A volte qualcuno mi rimprovera d'essere
pessimista, perché tutte le epoche sono state in preda alla corruzione, sotto
governi collusi e menomati, sotto l'autorità di preti indegni, ecc.
Rispondo che non è stata sempre stessa cosa. Al ogni modo la civiltà succeduta
all'avvento di Costantino ha di recente subito una frattura epocale, che divide
l'era moderna da quella postmoderna, la seconda età essendo, in quanto a
giustizia, incomparabile con la precedente. Si è prodotto all'inverso, il breve
trapasso che si ebbe quando la religione cristiana divenne religione
dell'Impero Romano. Se, prima, ancora vigeva una legge positiva accettabile,
alquanto conforme alla legge naturale e divina, dopo, molte delle sue continue
infrazioni e violazioni di funesta gravità, sono diventate lecite a causa di un
inedito diritto artatamente instaurato. Negli stessi paesi dove era ammesso il
divorzio ed era legittima la propaganda di dottrine empie e nefaste, tuttavia
l'aborto, i diritti dell'omosessualità equiparati a quelli della coppia
normale, la procreazione oltremodo contro natura, l'eutanasia, ecc. venivano
puniti dalla legge, stante il consenso popolare.
I miei obiettori, non rassegnati alla degenerazione della civiltà, non
stimano tale rivoluzione così importante da provocare un frana civile, un serio
peggioramento del malcostume, uno straripamento
della malizia umana, una decadenza mortifera. Contribuisce al loro
ottimismo la sedicente chiesa col suo moralismo laico e malato, con uno spiritualismo
peccaminoso, opposto ai dogmi, a un credo scomodo, impervio.
I liberali d'ogni colore (di sinistra, di destra, atei o presunti cristiani)
si fanno portare dai venti musicali di Vasco Rossi, della sua parentela rock e
delle ballate nordiche rockettizzate, come dalle onde dolciastre dell'immoralità
moralista dell'eretico Usurpatore che siede in Vaticano; e accettano le loro
disgrazie, anzitutto domestiche, avviluppati nella propria miseria ansiosa di
nuovo, lenita dalle artefatte invenzioni culinarie, dalle illusioni erotiche e
vacanziere.
Quando il pessimista dipinge il
quadro (incorniciato dalle aureole di Vasco e di Bergoglio) nel quale i
democratici figurano partecipi (tanto peggio, se qualcuno di essi critica la
mollezza di Gentiloni, l'italiana politica sull'immigrazione, la rigenerazione
dei voucher, la mancanza delle casette per i terremotati, il fazioso egoismo
delle correnti politiche, le aree urbane e extraurbane infrequentabili per il
comune cittadino, ecc.!), essi, che godono delle libertà democratiche più
anticonformiste (purché restino nel gregge dei politicamente corretti)
rispondono: "Eh che? Ci hai preso per dei dottor Pangloss? Fin dalle
scuole superiori ci è caro Voltaire, non l'abbiamo mai disprezzato. Sono finiti
da un pezzo i censori clericali che lo misero all'indice. Che siamo cattolici o
agnostici, noi amiamo il dialogo e le belle varietà del pensiero e dell'arte.
Ci unisce la bellezza, la pluralità dei sentimenti, l'antifascismo!"
Guai
a interrogarli su un raffronto tra le folle oceaniche plaudenti nel Ventennio e
le folle ai concerti sfolgoreggianti e assordanti, impazzite per l'esaltante e
consolante poetica dei profeti urlatori, maestri del saper vivere. I
conformisti progressisti (consapevoli o inconsapevoli, come tanti che si
tengono Vasco, Salvini e la Messa Tridentina) avrebbero bisogno di uno che gli
rivitalizzasse il midollo mediante un'iniezione di coerenza, uno che li
investisse col sole della virilità, con una parola e un esempio tonanti; a Dio
piacendo che nascesse il santo o almeno il sano condottiero capace di
mortificare le mollezze pacifiche, morbose e vigliacche.
È
pur vero che una società sussiste grazie alla disciplina dell'ambizione e del lavoro,
ma il vizio creduto giovevole, insieme all'idea cosmopolita, la rende infeconda
e la spegne. Il segno della sua condanna immutaabile è appunto la denatalità.
Piero Nicola
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