Vox clamantis in
deserto catholico, il cardinale Angelo Bagnasco, colpevole di aver
detto sempre così, sfida i guru squillanti nel salotto
effeminato e nella sacrestia conciliare, e contesta l'oggetto della sessualità
progressiva, in venerata, inarrestabile circolazione tra stelle democratiche e
strisce gomorrite e gonorrite.
Spiace scrivere la squillante parola culo,
ma di ciò si tratta, nelle severe e angosciate righe dell'arcivescovo di
Genova: “la famiglia non può essere uguagliata da nessun altra
istituzione o situazione. … la Cirinnà è una grande distrazione da parte del
parlamento rispetto ai veri problemi dell'Italia”. La disoccupazione
giovanile, ad esempio.
Nessuno potrà affermare seriamente
che il giudizio del cardinale Bagnasco interpreta una teologia di destra.
Applaudita dai rappresentanti della mistica
ambidestra, infatti, la sodomia è una pratica chic, assiduamente
incensata ed esercitata dagli
intellettuali trasversali, oscillanti tra Mishima e Pasolini e tra Junger e
Gide.
Da uno squillante cabaret all'altro,
gli intellettuali sciccosi hanno teorizzato e suggerito il passaggio
attraverso un nichilismo assoluto, finalizzato all'attuazione di una vita
sufficientemente forte per vivere senza inventare Dio.
Autore di tali ruggenti aforismi è un noto
iniziato, il quale deve il dubbio sulla sua luminosa fama di maschio agli
squadristi – manganellatori villani per statuto – che lo bastonarono
chiamandolo signorina Evola.
La sodomia è un crocicchio ideologico, nel
quale i fantasmi degli opposti estremismi infiorano la comune radice pagana.
Se non che l'oggetto di tale incontro ora
appartiene a una minoranza viziosa, vivente nel margine estenuato di ideologie
smentite dai fatti e macinate dalla storia propriamente detta.
Scritta con l'inchiostro grigio dei
democristiani e con quello rosso dei socialcomunisti, la costituzione italiana
non è una pia meraviglia, ma su un punto, almeno, ha allontanato il qualunque
dubbio proclamando: “la famiglia è una società naturale fondata sul
matrimonio”. Ove l'aggettivo naturale è postato per esclude la
legittimità del matrimonio omosessuale.
L'impetuoso vento culocratico, che soffia
dall'America contro la tradizione cattolica, ha invece per fine l'umiliazione
del diritto naturale e delle virtù tradizionali.
Se non che
l'ideologia pederastica non possiede la forza elastica e il fascino
necessari a zompare oltre la costituzionale italiana, nell'intento di
violare e capovolgere la tradizione cattolica. La refrattarietà del patriarcale
popolo italiano, infatti, è un argine contro la depravazione americana.
Il freddo silenzio del presidente Sergio
Mattarella – verosimilmente – manifesta una forte contrarietà alla perversione
sodomitica insita nel progetto dell'onorevole Monica Cirinnà.
Dalla Cei si levano segnali d'insofferenza. Il
vescovo di Perugia, cardinale Gualtiero Bassetti, esorta le associazioni
ecclesiali a scendere in piazza per manifestare il dissenso alla proposta della
Cirinnà.
Perfino i prelati che applaudono le larghe
concessioni del buonismo/immoralismo post-conciliare tentennano davanti alla
scandalosa enormità della ventilata
legalizzazione della sodomia.
Non per caso, un progressista del calibro di
monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza Episcopale
Italiana, si aggira, in veste di
acrobatico cerchiobottista, nelle pie nebbie del dire e non dire e sentenzia: “lo
stato ha il dovere di dare risposte a tutti nel rispetto del bene comune”. Tutti,
nella lingua della teologia conciliare, significa avvicinamento ai sodomiti
festanti nel vespasiano, mentre il cauto riferimento al tradizionale bene
comune mette in dubbio la liceità del vizio atlantico.
Accertata l'impossibilità di far correre la
misericordia in direzione di due opposti traguardi, la normalità e la sodomia,
l'Italia cattolica esce infine dalle piste della teologia danzante a passo
doppio (argentino) e rigetta le suggestioni diffuse dai modernizzatori,
rianimatori degli errori scheletrici,
che son sepolti nei cimiteri delle rivoluzioni.
Nella normalità, vivente oltre le tombe
della desolazione progressista, corrono le insorgenze dei cattolici, che
frenano l'intenzione di variare il decalogo canonizzando – surrettiziamente
– il comico girotondo intorno alla
domanda “chi sono io per giudicare?”
Piero Vassallo
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