L'autorevole
Etienne Gilson ha stabilito che “il motivo per cui il metodo idealistico
porta al suicidio della filosofia come
conoscenza specifica sta nel fatto che esso imprigiona la filosofia in una
inestricabile serie di contraddizioni interne, il cui esito finale è lo
scetticismo, inteso come suicidio liberatorio” [1].
L'irresistibile discesa della filosofia di
matrice illuministica nello scetticismo e nel delirio sessantottino ha sedotto
la setta neo-modernista, trascinandone la esausta teologia nelle sabbie mobili
del postmoderno.
Risposta ipocrita al presunto “trionfalismo”,
la rispettosa e servile flessione davanti alla esangue post-modernità ha
affumicato e depistato la mente debole dei progressisti cattolici e li ha
infine appiattiti sulla figura – comicamente
surreale – dell'esoterista, che colleziona sontuose bazzecole neo
gnostiche.
Insensibile agli avvisi e agli allarmi gridati
dai pensatori refrattari al delirio moderno e
postmoderno e perciò militanti nell'avanguardia attiva nella luce della
dottrina tomista [2], un'abbagliata frazione della
gerarchia cattolica, quasi ignorando la radice volontaristica della filosofia volatile
dopo Cartesio, confonde, con tenacia degna di miglior causa, le celesti
acrobazie dei marchingegni fabbricati dalla tecnica astrale con le estenuate e
confuse elucubrazioni dei pensatori atei attivi nel deserto occidentale.
L'obliqua confusione intorno ai diversi
emisferi della modernità, genera un'imperterrita e quasi comica
baldoria, in onore del creduto inarrestabile
progresso del razionalismo ateo.
Intossicati dalla cieca lettura del pensiero
postmoderrno, i turbamenti ecumenici e i sogni modernistici strisciano nei
testi squillanti di una teologia prigioniera inconsapevole delle nebbie
francofortesi e dei fumi californiani cioè depistata dalla snervante mitologia
intorno all'inarrestabile ascesa del pensiero moderno.
Al seguito delle convinzioni di un clero
disinformato e stordito dal concerto orchestrato da banchieri cogitanti,
passano indenni e indisturbati i deliri postmoderni, squittii di topolini
ubriachi, in fuga rovinosa dalla montagna hegeliana.
Assordata dal fragore prodotto dalla caduta
della modernità, una sezione non piccola della teologia da palcoscenico ha
disconosciuto e sconsigliato l'insegnamento di San Tommaso d'Aquino e di
conseguenza ha perso di vista la superiorità della nobile tradizione filosofica
sulle escursioni postmoderne nel vuoto mentale e/o nel proclama dell'avanguardia
urlante che “vivere è far vivere l'assurdo”
Al proposito l'autorevole e dotto Antonio Livi
ha rammentato (forse inutilmente) che “si oppongono al cristianesimo quegli
ambienti culturali … che per motivi ideologici hanno adottato l'immanentismo,
il quale, peraltro, deve il suo prestigio e la sua influenza, non tanto alla
incontrovertibilità delle sue tesi (a cominciare della necessità di praticare
il dubbio iperbolico) quanto alla possibilità di servire da copertura
ideologica per operazioni politiche finalizzate alla demolizione della
cristianità e alla edificazione di una civiltà neopagana” [3].
L'ideologia degli oligarchi ultimamente è al
servizio di una politica malthusiana, sapientemente gestita da sodomiti
d'alto rango e da strozzini senza religione e senza patria.
Frastornata dall'urlo della demenza televisiva
e sedotta dal serpentino sibilo dei corsivisti di scuola esoterica, la mente
degli ecclesiastici progressivi diventa incapace di ripetere le parole di fuoco
che la Sacra Scrittura indirizza agli usurai, ai sodomiti, agli adulteri e ai
tiranni.
Da tale diserzione ha origine l'estenuante
girotondo delle mezze aperture al disordine postmoderno e delle mezze
ritrattazioni, lanciate dall'alta, disinvolta cattedra del teologicamente corretto.
Di qui, purtroppo, anche la (pseudo)
ecumenica/incauta approvazione di un flusso migratorio, gestito dalla volontà
di potenza infuriante nella falsa teologia degli islamici e benedetto dal
devastante delirio onusiano & vaticano.
A questo punto solo la liquidazione delle
grottesche illusioni fiorite nel sottobosco
clericale e nelle adunate sincretistiche di Assisi, e la coraggiosa
revisione dei polverosi testi conciliari, che hanno ispirato le teologiche manfrine
in atto perpetuo sul palcoscenico clerico progressista, potrebbe scongiurare lo
scisma incubante nella vasta area della refrattarietà alla nuova teologia.
Ove la corsa ecclesiale nella cieca direzione
della comica finale, non fosse frenata dalla gerarchia pensante, sarebbe
inarrestabile la ricerca di un riparo dal delirio teologico nella chiesa
ortodossa, vivente e fiorente nella Russia di Vladimir Putin.
Piero Vassallo
.
[1] Etienne
Gilson, Il realismo metodo della filosofia, Casa editrice Leonardo da
Vinci, Roma 2015, pag. 168.
[2] Alla nobile schiera degli irriducibili alla
suggestione modernista appartengono Réginald Garrigou Lagrange, Edith Stein,
Francisco Elias de Tejada, Pedro Galvao de Sousa, Cornelio Fabro, Etienne
Gilson, Augusto Del Noce, Maria Adelaide Raschini, Dario Composta, Danilo Castellano,
Paolo Pasqualucci, Giulio Afano, Roberto De Mattei, Guido Vignelli, Pucci
Cipriani, Tommaso Romano
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