Eugenio Corti (Besana Brianza 1921 - ivi 2014)
è scrittore di razza, uno dei pochi eminenti, onesti, cattolici narratori e
saggisti del dopoguerra e del tempo postmoderno. Prendo in considerazione il
suo romanzo-documento Il cavallo rosso
(Ed. Ares, 1983, p. 1277), che intende rappresentare la storia italiana, con
annessi e connessi internazionali, a partire dal 1940 sino al 1974, attraverso
le vicende di ragazzi ventenni all'inizio della Seconda Guerra Mondiale,
militari sui vari fronti, militanti nella guerra civile, quindi impegnati nelle
loro diverse occupazioni e funzioni sociali.
Il racconto si apre illustrando la condizione
del villaggio natio, Nomana (nome di fantasia), uno dei diversi borghi della
collinare plaga briantea. La gente di Brianza era cattolica osservante, per lo
più non fascista o indifferente alla politica; viveva pacificamente di lavoro
agricolo e operaio. Dopo un periodo di predominio liberale dei proprietari
terrieri, gli industriali, di estrazione prevalentemente umile, avevano portato
la religiosità della gente al suo debito riconoscimento. In un compimento di
attività e di armonica unione, il paese conduceva un'esistenza alquanto felice.
Il frutto proveniva dalla Controriforma, da pastori quali San Carlo Borromeo.
La freddezza o la preoccupazione davanti alla
dichiarazione di guerra, la sorta di pacifismo, dovettero provenire alquanto
dalla appartenenza all'Azione Cattolica e prima, in parte, al disciolto Partito
Popolare; l'una avversata, per qualche tempo, dal fascismo, l'altra nonostante
la deludente prova offerta dai politici democratici cristiani. Data questa
posizione dei brianzoli forse il regime aveva avuto qualche motivo per rivolgere
all'A.C. l'accusa di antifascismo.
"Trent'anni più tardi, sotto l'influenza
laico-umanitaria della televisione e delle idee nuove, i ragazzi di Nomana non
sarebbero più stati così [casti e partecipi della comunità]; avrebbero
tormentato meno gli animali, e non avrebbero più tormentato pubblicamente i
deficienti, che sono due indubbi passi avanti. Però avrebbero cominciato - come
non era mai accaduto nella storia del paese - a odiare determinati gruppi
sociali, e inoltre nessuno di loro, o quasi, sarebbe più arrivato vergine al
matrimonio".
L'osservazione inserita dall'autore sin dalle
prime pagine (come più volte altrove egli ritiene necessario il proprio diretto
intervento chiarificatore) solleva i quesiti essenziali. Quale parte ha il
governo nazionale riguardo al bene superiore della moralità e dell'armonia? Possono
fattori diversi, stranieri, avere una preponderanza invincibile? E tali grandi
influenze esterne ebbero a manifestarsi soltanto nel dopoguerra o furono bensì
in precedenza?
In precedenza agivano da tempo, segnatamente
nel campo della fede, soprattutto in Francia, un progressismo e un modernismo
corruttori, una propaganda libertaria democratica capace di sedurre il popolo,
fosse stata di stampo marxista o del liberalismo. È indubbio che a tale
seduzione il fascismo mise un argine, propugnando nondimeno l'idea d'una
civiltà d'ispirazione romana e classica, sebbene fosse qua e là venata di note ghibelline. Ciononostante, come si è
visto, i paolotti potevano essere
tali senza disturbo; il clero poteva svolgere a suo agio il ministero
tradizionalmente moralizzatore.
Dunque soltanto la guerra perduta aveva
storicamente aperto la strada alla decadenza, venendo a mancare l'ordine e la
forza dello stato contrapposta al deterioramento dei costumi.
L'autore, antifascista, si sofferma, facendo
corpo con i suoi personaggi (tuttavia ligi al patrio dovere), nel biasimare la
dichiarazione di guerra dovuta a Mussolini. A tale riguardo, gli va contestato
che il re approvò, anzi, come capo dello stato e come novello imperatore,
deliberò quanto il governo aveva proposto.
L'appunto vale tanto più in quanto il re
depose Mussolini, fece l'armistizio dell'8 settembre e, dopo tale evento, l'autore
si mette dalla sua parte, dalla parte degli angloamericani. Se egli non ritiene
un impedimento la fellonia del sovrano nei confronti dell'alleato tedesco, dovrebbe
altresì ritenere dovuta l'opposizione del re all'entrata in guerra e ritenerlo
di essa corresponsabile. A meno che Vittorio Emanuele III avesse inteso,
machiavellicamente, procurare con la sconfitta la caduta del fascismo. Ma il
consenso del Corti a un simile tradimento disastroso è fuori discussione.
Dovendosi mettere in rilievo le pecche
dell'opera, circa alla sua conclusione, quando un'esemplare eroina del romanzo perisce
in un incidente, ci viene ricordata la volontà di Cristo di non perdere nessun
essere umano, sicché ella, andando nelle braccia dell'angelo custode verso
l'eterna beatitudine, incontra persino un orribile boia e torturatore di
partigiani e in seguito di fascisti, senza che il suo riscatto abbia ricevuto
la desiderata spiegazione. Inoltre l'esito negativo del referendum
sull'abolizione della legge che introduce il divorzio, vien detto proficuo,
avendo prodotto il risveglio del sentimento cattolico, e si prospetta fausto il
successivo avvento di Giovanni Paolo II, che in realtà non apportò un rimedio
alla profonda crisi della Chiesa. A tutto questo s'accompagna pure qualche
stanchezza stilistica e qualche difetto della struttura narrativa.
Tuttavia va mantenuto il giudizio positivo
sul narratore e sulla sua buona volontà, sulla veridica crociata anticomunista
ch'egli condusse, sul suo concetto di civiltà.
Protagonisti del romanzo sono Ambrogio, figlio
di industriale tessile e iscritto al primo anno di scienze economiche all'Università Cattolica
dell'imperioso Padre Gemelli; suo cugino Manno allievo ufficiale di artiglieria;
l'amico Stefano, attaccato al suo mestiere di contadino, nonostante gli
stentati proventi del piccolo podere paterno; Igino, l'unico del parere che sia
giusto allearsi con la Germania contro le sopraffazioni di Francia ed
Inghilterra; altri tre arruolati prima dello scoppio delle ostilità,
accompagnati al posto di reclutamento; l'amico Michele, che ha la vocazione
dello scrittore ed è ansioso di fare esperienze istruttive; il che gli fa
sospirarle l'invio in Russia, dove avrà modo di documentarsi sul regime
bolscevico.
Uno dopo l'altro essi andranno al fronte,
avendo cominciato con l'istruzione e la carriera nelle patrie caserme. Nell'estate
del 1942 Ambrogio e Michele sono in Russia. Le campagne son povere, arretrate,
le case, isbe col tetto di paglia, le strade, piste di terra battuta. Nelle
retrovie, nel bacino minerario e industriale del Donetz, gli operai vivono
miseramente. Le offensive italiane si susseguono, l'avanzata raggiunge la linea
del Don con alla testa i bersaglieri, tra i quali c'è Stefano. Michele, addetto
a un posto di rifornimenti, tenta di informarsi sulle stragi di contadini
avvenute anni addietro, ma gli abitanti sono timorosi o delusi, perché i
tedeschi hanno ucciso i civili e usano il pugno di ferro a torto o a ragione.
Una falla dello schieramento italiano è stata tamponata, dopo l'inspiegabile
rotta d'una divisione di fanti. L'esercito sovietico è arretrato, ma dispone di
autocarri americani e di carri armati.
Igino scrive dalla Jugoslavia che i
partigiani non sono temibili. Ambrogio, ufficiale osservatore dell'artiglieria,
incontra l'alpino Luca, operaio della fabbrica paterna. Segni di devozione
cristiana nei profughi russi. Ci si prepara a sostenere i rigori dell'inverno,
il secondo della campagna. Il complesso del lunghissimo schieramento delle
nostre truppe funziona anche nel sopraggiunto freddo polare.
Il 19 dicembre giunge l'ordine della
ritirata. Nonostante il valore dei combattenti, specie dei bersaglieri e degli
alpini, la preponderanza delle forze nemiche, di gran lunga superiori di numero
e di mezzi, impedisce agli italiani di
rompere l'accerchiamento. Le perdite sono grandi, sia per gli uccisi dalle armi
che per le vittime del gelo e degli stenti; molti sono fatti prigionieri.
Soltanto alcuni reparti riescono a passare trascinandosi appresso colonne di
inabili e di sbandati sovente privi dell'arma in dotazione. Comportamento
eccellente dei tedeschi e del battaglione M, più che decimato. Anche i croati e
gli ungheresi si distinguono. Stefano cade nella disperata difesa di un
avamposto, che il colonnello ha dovuto abbandonare al suo destino.
Nella composita colonna che comprende il
corpo d'armata e l'amico Michele, Ambrogio procede ferito, sostenuto dal fedele
attendente, e lo stato d'impotenza in cui versa - osserva lo scrittore -
probabilmente è la causa del suo giungere a salvamento. Riflettendo sul
disordine e l'apatia in cui sprofonda buona parte della truppa, egli considera
come la gente di Nomana sia assai disciplinata, lo sia nell'intimo, e pensa:
"Sarà per questo che noi non abbiamo bisogno del fascismo? [...] Non per
niente là [in Brianza] comincia la terra del reclutamento alpino".
Sennonché, non andrebbe tralasciato che i
buoni ordinati necessitano di adeguata protezione, in quanto ben pochi sono
gl'incorruttibili.
A differenza degli italiani, i russi freddano
col colpo alla nuca gruppi di prigionieri. Michele viene catturato. Da principio,
se la cava venendo ritenuto elemento utile per ottenere informazioni. Quindi,
lo mandano in un lager orrendamente mortuario, dove si crepa d'inedia e, per
sopravvivere, molti si riducono al cannibalismo.
Finalmente la colonna di Ambrogio, ridotta a circa
4 mila uomini dei 20-25 mila iniziali, passando per successivi combattimenti
raggiunge le linee mobili tedesche a Bialovosch. I superstiti sono trasferiti
mediante autocarri; poi, i feriti trasportati per ferrovia a Leopoli e
ricoverati in ospedale bene attrezzato. Notizie di stragi mostruose ivi compiute
da russi e tedeschi. Segue il rimpatrio su treno ospedale. "Dopo quello
che ho visto" osserva il figlio dell'industriale, "non sono più
sicuro che i formalisti alla vecchia maniera, abbiano tutti i torti".
Poiché Luca appartiene al battaglione
Morbegno, abbiamo modo di assistere alle tragiche vicende degli alpini, sino
alla famosa, disperata vittoria di Nicolaievca, che assicura lo scampo ai
sopravvissuti.
Intanto, ai primi di maggio avviene l'abbandono
della Tunisia, conquistata dal generale Patton. Il reparto di Manno essendo
forzato ad arrendersi, egli si aggrega a un equipaggio raccogliticcio, che
compie una fortunosa traversata per approdare in Sicilia. Rientrato nel
deposito di Piacenza, resta in attesa dell'invio in Grecia.
Dopo aver visitato Ambrogio nel
convalescenziario, il futuro scrittore conosce Colomba, un'incantevole figliola
che assiste la vecchia zia in una villa di Nomana. Prima della partenza i due
innamorati si fidanzano.
In paese, Luca, scampato all'assalto di
Nicolaievca, è pure fidanzato con la sorella di Stefano e attende di riprendere
il servizio. Completa la gamma dell'umanità in qualche modo felice, trepidante,
dolorosa, la madre di Stefano, che sente, quasi telepaticamente, la perdita del
suo ragazzo. Dalla Russia soltanto, non giungono notizie dei militari caduti o
prigionieri. Per quanto giungano ammirevoli o cari i personaggi, si avverte
qualche insistenza patetica e sentimentale.
Sbarcato Manno in Albania, dove i partigiani sono divisi da lotte intestine,
sopraggiunge l'armistizio, con gli ordini di resistere ai tedeschi. Le vicende
storiche sono note. Nella Penisola avviene il collasso pressoché totale del
regio esercito. Nei Balcani il disordine non manca; qualche formazione tenta di
resistere prima di soccombere, prima delle deportazioni in Germania. Gli
ufficiali che hanno tentato di opporsi subiscono la fucilazione come traditori.
Venuto a trovarsi a Brindisi, dove si sta
organizzando il regno del Sud, che il 20 ottobre dichiara guerra alla Germania,
Manno, inteso a restituire dignità alla Patria, partecipa alla costituzione di
un corpo di volontari da impiegarsi a fianco degli Alleati. Essi, che già hanno
rifiutato le navi e le scorte per il trasporto delle truppe in patria, sono ben
poco disponibili ad accoglierle nelle loro fila e ad armarle. Tuttavia, davanti
a Cassino, un contingente italiano partecipa all'offensiva, e il nostro
ufficiale cade valorosamente a Montelungo. I parenti e Colomba non conosceranno
la sua sorte che al termine del conflitto. Non si può fare a meno di notare
l'omissione degli intendimenti analoghi e dell'analogo ardimento che animarono
i combattenti della RSI sul fronte opposto.
Frattanto, in agosto, gli aerei
angloamericani avevano letteralmente distrutto la metà di Milano, anche se i
morti civili erano stati poco più di un migliaio. Si vincono i soldati germanici grazie all'incomparabile mole di
armamenti e di mezzi materiali che possiede il nemico (ancora attuale prima
dell'8 settembre).
La crudeltà dei campi di concentramento o dei
trasferimenti ferroviari - autentici mezzi di tortura tramite fame, sete,
lavoro forzato - riguardavano anche molti milioni di deportati russi, uomini e
donne (sottoposte a specifica violenza), nonché i deportati dei paesi dell'Est
europeo. Michele perviene a costatare che quei sistemi efferati, di cui forse
la storia non conobbe l'eguale, e ai quali partecipavano commissari italiani,
avevano lo scopo di realizzare l'umanità comunista; la realizzazione della vera
società comunista li comportava. L'utopia della riforma comunista degli uomini
richiedeva stragi interminabili. Più avanti, egli ne avrà conferma dagli
analoghi stermini e annientamenti del persona operati in Cina, in Cambogia e
nel Vietnam. Egli riuscì a spiegarsi l'incomprensibile e altrimenti gratuita
ferocia dei sovietici, incredibile al punto che gli occidentali non la
prendevano in considerazione, credendo piuttosto al paradiso in terra di
Baffone.
Ai tedeschi arresi tocca una fine immediata.
Agli ufficiali italiani si allevia il trattamento con la speranza di
indottrinarli. Vi si provvedono, con scarso successo, fuorusciti per lo più
emiliani, commissari del popolo in genere patetici nella loro insostenibile
convinzione. Come tutti i grandi e i piccoli del sistema, essi sono soggetti a
fare una brutta fine, secondo i metodi rivoluzionari.
Nella repubblica di Mussolini prende piede il
fenomeno dei partigiani, comunisti e monarchici o d'altra idea politica. Ambrogio
non si è rimesso dai postumi delle ferite, anzi è peggiorato e gli occorre il
un ricovero nella villa sul Lago Maggiore adibita a clinica per militari. Lo
assiste con simpatica tenerezza Fanny, una leggiadra crocerossina, ragazza di
spirito, universitaria figlia dell'alta borghesia liberale. Compagno di camera
giunge un milite repubblicano. È l'occasione per confrontare le ragioni
dell'opposta militanza. Costui invoca l'onore da riscattare per la Patria, che
non può essere una che tradisce dall'oggi al domani il suo alleato e gli spara nella schiena, una
prostituta che si dà a chi paga meglio, al nemico di ieri, il quale massacra i civili con i bombardamenti.
Ambrogio obietta che la guerra è perduta e la
gente non aderisce al governo impostole bensì dallo straniero occupante. Tra sé
e sé, egli enumera le altre ragioni contrarie, secondo lui maggiormente valide,
sebbene egli rispetti l'idealità del camerata.
Il diciottenne suo fratello Pino, che viene a
trovarlo, è un ragazzo fantasioso e di debole personalità. Per spirito
d'avventura prende contatto con i partigiani alla macchia sui monti
circostanti. Va con loro, facendo un colpo di testa, perché la madre e i
famigliari sono contrari. Prende così l'avvio la storia delle formazioni non
comuniste che portarono all'avvento della repubblica dell'Ossola, esempio della
miglior lotta condotta contro il nazifascismo. Nelle fasi precedenti e
successive al concretarsi di questo stato democratico di Domodossola, cadono i
comandanti, ex ufficiali dell'esercito regio dell'Italia fascista. Ma i
partigiani non sono combattenti veri e propri, cioè disposti a morire sul
campo; risultano efficaci nelle imboscate, nella difesa di posizioni dall'alto
e si espongono nei colpi di mano, senza l'idea del sacrificio. Perciò la
propagandata repubblica dell'Ossola del '44, sebbene il suo governo faccia
fronte agli elementi politicanti (dunque disgregatori), sebbene ricevesse
l'apporto anche dei rossi e rifornimenti paracadutati, ha una vita effimera,
molti suoi abitanti o ospiti devono riparare in Svizzera.
Non appena formato il governo Bonomi in Roma
liberata, si vengono a conoscere le beghe e i litigi in atto fra i partiti:
"preclusioni reciproche, presentate come manifestazioni di
democrazia", "democrazia deprimente attuata a quel modo". Sembra
tornata la confusione del 1922.
Ma bisognava incolpare le fazioni o il
sistema? Bisognava, come al solito, accusare l'inciviltà degli italiani o la
degradazione investiva le potenze dominanti? A giudicare dal cammino politico
occidentale, nessuna democrazia si è salvata. I nostri guai morali, a partire
dal dopoguerra presero origine dal modello statunitense, dall'egemonia
americana.
Pierello, ragazzo semplice e incolto, uno dei
tre primi coscritti accompagnati in macchina da Ambrogio alla chiamata sotto le
armi, si trova coinvolto nelle spaventose traversie della ritirata nella
Prussia Orientale. Dopo aver servito nella fattoria d'una vedova, combatte in
trincea accanto a soldati anziani o imberbi. L'avanzata dei russi è
inesorabile. Un enorme sciame di civili marcia con ogni genere di carri e
slitte, per raggiungere e oltrepassare un lago ghiacciato, al di là dal quale
potrebbe mettersi in salvo. Le scene delle azioni guerresche e delle ferali disgrazie
che colpiscono i profughi sono nuovamente rappresentate con rara potenza.
Pierello, camuffandosi, si sottrae
all'inquadramento militare, tuttavia soccorre la povera padrona e i suoi
nipotini, per ritrovarsi, più tardi, in territorio cecoslovacco, dove i cechi
commettono atrocità, intanto che i sovietici continuano le loro infami
deportazioni.
Ad aprile cede la Linea Gotica. A Nomana un
forestiero arruola nella formazione dei partigiani comunisti i peggiori
elementi del paese. Il farmacista, un piacentino, fattosi nominare capo del CLN locale, sebbene sia democristiano asseconda i
rossi per spirito di rivalsa, avendo dovuto, a suo tempo, ingoiare l'olio di
ricino nel proprio paese. Nel CLN devono figurare i rappresentanti dei partiti,
che sono raccogliticci e alcuni quasi senza aderenti. Ambrogio tenta di far sì
che le armi dei militi, rinvenute nella casermetta disertata, non vadano nelle
mani dei facinorosi senza Dio. Il farmacista e i paesani non possono impedire
che una squadra venuta da fuori uccida una povera donna, colpevole soltanto
d'essere la moglie d'un fascista giustiziato. A Milano le orribili violenze e
gli assassinii non hanno tregua. Nel villaggio i ragazzi comunisti vorrebbero
spadroneggiare come altrove fanno i compagni armati.
"L'Italia era una sorta di corpo vile a disposizione del fascismo
prima e dell'antifascismo poi", commenta il Corti.
Dalla Svizzera rientrano Pino e il suo amico
Sep, divisi dalle idee politiche che innescano la lotta di classe. Un reparti
di sudafricani si accampa a Nomana. Malvisto specialmente dai rossi, conduce
un'esistenza separata.
Giunge la triste notizia della morte di
Manno. Nulla si sa invece dei soldati rimasti in Russia. Il giovane Andrea
Marsavi, la cui famiglia possiede un grande salumificio, combina con la
Commissione Pontificia l'invio di autocarri di proprietà della ditta Riva in
Germania, per il rimpatrio dei prigionieri. Ne ritornano da paesi lontani.
Episodi di banditismo e mercato nero. Corruzione diffusa; controversie e
rivalità tra i partiti di governo e nelle amministrazioni. La crisi economica
perdurante appare inspiegabile, non bastando a giustificarla gli scioperi e le
lotte sindacali.
Se la ripresa, il riassetto delle attività e
la ricostruzione verranno immancabilmente, quale corso morale c'era da
aspettarsi dopo un simile inizio?
Nel suo esilio di inique penitenze un po'
alleviate, Michele si documenta leggendo i testi comunisti della piccola
biblioteca, interroga di straforo un'internata, del campo contiguo, invelenita
nei patimenti e nelle sopraffazioni. Apprende delle stragi di ebrei operate dai
nazisti. Conosce la miseria dei bambini spagnoli rubati dai russi nel loro
paese iberico e richiusi in un lager. Egli giudica che la fonte anticristiana
di marxismo e nazismo stia nell'eresia protestante. Cultore del medioevo fin
dai suoi studi scolastici, ricorda la nocività dell'eresia concepita nell'epoca
maggiormente religiosa: la peste dell'errore dottrinale.
I ragazzi di casa Riva frequentano
l'università. Ambrogio si lega sentimentalmente a Fanny, la sveglia e piuttosto
mondana crocerossina tornata agli studi. Colomba, la bella promessa sposa di
Manno è di nuovo a Nomana nella villa della zia. Ambrogio prova per lei un
amore irresistibile e condiviso, ma rinuncia a lei, sembrandogli una
profanazione fare sua la ragazza dell'amico sacrificatosi in guerra. L'acquisto
della villa da parte dei Riva allontana Colomba definitivamente.
A Milano ora le manifestazioni si susseguono,
sfilano cortei contro la monarchia. Non cessano le uccisioni, nella sostanziale
indifferenza degli Alleati. In paese si volgono comizi antimonarchici,
anticlericali, antiamericani. L'odio isterico comunista e gli argomenti sullo
sfruttamento del lavoro non passano senza fare qualche presa. Ambrogio e il
babbo pensano a costituire una seria forza politica. Fortunato, il
secondogenito liberale che sta prendendo le redini dell'azienda, rimane
estraneo al progetto. Quantunque Ambrogio e Luca, che ha ripreso il suo posto
in fabbrica, abbiano la tessera della DC, praticano la politica quasi con
ripugnanza. "Non sono cose divertenti". Dal CLN giunge l'ordine di
ammazzare almeno un fascista per comune. Il farmacista salva un destinato ad
essere eliminato. La riunione del CLN paesano ha all'o.d.g. la fondazione della
mutua comunale, ma la discussione non approda ad esaurire l'argomento, essendo
sviata dalle rivalità, dal protagonismo
di rappresentati di partito, che sfocia nell'insulto e nel battibecco. Si
discute anche delle epurazioni. Ambrogio spera nelle elezioni regolari, purché
vadano bene...
Dalla Russia arrivano i primi malati gravi e
i presunti guadagnati alla causa comunista.
Le elezioni amministrative vedono il buon
piazzamento della DC, tranne che in Emilia e in Toscana, mentre il referendum
assegna una risicata vittoria alla repubblica, decretando la fine della
monarchia.
Nel settembre 1946, Michele scende alla
stazione di Milano accolto da Ambrogio e Francesca. Il suo pensiero va alla
loro sorella Alma, di cui ha carezzato il ricordo e che diventerà la sua sposa.
Il loro amore miracoloso durerà intatto sino al 1974, quando la statuina Alma
(di cuore tanto sensibile ed eccellente, quanto il suo aspetto appare
imperturbabile) perisce in un incidente stradale provocato da autista drogato.
Michele ha pubblicato un libro sulla tragedia
avvenuta nella Russia sovietica. Il volume consegue una discreta accoglienza di
pubblico e di critica qualificata. Ciò non lo solleva dalle severe ristrettezze
economiche, da cui esce a mala pena avendo trovato un posto di supplente in un
istituto privato.
Alle elezioni politiche del '48, alla DC va
la maggioranza assoluta, procurata specialmente dagli attivisti dell'Azione
Cattolica.
Michele conduce ormai la sua battaglia di
scrittore, dalla quale si aspetterebbe fausti risultati. Ma le recensioni sono
disparate; in Italia manca un'autorità letteraria determinante, salvo quella di
Benedetto Croce, che però è liberale e miscredente, ed ha pure preso alcune
cantonate. Il suo giudizio lusinghiero non è atto a soddisfare le aspettative.
I probi lavoratori paesani temono che i loro
figlioli cadano sedotti dalla propaganda comunista, paventano che succeda
"come di quei ragazzi che vanno con le cattive compagnie [...] poi
finiscono col non ragionare più come gli altri della famiglia". Il bravo
sacerdote: "Sono duemila anni di fede e di civiltà cristiana conquistate
con infiniti sacrifici, giorno per giorno [...] che stanno per essere messi in
causa tutt'in una volta".
Un commento sviluppa le riflessioni del
giovane scrittore volonteroso: la salvezza dal comunismo e una certa salute
morale, in quel dopoguerra, dovettero essere grazie alla Comunione dei santi, ai
molti ancora sani, in una società che conteneva in sé più meriti che demeriti,
società "non ancora affrancata da
Dio secondo gli schemi laicisti, né infognata nei peccati della carne, come
sarebbe stata in seguito".
Il futuro augurato "attraverso quale
procedimento storico? Cioè - scomparso il fascismo - attraverso quali altre vie
di fatto?" L'autore conclude che Togliatti fu uomo della Provvidenza, inconsapevolmente, come Mussolini lo era
stato. Infatti il capo del PCI aveva ordinato di attenersi alle regole
democratiche e non sgarrava, sebbene non fosse creduto e i partigiani
rivoluzionari disubbidissero perpetrando ammazzamenti. Egli avrebbe condotto in
tal modo il partito sapendo come si svolgeva il comunismo in Unione Sovietica,
dove il fuoruscito aveva conosciuto le torture e alle uccisioni di comunisti
occidentali del tutto innocenti. Il sistema democratico impediva l'eliminazione
dei capi come invece accadeva oltre la Cortina di ferro. Egli lasciava credere
che lo si credesse un falso democratico. Tuttavia si proponeva la dissoluzione
dei partiti avversari, specie dei cattolici.
Più avanti, parlando della dissoluzione degli
anni '60 e '70, l'autore
vedrà il compimento del disegno, conforme alla dottrina di Gramsci, ossia
mediante la conquista della cultura e della scuola.
Ma se la democratizzazione del marxismo, che
scongiurava la violenta presa del potere da parte del PC, condusse al subdolo
predominio culturale dovuto all'ideologia gramsciana, ancor più deleterio,
essendo tenace corruzione degli spiriti, di quale Provvidenza s'era mai
trattato riguardo a Togliatti?
Dedito al suo dovere sociale, alla sua
missione cristiana, Michele si istruisce leggendo Maritain e Mounier, cattolici
francesi. Si aggiorna sugli autori inglesi e americani. Fa amicizia con John Burns,
che da Oltre Oceano è venuto nei panni di militare a Napoli, per stabilirsi
successivamente nel nostro Paese..
Egli ebbe la cocente delusione di scoprirvi
l'inciviltà e la bassezza degli USA, un paese come un altro, che ostentava la
sua presunta superiorità propagandando falsi ideali democratici e filantropici,
mentre perseguiva la ricchezza e il benessere materiale a danno degli altri. Il
Burns se ne rese conto a partire dall'ignobile comportamento di ufficiali e
soldati, che sfruttavano la miseria dei napoletani, mentre il loro governo
militare lasciava i vinti nel caos. Il Burns scrisse allora La Galleria (Garzanti, 1947), che fece
scalpore quanto La Pelle di Curzio
Malaparte, e riscosse gli elogi della critica, ma presto scomparve nell'oblio
insieme allo scrittore, ostracizzato per le sue opere successive, morto a Roma
nel 1953.
Eugenio
Corti si limita ad accennare allo scambio di vedute di Michele con
l'interessante collega, il quale osserva che gli italiani moderati mostrano ingenua
gratitudine all'America del Piano Marshall. Corti evita di approfondire il
ruolo avuto dagli Stati Uniti nella successiva trasformazione dell'Occidente.
Dopo il '48 si sarebbe vissuti di rendita sui
cinque anni precedenti, per poi ricadere in un nuovo declino. Viene da
obiettare quale proficuo patrimonio si fosse guadagnato in quei cinque anni, al
di fuori di una precaria maggioranza parlamentare, che assicurava una certa
efficienza del potere esecutivo.
Andrea Marsavi, il giovane imprenditore del
salumificio, sposa Francesca Riva. Suo fratello Ambrogio impalma Fanny. Nel
loro viaggio di nozze visitano il fido ex attendente-contadino, nel podere condotto
a mezzadria. L'Umbria tradizionale, bucolica e francescana, sta per essere rivoluzionata dalla giustizia del sole dell'avvenire.
La revoca dell'unione doganale (1952)
decretata dalla Francia, provoca una subitaneo e drastico taglio delle
esportazioni di non pochi prodotti. Le manifatture Riva restano coinvolte nella
perdita di forniture, colpiti da una crisi finanziaria che porta sull'orlo del
fallimento. Fanny mal sopporta il clima di apprensione per gli affari, pur
restando al suo posto di moglie e di madre. Licenziamenti, dichiarata l'occupazione
di una fabbrica e chiasso dei comunisti.
Per lunghi anni la famiglia non verrà fuori dal travaglio in cui si
barcamena sotto la guida assunta da Ambrogio, essendosi ritirato, per dedicarsi
ad altra attività, Fortunato, l'unico liberale dei fratelli, restio a
preoccuparsi di conservare l'occupazione delle maestranze.
Lavorando a un romanzo-saggio, l'insegnante
Michele concepisce la scristianizzazione,
cominciata con l'umanesimo, il principe Valentino e il Machiavelli. L'arresto
del fenomeno paganeggiante si ebbe con la Controriforma, opposta al
protestantesimo. Intanto, nel cattolicesimo si forma la confusione rispetto al
marxismo.
Nelle elezioni del 1953 la DC perde la
maggioranza assoluta. Il governo è in difficoltà, essendo condizionato dalle
alleanze che, per farsi valere, mettono bastoni fra le ruote e pospongo al
proprio, l'interesse nazionale, secondo il gioco democratico. Invano, De
Gasperi ha promosso la legge elettorale che avrebbe assegnato un maggior numero
di deputati al partito uscito vincitore dalle urne. I comunisti, scatenando una
campagna contro la legge truffa hanno
avuto la meglio.
Agli inizi degli anni '60, gli industriali,
soggetti a gravi e periodiche difficoltà, sono tartassati e sottoposti a
calunnie dalla stessa televisione, influenzata dalle sinistre. Il salumificio
Marsavi incappa in una recessione superiore a quella subita dagli stabilimenti
Riva. Il modello di vita proposto dalla TV è cattivo, dovrebbe essere quello
degli alpini e degli antichi popolari. Viceversa l'eroe nuovo è progressista,
irreligioso, romanesco scroccone e votato all'arte di arrangiarsi. Michele
sembra l'unico a rendersene conto. I Riva non ci sono ancora arrivati. La
minaccia rossa permane nonostante il benessere. Il cavallo di battaglia dell'antifascismo
ha sempre un brutto carattere strumentale. Gli intellettuali laici sono soggiogati dal materialismo e
dal liberalismo. Le calunnie prendono di mira Pio XII, già confortato da
un'apparizione di Cristo, che venne derisa. Così s'intende attaccare,
screditare la sua Chiesa.
Michele compone un dramma che il grande
critico Apollonio ritiene un capolavoro. Questi comincia ad essere messo in disparte
da Grassi e Strehler, signori del Piccolo teatro. Si trova che la tragedia,
ambientata in Russia, ha colore politico; sebbene il politico Brecht ottenga un
successo enorme e nessuno trovi niente da eccepire. Dunque il marxismo ha
vinto. Recensori, cultura, tutto va a sinistra.
Un regista cattolico sostenuto dalla DC
rifiuta di rappresentare il lavoro di Michele; adduce il pretesto d'avere una
programmazione completa per i prossimi due anni. Quando Michele cerca di
perorare la propria causa, il grand'uomo di teatro gli sbatte in faccia i suoi
meriti nella Resistenza, che risultano invero oscuri, di certo esigui. Apollonio
deve mettere pace fra i due ed abbozzare. All'aria aperta, considera:
"Adesso tutti applaudono quel sant'uomo di papa Giovanni, e fanno bene; il
fatto strano - che non torna - è però che applaude anche chi non dovrebbe. E in
primo luogo i comunisti".
Il drammaturgo: "Il papa sta di fatto
abbassando le difese nei loro riguardi".
Apollonio ammette che "la confusione non
è poca".
L'editore stesso si tira indietro: esclude di
poter pubblicare il dramma. Un impresario accetta di metterlo in scena; ha
chiesto senza indugio la sovvenzione statale. Ma alle prove: una sgradita
sorpresa. Gli attori recitano leggendo la parte ad un leggio e a quel modo si
svolgerà lo spettacolo. Michele è tentato di mandarlo a monte. Poi cede alle
aspettative di sua moglie e a qualche concessione del capocomico e del regista,
entrambi affermati nella professione. Alla prima, il teatro è pieno, presenti
la stampa, importanti addetti ai lavori,
gli zii e i cugini di Nomana; ma si trova il modo di operare una sorta di
taglio del testo, dando inizio al secondo atto a sala ancora semivuota.
Nonostante gli applausi, la recensione positiva dell'Osservatore Romano e di
qualche foglio indipendente, gli stessi giornali democristiani partecipano alle
stroncature, agli insulti. L'esperimento
è da considerarsi privo di seguito, non lascerà un segno sul pubblico. La
televisione ha disdetto la prevista messa in onda. Ha prevalso la viltà del
conformismo.
Siamo al 1968. Nel paese in cui risiedono i
Marsavi (Andrea e Francesca), agisce un prete scandaloso, progressista, che
sobilla gli operai. I giovani lavoratori sono corrotti, molti di loro lo
seguono. Acli e Cisl, populisti scriteriati, vanno d'accordo con la Cgl, con i
PC. Il parroco è sconcertato dai capricci di studenti e dipendenti cui non
manca nulla. All'assenteismo - comportamento inedito nel tempo andato -
s'accompagna l'aumento delle paghe e dei diritti. Gli studenti si compiacciono
delle idee della rivoluzione culturale, del nuovo corso inaugurato da Mao, e ne
ignorano i metodi criminali. Lo strapotere dei sindacati sottomette i politici.
Ambrogio e Fanny hanno tre figli, hanno
superato i disaccordi coniugali. In un momento di strano abbandono, di
vagheggiamento del passato, egli ha mandato a Colomba, vedova con prole, un
biglietto di auguri. Ciò li porta a un incontro struggente, edificante, perché
entrambi frenano l'impulso del loro amore preservando onore e fede sponsale.
Tuttavia il loro eroismo anacronistico, ottenuto non senza intimo combattimento,
saprà condurli sino in fondo nella vecchia e usata integrità, sino al termine
dell'esistenza?
1974. Michele vede nell'instaurazione del
divorzio in Italia la fine d'un periodo di civiltà. Sin d'ora, il senso etico e
i preti sono permissivi verso i rapporti prematrimoniali e l'adulterio. Però la
nuova morale è immorale.
Assistiamo alla scena di Filippo e Manno, i
figli universitari di Ambrogio, in auto sulla superstrada e diretti a Nomana.
Il traffico è intenso, la campagna è scomparsa, il paesaggio appare snaturato,
ma i ragazzi ci sono cresciuti e non lo sanno. Anche al villaggio, le nuove
costruzioni internamente confortevoli e di varia foggia, alcune stravaganti, di
cattivo gusto, predominano avulse dal vecchio borgo rimpiccolito, e alterano lo
sfondo stagliandosi sulle care montagne.
Filippo vivace, estroverso, frequenta la
Statale; Manno la Cattolica. I giovanotti discutono sui temi attuali.
L'università pubblica è un caos. Alla Cattolica non va molto meglio. Manno si
batte con Michele per il referendum sul divorzio, perché la legge divorzista
sia abolita. I politici democristiani tradiscono la loro insofferenza nei
riguardi del movimento antidivorzista. All'ateneo fondato da padre Gemelli, dal
Gemellone quasi sopportato dai genitori, il preside di facoltà Apollonio cacciò
via una professoressa ripristinando un certo ordine. Prima di morire, ormai critico
emarginato, scrisse intorno al "mondo cattolico infrollito". Manno
confida nella vittoria, sebbene nella sua università agli oratori contrari al
divorzio sia impedito di tenere conferenze. Filippo, detto Popi, accetta invece
la qualifica di "qualunquista".
L'Italia sta andando a rotoli nei costumi e
nell'ordine pubblico. Borghesi e rossi associati per ottenere il divorzio,
quando il successo dei cattolici potrebbe segnare l'inversione di rotta degli
italiani.
A Nomana emergono i figli contestatori,
indocili verso papà e mamma, emerge la droga. Il ragazzo di Pieretto, dopo aver
lasciato il seminario, ha partecipato a cortei di protesta, ha bruciato
macchine. Il prete del paese, che dirige un giornale progressista, prende le
sue difese, lo tiene partecipe alla redazione. I progressisti bazzicano un bar
nel centro dell'abitato, come fosse casa loro. Sono per i comunisti del
Vietnam, contro l'imperialismo americano, che continua dopo l'evacuazione
dell'esercito dalla penisola vietnamita.
Qui, ci manca l'accusa rivolta al liberalismo
anglosassone, formulata dal cattolico avveduto. Invece è azzeccata la diagnosi
che individua il plagio attuato dagli organi d'informazione e dai centri
culturali, conquistati per mezzo della via tracciata da Gramsci alla politica
comunista. Gli stessi cristiani avrebbero distrutto la loro civiltà e infine la
fede, avviando l'ateismo. Un processo europeo, che si diramava dalla Francia.
I seminari si svuotano. Il benessere
succeduto alle ristrettezze del dopoguerra, tuttora perseguito, tiene la gente
inquieta e scontenta. Si riaffaccia la crisi dovuta all'aumento dei salari e
alla chiusura di fabbriche. Michele costata il tradimento delle Acli e dei
sindacati, l'ignavia di un clero inerte. In regioni come la Valtellina, dove
egli si reca a tenere comizi, i cattolici tralignano in buona fede. Ci sono
tanti qualificati campioni dell'illuminismo, che coprono - naturalmente a fin
di bene - i crimini comunisti.
A questo punto giunge lo sproposito. In
seguito allo smascheramento del mondo comunista, allorché sarebbero state
rivelate le stragi e le guerre tra paesi e genti marxiste, ci sarebbe stato un
risveglio cristiano, cui avrebbe contribuito il vigoroso papa polacco. E il
Corti osserva che "sarebbe stato proprio lo scossone della sconfitta nel
referendum sul divorzio a costituire il principio del risveglio".
Purtroppo la realtà storica dice altro, dice
ancora una volta che un albero cattivo (l'albero italico era senza dubbio
troppo deteriorato, abbisognava di un radicale risanamento) non può produrre
buoni frutti.
Inoltre non si sarebbe più trattato di
comunismo. Il procedimento della dissoluzione anticattolica avrebbe mirato
altrove, essendo rilevato da poteri dissimulati, plutocratici, per i loro
interessi.
Piero Nicola