Né della povertà avvilente mi
curo né dei nemici che parlano male di
me.
Teognide di Megara
Nell'aristocratica
abitudine alle rinunce e nella refrattarietà all'avvilente/angosciante invidia,
Teognide di Megara ha rivelato il segreto del vivere nella felice emancipazione
dalla superbia dei ricchi.
Tale era lo stile di Giano Accame (Stoccarda
1928 - Roma 2009), umanista cattolico imprestato all'economia. L'impero
dell'egoismo fu trasformato da lui in occasione di gioire del bene altrui come
la qualunque persona gioisce del bene proprio.
Tale appariva Giano allo sguardo di un
indagatore autorevole ed esigente, quale fu il suo amico Nino Badano.
Giano restituiva gli sgarbi e le pugnalate
alla schiena coniando battute soavi e devastanti, ad esempio “Gianfranco
Fini? Un trovatello della storia”.
L'altruismo di Giano era la conseguenza della
studiosa fedeltà alla dottrina sociale, mediante la quale l'Italia del
Novecento, addomesticando l'infelice dualismo capitale-lavoro, aveva spento il
disprezzo e domato l'invidia delle opposte classi sociali.
Fascista tradito dalla data di nascita, che
gli impedì la partecipazione alla guerra, cercò e ottenne la rivincita
nell'appassionato e faticoso studio e nel geniale incremento dell'eredità
culturale del bieco ventennio.
A
Pietra Ligure, nell'immediato dopoguerra, Giano fu allievo di un illustre
vicino di casa, l'epurato senatore Carlo Costamagna, un protagonista della
scintillante scuola di Pisa. Costamagna gli indicò la via della cultura vivente
a mal grado della sconfitta militare e oltre lo sterile nostalgismo.
Di qui l'inizio dell'ingente produzione
culturale, che costituisce il motore della possibile rivolta contro
l'oscurantismo dei vincitori liberali.
La biblioteca costituita dagli scritti di
Accame è imponente. In essa sono esposti i criteri necessari a leggere e
interpretare il Novecento attraverso le opere di statisti, filosofi, storici e
poeti [1].
Accame interpretò e attualizzò il pensiero
dell'avanguardia impegnata nella ricerca delle ragioni a monte della
scandalosa adesione dell'economia fascista ai princìpi della dottrina sociale
della Chiesa. Alle sue intuizioni sono stati e sono tuttora debitori i più
vivaci (e censurati) interpreti della destra post-fascista [2]-
Di qui il risoluto allontanamento dal
neopaganesimo professato dai giovani seguaci di Julius Evola e l'intrepida
scelta di abitare nella terra abbandonata dalla retroguardia attiva nel Msi.
Accame nel Msi ottenne la sfortuna politica che
la sua intelligenza meritava. Nominato da Pinuccio Tatarella direttore del
quotidiano Il Secolo d'Italia, ne elevò il profilo a tal punto che
Augusto Del Noce lo definì il miglior quotidiano politico d'Italia.
Licenziato dal segretario di un partito gestito
da mediocri, incapaci di sopportare il peso dell'intelligenza, Accame collaborò
con il settimanale cattolico Il Sabato, nel quale pubblicò Bankiller,
una rubrica settimanale di ispirazione (cripto) corporativista.
La rinascita di una destra indenne dalla
incapacitante/paralizzante tarantola liberale non può essere immaginata e
progettata senza l'ausilio della tradizione italiana, esposta nella Quadragesimo
anno, il documento che Giano Accame ha riscattato e consegnato agli
economisti del futuro.
La passione invincibile della falsa destra,
infatti, è la maschera usata dalla malattia liberale per nascondere la propria
strutturale magagna. La maschera può cadere soltanto a seguito della insorgenza
di una dottrina economica indenne dalla devastante suggestione emanata dal
passato liberale.
Piero Vassallo
[1] Benito Mussolini, José Antonio Primo de Rivera,
Corneliu Zelea Codreanu, Ezra Pound, Robert Brasillach, Ernst Junger, Giuseppe
Bottai, Werner Sombart, Pierre Drieu La Rochelle, Pierre Gaxotte, Niccolò
Giani, Guido Pallotta.
[2] Attilio Mordini, Pinuccio Tatarella, Carlo Casalena,
Pino Tosca e Primo Siena, Gaetano Rasi, Sergio Pessot, Aldo Di Lello, Tommaso
Romano.
Grazie per questa rievocazione di una persona per bene. La Destra è morta nel momento in cui è andata al Potere e ha dimenticato uomini come Giano Accame.
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