L'uomo, cittadino o governante, appartenga al Mille o al Duemila, è
sempre la stessa creatura difettosa e colpevole, a causa delle conseguenze del
peccato originale. Dopo Costantino, la civiltà cristiana adottò, mediante la
Chiesa, una valida legge morale. Il che non impedì le sue violazioni e le
giustificazioni sofistiche dei trasgressori. Il mondo, signoreggiato dal
maligno, non smise d'essere il mondo accusato di empietà da Gesù Cristo, che
profetò la persecuzione dei propri ministri e dei fedeli sino alla Parusia. Già
gli imperatori del Sacro Romano Impero si opponevano all'Autorità dei
Pontefici; già nel '500 un Machiavelli poteva teorizzare una Signoria immorale.
In ogni epoca dell'era cristiana, al reggimento dello Stato fu necessario il
rispetto della stabilita legge naturale e divina, pena il disordine e il decadimento
progressivo della civile condizione spirituale ed economica, sino all'estremo
degrado delle nazioni. Tanto più tale politico rispetto occorrerebbe nel tempo
del peggior paganesimo attualmente invalso, del laico rifiuto della suddetta
legge, sostituita con codici pervertiti e mortiferi.
Storicamente, anche presso quei popoli cattolici
dove, in seguito alla Rivoluzione Francese, al diritto equo (rispettoso della Chiesa)
subentrò il diritto liberale (uguaglianza e libertà indeterminate e strumenti
del potere), gli antichi costumi dovuti alla Religione misero un freno alla
decadenza, che in seguito poté aumentare. Circa gli Stati in cui vigeva il
protestantesimo, avvenne qualcosa di analogo: l'eresia non pervenne a abolire alcuni
sani principi, le radicate consuetudini smorzarono le dissipazioni, la regola
delle scienze, delle imprese e del lavoro produsse prosperità materiali e illusioni
di creatività artistica e di vita culturale. Prosperità e illusioni orgogliose,
fatte per la maggior perdita: quella delle anime. La disciplina imposta dalle
guerre contribuì in qualche modo a mantenere una certa moralità. Alcuni
statisti e governanti più avveduti intravidero gli effetti del cattivo
andamento progressista, vi posero ripari, e però di effetto insufficiente e temporaneo.
La soluzione del problema politico-istituzionale dimora invariabile,
come invariabile è la condizione umana e quella del mondo, che rappresenta
l'esilio dei credenti. "Exsules filii Evae... in ac lacrimarum
valle". Ma se Satana regnante sarà debellato soltanto alla fine, non si
esclude che coloro i quali reggono lo Stato, per divina permissione, possano
tentare di reggerlo secondo il volere del Creatore. Egli non ha affatto
revocato la sua sacra investitura, il potere legittimo disposto per il re ("Non
c'è potestà se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio" -
Rom. 13). Se il re, o quelli che ne esercitano le funzioni, usano male il loro libero
arbitrio, è giusto che essi e i sottoposti ne paghino il fio. Se per avventura
un re abbastanza giusto viene disubbidito o rovesciato dal popolo, è giusto che
male ne incolga ai disubbidienti, sotto forma di castigo evidente (guerra,
lotte intestine, disordini) o di semplice degradazione spirituale.
Posto che vi siano uomini capaci e in grado di realizzare un programma
politico, i provvedimenti che rimediano alla
decadenza, e validi in assoluto, potrebbero essere i seguenti.
In primo luogo occorre tener conto, secondo le premesse, del nemico da
battere, che si trova anzitutto nell'umana debolezza. Per ovviare alla
corruttibilità del popolo (senza il consenso del quale non si governa) è
indispensabile seguire due vie. L'una consiste nel suscitare in esso alcune
idealità, ovvero un certo entusiasmo che lo leghi al potere. E gli ideali
possono essere buoni e legittimi, come un sano sentimento patriottico, fondato
sulle degne tradizioni e sull'amor di Patria. L'altra via, dipendente dalla
prima e, impervia soltanto in apparenza, consiste nell'innalzare il senso del
sacrificio e della rinuncia: quasi un'eroica ambizione a pro dell'integrità della
res publica e del bene comune. I due
procedimenti, presenti nella storia, furono sperimentati con successo, benché
per lo più ricorressero a metodi spuri (retorica, omissioni, eccessi del
nazionalismo).
In secondo luogo, il buon governo si attua superando le divisioni
partitiche, la partitocrazia, la democratica dipendenza dal libito popolare,
nel quale non può risiedere la suprema autorità, la verità e il bene, per i
motivi su esposti. Né tali doti possono aversi negli eletti dal popolo e suoi
rappresentati, essendo, in ogni caso, condizionati dal popolo e in competizione
fra loro per ottenerne il favore.
Ne
consegue che i diritti, i poteri e le libertà democratiche dovranno essere
notevolmente diminuiti o aboliti. Ecco il sacrificio di cui sopra. E ripetiamo
che esso fu ottenuto nella storia e accolto in nome di ideali. Anche la
persuasione della peccabilità di chiunque, il concetto acquisito della
giustizia inevitabilmente imperfetta, e il lecito compiacimento della coscienza
avvertita, col tempo, diventano educazione popolare. L'ammirazione della virtù
concorre a promuoverne la pratica (per quanto vi si insinui l'ipocrisia) e
mortifica il vizio. Al contrario, oggi si è giunti alla promozione e alla
diffusione del vizio (parola praticamente cancellata dal dizionario) cui viene
cambiato il nome, rivestendolo di legittimità e persino di merito.
Così come la Chiesa (quella vera), seguendo l'insegnamento e l'esempio
del divino Maestro e degli Apostoli, mise al bando gli eretici, preservando il gregge suscettibile di subire
gli assalti dei lupi e le insidie delle volpi, parimenti nel consorzio umano
occorre difendere i cittadini dai seduttori di ogni genere. E ben lo dimostrano
gli stessi poteri democratici nostrani, i quali hanno proibito la propaganda
fascista. Dunque lo Stato salutare, di cui stiamo trattando, che dovrà rimette
in vigore la legge che piace a Dio, avrà bisogno di bandire ogni diffusione di
dottrina falsa e seducente. È pur noto che malizia e falsità di vane promesse
fanno presa sugli uomini. Il serafino Lucifero incorse nel peccato di superbia.
Eva, nonostante la sua nativa integrità, divenne succube delle lusinghe del
Serpente. Ora la preservazione si realizza con una censura. Si badi che nessun
governo ne fa a meno, e quanto più cerca di farne a meno, obbligato a tener
fede ai presunti diritti umani, tanto più si regge sulla menzogna e sulla corruzione.
Le attuali democrazie inculcano la menzogna proclamandosi Stati di diritto. Ma
esse legittimano, oppure tollerano nefandezze, con una giustizia iniqua, con leggi
demagogiche e immorali, che fanno leva sul sentimentalismo dei neghittosi,
sugli egoismi e sulle tendenze ignobili.
Ma, si dirà, se l'uomo è tanto corruttibile e instabile, su chi fare
affidamento per l'attuazione del prospettato risanamento? Qui torna l'equivoco
che assimila l'essere umano alla legge eterna che gli abbisogna. L'essere
fragile è tuttavia capace di riconoscere la verità e la giustizia, di nutrire
l'equa ambizione di instaurarle. Una volta persuaso di esse, avendone la
facoltà, egli può elevare a norma verità e giustizia al di sopra di sé stesso,
per la salvezza propria e per quella altrui.
La forma di Stato (la cui Costituzione si fonda sui principi etici della
tradizionale civiltà cristiana) viene per logica conseguenza. Ai poteri esecutivo
e legislativo, organicamente connessi, sarà preposto un Capo dello Stato e Presidente
dei ministri, eletto da un ristretto Consiglio di unanimi fondatori, poi costituito
dai loro successori eletti dal Capo. Il quale si avvarrà di un Consiglio
composto dai rappresentanti delle diverse attività sociali; mentre il potere
giudiziario, strettamente apolitico, dovrà sottostare al controllo dei garanti
della Costituzione. La maggiore garanzia dello scopo da perseguire risiede
nella condotta di pochi capi chiaramente responsabili. Se le nomine delle
cariche che governano la macchina statale fossero soggette a un'elezione dal
basso, in breve sarebbe la rovina.
Come
l'organismo della Chiesa fu costruito divinamente con un vertice e in modo
gerarchico, come l'esercito riceve analoga struttura e la nave ha un comandante
con pieni poteri, così dev'essere per lo Stato. Anch'esso è una macchina
bellica, sempre in guerra contro il nemico (il male), è una nave sempre esposta
a pericoli funesti. La disciplina e lo spirito di corpo formano il nerbo sia
militare che civile. Il generale che perde la battaglia, il capitano che fa
naufragio, sono inevitabilmente sostituiti. La struttura resta uguale e
indispensabile. Per eccezione, avviene l'ammutinamento, ossia la rivoluzione.
Ma è impossibile riformare senza grave scapito l'ordine naturalmente
instaurato.
S'intende che il consorzio civile è formato bensì di famiglie, piccole
società la cui autonomia va rispettata. Altresì i comuni, le imprese economiche
e culturali sono piccoli stati aventi capi e gerarchie. Ma questo complesso di
organi non deve ledere con le sue autonomie la Legge e l'autorità dei suoi
tutori, che presiedono a tale impero sui
generis.
Piero Nicola
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