Il saggio
ammonimento in medium stat virtus lascia
il tempo che trova, è indicato entro un normale status quo, dove buon senso e dirittura vengono onorati e ripagati.
A Roma repubblicana la massima potestà era
commessa ai due consoli; ma quando compariva uno stato di emergenza, si
nominava il dittatore. Che c’è da ridire? Il paziente sotto cura (il consorzio
civile è metaforicamente tenuto in piedi da una legislazione medica e da
sanitari che l’applicano) correndo il rischio di aggravarsi, necessita dello
specialista e del ricovero.
Adesso navighiamo tra gli scogli, sconquassati
e traumatizzati. Ci vuol altro che i rimedi pei comuni scompensi di salute!
Alcuni capi politici si sono resi conto
dell’impossibilità di governare efficacemente e del bisogno di riforme
costituzionali che assicurino all’esecutivo il sostegno d’una stabile
maggioranza parlamentare. Formalmente, si comporrebbe di eletti che approvano
l’incarico di Presidente del Consiglio conferito ad un prescelto dal Capo dello
Stato, e che lo mantengono per cinque anni (periodo congruo). Si tratta di fare
rispettare le leggi e anche di legiferare pro
tempore (decreti legge), mentre, in parlamento, la medesima maggioranza
legifera. Ne consegue che l’accordo tra deputati e senatori col Capo del
governo dovrà essere unanime per svolgere una stessa politica; e così potrà
avvenire, essendo il primo ministro, come già succede, il segretario del
partito principale, da cui dipende la maggioranza legislatrice. Allora, sarebbe
meglio che la Camera e il Senato avessero un’autorevole funzione consultiva e
propositiva, anziché attuare, di fatto, una mera esecuzione di disposizioni
emanate dal partito.
I grillini hanno cercato di gridare al colpo
di mano autoritario concepito da Renzino e Berlusca. L’allarme è stato
assorbito dalla tacita censura cui aderiscono i mezzi d’informazione e,
secondariamente, dalle prevenzioni inculcate nella massa. Ha funzionato in
questo caso, tra i diversi in cui la realtà alzerebbe la testa, il tirannico
meccanismo composto di libertà false e corruttrici, di corruzione controllata
per la miseria morale e materiale, di plagio e duro asservimento, cui fa da
sponda una religione pervertita.
In
pratica, il sistema progettato da Renzi e Berlusconi - a prescindere dal
cattivo uso che ne farebbero - equivarrebbe a una dittatura rinnovabile. Se
essa fosse svigorita dalle fazioni partitiche in disaccordo, dall’uso politico
della magistratura, da un’interferenza indebita esercitata dal Capo dello
Stato, se fosse alla mercé dei poteri forti nazionali e sovranazionali europei,
e dei più potenti stranieri, tutto ciò non toglie che si ritiene indispensabile,
per uno Stato efficiente, un regime che vale una dittatura.
Non sono d’accordo specialmente i babbei, gli
infrolliti o gli avventurieri, i quali si riempiono la bocca con la democrazia
e col dialogo, considerati toccasana.
Condizionarsi a vicenda, spartire la potestà, confrontarsi, ascoltare le
opposte opinioni, convinzioni, ragioni, sarebbe la panacea, arricchirebbe le
menti, aiuterebbe a crescere, a risolvere. Fanfaluche. La giovevole moderazione
non è questa.
Ma fa funzionalità occorrente non basta.
Serve sottostare alla riconosciuta vera filosofia.
Il dialogo,
nel migliore dei casi, significa compromesso. Si fanno compromessi accettabili
nella rettitudine e condividendone i principi. Con l’iniquità prepotente e la
fraudolenza il compromesso non paga. Sicché l’ordine democratico dei poteri che
si controllano e limitano l’un l’altro avrebbe qualche possibilità di successo
sottostando a una costituzione che esattamente piacesse a Dio, mettendo al
bando ogni legge immorale. La meta, nella presente situazione, è affatto
chimerica.
In genere, il dialogo si risolve in una recita da cui gli intervenuti intendono
trarre vantaggio. Tuttavia ha la meglio il più forte dei dialoganti; e non ne
sortisce ombra di miglioramento, data la risma cui appartiene il più forte. Che
essi si parlino e trattino così, mostra le relazioni rispettose fra il meno
peggio e il peggio, ovvero l’inganno in cui casca il migliore, che credeva di
ricavarne un vero beneficio. Però il migliore resta tale soltanto in rapporto
all’iniquo: iniquo anch’egli finché riconosce l’indegno un suo pari, finché gli
tributa la stretta di mano. E tale è la scena che si offre ovunque si volga lo
sguardo. Per ironia della sorte, gli unici che ogni tanto e in qualche regione
del globo rifiutano di dialogare, sono personaggi sforniti di verità e di
connesso buon esempio da difendere.
Il precetto religioso del dialogo – sconosciuto, prima che
aprissero bocca gli ultimi signori andati a sedere sulla Cattedra di Pietro –
questo comandamento in sostituzione del divieto di trattare coi sordi in quanto
al loro errore, propagatori della lebbra eretica, questo nuovo imperativo
consacrato, incontrastato, furbamente laicizzato dal mondo e dai preti suoi
tirapiedi, denota il deserto di virilità spirituale e di speranza.
A scanso di equivoci, lo stare in pace
dialogante, che ho descritto, non c’entra nemmeno un po’ con la scelta d’un
male minore accettato senza compiere un atto intrinsecamente cattivo, e perché
altrimenti ne verrebbe un danno maggiore. Oh no, nessuna giusta causa che
regga, per l’abiezione da cui siamo circondati e soffocati da oltre cinquant’anni!
Anche le destre non poco contraddittorie fra
di loro, con corto buon senso, con tradimenti del cattolicesimo e concessioni
al nemico che iniettano il marcio nell’albero della vita, con le loro soluzioni
realistiche, per cui dicono di non voler gettar via il bambino insieme
all’acqua del bagnetto, o timorose che il popolo non sia maturo per certe
proposte e ripensamenti, queste destre hanno perso la bussola, operano
correzioni volatili, danno una mano al liberalismo e al perdurante
capovolgimento.
Qualsiasi composizione di strutture che
trascuri la chiave della volta, il vertice unico dei riferimenti, sparge
concime nel selvaticume e tra le piante allucinogene. La stella polare è una e
una sola: il predominio incontrastato dello spirito veridico. Il buon intenditore
può capirne anzitutto l’utilità, quella delle cose integre, degli strumenti
idonei, ben temprati. Egli individuerà nella Chiesa tradizionale il fondamento,
e nel clero aggiornato la dissoluzione. Gli altri, condotti ad aderire alla
decisiva efficienza instaurata, fatta passare in una forma democratica in barba
ai contestatori, ai liberi denigratori e ai poteri ostili, finirebbero per
accogliere l’alta mira del risanamento, come sta un poco accadendo in Russia,
in Ungheria, e come forse domani avverrà in Francia.
Il disegno non sarebbe troppo campato in aria,
se nei primi partiti italiani entrassero delle brave teste intelligenti e non emergessero
dei Pierini.
Piero Nicola
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