Per ragioni nascoste ai profani, l’obbligo del
silenzio politicamente corretto è
sceso su don Di Noto, il coraggioso sacerdote siciliano, che osò denunciare le
sordide ma potenti complicità, delle quali gode l’intoccabile racket internazionale dei pedofili.
La
pedofilia, frutto ultimo e sovrano della rivoluzione sessuale, è una pratica
circondata e protetta dal fumo sacro prodotto dai riti neopagani e dalla pia nebbia, quella che il
giornalismo impegnato & intelligente sta facendo scendere sugli
orrori democratici del Forteto.
Il
riferimento ai misteri sacri è appropriato: la trionfale avanzata del racket segue il percorso iniziatico
suggerito dai libri fraterni, che illuminano i salotti nei quali si
delibano oscene squisitezze.
Si
comincia dagli esercizi spiritualisti raccomandati dai maestri
del tantrismo tibetano (riti dei quali Roberto Dal Bosco ha narrato le mistiche
nefandezze) e, attraverso festini drogastici, pasticcini, spruzzi ributtanti e
giochi con fruste e manette, si arriva al sacrificio degli innocenti.
L’orrore
iniziatico è tale (lo ha rivelato a suo tempo una inchiesta della polizia
romana) che i maestri e i fratelli
terribili, per tenere lontani gli indiscreti, hanno steso una rete politicamente
corretta intorno al sacro e stimato vizio.
La
corruzione dell’infanzia è un delitto orrendo, che invoca una reazione più
forte della paura, una collera capace di elevarsi sopra le soffici righe dei
bollettini ministeriali e delle respecteuses
esternazioni di religiosi
ultra-buoni.
Le
delicate censure e i democratici rispetti non possono occultare la
vergogna, quando perfino investigatori da tempo assuefatti alle atrocità del
crimine, si sono dichiarati atterriti dalle confessioni dei pedofili, che
svelavano la complicità del potere culturale (intitolato al progresso) con il
sottosuolo del vizio.
Nei
primi anni del nuovo millennio, gli agenti della polizia del Granducato
lussemburghese, hanno consegnato ai redattori della rivista “Investigateur”,
il testo autografo della confessione resa loro da Jean-Marie Kloppe, un
pervertito che prese le distanze dal racket
decidendo di svelare i retroscena di un’organizzazione criminale per la
corruzione e la devastazione dell’infanzia.
Il
memoriale di Kloppe, un testo di quaranta pagine, è in larga misura la
descrizione di oscenità bestiali e
sconvolgenti e perciò non riferibili.
I pochi
brani che si possono citare sono tuttavia sufficienti a tracciare il profilo
terrificante di una guerra dichiarata dai poteri del sottosuolo contro
l’innocenza e l’integrità psichica dell’infanzia.
Kloppe,
infatti, dichiarò di essere entrato in contatto con un autorevole e misteriosa
personalità della cultura tedesca (nel testo della confessione indicato con lo
pseudonimo Patrik Colombo), il quale lo indirizzò ad una organizzazione del
volontariato (l’Indiannerkommune di
Norimberga) costituita legalmente per
fornire assistenza morale ai tanti
fanciulli tedeschi, che sono protagonisti di fughe dalla famiglia.
"La quasi totalità degli educatori impegnati
nell’Indianerkommune”, ammise Kloppe, “erano
pederasti. Essi avevano strette
relazioni con gli intellettuali pederasti della sinistra tedesca, e mettevano a
loro disposizione i giovani fugueurs convinti a subire relazioni sessuali con
gli adulti”.
Il
disagio delle famiglie scismatiche costituisce il terreno ideale per i lupi solitari che praticano la caccia
pederastica.
Kloppe
descrisse una scena disgustosa, nella quale il volontariato e la cultura
sedicente progressista, approfittando dei danni prodotti dalla sciagura del
divorzio, si alleano allo scopo di corrompere l’infanzia disagiata e
devastarla, con effetti forse irreversibili.
Nel
memoriale, Klopp alzò il sipario anche sulla spaventosa scena dell’assistenza
all’infanzia latino-americana (un terreno di caccia privilegiato per gli autorevoli
pederasti europei) e su quella raggelante (ma già parzialmente nota) degli
affidi di fanciulli dell’Est europeo a famiglie occidentali “aperte”.
L’orizzonte ultimo e più abbietto del vizio
pederastico è la religiosità neopagana, esibita con orgoglio sfrontato dal
criminale indicato con il nome Patrik Colombo.
Klopp
raccontò che durante un festino, Colombo uccise senza alcuna ragione un gatto
(“Patrik era nudo, uccise un gatto a coltellate, e si esaltò sul
carcassa dell’animale”). E al culmine del raptus sadico confessò che in presenza dei fanciulli era scosso dal
desiderio di uccidere: per lui l’uccisione rappresentava il culmine dell’amore
e del possesso.
“Diceva che il fanciullo ucciso in queste
circostanze sarebbe il segno della sua potenza perfetta, Egli non voleva
trasmettere la vita a un fanciullo tramite l’atto naturale con una donna [il
ne voulait pas donner vie à un enfant par l’acte d’amour avec un femme, il s’en
sentait viscéralement incapable] ma
desiderava prendere, togliere la vita a
un fanciullo, cosa che, ai suoi occhi, sostituiva degnamente il dono la vita”.
Una
vasta area dell'effervescenza & della demenza culturale ha rifiutato
caparbiamente di vedere il nesso tra la pederastia, il delirio nichilistico e
il delitto.
Il
memoriale di Klopp, svelando il volto disumano e propriamente satanico
dell’iniziazione pederastica, avrebbe dovuto cancellare il sorriso della stolta
indulgenza, che è scritta sulla pelle d’asino degli autorevoli e pii
tamburini.
Si
spera che la memoria delle desolanti rivelazioni di Klopp spengano gli ardori
giustizialisti laici (e purtroppo anche religiosi) delle autorità che che si
sono espresse a favore della famiglia pederastica.
Piero Vassallo
Mostruoso, a dir poco.
RispondiEliminaNon a caso nel "Forteto"sono coinvolti quei partiti che hanno sempre lottato contro la famiglia tradizionale e numerosa.
Congratulazioni per il bel blog.