sabato 29 luglio 2017

LA SOLUZIONE CIVILE (di Piero Nicola)

  L'uomo, cittadino o governante, appartenga al Mille o al Duemila, è sempre la stessa creatura difettosa e colpevole, a causa delle conseguenze del peccato originale. Dopo Costantino, la civiltà cristiana adottò, mediante la Chiesa, una valida legge morale. Il che non impedì le sue violazioni e le giustificazioni sofistiche dei trasgressori. Il mondo, signoreggiato dal maligno, non smise d'essere il mondo accusato di empietà da Gesù Cristo, che profetò la persecuzione dei propri ministri e dei fedeli sino alla Parusia. Già gli imperatori del Sacro Romano Impero si opponevano all'Autorità dei Pontefici; già nel '500 un Machiavelli poteva teorizzare una Signoria immorale. In ogni epoca dell'era cristiana, al reggimento dello Stato fu necessario il rispetto della stabilita legge naturale e divina, pena il disordine e il decadimento progressivo della civile condizione spirituale ed economica, sino all'estremo degrado delle nazioni. Tanto più tale politico rispetto occorrerebbe nel tempo del peggior paganesimo attualmente invalso, del laico rifiuto della suddetta legge, sostituita con codici pervertiti e mortiferi.
  Storicamente, anche presso quei popoli cattolici dove, in seguito alla Rivoluzione Francese, al diritto equo (rispettoso della Chiesa) subentrò il diritto liberale (uguaglianza e libertà indeterminate e strumenti del potere), gli antichi costumi dovuti alla Religione misero un freno alla decadenza, che in seguito poté aumentare. Circa gli Stati in cui vigeva il protestantesimo, avvenne qualcosa di analogo: l'eresia non pervenne a abolire alcuni sani principi, le radicate consuetudini smorzarono le dissipazioni, la regola delle scienze, delle imprese e del lavoro produsse prosperità materiali e illusioni di creatività artistica e di vita culturale. Prosperità e illusioni orgogliose, fatte per la maggior perdita: quella delle anime. La disciplina imposta dalle guerre contribuì in qualche modo a mantenere una certa moralità. Alcuni statisti e governanti più avveduti intravidero gli effetti del cattivo andamento progressista, vi posero ripari, e però di effetto insufficiente e temporaneo.
  La soluzione del problema politico-istituzionale dimora invariabile, come invariabile è la condizione umana e quella del mondo, che rappresenta l'esilio dei credenti. "Exsules filii Evae... in ac lacrimarum valle". Ma se Satana regnante sarà debellato soltanto alla fine, non si esclude che coloro i quali reggono lo Stato, per divina permissione, possano tentare di reggerlo secondo il volere del Creatore. Egli non ha affatto revocato la sua sacra investitura, il potere legittimo disposto per il re ("Non c'è potestà se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio" - Rom. 13). Se il re, o quelli che ne esercitano le funzioni, usano male il loro libero arbitrio, è giusto che essi e i sottoposti ne paghino il fio. Se per avventura un re abbastanza giusto viene disubbidito o rovesciato dal popolo, è giusto che male ne incolga ai disubbidienti, sotto forma di castigo evidente (guerra, lotte intestine, disordini) o di semplice degradazione spirituale.
  Posto che vi siano uomini capaci e in grado di realizzare un programma politico, i provvedimenti  che rimediano alla decadenza, e validi in assoluto, potrebbero essere i seguenti.
  In primo luogo occorre tener conto, secondo le premesse, del nemico da battere, che si trova anzitutto nell'umana debolezza. Per ovviare alla corruttibilità del popolo (senza il consenso del quale non si governa) è indispensabile seguire due vie. L'una consiste nel suscitare in esso alcune idealità, ovvero un certo entusiasmo che lo leghi al potere. E gli ideali possono essere buoni e legittimi, come un sano sentimento patriottico, fondato sulle degne tradizioni e sull'amor di Patria. L'altra via, dipendente dalla prima e, impervia soltanto in apparenza, consiste nell'innalzare il senso del sacrificio e della rinuncia: quasi un'eroica ambizione a pro dell'integrità della res publica e del bene comune. I due procedimenti, presenti nella storia, furono sperimentati con successo, benché per lo più ricorressero a metodi spuri (retorica, omissioni, eccessi del nazionalismo).
  In secondo luogo, il buon governo si attua superando le divisioni partitiche, la partitocrazia, la democratica dipendenza dal libito popolare, nel quale non può risiedere la suprema autorità, la verità e il bene, per i motivi su esposti. Né tali doti possono aversi negli eletti dal popolo e suoi rappresentati, essendo, in ogni caso, condizionati dal popolo e in competizione fra loro per ottenerne il favore.
  Ne consegue che i diritti, i poteri e le libertà democratiche dovranno essere notevolmente diminuiti o aboliti. Ecco il sacrificio di cui sopra. E ripetiamo che esso fu ottenuto nella storia e accolto in nome di ideali. Anche la persuasione della peccabilità di chiunque, il concetto acquisito della giustizia inevitabilmente imperfetta, e il lecito compiacimento della coscienza avvertita, col tempo, diventano educazione popolare. L'ammirazione della virtù concorre a promuoverne la pratica (per quanto vi si insinui l'ipocrisia) e mortifica il vizio. Al contrario, oggi si è giunti alla promozione e alla diffusione del vizio (parola praticamente cancellata dal dizionario) cui viene cambiato il nome, rivestendolo di legittimità e persino di merito.
  Così come la Chiesa (quella vera), seguendo l'insegnamento e l'esempio del divino Maestro e degli Apostoli, mise al bando gli eretici,  preservando il gregge suscettibile di subire gli assalti dei lupi e le insidie delle volpi, parimenti nel consorzio umano occorre difendere i cittadini dai seduttori di ogni genere. E ben lo dimostrano gli stessi poteri democratici nostrani, i quali hanno proibito la propaganda fascista. Dunque lo Stato salutare, di cui stiamo trattando, che dovrà rimette in vigore la legge che piace a Dio, avrà bisogno di bandire ogni diffusione di dottrina falsa e seducente. È pur noto che malizia e falsità di vane promesse fanno presa sugli uomini. Il serafino Lucifero incorse nel peccato di superbia. Eva, nonostante la sua nativa integrità, divenne succube delle lusinghe del Serpente. Ora la preservazione si realizza con una censura. Si badi che nessun governo ne fa a meno, e quanto più cerca di farne a meno, obbligato a tener fede ai presunti diritti umani, tanto più si regge sulla menzogna e sulla corruzione. Le attuali democrazie inculcano la menzogna proclamandosi Stati di diritto. Ma esse legittimano, oppure tollerano nefandezze, con una giustizia iniqua, con leggi demagogiche e immorali, che fanno leva sul sentimentalismo dei neghittosi, sugli egoismi e sulle tendenze ignobili.
  Ma, si dirà, se l'uomo è tanto corruttibile e instabile, su chi fare affidamento per l'attuazione del prospettato risanamento? Qui torna l'equivoco che assimila l'essere umano alla legge eterna che gli abbisogna. L'essere fragile è tuttavia capace di riconoscere la verità e la giustizia, di nutrire l'equa ambizione di instaurarle. Una volta persuaso di esse, avendone la facoltà, egli può elevare a norma verità e giustizia al di sopra di sé stesso, per la salvezza propria e per quella altrui.
  La forma di Stato (la cui Costituzione si fonda sui principi etici della tradizionale civiltà cristiana) viene per logica conseguenza. Ai poteri esecutivo e legislativo, organicamente connessi, sarà preposto un Capo dello Stato e Presidente dei ministri, eletto da un ristretto Consiglio di unanimi fondatori, poi costituito dai loro successori eletti dal Capo. Il quale si avvarrà di un Consiglio composto dai rappresentanti delle diverse attività sociali; mentre il potere giudiziario, strettamente apolitico, dovrà sottostare al controllo dei garanti della Costituzione. La maggiore garanzia dello scopo da perseguire risiede nella condotta di pochi capi chiaramente responsabili. Se le nomine delle cariche che governano la macchina statale fossero soggette a un'elezione dal basso, in breve sarebbe la rovina.
  Come l'organismo della Chiesa fu costruito divinamente con un vertice e in modo gerarchico, come l'esercito riceve analoga struttura e la nave ha un comandante con pieni poteri, così dev'essere per lo Stato. Anch'esso è una macchina bellica, sempre in guerra contro il nemico (il male), è una nave sempre esposta a pericoli funesti. La disciplina e lo spirito di corpo formano il nerbo sia militare che civile. Il generale che perde la battaglia, il capitano che fa naufragio, sono inevitabilmente sostituiti. La struttura resta uguale e indispensabile. Per eccezione, avviene l'ammutinamento, ossia la rivoluzione. Ma è impossibile riformare senza grave scapito l'ordine naturalmente instaurato.
  S'intende che il consorzio civile è formato bensì di famiglie, piccole società la cui autonomia va rispettata. Altresì i comuni, le imprese economiche e culturali sono piccoli stati aventi capi e gerarchie. Ma questo complesso di organi non deve ledere con le sue autonomie la Legge e l'autorità dei suoi tutori, che presiedono a tale impero sui generis.


Piero Nicola

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