Dai
torchi instancabili dell'editore Marco Solfanelli in Chieti è stato licenziato
in questi giorni il primo, ingente
volume della Storia del progetto politico alternativo Dal Msi ad An
1946-2009, opera di Gaetano Rasi, autorevole studioso di economia
corporativa e protagonista della contrastata vicenda della destra sociale.
Nato a Lendinara in provincia di Treviso nel
1927, Rasi ha militano nelle Fiamme Bianche della R.s.i., prima di aderire al
Movimento sociale, nelle cui file si è affermato, al seguito del professore
Ernesto Massi, quale economista d'avanguardia
Il punto di vista dell'autore coincide con
quello dell'Istituto di Studi Corporativi “che pur nella sua autonomia,
sostanzialmente affiancò la vita del partito [il Msi] e del sindacato [la
Cisnal] coinvolgendo molto spesso il mondo politico-culturale esterno con la
sua rivista, i suoi corsi, le sue pubblicazioni, le sue consulenze, le sue
elaborazioni anche legislative e le sue iniziative centrali e periferiche”.
Rasi
narra esaurientemente la storia della destra sociale e perciò sceglie di non
dedicare attenzione alle vicende delle
scuole di pensiero attive nell'area del Msi: “In questo volume non verrò trattato il problema dei vari
neofascismi – espressione più adatta a mio avviso rispetto ad una storia di un
unico neofascismo – perché ognuno dei gruppi ai quali veniva attribuita questa
caratterizzazione – aveva diverse visioni del presente ed effettuavano spesso
confuse analisi riguardanti il giudizio sul passato, nonché prospettavano
contraddittorie prospettive per ilo futuro”.
Di qui una programmata disattenzione al vivace
e talora furente dibattito ideologico in atto nel Msi fra i continuatori del
neoidealismo, professato dagli interpreti dell'opera di Giovanni Gentile [1]
i discepoli dell'esoterista/tradizionalista Julius Evola [2],
e gli interpreti di una destra d'ispirazione cattolica [3],
Il profilo del movimento corporativista
disegnato da Rasi propone il definitivo superamento della dialettica
democratica, gioco delle parti che alimentava, arroventava e truccava il
conflitto ideologico tra la destra borghese e la sinistra proletaria.
Nella scena postmoderna, tormentata dalla
violenta riemersione di pensieri appiattiti intorno alla uguaglianza nella
diade amore/morte, piattezza su cui si adagia l'ombra del remoto passato, che
disconosceva la sacralità della vita umana, la dialettica che opponeva la
destra borghese alla sinistra plebea, la democrazia liberale al socialismo,
sprofonda nella anacronistica realtà del qualunque carosello storico.
L'uscita dal serraglio in cui si agita il
fantasma della mano magica del mercato si trova nella infrequentabile
lontananza storica in cui la cultura degli strozzini ha confinato la dottrina
corporativista.
Rasi dimostra che il corporativismo, risposta
del realismo italiano all'ideologia liberale “è una dottrina che tende a
realizzare la democrazia sostanziale in contrapposizione alla democrazia solo
formale dei regimi liberali e partitocratici, tendenzialmente oligarchici e
indifferenti allo sviluppo solidale della comunità alla quale appartiene un
popolo nella sua consapevolezza”.
Opportunamente
Rasi rammenta l'esistenza di un partito politico – attivo oltre la destra e
oltre la sinistra – e perciò capace, per iniziativa del più colto e qualificato
fra i suoi rappresentanti, l'onorevole Gianni Roberti, di proporre al governo
un provvedimento finalizzato “ad assicurare alle imprese a prevalente
partecipazione statale un maggiore impulso produttivo, attraverso un adeguato
sviluppo dei rapporti sociali interni, anziché inquadrarle in autonome
associazioni che, per il prevalente carattere pubblico, avrebbero finito con
l'attribuire ai lavoratori interessati la qualifica di pubblici dipendenti”.
Purtroppo la proposta avanzata da Roberti fu respinta dal ministro
dell'industria, il liberale Bruno Villabruna, il futuro fondatore del partito
radicale [4].
Interessante è infine la rievocazione
dell'avventura della rivista L'Orologio, fondata a Roma da Luciano Lucci
Chiarissi nel 1963, che nell'arco di un decennio diede spazio a un dibattito
che coinvolse i più prestigiosi esponenti della cultura post-fascista, la
maggioranza dei quali si dichiarava refrattaria al capitombolo del Msi nella
destra capitalistica [5].
Il saggio di Rasi, pertanto, è consigliato al
vasto popolo dei refrattari alla destra liberale, vascello fantasma in
navigazione nel vasto mare dell'insignificanza.
Piero Vasssallo
[1] Ugo
Spirito, Lino Di Stefano, Antonio Fede,
Sergio Bornacin, Giovanni La Scala e i loro numerosi allievi, seguaci e
collaboratori
[2] Gabriele
Troilo, Clemente Graziani, Walter Valentini, Domenico Monaco, Giancarlo Zonghi
Spontini, Alberto Donadio, Renato Del Ponte
[3] Carlo
Costamagna, Balbino Giuliano, Giovanni Volpe, Fausto Gianfranceschi, Fausto
Belfiori, Attilio Mordini, Primo Siena, Giano Accame, Augusta Ribotta e Silvio
Vitale. Ulderico Nisticò, Tommaso Romano.
[4] Nel 1962, Villabruna, insieme con Leo
Valiani, Leopoldo Piccardi e Sergio Panunzio fondo il partito radicale.
[5] All'Orologio collaborarono
alcuni fra i più autorevoli interpreti del pensiero post-fascista:Giorgio Del
Vecchio, Barna Occhini, Giano Accame, Manlio Sargenti.,Giorgio Pini, Concetto
Pettinato Fausto Belfiori, Giuseppe Sermonti, Vittorio Vettori, Giano Accame,
Maurizio Giraldi, Goffredo Pistoni, Renzo Lodoli, Franz Maria D'Asaro.
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