Ai
fedeli, tormentati degli spinosi problemi posti dalla babilonia
anti-umana, che è inscenata dall'ateismo post-moderno per seminare
errori nella Chiesa cattolica, l'instancabile e sagace editore Marco
Solfanelli propone un eccellente saggio di Giovanni Emidio Palaia, "I
fondamenti della persona in San Tommaso d'Aquino".
L'importanza
del saggio di Palaia emerge dalla definizione dell'opera di San
Tommaso, che indirizza alla comprensione della necessità urgente di
ristabilire il rapporto di ordinata continuità tra tra ragione e
rivelazione cioè tra filosofia e teologia: "le parti della
filosofia tomista sono state elaborate tanto più profondamente
quanto più direttamente esse interessavano la teologia tomista. La
teologia di San Tommaso è quella di un filosofo, ma la sua filosofia
è quella di un santo".
L'opera
di Palaia è apprezzata e consigliata da due eminenti e prestigiosi
studiosi della Lateranense, il rettore mons. Enrico dal Covolo e
l'illustre politologo prof. Giulio Alfano, in quanto finalizzata alla
scrupolosa lettura delle fonti teologiche dalle quali discende, per
faticose vie, il riconoscimento della dignità, che compete alla
persona umana.
Al
proposito Palaia rammenta che "l'antico popolo di Israele - da
cui provenivano i primi credenti - ha dovuto accettare forti novità.
Difatti con il cristianesimo l'esperienza religiosa viene trasportata
su un piano nuovo sotto tutti gli aspetti".
Un
primo, importante contributo al consolidamento della teologia nella
nuova dimensione fu offerto dal precursore Tertulliano che usò la
parola latina persona nella
definizione trinitaria.
Sant'Agostino,
a sua volta, trattò del Verbo che unisce l'una e l'altra natura
nell'unità della persona: "Cristo è Dio ed è uomo non per
confusione della natura ma per l'unità della persona". Tuttavia
Agostino "non ha definito il concetto di persona e non si è
preoccupato di definirlo".
Severino
Boezio stabilì che il termine greco persona (prosopon) indica
la maschera: "L'allusione all'origine teatrale del termine
(scrive José Angel Lombo, opportunamente citato da Palaia) rivela
già implicitamente la dignità del soggetto di cui si predica,
perché soltanto all'essere razionale diamo il nome di persona, in
quanto di lui si possono narrare fatti rilevanti".
Di
qui la definizione di Boezio: Persona est rationalis naturae
individua substantia. Palaia condivide l'opinione di Lombo e
dell'autorevole mons. Gianfranco Basti, secondo cui Boezio,
correggendo la dottrina di Porfirio, ha definito la persona "una
sostanza capace di pensiero, libertà, consapevolezza, autocoscienza,
dialogicità".
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Prima
di esaminare la novità introdotta dall'Angelico nella dottrina
intorno alla persona, Palaia rammenta che "l'originalità della
metafisica di San Tommaso è da individuare - secondo Cornelio Fabro
- nel passaggio al limite dell'essere funzionale aristotelico
all'esse subsistens supremo ovvero nella promozione
metafisica dell'esse formale aristotelico, che non è ancora,
all'esse reale subsistens (Dio) che sempre e anzitutto è e dà agli
altri esseri tutti di essere e di esistere".
Di
conseguenza "il diritto all'esistenza spetta soltanto a Dio,
solo in Lui essenza ed esistenza coincidono. Nel De Anima Tommaso
sottolinea come l'esse ipsum è l'atto ultimo, che non
partecipa ad alcunché, mentre è partecipato da ogni cosa".
Ora
nella Somma Teologica, l'Aquinate commenta la definizione di Boezio e
formula la più classica definizione di persona: "L'individuo
particolare si trova in modo perfetto nelle sostanze ragionevoli che
hanno il dominio dei propri atti, che si muovono da se stesse e non
già spinte dall'esterno come gli altri esseri, e le azioni si
verificano proprio nella realtà particolare. Perciò tra tutte le
altre sostanze gli individui di natura ragionevole hanno un nome
speciale. E questo nome è persona. Nella suddetta definizione dunque
ci si mette sostanza individua, per significare il singolare nel
genere di sostanza e vi si aggiunge di natura razionale per indicare
il singolare di sostanza ragionevole".
Di
seguito l'Aquinate precisa che "l'anima in quanto forma del
corpo non ha un essere separato da quello del corpo, ma con il suo
essere è ad esso immediatamente unita".
Al
proposito Palaia cita un puntuale commento di Giulio Alfano: "La
perfezione specifica dell'uomo si realizza con essenziali note:
l'animalità e la razionalità, che sono in rapporto metafisico tale
che l'animalità viene intrinsecamente elevata dalla razionalità e
questa limitata dall'animalità".
Infine
l'autore indica una via d'uscita dalle suggestioni totalitarie
propalate dall'idealismo intorno alla persona collettiva, e
al proposito cita un testo di Basti: "l'essere ultimo della
persona umana, il fondamento della sua dignità non è da ricercarsi
nella dialogicità delle relazioni. Anzi, per salvare tutto il
dinamismo psicologico della dialogicità, della intersoggettività,
se si vuole che tutta l'esistenza della singola persona umana abbia
sempre qualcosa di se stesso da comunicare, da porre in dialogo, da
condividere, occorre che il fondo dell'essere della propria
soggettività, l'io di quella persona da cui essa attinge per
comunicarsi agli altri, sia senza fondo, inesauribile ed in questo
senso della sua inesauribilità esso sia ultimamente incomunicabile,
irriducibile".
La
corretta interpretazione dei testi dell'Angelico svela il vero
significato dell'umanesimo, dottrina ispirata dall'incontro della
teologia cattolica con la innovativa interpretazione
dell'aristotelismo, una conquista del pensiero cristiano purtroppo
dissipata e invertita da Gemisto Pletone e da Marsilio Ficino,
pensatori retrivi, in rovinosa discesa verso le aporie, che
impedirono l'accesso dei filosofi greci alle più alte verità di
ragione.
Giovanni
Emidio Palaia, sapiente e scrupoloso ricercatore in Filosofia
Politica lavora nel solco sapientemente tracciato da Fabro e perciò
interpreta l'antropologia di San Tommaso quale fonte dell'umanesimo
autentico, una dottrina incompatibile con le ideologie discendenti in
vario modo dalla sincope fiorentina della filosofia cristiana
Nell'introduzione,
l'autore rammenta le ragioni del titolo - Doctor Humanitatis -
attribuito all'Aquinate da Giovanni Paolo II: "esse sono
particolarmente l'affermazione della dignità della natura umana,
così netta nel Dottore Angelico, la sua concezione dell'avvenuto
risanamento ed elevazione dell'uomo a un superiore livello di
grandezza in forza dell'Incarnazione del Verbo, l'esatta formulazione
del carattere perfettivo della grazia, come principio-chiave nella
visione del mondo e dell'etica dei valori umani così sviluppata
nella Summa, l'importanza attribuita dall'Angelico alla
ragione umana nella conoscenza della verità e nella trattazione
delle questioni etico-sociali".
Allo
studioso che conosce l'autentico significato dell'umanesimo appare
dunque evidente che l'Aquinate ne fu il vero fondatore e l'interprete
insuperato e che tutti gli altri umanesimi, fiorentini,
ginevrini, prussiani o francofortesi, non son altro che smorte
e ingannevoli parodie.
Puntualmente
Palaia rammenta che "il dogma ha prodotto il concetto di
persona, questo s'intende quando si evidenzia che tale nozione di
persona è di provenienza cristiana".
A
conferma di detta affermazione, Palaia cita una puntuale definizione
di Fabro: dalla Rivelazione "l'uomo ottiene un nuovo rapporto
con Dio, anzitutto con la Fede che gli offre la conoscenza della
salvezza e dei mezzi per raggiungerla, e poi specialmente con la
Grazia che gli procura l'inabitazione delle divine Persone, le cui
arcane operazioni nell'anima rischierebbero di riuscire completamente
infruttuose se non affiorassero mai alla coscienza".
Piero Vassallo
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