venerdì 8 giugno 2018

AUTODETERMINAZIONE E SANZIONI ALLA RUSSIA (di Piero Nicola)


L'autodeterminazione dei popoli è un principio giuridico sancito da un criterio morale. Il diritto internazionale e l'ONU non hanno potuto ignorarlo. Però, con eccezioni capziose che hanno violato il principio stesso, l'autodeterminazione è stata negata in vari casi: quando il diritto all'indipendenza o alla ricongiunzione con stati affini era sorretto da lingua, tradizioni, religione, territorio comuni e distintivi di un popolo, che invece restò inglobato in uno stato di differente identità e di differenti interessi spirituali e materiali.
  Le ragioni della violazione servirono a sancire i privilegi e lo status quo dei confini, stabiliti dalle nazioni più forti, vittoriose nell'ultimo conflitto, e dei confini altrui che esse non volevano fossero mutati. Per esempio, il Quebec non poté separarsi dal Canada; si trovarono pretesti per non concedere a popolazioni tedesche o austriache di rendersi indipendenti da stati ad esse estranei, nei quali erano inserite.
  Se dunque anche un referendum effettivo e non truccato (di truccati ce ne furono parecchi) non basta a rendere una nazione padrona del proprio destino, il divieto all'autodeterminazione, invocato con il rispetto dell'integrità territoriale esistente, dovrebbe poggiare su motivi etici indiscutibili.
  Non mi riferisco quindi alla Catalogna, né ai cosiddetti Paesi Baschi, da lungo tempo appartenenti alla Spagna e ad essa accomunati da considerevoli necessità, soprattutto dal grande numero di abitanti spagnoli che vive nelle suddette province. Infatti il referendum per l'indipendenza della Catalogna è stato approvato con un esiguo margine di maggioranza.
  Pongo invece la questione dell'Ucraina e dei suoi abitanti che hanno scelto l'unione con la Russia, in particolare quelli della Crimea. Fino alla caduta dell'Unione Sovietica e anche prima della Rivoluzione essi stavano nell'Impero russo. La lingua russa è tuttora diffusa nell'intero stato ucraino. Perciò è ingiustificata la pretesa dell'Ucraina di non cedere le terre appartenenti a quelle genti che hanno voluto l'annessione alla Russia. La Crimea, avendo ciò conseguito con un plebiscito, appare legittimamente acquisita dallo stato russo. Ergo, le sanzioni adottate, da paesi alquanto terzi, contro Mosca sono prive di solido fondamento, soprattutto devono decadere di fronte ai buoni motivi per ristabilire le normali relazioni con Putin.
  S'intende l'antagonismo in atto tra Occidente e Europa dell'Est, s'intende il vincolo che lega l'Italia alla NATO, ma l'Italia membro dell'Alleanza Atlantica non ha motivo di condividere la contrapposizione. Il nostro bisogno di liberarci delle straniere servitù economica e politica ci rende più vicini alla Russia attuale che all'Alleanza attuale, come più vicini a Trump che alle altre democrazie occidentali. Ora, se Trump rivaleggia con Putin, almeno di facciata, e tiene ferme le sanzioni, resta il neanche troppo velato appoggio del suo governo al nostro nuovo governo. Sicché in questo momento storico abbiamo un discreto buon gioco per far valere i nostri interessi, basati su presupposti morali, cioè per agire contro il mantenimento del boicottaggio imposto alla Russia.

Piero Nicola

lunedì 4 giugno 2018

DEMOCRAZIA SFUGGITA DI MANO (di Piero Nicola)

Pochi tempi come questi ultimi hanno svelato il retroscena della politica. Di solito i teorici, i divulgatori e gli applicatori/manipolatori degli stereotipi democratici avevano avuto partita vinta tenendo in scacco gli avversari. La dietrologia, sebbene fosse nel giusto, impugnava un'arma spuntata: priva di adeguati mezzi di diffusione, priva di prove lampanti. Quanti accertavano che il voto popolare e il parlamentarismo erano determinati e manovrati a piacimento da oligarchie  mascherate, non vedevano affermarsi le loro denunce, non speravano che il sistema potesse venir meno. Si noti che di fronte all'influenza sempre esercitata dalla classe partitica sull'opinione pubblica, è una bazzecola l'orientamento di opinione attuata da coloro i quali acquistarono da Face book un certa quantità di dati personali, bazzecola-fumo-negli-occhi che ha ormai fatto il suo tempo, come tanti altri espedienti per restare in sella autorevolmente.
  Oggi, in qualche modo, è accaduto l'imprevisto. Invero era già successo che fascismo e nazismo fossero sorti attraverso le elezioni, ma allora i nuovi movimenti totalitari erano guidati da capipopolo fuori del comune. Adesso, il malessere delle masse forse supera la capacità di proposta e di guida dei novatori. Inoltre, non è crollata tanto la fede democratica, quanto la fiducia nel potere instaurato.
  La propaganda dei manovratori, con tutto il potere culturale, d'informazione, finanziario e di istituti di cui dispongono, non riesce più a prevalere. Il gioco è durato troppo a lungo e mostra la corda. In parole povere, il potere congregato ha perduto la credibilità, la piovra ha dovuto allentare la presa; è bastata una qualsiasi opposizione (nel nostro caso Lega e M5s) perché la massa scontenta (ancorché alquanto confusa), avesse modo di sfuggire e prendere posizione.
  Il fenomeno cominciò nei Paesi dell'Est europeo, primo fra i quali l'Ungheria; di recente hanno fatto seguito l'Austria e ieri la Slovenia. Ma la stampa e le tv riuscivano a mettervi la sordina, a coprire la svolta con il silenzio o il discredito ("populismo antidemocratico, antiumanitario"). Sebbene gli argomenti stessero diventando sempre più deboli, di fronte al rifiuto di un'immigrazione dannosa e pericolosa.
  Il colpo grosso lo fece Trump, dimostrando che gli americani erano stufi di essere presi in giro dal mito del cittadino qualunque che poteva farsi da sé, raggiungendo vertici o almeno contando qualcosa, e dal mito dell'afferrabile felicità, offerta alla portata di tutti. Anche lì, l'immigrazione sregolata e il mondialismo furono la goccia che fece traboccare il vaso.
  Poi c'è stata la brexit, che ha manifestato l'insofferenza e l'incredulità degli inglesi. A tale proposito, la telenovela dei regnanti con i loro democratici sponsali, intesa ad avvalorare e incoraggiare l'attaccamento di quella gente alla Corona, non sono che patetici tentativi di condurre alla rianimazione convinzioni politiche agonizzanti e di coprire la rivolta in atto (non tanto alla Corona quanto al cosmopolitismo).
  In Francia e in Germania il vecchio potere ce l'ha fatta a tenere, ma l'andamento del consenso non gli è per nulla favorevole. Né i Balcani e la Grecia stanno allegri.
  Insomma, lo strapotere plutocratico senza Patria, senza Famiglia e senza Dio (da noi p.e. attivo con la speculazione politica dello spread) si è visto smascherato a vantaggio del cosiddetto sovranismo. La pianta del sovranismo può contare sulle radici. Il patrimonio artistico e di bellezze naturali, che si è costretti a tenere alti (sia per ovviare alla desolazione dilagante, sia per motivi economici) stanno lì a smentire la vantata società multietnica, d'altronde inferma, impotente e sterile. Né l'umanitarismo contro natura può ancora fare molta presa attraverso i diritti umani, vista l'intrinseca sua inconsistenza e visto il discredito dei suoi paladini, che sono gli stessi nemici dei patri valori e delle patrie glorie
  C'è da farsi illusioni? È presto per dirlo. Anzi, i cattolici antimodernisti sanno che il mondo potrebbe raddrizzarsi soltanto onorando Dio e la sua Legge. E di questo non si vedono i segni. Ciò non toglie che sia in corso una rivoluzione o, meglio, una sorta di laica controrivoluzione.

Piero Nicola