lunedì 1 dicembre 2014

CI HANNO ROTTAMATO L’ERESIA (di Piero Nicola)

Alcuni ricordano di quando, intorno al 1969, certa gente del popolo, prendendo contatto col decisamente nuovo rito della Messa, osservò che avevano loro cambiato la Religione.
  Per l’eresia, non si è forse mutato il catechismo? A furia di dialogo alla pari, di strette di mano, di baci e di inchini reciproci con i fratelli separati, a furia di plateali riconoscimenti ecumenici, di badare a ciò che unisce lasciando perdere ciò che divide, e avendo un concilio messo nero su bianco che tutte le dottrine cristiane possiedono preziosi elementi di verità (poco importa se il loro ponte manca di selciato su alcune campate!) infine, a furia di ribattere sul diritto alla libertà religiosa, l’eresia è scomparsa dal vocabolario cattolico. Chi ha l’ardire di nominarla non merita nemmeno d’essere tollerato; con lui il dialogo è fuori luogo, come è proibito dialogare con gli omofobi.
  Ma, dovendosi mettere in non cale l’eresia e lo scisma che, connessi ai dogmi, furono millenario oggetto di sentenze e condanne di Pontefici e di Concili - eresia e scisma per forza di cose rimasti nell’ultimo Denziger-s - perché mai dovremmo prestare ascolto – tanto meno prestar credito – ai detti di un Bergoglio, che non si dà la pena di formalizzare le sue posizioni in materia di fede e di costumi, che prosegue nella liquidazione degli anatemi fulminati contro errori importanti? Egli, che si associa ai violentatori delle stesse leggi di Natura, viscidamente sottili e vani nel distinguere la dottrina immutabile dalla dottrina della pratica pastorale!
  Non dico questo per convincere me stesso e rassicurarmi, ma per i cattolici che ancora non osano confutare il maggior incurante della verità, o stanno sospesi ai dubbi amletici.
  Ciò stante, sarebbe inutile scendere nella cronaca degli ultimi atti bergogliani. Però, si sa che le cose attuali e fresche fresche hanno attrattiva, possono ben servire per passare dalle parole ragionanti alla chiara semplicità dei fatti.
  In questi giorni, colui che è venuto dall’altra parte del mondo a farsi sentire dall’alto di Piazza San Pietro, ha reso visita in terra ottomana ai capi musulmano e ortodosso. Con l’uno, nella grande moschea ha pregato; s’intende, rivolto alla comune divinità; dall’altro, cristiano, si è fatto benedire e baciare sopra la testa china.
  La formale communicatio in sacris l’abbiamo già vista operata da Giovanni Paolo II e successori (p.e. Benedetto XVI pregò con i protestanti nel tempio luterano di Roma), tuttavia a noi continua a fare un certo effetto; ed è intesa a suscitare un esito di consenso tanto fra i presunti fedeli che fra gli acattolici.
  “Colui che comunica nelle cose divine con gli eretici contro ciò che è prescritto nel can. 1250 (proibisce la partecipazione comunque attiva alla preghiera dei dissidenti) è sospetto di eresia” (can. 2316). Qui il sospetto dev’essere addirittura di infedeltà.
  Il nuovo codice del 1983 recita, pur elusivamente e rilassatamente: “Colui che è colpevole di una communicatio in sacris vietata, sia punito con una giusta pena” (can. 1365).
  Ma Bergoglio va sul sicuro: sulla strada tracciata e nella veste del comandante. Chi potrebbe censurarlo appellandosi al CJC, un codice per di più sconosciuto alla massa? Democraticamente (già Wojtyla consacrò il principio democratico) la massa ha un gran peso, il mondo ce l’ha e si sta lavorando per lui. Se qualche prelato o un isolato Socci muovono obiezioni, se i soliti anacronistici lefebvriani fanno i catoni, va bene: ci vogliono pure i passatisti per mettere in rilievo la bella marcia aggiornata, pacifica, caritatevole e progressiva!
  Davanti al patriarca scismatico di Costantinopoli, Bergoglio ha esplicitamente espresso la rinuncia al primato petrino, dicendo che le due chiese (la romana e la greca) non devono avere l’una sull’altra una superiore autorità, ma possono allearsi, unirsi ecumenicamente.
  Però a questo tradimento rispetto al condono dello scisma, va aggiunta l’accettazione dell’eresia. Occorre ricordare che la dottrina ortodossa contiene punti di eresia niente affatto trascurabili. Tra Roma e Costantinopoli c’è una notevole discordanza, soprattutto c’è il disaccordo degli ortodossi. Sicché non si esclude che abbiamo assistito a una commedia. Non toglie che il rinnegamento di Roma abbia avuto la sua consumazione.
  Nel nostro Simbolo Apostolico lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, per gli ortodossi procede soltanto dal Padre.
  Per essi l’essenza di Dio non è partecipabile dagli eletti, ma essi partecipano di Lui mediante le sue energie increate. Dunque esisterebbero Dio-essenza e le sue divine energie.
  Il Vescovo romano potrebbe avere solo un primato d’onore, esclusa la sua universale giurisdizione.
  Il peccato originale, secondo questi scismatici, fu unicamente di Adamo ed Eva; l’umanità successiva è incolpevole, pur essendo gravata dalla pena, che ne menoma l’efficienza. Perciò il Battesimo non toglie il peccato originale, ma conferisce la grazia.
  Pertanto essi rifiutano il dogma dell’Immacolata Concezione. Rifiutano le statue della Madonna e dei Santi, le apparizioni mariane.
  Ricusano anche il dogma del Purgatorio e i suffragi per i morti.
  Per la Consacrazione dell’Ostia e del Vino richiedono l’epiclesi: invocazione dello Spirito Santo; negano l’efficacia delle sole formule “Questo è il mio corpo”, “Questo è il calice del Sangue mio”.
  Negano che il Sacrificio di Cristo valga come riscatto per l’umanità, pur attribuendogli grazie di redenzione.
  Ammettono il matrimonio dei sacerdoti.
  Non riconoscono l’annullamento cattolico del vincolo matrimoniale, ma praticano lo scioglimento.
  La loro definizione di Chiesa e dei suoi diritti presenta altresì varie differenze.
  Rifiutano la validità di molti Concili ecumenici.
  Negano lo sviluppo dogmatico.
  Occorre notare che, a parte la grave impugnazione di alcuni dogmi, tutta questa discordanza comporta conseguenze che concorrono a rendere le due religioni incompatibili.


Piero Nicola

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