martedì 1 agosto 2017

Antifascismo d'abord: L'incandescente e perpetua insurrezione dell'on. Laura Boldrini

Boldrini, tanto nomini nullum par elogium. Donna di di sguardo vasto, retto e penetrante, oltre che di acuta, aperta, leggiadra e progressiva intelligenza, l'onorevole Laura Boldrini, classe 1961, dismesso l'arcaico titolo di dottoressa gode, con ragione inconcussa, del titolo di Democratica inflessibile oltre che della applaudita e illuminata fama, conquistata dalla sua attempata ma ruggente biografia.
Ella è specialmente apprezzata e quasi venerata per la esibizione della inconcussa fede antifascista e per le illuminate, intrepide, penetranti e folgoranti incursioni nella grammatica rivoluzionaria, nel vocabolario politicante corretto e nella storiografia aggiornata dal propriamente detto.
Solamente Giorgio Napoletano ha osato mettere (cautamente) in dubbio alcune ragioni a monte dei pensieri in uscita torrentizia dall'aurea bocca della presidenta/presidente.
In ogni lingua parlata nella babelica e progressiva democrazia scrosciano invece devoti applausi e squillano consensi, che comandano ed esigono tassativamente la ligia declinazione (flessione) degli italici lombi al cospetto della illustre Presidenta.
Ella è (secondo la grammatica progressiva, galoppante nei pensieri a due e più piste e nelle suggestioni bisessuali) un Lui sovrano.
Condiviso un tale verdetto, si rivela intollerabile la resistenza reazionaria all'imperativo formulato e fulminato dalla/dal Boldrini, un comando inteso a silenziare la voce avventizia e incauta dei ragazzi cripto fascisti, bestemmianti contro la Sacra, non elettrica ma fulminante e perpetuamente scintillante Resistenza al male assoluto, incarnato (appunto) dagli eredi del truce/duce.
Non è lecito dissentire da una sentenza emanata dalla Storia in Persona ed illuminata dalla inconcussa verità intorno al Bene partigiano, in lotta strenua e vittoriosa contro il diabolico freno fascista (in senso ufficiale e scientifico trattasi della illuminata guerra contro il tenebroso ostacolo, che tenta di attraversare il sacrosanto e illuminato cammino del Progresso).
Illuminata dagli aurei pensieri di sapienti del calibro filosofico di Gemisto Moranino, Livia Turco, Niki Vendola, Giuseppe Vacca, Luigi Longo, Walter Veltroni, Matteo Renzi ecc., la democrazia progressiva non si discute, anzi costituisce (nei giorni deputati) termine di obbligate, patriottiche genuflessioni. E sventolamenti di gloriose, fulgide e gaie bandiere.
Senonché gli umiliati e dolenti cittadini, ai quali è autorevolmente suggerita la genuflessione democratica, indirizzano i loro segreti pensieri alla memoria della Resistenza, che ha diviso gli italiani in buoni (i democratici precursori dalla presidente Laura Boldrini da Macerata) e cattivi, (i nostalgici dell'innominabile, mostruoso tiranno di Predappio).
Vivi o morti, i buoni sono pertanto arruolati nell'aurea banda che suona la lode della Boldrini, i malvagi respinti (con disonore) nello s-pensiero degli innominabili e neri critici della presidenta.
Onde l'immagine di un'Italia estenuata e stremata dal galoppo istituzionale nelle sterminate praterie del dualismo progressista.
La storia che si insegna nelle scuole della repubblica italiana discende, di fatto, dalla drastica dicotomia, che illumina il pensiero e ispira la politica della onorevole Boldrini, ovvero dalla separazione metafisica del Bene resistenziale dal tenebroso nulla fascista.
Il pensiero democratico, dietro indicazione della illustre Presidenta, congeda le verità tradizionali, ripudia la tradizione aristotelico-tomista, nega le verità della teologia cattolica, annienta il male in camicia nera, e fa regredire la politica italiana a un dualismo di vago stampo manicheo.


Se non che la teologia dualista di Mani fu confutata e frantumata dal reazionario Sant'Agostino da Ippona. I pensieri manichei sono infine in circolazione imperiosa e squillante negli ambulacri frequentati dai devoti credenti nel progressismo irreale – che sopravvive nella commedia antifascista ispirata dal teatro ibseniano (Quando noi morti ci ridestiamo).

Piero Vassallo

1 commento:

  1. Grande disanima, professor Vassallo, di un fenomeno mai abbastanza studiato, ovvero il nulla adombrato di meschin pensiero. La nostra classe politica è la schiuma stagnante di un non-pensiero, di una morale adeguata all'interesse, di ignoranza fatta dominio illegittimo sul popolo. Schiavetti di Berlino, crediamo di vivere liberi e democratici, mai illusione fu più patologica.

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