In
questi giorni Daniela Pasqualini, giovane e brillante pedagogista toscana, ha
pubblicato, nella collana "faretra", dell'editore Solfanelli in
Chieti, "Giuseppe Bottai e la Carta della scuola", un saggio, che rievoca fatti e idee che eclissano i
giudizi degli storici liberali e conformisti sulla cultura del ventennio
fascista.
Imprigionati
e coatti dalle dogmatiche parentesi di Benedetto Croce, gli storici di
regime hanno prodotto e imposto l'immagine di un politica ventennale impegnata
in una feroce guerra contro la cultura e la storia italiana.
La
puntuale revisione della Pasqualini, invece, dimostra che la pedagogia di
Bottai, rappresentò il tentativo di costruire un ponte tra il passato e il futuro
della patria italiana, coniugando le aspirazione dell'emergente e impaziente
proletariato con i diritti inalienabili della tradizione cattolica.
L'arduo
progetto di Bottai, fascista anomalo e geniale, intendeva di stabilire una
continuità tra l'Italia del passato e l'Italia delle avanguardie, e perciò fu
demonizzato dai seguaci dell'affossatore Croce.
Il
filosofo di Pescasseroli fu un passatista, autore del battesimo liberale
dell'Italia e promotore dello spaccio di
quella filosofia a due, equivoche piste, che è consegnata al saggio "Perché
non possiamo non dirci cristiani".
La
predicazione di Croce causerà l'inciampo dell'abbagliata Democrazia cristiana,
prima di rovesciarsi nelle disgraziate e scellerate riforme libertine:
legalizzazione di pornografia, divorzio e aborto. Conquiste incivili, che hanno
infangato la repubblica italiana e spianato il cammino all'alluvione tossica, sodomitica, gomorrita
e thanatofila.
Sul
versante opposto a quello del guru a due teste, Bottai, dopo aver
accertato che il liberalismo non aveva funzionato, affermava che le cicliche
crisi dell'economia "si potevano risolvere attraverso l'unione di
capitale e lavoro, unione che è diretta conseguenza del principio corporativo
pienamente applicato".
Nell'ultimo
numero della rivista "Primato", in edicola il 15 luglio del
1943, Bottai, vinta ogni remora, scriveva: "Rivendichiamo una
responsabilità storica fondamentale: quella di aver fatto venire alla luce, con
il corporativismo, una profonda revisione etico-organizzativa del sistema
capitalistico nell'interno degli Stati e nella società internazionale. ... La
corporazione, proposta nel 1931 alla Società delle Nazioni come modello di
collaborazione tra le classi e le nazioni, era ed è la leva per spingere
l'ordine capitalistico verso gli inevitabili nuovi orizzonti, intravisti sia
dall'economia che dall'etica".
Conforme
alla dottrina corporativa, la riforma della scuola ebbe un indirizzo popolare e
perciò divenne l'oggetto di una profonda
intesa tra regime fascista e Chiesa cattolica.
Lo
rammenta Pasqualini: "Bottai
intende riportare in primo piano l'educazione scolastica, rispetto a
quella politica, e rivalutare la politica della famiglia, intenzione ampiamente
condivisa dalla Chiesa".
Pasqualini
sottolinea altresì la profondità dell'analisi compiuta da Bottai della realtà
familiare nella società industrializzata e rammenta che le organizzazioni
giovanili fasciste, a differenza di quelle fondate dai sovietici e dai nazisti,
"erano pensate non per prendere il sopravvento sulla famiglia ma per
integrarsi con il lavoro educativo compiuto dalle famiglie operaie nel momento
in cui queste fossero impegnate nel lavoro. ... La posizione assunta dal
fascismo, infatti, è proprio quella di rafforzare la conoscenza del cattolicesimo
attraverso lo studio"".
Con inusuale audacia,
Pasqualini viola la legge che definisce "infrequentabili" gli
archivi, il contenuto dei quali smentisce e ridicolizza l'imperiosa dottrina
crociana, che rappresentava un'incivile e vuota parentesi incivile della
durata di vent'anni.
La faticosa ricerca
compiuta dalla sagace studiosa toscana rivela una notizia, che giustifica la
storiografia proibita dai poteri forti e incoraggia la revisione del
giudizio formulato dagli intellettuali
immobilizzati dal vieto pregiudizio storicistico: "La
Carta della scuola è il frutto di numerosi scambi segreti con il Vaticano per
tramite del Cardinale Tardini, perché Bottai sa che per riformare in senso
gerarchico e sistematico il mondo dell'istruzione è necessario l'appoggio delle
istituzioni ecclesiastiche, che storicamente detengono un importante ruolo in
campo educativo".
Inoltre
Bottai introdusse nella scuola l'ora di lavoro manuale, allo scopo di far
comprendere agli scolari la difficoltà e la nobiltà della fatica finalizzata
alla trasformazione delle materie prime e di far sperimentare la simultanea
edificazione e nobilitazione del lavoratore.
La
coraggiosa impostazione della riforma scolastica, puntualmente ricostruita da
Pasqualini, aiuta a comprendere le ragioni dell'intesa stabilita, nel
dopoguerra, da Bottai con il movimento dei cattolici, critici della Dc e
insofferenti dell'ideologia liberale infiltrata nella cultura cattolica.
I
protagonisti dell'opposizione al liberal-progressismo si incontravano nella sede
di Civiltà italica, la rivista di
Mons. Roberto Ronca e di Luigi Gedda, nella cui pagine pubblicavano
articoli di altri illustri epurati, Camillo Pelizzi, Guido Manacorda, Edmondo
Cione e Vanni Teodorani.
Gli
studiosi attivi nella sede di Civiltà italica e in seguito nella rivista
di Bottai, Abc, disegnavano le figure di un partito di autentici
moderati e di un movimento di convinti post-fascisti, due organizzazioni
concordemente indirizzate al futuro in quanto capaci di stabilire un'alleanza
patriottica finalizzata a riannodare quel filo della tradizione italiana, che
l'errore liberale aveva spezzato.
Il
disegno politico, concepito da Bottai e dai redattori di Civiltà italica
e condiviso (nel 1954) da Amintore Fanfani, fallì a causa dell'ostinata
e miope opposizione dei nostalgici scalpitanti nel Msi.
L'improvvido
rifiuto degli estremisti Almirante e Rauti avviò la politica italiana spianò la strada
all'anacronismo storicista e laicista. E liquidò il progetto di sostegno alla
famiglia, nucleo vitale della società, sostegno concepito e avviato dalla
riforma della scuola secondo Bottai
Il
saggio di Pasqualini, pubblicato in una stagione politica segnata dalla
perfetta estinzione del partito neofascista e dall'affondamento democristiano
nelle acque dell'internazionalismo cravattaro, costituisce un invito
alla riapertura dei coraggiosi ragionamenti avviati da Bottai intorno alla
politica intitolata alla moderazione, virtù che ha una stretta parentela con la
classica prudentia.
Piero Vassallo
Piero Vassallo