“La questione seria che oggi
si pone … per la Chiesa intera … è quella di andare alla radice
del male, che non è tanto la questione morale o politica, ma sono
gli errati principi gnoseologici, metafisici ed antropologici della
teologia della liberazione … la quale ha mantenuto l'impostazione
immanentistica, antropocentrica e secolaristica anticristiana”.
Padre
Giovanni Cavalcoli o. p.
Parole chiare”,
edito in Verona a cura del sagace e instancabile Giovanni Zenone,
affronta a viso aperto le fantasticherie che irritano i sacerdoti
fedeli alla Tradizione e seducono i teologi dolci di sale.
Immune dalle fumose suggestioni della teologia
progressista e dalle collere, che agitano e arroventano i banditori
di un tradizionalismo refrattario e ostile all'ordinato sviluppo
della teologia ortodossa, l'illustre padre domenicano Giovanni
Cavalcoli, autore dell'avvincente saggio ”
L'illustre domenicano confuta (ad esempio) il malsano
fascino dell'esoterismo, prodotto sofisticato e avvolgente
dell'ateismo post moderno, ossia la pseudo mistica a sfondo magico,
che dopo aver archiviato la mitologia scientista, “insegna ad
abbandonare la visione realistica delle cose, per la quale io credo
che esistano cose reali al di fuori di me e indipendentemente da me,
che io abbia una natura che non mi sono data, ma che semplicemente
scopro, che io sia sottomesso ad una legge morale che non dipende da
me e che io dipenda da un Dio che mi ha creato”.
Di
qui le capriole e le vertiginose acrobazie dei teologi non vedenti
l'assurdità della corsa intorno al cerchio vizioso tracciato dal
pensiero laico e progressivo.
Padre Cavalcoli cita al proposito il circolare e
capovolto delirio dei teologi progressisti, secondo i quali “Cristo
non è propriamente e immediatamente Dio, ma è meglio dire che Dio è
in lui, in quanto Cristo è uomo che diventa Dio o che
progressivamente scopre di essere Dio”.
Magistralmente descritta da Eugene Ionesco nel dramma
Il re muore, la malattia mortale dell'umanesimo ateo ha
intossicato la teologia progressista, seminando tra le avanguardie
ecclesiali le umbratili incertezze in circolazione nel paganesimo.
Di
qui il perpetuo girotondo del pensiero moderno intorno all'umbratile
antropologia dei pagani: “La natura umana non è qualcosa di
fisso ed universale, ma risulta essere mutevole e relativa alle varie
culture. Non esiste quindi una legge morale naturale oggettiva,
universale e immutabile”.
La
scena della cultura moderna è infine invasata dal rigurgito
del paganesimo, ossia dallo scioglimento dell'umanità dalla legge
naturale e dalla fede cristiana, Di qui l'avvio di una forsennata
marcia in direzione del puro nulla.
Purtroppo lo sciagurato cammino della modernità
contrastato debolmente (quando non approvato) dalla gerarchia
cattolica, i cui esponenti “lasciano fare anche i falsi maestri
che insegnano il contrario della verità”.
Si
spera pertanto nell'insorgenza di una gerarchia capace di stabilire
l'obbligo di riconosce il primato della verità, asse portante delle
buone opere e fondamento di una misericordia non riconducibile alle
manfrine del buonismo.
Il
primato della verità si deve affermare risolutamente, quantunque sia
causa di conflitto con l'ingente fazione del clero, che nutre
l'ostinata convinzione circa la possibilità di accordare la fede
cattolica con i contrari pensieri, che intossicano i marciatori sulla
via dell'immaginario progresso.
PieroVassallo
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