martedì 10 novembre 2015

Gaetano Rasi racconta la destra sociale

Dai torchi instancabili dell'editore Marco Solfanelli in Chieti è stato licenziato in questi giorni il primo, ingente  volume della Storia del progetto politico alternativo Dal Msi ad An 1946-2009, opera di Gaetano Rasi, autorevole studioso di economia corporativa e protagonista della contrastata vicenda della destra sociale.
 Nato a Lendinara in provincia di Treviso nel 1927, Rasi ha militano nelle Fiamme Bianche della R.s.i., prima di aderire al Movimento sociale, nelle cui file si è affermato, al seguito del professore Ernesto Massi, quale economista d'avanguardia
 Il punto di vista dell'autore coincide con quello dell'Istituto di Studi Corporativi “che pur nella sua autonomia, sostanzialmente affiancò la vita del partito [il Msi] e del sindacato [la Cisnal] coinvolgendo molto spesso il mondo politico-culturale esterno con la sua rivista, i suoi corsi, le sue pubblicazioni, le sue consulenze, le sue elaborazioni anche legislative e le sue iniziative centrali e periferiche”.
 Rasi narra esaurientemente la storia della destra sociale e perciò sceglie di non dedicare  attenzione alle vicende delle scuole di pensiero attive nell'area del Msi: “In questo volume non  verrò trattato il problema dei vari neofascismi – espressione più adatta a mio avviso rispetto ad una storia di un unico neofascismo – perché ognuno dei gruppi ai quali veniva attribuita questa caratterizzazione – aveva diverse visioni del presente ed effettuavano spesso confuse analisi riguardanti il giudizio sul passato, nonché prospettavano contraddittorie prospettive per ilo futuro”.
 Di qui una programmata disattenzione al vivace e talora furente dibattito ideologico in atto nel Msi fra i continuatori del neoidealismo, professato dagli interpreti dell'opera di Giovanni Gentile [1] i discepoli dell'esoterista/tradizionalista Julius Evola [2], e gli interpreti di una destra d'ispirazione cattolica [3],
 Il profilo del movimento corporativista disegnato da Rasi propone il definitivo superamento della dialettica democratica, gioco delle parti che alimentava, arroventava e truccava il conflitto ideologico tra la destra borghese e la sinistra proletaria.
 Nella scena postmoderna, tormentata dalla violenta riemersione di pensieri appiattiti intorno alla uguaglianza nella diade amore/morte, piattezza su cui si adagia l'ombra del remoto passato, che disconosceva la sacralità della vita umana, la dialettica che opponeva la destra borghese alla sinistra plebea, la democrazia liberale al socialismo, sprofonda nella anacronistica realtà del qualunque carosello storico.
 L'uscita dal serraglio in cui si agita il fantasma della mano magica del mercato si trova nella infrequentabile lontananza storica in cui la cultura degli strozzini ha confinato la dottrina corporativista.
 Rasi dimostra che il corporativismo, risposta del realismo italiano all'ideologia liberale “è una dottrina che tende a realizzare la democrazia sostanziale in contrapposizione alla democrazia solo formale dei regimi liberali e partitocratici, tendenzialmente oligarchici e indifferenti allo sviluppo solidale della comunità alla quale appartiene un popolo nella sua consapevolezza”.
 Opportunamente Rasi rammenta l'esistenza di un partito politico – attivo oltre la destra e oltre la sinistra – e perciò capace, per iniziativa del più colto e qualificato fra i suoi rappresentanti, l'onorevole Gianni Roberti, di proporre al governo un provvedimento finalizzato “ad assicurare alle imprese a prevalente partecipazione statale un maggiore impulso produttivo, attraverso un adeguato sviluppo dei rapporti sociali interni, anziché inquadrarle in autonome associazioni che, per il prevalente carattere pubblico, avrebbero finito con l'attribuire ai lavoratori interessati la qualifica di pubblici dipendenti”.
 Purtroppo la proposta avanzata da  Roberti fu respinta dal ministro dell'industria, il liberale Bruno Villabruna, il futuro fondatore del partito radicale [4].
 Interessante è infine la rievocazione dell'avventura della rivista L'Orologio, fondata a Roma da Luciano Lucci Chiarissi nel 1963, che nell'arco di un decennio diede spazio a un dibattito che coinvolse i più prestigiosi esponenti della cultura post-fascista, la maggioranza dei quali si dichiarava refrattaria al capitombolo del Msi nella destra capitalistica [5].
 Il saggio di Rasi, pertanto, è consigliato al vasto popolo dei refrattari alla destra liberale, vascello fantasma in navigazione nel vasto mare dell'insignificanza.

Piero Vasssallo




[1]          Ugo Spirito, Lino Di Stefano, Antonio Fede,  Sergio Bornacin, Giovanni La Scala e i loro numerosi allievi, seguaci e collaboratori
[2]          Gabriele Troilo, Clemente Graziani, Walter Valentini, Domenico Monaco, Giancarlo Zonghi Spontini, Alberto Donadio, Renato Del Ponte
[3]          Carlo Costamagna, Balbino Giuliano, Giovanni Volpe, Fausto Gianfranceschi, Fausto Belfiori, Attilio Mordini, Primo Siena, Giano Accame, Augusta Ribotta e Silvio Vitale. Ulderico Nisticò, Tommaso Romano.
[4]          Nel 1962, Villabruna, insieme con Leo Valiani, Leopoldo Piccardi e Sergio Panunzio fondo il partito radicale.
[5]          All'Orologio collaborarono alcuni fra i più autorevoli interpreti del pensiero post-fascista:Giorgio Del Vecchio, Barna Occhini, Giano Accame, Manlio Sargenti.,Giorgio Pini, Concetto Pettinato Fausto Belfiori, Giuseppe Sermonti, Vittorio Vettori, Giano Accame, Maurizio Giraldi, Goffredo Pistoni, Renzo Lodoli, Franz Maria D'Asaro.

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