I
Cacciatori del Vesuvio
Eroi della
guerra perduta
Nel sincero rispetto che è dovuto ai
combattenti per la libertà e nella stima per l'educazione al pluralismo in
tutte le direzioni, un angolo della memoria insolente osa dire che Curzio
Malaparte, autore indelicato e politicamente scorretto, sostenne (in una delle
più estreme ed infuocate pagine del romanzo autobiografico La pelle) che la
seconda guerra mondiale era stata vinta dai pederasti.
Vinta dai froci, si
potrebbe dire, ove fosse riconosciuta l'irriguardosa e
antidemocratica autorità dei dizionari etimologici, nei quali si legge che
froci è l'abbreviazione romanesca dell'aggettivo italiano feroci.
Atteso che le ragioni della guerra dichiarata
dall'Italia il 10 giugno del 1940 sono ancora nascoste nella borsa di cuoio che
Mussolini aveva con sé a Dongo, è doveroso ammettere che sono invece conclamate
le modalità altamente democratiche e frocie della implacabile crociata
anglo-americana contro l'Italia fascista.
L'insinuazione di Malaparte, che si legge alla
luce delle inappellabili notizie divulgate dalla Storia delle aviazioni, vieta
di divulgare l'azzardata e riduttiva opinione secondo cui la vittoriosa guerra
contro l'Italia fu una serena e festosa anticipazione del gay pride.
Contro l'orgoglio degli italiani renitenti e
acquattati nella tenebrosa (nera) parentesi deplorata da Benedetto Croce,
infatti, si rovesciò la severa ma sacrosanta collera degli educatori
anglo-americani, soavemente noti con il venerato nome di liberetors ai
settantamila civili vittime dei bombardamenti pedagogici
Lo rammenta, con altra mente, Carlo Saggiomo,
autore di una affascinante e amara rievocazione della disperata resistenza
degli aviatori italiani contro la potente aviazione anglo-americana, impegnata
alla distruzione di Napoli e all'umiliazione dell'Italia.
Il libro, I cacciatori del Vesuvio Trenta
eroici piloti a difesa del cielo di Napoli contro cinquecento bombardieri
anglo-americani, edizioni Controcorrente, Napoli, si raccomanda agli
italiani che rifiutano la lezione impartita dalla scolastica umiliazionista,
che mette in scena soldati italiani demotivati, vigliacchi e ribelli.
Il testo di Saggiomo, versione letteraria
delle relazioni scritte dagli autori delle imprese compiute dalla nostra
aviazione, dimostra, invece, che gli italiani combatterono eroicamente contro
la soverchiante potenza del nemico e che le loro sacrificio merita la
riconoscenza e l'ammirazione dell'intera la nazione.
La storia rievocata da Saggiomo ha il taglio
della letteratura, ma le sporadiche citazioni dei rapporti scritti dai piloti
italiani avvertono il lettore che il libro rievoca una dolorosa vicenda dello
sfortunato ardimento dei nostri combattenti.
Il rapporto del Tenente pilota Riccardo Monaco
ad esempio: "Quattro formazioni da sei fortezze volanti vengono da
mare. Io viro a sinistra. Do al motore. Salito quanto possibile mi butto in
picchiata su una formazione nemica di se, ma il fuoco contro di me era
micidiale. Non ho tirato su dopo l'attacco, ma ho continuato a picchiare. ...
Nello sparare ho visto una fumata bianca sprigionarsi dall'aereo colpito. ...
Il mio caccia era stato crivellato di colpi. Uno aveva preso il manicotto
dell'acqua che scottava, era andata in nebbia e vapore".
La supina adesione al buonismo pontificante
dalle sacre colonne del quotidiano Repubblica, infine, infine non può
cancellare il quarto comandamento e con esso l'insegnamento di San Tommaso
intorno alla santità di chi sacrifica la vita per difende la Patria.
In anni segnati dal capovolgimento del
patriottismo nel delirio ecumenico a Lampedusa, il ricordo di un'Italia altra
può e deve attenuare la disperazione incapace di vedere il futuro della
Nazione.
Piero Vassallo
Dev'essere un testo davvero interessante! Purtroppo il buonismo imperante e intollerante ha ormai steso un velo soffocante sulla verità, che stenta ad emergere. La battaglia è dura ma va combattuta, credo sia il momento. Grazie di questa recensione.
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