Docente di filosofia politica
nella Pontificia Università lateranense, Giulio
Alfano, è autorevole ispiratore e guida geniale e infaticabile del movimento
dei cattolici irriducibili alle suggestioni neo-modernistiche, e perciò
seriamente impegnati a ottenere il riscatto della tradizione, e la
riabilitazione della calunniata storia della Chiesa.
Oggetto della sapiente cura di Alfano e dei
suoi numerosi allievi e collaboratori è la difesa delle verità filosofiche e
storiche appartenenti alla genuina tradizione cattolica, un patrimonio
inquinato dal progressismo politicante, alterato dal modernismo in corsa
caotica nei pensieri dei nuovi teologi e infine umiliato dalle calunnie gridate
dai media liberali, in corsa sfrenata su mediatici cavalli, nutriti dal
potente/trionfante furore degli strozzini e degli iniziati ai misteri del
vespasiano omo-lesbico.
La risposta alle rovinose mitologie e alle
sordide calunnie, che alimentano e rafforzano i poteri della desolazione
bancaria, Alfano la scopre nelle biografie delle geniali personalità del clero
e del laicato cattolico, che furono attive nel Novecento (ad esempio Pio XII,
Edith Stein, Luigi Gedda, padre Cornelio Fabro, Amintore Fanfani, Francisco
Franco, Ramiro de Maetzu, Marcel de Corte).
Le nobili figure dell'intransigenza cattolica
animarono e sostennero la resistenza ai corruttori e agli sfruttatori prima di
essere censurati, disprezzati o addirittura infamati da giornalisti corrotti
dal denaro in uscita dalle casse del delirio massonico.
In un saggio (Falangismo e fascismo, Chieti 2015), edito in questi giorni
dall'infaticabile Marco Solfanelli, Alfano ha avviato e proposto (ai militanti
nella destra degli irrealisti, che si ostinano a parcheggiare le loro illusioni
nell'area segnata dalla paralizzante cultura liberaloide e dalle
grottesche/surreali suggestioni dell'esoterismo) una sagace e intrepida ricerca
delle idee irriducibili alla mitologia liberale, idee che sono nascoste nella
nube di errori, colpe e affrettate imprudenze sollevata dal fascismo italiano.
Alfano sostiene che l'approvazione nel marzo
del 1938 del Fuero del Trabajo, legge fondamentale del regime
falangista, introduce nella legislazione ispanica i princìpi enunciati nella
Carta del Lavoro, emanata da Mussolini nel 1927 e perfezionati (grazie al
contributo geniale di Giuseppe Beneduce) nel 1929, anno della fondazione
dell'IRI.
In quello storico documento “si affermava
che lo Stato era nazionale in quanto strumento totalitario al servizio
dell'integrità della patria, ma anche elemento sindacale, perché rappresentava
una reazione contro il capitalismo liberale ed il materialismo marxista, quindi
di farro un riconoscimento della terza via”.
Alfano, inoltre, si dissocia dagli scolastici
dell'antifascismo totale e totalmente bendato, e osa rammentare che “Il
Regime aveva distinto due tipi di investimento di profitto e di consumo ed
iniziato l'intervento pubblico dello Stato nell'economia capitalistica, che poi
nel secondo dopoguerra sarebbe stato ripreso dalla politica economica
democristiana, soprattutto nel periodo del post-centrismo, con la nascita delle
cosiddette partecipazioni statali, ma soprattutto con l'iniziativa di Amintore
Fanfani (1908-1991), già anticipata negli anni Trenta dai suoi celebri ed ancor
oggi studiati saggi di Economia politica”.
Nelle riforme attuate dai cattolici nella
recente storia italiana, la cosa, detta destra in attesa di
ottenere un nome dignitoso e appropriato, deve trovare la ragioni di una pronta
alternativa a quel taboga liberale che è inclinato all'annientamento
(sotto l'ingente peso carnale della cancelliera tedesca) della tradizione
cattolica e della dignità nazionale.
Coraggiosa e veritiera è la messa a punto
sulle pseudo ragioni dell'Inghilterra, “che aveva interpretato la libertà
dei mari come libertà di comandarvi con la soverchiante potenza della propria
flotta, così da adeguare, in pace e in guerra, la navigazione degli altri paesi
ai suoi esclusivi interessi soprattutto economici”.
L'analisi di Alfano non è dissimile a
quella proposta da Emilio Gin ne L'ora segnata dal destino, il saggio
che dimostra i dubbi e i timori di Mussolini alla vigilia dell'intervento
Infine il saggio dimostra l'illegalità del
colpo di stato compiuto il 25 luglio del 1943 da Vittorio Emanuele III, vero
padre della confusione circolante nelle viscere dell'Italia post fascista.
In conclusione si può affermare, senza
timore dell'azzardo, che l'area detta “destra” può trovare in Alfano il
titolare dell'intelligenza cattolica necessaria a promuovere la liberazione
dalle trappole liberali e/o iniziatiche scattate nella testa della destra
spensante, scismatica e suicidaria.
La politica italiana deve ritrovare le ragioni
delle scelte politiche sollecitate da San Pio X e da Pio XII, decisioni che
contemplano l'attività di un politico in grado di interpretare fedelmente la
dottrina sociale della Chiesa e l'obbligo di condurre la destra, oggi
capitolarla e vaniloquente, nell'area in cui si trovano le sue storiche
radici e le sue vincenti idee.
Il saggio di Alfano, pertanto, appartiene al
numero ristretto delle opere la lettura delle quali è indispensabile agli
aspiranti a una svolta nella (finora) fallimentare storia delle destre.
Piero Vassallo
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