Gli
atei di tarda ed estenuata scuola illuministica sono alla proverbiale canna
del gas. Il trascinante, equestre delirio dell'infelice Nietzsche a
Torino ha costretto il Moderno a rovesciarsi nell'età postmoderna ovvero a
rigettare il mito del paradiso in terra. La Rivoluzione si è tuffata nell’ebbrezza coribantica, incuboso
squilibrio, che mette in scena lo scorrere perpetuo di una dolente/estenuante
folla di piaceri senza ragione e senza delizia.
L'incendiario
delirio di Nietzsche ha seminato una invincibile angoscia nel cuore gongolante
(gay) di Herbert Marcuse, ultimo profeta, trombettiere terminale dell’Utopia,
che discendeva dalla solenne Germania di Lutero & Hegel e dalla
fatua Francia di Voltaire & De Sade.
Plagiato
dal nichilismo in veemente festa nelle pagine di Marcuse, il popolo
sessantottino ha lanciato il grido finale di una ribellione indirizzata al
cocente disinganno: frutto della rivoluzione è infine la festante malinconia
dei dissoluti.
Il
tramonto della sognata Utopia si celebra finalmente nelle
parassitarie/sanguinarie/sadiche banche di New York, la città che un tempo fu
Mela appetitosa, splendente sull'albero della rivoluzione benefica, divertente
e felice.
D'ora
in avanti l'ex modernità avanza in mezzo alle imperiose righe della bandiera
obituaria, che garrisce sui dolorosi piaceri procurati alla folla solitaria
dal quadrinomio francofortese & californiano: sodomia, droga, miseria e rock
and roll.
Lo
stordimento procurato dall'euforico e fosforescente secolo decimottavo scivola
nelle rovinose, ultime farneticazioni dei postmoderni, gaudenti prigionieri
dell'invincibile sconforto, che ha tormentato e continua a tormentare i secoli
della delusione fatale & implacabile.
I
raffinati piaceri procurati dalla scienza degli illuminati naufragano infine
nel rozzo tripudio degli atei,
teologizzanti nel salotto crepuscolare: il raffinato, prezioso cinismo di
Voltaire flette nella chiacchiera ruvida e cimiteriale dei filosofi di risulta
e nel goffo/triste consenso della fazione clericale stordito e ubriacata dai
doppi sensi del Vaticano II.
Un’umiliante
metamorfosi riduce i sacri testi dell’illuminismo alle scolorita figure del
coriandolo (a)teologico in triste/pia caduta nel cimitero delle illusioni
intorno al progresso infinito.
Edmondo
Coccia, erudito romano versato nella scrittura ironica e graffiante, ha
pubblicato nella collana di Fede & Cultura, un arguto/impietoso saggio, che
batte in breccia e ridicolizza I nipotastri di Voltaire
narrando le teologiche capriole dell'estenuato pensiero post moderno.
Coccia
svela, anzitutto, la opaca gratuità del soporifero romanzo pseudo teologico di
Dan Brown, feticcio delle folle ubriacate/disarmate dal delirio teologico e/o
dalla vacanza umanitaria dei nuovi preti.
Senza
peli sulla lingua Coccia stronca e ridicolizza l'autore del Codice Vinci, opera
narcotica di un volgare pataccaro, che spinge oltre il qualunque limite
i suoi giochi interpretativi "che raggiungono il parossismo, con
trasposizioni e arbitrari spostamenti di figure e soprattutto con la
transessualizzazione della figura di Giovanni, presente in ogni Cenacolo della
tradizione iconografico riscontrabile in qualsiasi manuale di storia
dell'arte".
L'enorme successo
ottenuto dal labirintico feuilleton, che propone un'inverosimile,
cervellotica interpretazione dell'ultima cena dipinta da Leonardo da Vinci e
inventa una teologia a fumetti pederastici, rivela, purtroppo, la vulnerabilità
dei lettori (e degli spettatori) cristiani.
Il
successo della letteratura demenziale, a ben vedere, è frutto dell'abbandono in
cui si trovano i laici, istruiti da catechisti chiacchieroni ecumenici, che
oscillano rovinosamente tra l'abbaglio sincretista, la perfetta ignoranza della
teologia tradizionale, gli strilli martiniani di Vito Mancuso, la sospensione
modernistica del giudizio sulla pederastia e sull'eresia, le sentenze del
Perdonista in sommo ed ecumenico volo.
Una
strana luce sui cunicoli nei quali Brown fa correre le parole in uscita
incontenibile dal suo stralunato vocabolario è la filastrocca che recita:
"Sangreal ... San Real ... San Greal ... Sangue reale ... Santo
Graal". Commenta Coccia: "Evviva! Bingo! Il Santo Graal non è
un calice, non è una coppa, ma è l'utero di Maria Maddalena in cui venne
concepito il/un figlio di Cristo, che avrebbe dato origine alla dinastia
medievale dei Merovingi!"
Chi tenta di sapere a
quale tenebroso sortilegio si deve
attribuire lo strepitoso successo di un libro da cassonetto quale Codice
Vinci, deve cercare nelle rubriche intelligenti e rapinose prodotte
dalla cultura di massa, il cui vertice, in Italia, è occupato dal
piramidale/pomposo salotto televisivo del vaselinoso ateo Corrado Augias.
Il noto
presentatore televisivo, infatti, attribuisce il carattere di un segno
mistico (la firma santificante del
consenso di massa) alle strepitose vendite del libro di Dan Brown: "Come
spiegare decine di milioni di copie vendute per un thriller tutto sommato modesto?"
Il
sospetto che il successo di un libro sciocco e volgare sia dovuto al deficit
immunitario di una folla intossicata dai bagliori cadaverici della modernità
non sfiora l'imperterrito Augias.
L'ateismo
di Augias a ben vedere è parente prossimo delle tesi modernistiche intorno
all'insanabile conflitto che opporrebbe la storia alla storia sacra: "Possiamo
avvicinarci alla sua [di Gesù Cristo] immensa figura e tentare di
conoscerlo com'era prima che scomparisse sotto la coltre fitta della teologia.
... Sono convinto che la ricerca storica non compromette la fede, ma neppure
obbliga a credere. Certo., a volte mette in crisi alcuni aspetti dell'immagine
confessionale di Gesù, ma questo porta a una riformulazione della fede più che
a una sua negazione".
Dan Brown sta sulla
nuova frontiera del modernismo. Opportunamente Coccia osserva che
l'esegeta di Brown, Augias si ritiene anche autorevole interprete della Bibbia.
La sua sicumera avanza fino al punto in cui sembra lecito paragonare la
divinità di Gesù a una leggenda insinuata in un testo che afferma il contrario:
"La nascita in Betlemme diventa un dato teologico più che biografico.
... Nato da una vergine? Come spiegare, al di fuori di un'obbedienza dogmatica,
una tale assurdità? A dispetto del fatto che in più punti i vangeli parlano dei
fratelli e delle sorelle di Gesù?"
Augias
finge di ignorare che, per i contemporanei di Cristo, fratelli erano anche i
cugini e volando sulle ali della filologia televisiva realizza l'appropriazione
indebita dell'autorità religiosa e legittima il temerario disegno di
capovolgere e affondare in uno scetticismo da telebar le storie narrate
dai Vangeli e confermate dalla Tradizione.
Non si
può tuttavia nascondere la derivazione dell'insolenza degli atei dalla
colpevole debolezza con cui l'autorità cattolica, non più immune dalla
suggestione modernista, difende le verità rivelate.
Nel
1971 Joseph Ratzinger sosteneva che le suggestioni del progressismo "facevano
sembrare a dei vescovi imperativi dell'attualità e inesorabile linea di
tendenza, deridere i dogmi e addirittura lasciare intendere che l'esistenza di
Dio non potesse darsi in alcun modo per certa".
Il
qualunquismo clericale ha preparato "tempi molto difficili per la
Chiesa" e ha
incoraggiato le acrobazie verbali
degli atei, che si sentono protetti dallo scudo ecumenico. Di qui il miracoloso successo di romanzi,
saggi e spettacoli culturali demenziali prima che blasfemi, che sono concepiti
per avvelenare le pecore abbandonate e tradite dai pastori.
Piero Vassallo
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