mente dei popoli ha un peso enorme. Già si è visto come il prudente Putin abbia reagito all'affronto recatogli dall'abbattimento dell'aeroplanone e dalle mancate scuse. Già in Europa ci sono movimenti, come quello della Le Pen e di Viktor Orban, che prendono piede: contrari all'afflusso di acque asiatiche e africane nel vino nazionale. Non è utopica l'eventualità che l'antieuropeista Le Pen divenga presidente della Repubblica francese. Ma l'UE - insegnano esperti neutrali e anche filoamericani - è creatura degli Stati Uniti, necessaria per loro al pari della corrispondente NATO. La faccenda dell'ingresso del Montenegro nella NATO - veduto dalla Russia come fumo negli occhi (l'estensione ad Est dell'Alleanza Atlantica è un piuttosto recente dato di fatto) - ha mostrato che per accedere all'Europa di Bruxelles si passa per quell'adesione militare.
  Tutto questo pasticcio può dare luogo in ogni momento all'incidente disastroso: con cui si soddisfa l'urgenza di scatenare il putiferio che salvi la faccia e garantisca l'egemonia.
  Mutatis mutandis, è forse sicuro che la dichiarazione di guerra alla Germania fosse inevitabile, non essendo intesa ad impedire l'estendersi dell'influenza ideologica, piuttosto che la tedesca estensione territoriale limitata a zone abitate da genti germanofone? 


Piero Nicola

Dalla Francia i profili delle due incompatibili destre: Lo sconosciuto bene della scissione

L'osservatore che rammenta il tormentato cammino e la triste dissoluzione della destra di stampo almirantiano - l'ammucchiata polifrenica intorno al perpetuo, comizio, l'eterogeneo coacervo di uditori di un  pifferaio malinconico come i violini di Verlaine & neofascisti estenuati, monarchici da rotocalco, evoliani sul tappeto volante, gentiliani marginalizzati, neodestri di risulta, socializzatori onirici, tradizionalisti a mente plurima, massoni travestiti, liberaloidi in maschera - comprende l'inevitabilità di una proposta intesa a sciogliere il nodo delle convergenze innaturali e delle pittoresche radunate.
 La figura di una destra finalmente separata dallo straziante / devastante / perdente sincretismo, forse si intravvede nello scisma in atto nel Fronte Nazionale, dove la tradizione neopagana e libertina dell'attempata Marine Le Pen corre nella direzione opposta per diametro alla tradizione cattolica cui aderisce la giovane Marion Màrechal Le Pen.
 Prima delle elezioni francesi del 6 dicembre a destra imperversava un collezionismo ideologico ammucchiante, in frenetico casaccio, San Tommaso, De Maistre, Bonald, D'Annunzio, Pound, Guénon, Gentile, Hamsun, Bottai, Giani, Brasillach, Evola, Pallotta, Thibon, De Tejada, Junger, Accame, Bardàche, Gianfranceschi, Plebe, Drieu, Guidasci, Bocchino, Tulliani e Fisichella.
 La verità era umiliata e affondata nelle sabbie mobili dell'et … et – il delirio anti-aristotelico di Herbert Marcuse di cui si appropriarono gli inconsapevoli/fulminati neodestri di Francia e d'Italia.
 Era sconosciuta e/o dimenticata l'esistenza di due irriducibili indirizzi della destra, la rinascenza del cattolicesimo politico e il riflusso del laicismo di stampo illuministico e/o crepuscolare, non era conosciuta.
 Il tramonto della mitologia intorno alla inderogabile necessità di unire pensieri irriducibili in una destra intossicata dal sincretismo e/o dal pluralismo è chiaramente leggibile nel potenziale, latente conflitto, che oppone il pensiero neo-destro di Marine Le Pen alla destra vandeana di Marion Màrechal Le Pen.  
 All'orizzonte della destra europea si affaccia un dualismo a destra che trasporta le ragioni di un futuro segnato dal tramonto del sincretismo.
 L'ascesa di Marion Le Pen, infine, apre una finestra al dialogo tra la cultura della destra e la teologia tradizionale, una comunicazione che è stata finora impedita dalla confusione in tormentosa/tenebrosa circolazione negli ambulacri della destra francese e italiana.

 Alla destra latitante nel vuoto liberale generato da Foza Italia, la giovane Le Pen indica un nuovo percorso, una via indirizzata all'uscita dal politeismo spensante e all'ingresso nella vera scena della lotta politica.  

Piero Vassallo

domenica 6 dicembre 2015

Il Beato Rolando Rivi

 “Rolando Rivi è una delle tante stelle luminose del firmamento affollato dei martiri specie del xx secolo, che hanno testimoniato con il loro sangue la fede in Cristo seguendolo lungo il calvario”.
Antonio Borrelli


 La casa editrice Mariana, attiva in Frigento (Avellino), propone una pregevole e commovente biografia del beato Rolando Rivi (1931-1945), il seminarista di Castellarano (Reggio Emilia) che fu bestialmente torturato e assassinato in odio alla fede, (al pari di ottanta sacerdoti massacrati nel triangolo della morte) da criminali sanguinari, cani sciolti trionfanti nella radiosa (Palmiro Togliatti dixit) primavera del 1945.
 Paolo Risso, l'autore della avvincente biografia del Beato Rolando, scrive della infanzia del Beato: “ha un cuore grande e buono: non sopporta ingiustizie e protesta ad alta voce quando ne vede attorno a sé. E' di una tenerezza incantevole con i suoi cari e assai generoso con i compagni di gioco”.
 La scuola che Rolando frequentò con profitto non era intossicata dal laicismo. La religione non era censurata e messa al margine dal potere esercitato oggi dai miscredenti e dai cialtroni travestiti da pedagoghi.
 L'infezione laicista/ateista non aveva ancora infettato e alterato la pedagogia: “A scuola, Rolando sente che la maestra parla spesso di Gesù, come dell'unico della sua vita. Tutti i giorni, prima della scuola, la vede uscire dalla chiesa, dove ha partecipato alla Messa e ha ricevuto Gesù nella Comunione. ... La maestra Clotilde lo aiuta a crescere con una vera mentalità di fede, presentando Gesù come Maestro e Salvatore”.
 Benché tormentata dalla guerra la società italiana era rimasta fedele alla tradizione millenaria. L'eresia modernista era era stata debellata. Il cancro relativista era stato allontanato dal cuore della dottrina cristiana. La metamorfosi laica, confusionaria e conformista dell'ecumenismo non era all'orizzonte.
 Un sacerdote esemplare, don Olindo Marzocchini, parroco di Castellarano, insegnò al giovane Rolando che il cristiano deve essere fiero di appartenere al Divino Maestro e che “deve essere disposto a soffrire per Gesù ogni affronto e ogni pena”.
 La sapienza preconciliare suggeriva al buon prete di sostenere che l'esempio da imitare era quello dei cristiani martirizzati dal fanatismo imperversante nella Roma pagana, nel regno di Enrico VIII, nella Francia giacobina, nella Russia comunista, nel Messico massonico, nella Spagna anarchica, nella Germania neopagana.
 Due fratelli del padre di Rolando, intanto, chiamati alle armi, muoiono combattendo nei fronti della tragedia italiana, che si consuma in Africa Settentrionale e in Russia.
 Rolando consola la anziana madre dei caduti ricordandole che le porte del cielo sono aperte agli eroi: la vita sacrificata per amor di Patria (secondo l'indeclinabile dottrina cattolica) è implicitamente offerta al Signore.
 Ai poveri che bussano alla porta di casa, Rolando riserva una speciale cura. “Riserva a sé questo servizio come un onore. … Qualcuno gli fa notare che è troppo generoso, Risponde che la carità non impoverisce nessuno!”.
 Nella fede e nella misericordia matura la decisione di Rolando di farsi prete: “ne parla con papà e mamma, i quali gli rispondono che sono contenti della sua scelta”.
 Il 26 ottobre del 1942 entra nel seminario minore di Marola (Reggio Emilia): “quello stesso giorno veste con grande gioia l'abito talare”.
 In seminario Rolando si distingue per la rara capacità di vivere in felice equilibrio tra la letizia nello svago onesto e il profondo raccoglimento nella preghiera. Un suo compagno di studi dirà di lui: “Era l'immagine perfetta del ragazzo santo, ricco di ogni virtù, portata nella vita quotidiana all'eroismo”.
 Nel giugno del 1944 i soldati tedeschi occuparono il seminario di Marola, costringendo gli studenti a far ritorno alle loro famiglie. Congedandoli il rettore del seminario li esortò a condurre una vita virtuosa e a vestire la talare per rendere manifesta la loro appartenenza a Gesù.
 Il forzato ritorno alla casa paterna non alterò la vita del giovane seminarista. Rolando infatti portò con sé i libri per continuare lo studio della sacra dottrina e frequentò assiduamente la parrocchia: “La casa parrocchiale era il suo luogo prediletto. Si estasia a suonare l'armonium. Soffre ma si dimostra sereno e allegro. Non abbandona mai un istante la sua veste da prete”.
 Nella primavera del 1945 la guerra civile stava premiando i partigiani comunisti. A Rolando i genitori e gli amici consigliavano di non mostrarsi con le vesta da seminarista, invisa ai vincitori. Ai prudenti consiglieri Rolando rispondeva obiettando che la sua veste non era indossata per portare offesa. La pensavano diversamente i partigiani che lo sequestrarono e, dopo averlo sottoposto a torture per la durata di tre giorni, lo uccisero con un “classico” colpo alla nuca. Accecati dall'odio, pensavano che il risultato della morte di Rolando fosse “un prete di meno. Non compresero che il loro folle gesto generava un santo, un testimone della verità splendente nel sangue del giovane martire.

 L'arcivescovo di Modena Benito Cocchi a commento della biografia di Rolando ha citato un testo del profeta Isaia: “Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì' la sua bocca, era come un agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”.

Piero Vassallo