lunedì 3 luglio 2017

TRA VASCO ROSSI E J. M. BERGOGLIO (di Piero Nicola)

A volte qualcuno mi rimprovera d'essere pessimista, perché tutte le epoche sono state in preda alla corruzione, sotto governi collusi e menomati, sotto l'autorità di preti indegni, ecc.
  Rispondo che non è stata sempre stessa cosa. Al ogni modo la civiltà succeduta all'avvento di Costantino ha di recente subito una frattura epocale, che divide l'era moderna da quella postmoderna, la seconda età essendo, in quanto a giustizia, incomparabile con la precedente. Si è prodotto all'inverso, il breve trapasso che si ebbe quando la religione cristiana divenne religione dell'Impero Romano. Se, prima, ancora vigeva una legge positiva accettabile, alquanto conforme alla legge naturale e divina, dopo, molte delle sue continue infrazioni e violazioni di funesta gravità, sono diventate lecite a causa di un inedito diritto artatamente instaurato. Negli stessi paesi dove era ammesso il divorzio ed era legittima la propaganda di dottrine empie e nefaste, tuttavia l'aborto, i diritti dell'omosessualità equiparati a quelli della coppia normale, la procreazione oltremodo contro natura, l'eutanasia, ecc. venivano puniti dalla legge, stante il consenso popolare.
  I miei obiettori, non rassegnati alla degenerazione della civiltà, non stimano tale rivoluzione così importante da provocare un frana civile, un serio peggioramento del malcostume, uno straripamento  della malizia umana, una decadenza mortifera. Contribuisce al loro ottimismo la sedicente chiesa col suo moralismo laico e malato, con uno spiritualismo peccaminoso, opposto ai dogmi, a un credo scomodo, impervio.
  I liberali d'ogni colore (di sinistra, di destra, atei o presunti cristiani) si fanno portare dai venti musicali di Vasco Rossi, della sua parentela rock e delle ballate nordiche rockettizzate, come dalle onde dolciastre dell'immoralità moralista dell'eretico Usurpatore che siede in Vaticano; e accettano le loro disgrazie, anzitutto domestiche, avviluppati nella propria miseria ansiosa di nuovo, lenita dalle artefatte invenzioni culinarie, dalle illusioni erotiche e vacanziere.
  Quando il pessimista dipinge il quadro (incorniciato dalle aureole di Vasco e di Bergoglio) nel quale i democratici figurano partecipi (tanto peggio, se qualcuno di essi critica la mollezza di Gentiloni, l'italiana politica sull'immigrazione, la rigenerazione dei voucher, la mancanza delle casette per i terremotati, il fazioso egoismo delle correnti politiche, le aree urbane e extraurbane infrequentabili per il comune cittadino, ecc.!), essi, che godono delle libertà democratiche più anticonformiste (purché restino nel gregge dei politicamente corretti) rispondono: "Eh che? Ci hai preso per dei dottor Pangloss? Fin dalle scuole superiori ci è caro Voltaire, non l'abbiamo mai disprezzato. Sono finiti da un pezzo i censori clericali che lo misero all'indice. Che siamo cattolici o agnostici, noi amiamo il dialogo e le belle varietà del pensiero e dell'arte. Ci unisce la bellezza, la pluralità dei sentimenti, l'antifascismo!"
  Guai a interrogarli su un raffronto tra le folle oceaniche plaudenti nel Ventennio e le folle ai concerti sfolgoreggianti e assordanti, impazzite per l'esaltante e consolante poetica dei profeti urlatori, maestri del saper vivere. I conformisti progressisti (consapevoli o inconsapevoli, come tanti che si tengono Vasco, Salvini e la Messa Tridentina) avrebbero bisogno di uno che gli rivitalizzasse il midollo mediante un'iniezione di coerenza, uno che li investisse col sole della virilità, con una parola e un esempio tonanti; a Dio piacendo che nascesse il santo o almeno il sano condottiero capace di mortificare le mollezze pacifiche, morbose e vigliacche.
  È pur vero che una società sussiste grazie alla disciplina dell'ambizione e del lavoro, ma il vizio creduto giovevole, insieme all'idea cosmopolita, la rende infeconda e la spegne. Il segno della sua condanna immutaabile è appunto la denatalità.


Piero Nicola

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