La gongolante frenesia dei buonisti
di risma atea e/o conciliare, esaltazione chimerica, che applaude la
disgraziata invasione islamica in atto, suggerisce una visita alle tossiche,
nascoste e lontane fonti dell'ecumenismo spurio, oggi in rovinosa e
incontrollata circolazione tra le macerie del comunismo e/o nei circoli
cattolici ubriacati e intossicati dalla teologia avventizia, declinata dal
modernizzante clero di Germania.
Plauditore della rivolta islamica contro
l'Occidente cristiano, in quel tempo rappresentato (non felicemente, a dire il
vero) dal governo francese, fu (curiosamente) il pensatore nichilista Jean Paul
Sartre, il quale, approvò e lodò l'azione terroristica del Fronte di
liberazione algerino, quale legittima insorgenza contro la civilizzazione
europea, a suo parere incapace di interpretare fedelmente i luminosi principi dell'umanesimo socialista.
L'approvazione del terrorismo islamico si
legge a chiare lettere nella prefazione di Sartre al saggio di Henri Fanon, I
dannati della terra, apologia della rivolta algerina, un testo edito da
Einaudi in Torino nel 1961.
Sartre apprezzava e lodava il terrorismo
algerino quale rivolta contro la colonizzazione civilizzatrice avviata dalla monarchia
cattolica nel 1831.
Secondo l'estremo esponente della sinistra esistenziale,
i terroristi islamici rappresentavano la versione islamica del partigiano
libertario, che uccidendo l'invasore ottiene un doppio, magnifico risultato:
“un uomo in più [l'assassino] e un oppressore in meno”.
Uccido, dunque sono uomo. Un Cartesio furente
e sanguinario corre nelle righe di Sartre. L'orizzonte della sua
filosofia è l'omicidio sociale, che genera la libertà senza aggettivi e
senza reali prospettive.
Sartre ha coniugato la volontà di potenza con
l'odio di classe e con il risentimento
del terzo mondo. Se non che la rivoluzione esistenzialista da lui
promossa naviga nelle acque nere della negatività assoluta.
Sotto questo profilo la lettura dell'opera
teatrale Il diavolo e il buon Dio, si legge quale manifestazione della
tendenza, dominante nel pensiero post-moderno, a traslocare il trucido
nichilismo di Nietzsche sull'esausto carro della rivoluzione marxiana.
Sartre contempla nell'uomo la marionetta di
una passione inutile. La rivoluzione nei suo scritti è destinata a naufragare
nelle acque sgorganti dalle ferite dell'essere.
Ambientato nella torbida Germania del XVI
secolo, Il diavolo e il buon Dio, mette in scena Goetz, l'eroe dialettico,
che raduna in sé le insanabili contraddizioni dell'essere.
Capitano di ventura, Goetz è inteso alla
repressione delle rivolte contadine, un atto di feroce giustizia, che si
appresta a compiere dopo aver disatteso le suppliche delle sue potenziali
vittime.
Se non che a contrastare il disegno di Goetz
insorge Heinrich, un prete che gli dimostra l'inutilità della ferocia
quantunque ispirata dalla giustizia e perciò induce il guerriero a scommettere
sulla buona causa.
Ammaliato dalla teologia di Heinrich, Goetz
rinuncia a condurre la guerra contro gli insorgenti, distribuisce le sue terre
ai poveri e con essi fonda una Città del Sole.
Se non che la Germania è intossicata da
opposti e invincibili furori: nel loro cieco turbinare il pio disegno
della Città del Sole si capovolge in una rivolta insensata e sanguinaria.
Sconfitto Goetz si reca all'incontro con
Heinrich, al quale manifesta le conclusioni suggerite dalla sua esperienza: Dio
non si allea con gli operatori del bene, pertanto l'uomo è solo di fronte
all'enigma del male.
Il sacerdote contesta l'opinione di Goetz, il
quale reagisce uccidendolo: la conclusione del dramma dimostra che sopprimendo
il testimone della fede in Dio l'uomo può diventare padrone del proprio
destino.
Discendente ultimo dell'eroe nietzschiano,
Goetz incarna la volontà di eliminare i credenti al fine di instaurare il regno
dell'uomo assoluto.
Se non che l'orizzonte della filosofia
sartriana rappresenta l'uomo quale passione inutile. La rivolta contro
la religione è pertanto fine a se stessa. L'opera di Sarte svela l'orizzonte
nichilista della rivoluzione impotente.
Non è lecito, tuttavia, sottovalutare la stima
che Sartre (e al suo seguito gli orfani della rivoluzione comunista) nutrono
nei confronti della insorgente e oggi sbarcante dottrina maomettana.
Nella dottrina di Maometto il resto
dell'umiliata e sbandante modernità contempla e ammira una fede sensuale,
appiattita sul progetto inteso unicamente ad abbattere l'odiata civiltà
cristiana.
Sartre ha concepito la tecnica del trasbordo dell'esausta modernità sulla
nave islamica, ultima occasione offerta al desiderio di perpetuare la
rivoluzione moderna. Desiderio che è purtroppo alimentato dalla complicità di
un clero pseudo ecumenico, ubriacato dal buonismo.
Piero Vassallo
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