“Loro hanno il
Corano, noi abbiamo Kant”.
Salvatore Merlo
Secondo l'illuminata opinione degli
intellettuali democratici al potere sarebbero colpevoli delle sanguinose azioni
terroristiche compiute a Parigi alcuni islamici eterodossi, marginali,
irrazionali e impuri.
La bassa qualità dei terroristi, messa a
confronto con l'alta e pacifica spiritualità alta del Corano fa discendere i
terroristi al livello di una banda di delinquenti anonimi e marginali. Il
grande popolo islamico risulta innocente.
Quasi a imitazione della barzelletta dualista,
volgarmente detta doppio senso, la cultura dell'Occidente ufficiale si culla
nella rassicurante visione di un islam sdoppiato e diviso nelle figure della
vasta maggioranza dei buoni e dei sapienti/non violenti e della squallida e insignificante minoranza
dei cattivi estremi.
Alla notizia della strage è associata e quasi
gridata l'informazione tranquillante sull'innocenza e la bontà della
maggioranza islamica. I credenti del Corano costituiscono una società
politicamente corretta, refrattaria al fanatismo, estranea e addirittura ostile
al terrorismo. I delitti di Parigi sono
opera di un frammento pazzo, disconosciuto e stigmatizzato del grande e nobile
popolo maomettano.
Si piangono le vittime, si condannano i vili e
feroci ma insignificanti e minoritari carnefici si assolve infine il corpo
mistico di Maometto
Alle lacrime versate sulle vittime del terrore
dai credenti nei lumi francesi e nella ragion pura di Kant , è associato il
mito della purezza teologica attiva nei pensieri secreti dagli islamici
ortodossi, giudicati pii, non violenti, democratici, clementi e misericordiosi.
E innocenti.
Sembra che i politici e gli intellettuali demo-buonisti,
al potere in Occidente, oltre a misconoscere la storia plurisecolare delle
feroci aggressioni islamiche alla Cristianità, siano incapaci di vedere la
radice teologica del terrorismo.
Gli interpreti paralleli della teologia
progressista e dell'ateologia antichista, erranti opposti e irriducibili ma concordi
nell'illusione occidentale intorno alla natura pacifica dell'Islam, resistono
imperturbabili alle lezioni impartite dai terroristi.
Nello schermo della televisione di stato
appare addirittura un autorevole intellettuale, laico e democratico, che
attribuisce ai terroristi la nobile intenzione di vendicare le ingiustizie
subite dai popoli terzomondiali.
Alla finestra della ragione si affaccia il
proverbio che declina la sacralità democratica degli astratti unguenti versati
sulle antiche piaghe.
L'avvertimento
di padre Douglas è caduta nel vuoto mentale/dentale del clero buonista e del
laicato intelligente, i due squadroni abbagliati e messi in riga dalle
dichiarazioni manfrine degli
ayatollah.
Nessuno fa caso alle esplosive variazioni del
profilo basso e cauto degli immigrati islamici, i quali emanano segnali
pacifici per tranquillizzare le vittime designate dal terrore.
Purtroppo la gerarchia vaticana, dedita
all'imitazione della scimmie non vedenti e non udenti, e non parlanti a
Benares, procede imperterrita in direzione dell'insignificanza.
Il risultato della teologia scimmiesca
messa in scena dal teologicamente aggiornato e corretto, è la
predilezione degli immigrati di fede islamica.
Lo testimonia Magdi Allam: “in terra
cristiana, che accoglie nel suo seno la Chiesa dei papi, il relativismo [complici
vescovi e teologi ubriacati dal vino conciliare] è arrivato al punto da far
coincidere la spiritualità con l'islam”.
Fine della storia? Scongiurata la tentazione
di una scorretta e sicuramente colpevole riflessione indulgente sul
bieco/odioso regime fascista si può azzardare che (per puro caso e complice una
sfacciata e orba fortuna) l'amministrazione italiana della Libia dimostrò,
negli anni Trenta, che è possibile l'integrazione di islamici e cattolici.
Infatti furono scoperti enormi giacimenti
d'acqua e se ne fece uso per fondare sessantamila vasti e fertili poderi.
Trentamila per gli italiani, trentamila per gli arabi.
Niente giustifica il male assoluto.
L'avversione alla democrazia illuminista è imperdonabile. Ma la apparentemente
felice deviazione dal bene democratico alla “cosa nera”, fece credere agli
islamici di Libia l'esistenza di un regime europeo capace di amministrare il
loro territorio rispettando i diritti dei nativi.
Curiosamente, l'involontaria ma felice scelta
di Italo Balbo, esecutore dei piani concepiti dal bieco tiranno, fu festeggiata
dai libici, che si spinsero al punto di applaudire e festeggiare il duce a
cavallo.
La notizia susciterà sorpresa (qui
doverosamente/correttamente condiviso) ma le avventure democratiche in Egitto,
in Iraq, in Libia, in Siria e in Algeria
smentirono i risultati ottenuti dai tiranni italiani in Libia.
Il popolo colonizzatore sbagliò e diede
scandalo? A pensar bene delle loro scelte si esce dal campo seminato dalla
legittima democrazia (quella sanamente mercantile, che ha aperto ai cinesi le
felici porte dei paradisi artificiali e ha schiavizzato gli indiani).
Non oseremo proporre un confronto umiliante
tra la Libia colonizzata dal bieco e truce tiranno italiano e la Libia oggi
gaudente la libertà ottriata dagli educatori a stelle strisce. La
democrazia è il Bene Assoluto. Se ne parla ginocchioni.
Osiamo tuttavia suggerire una breve visita
alla storia della Libia pacificata e gratificata dalla tirannide nera, prima di
ammirare e venerare la Libia redenta dai bombardieri democratici e trasformata
in porto felice delle barche addette al trasporto dei disperati.
Piero Vassallo
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