Un
saggio di Enrico Maria Radaelli
La Chiesa ribaltata
Allievo
del grande Romano Amerio e lucido interprete e continuatore della sua opera,
Enrico Maria Radaelli è uno fra i più
efficaci, equilibrati e condivisibili oppositori al novismo, in
libera, squillante, applaudita ma confusionaria e avventurosa circolazione
nelle squillanti chiacchiere dei teologi postconciliari, nel linguaggio di
legno dei predicatori trans-religiosi e perfino nelle incontrollate e irruenti esternazioni private di Papa
Francesco.
Nel
recente robusto saggio "La Chiesa ribaltata" edito in Trento
da Gondolin (www.edizionigondolin.com) e presentato da una puntuale nota
dell'autorevole mons. Antonio Livi, Radaelli conferma la sua attitudine ad
aggredire e confutare l'errore diffuso dai tifosi sparlanti nelle
subdole curve del Vaticano II, senza venire meno al rispetto, che i
fedeli debbono alla somma autorità ecclesiastica, quantunque essa si comporti
in maniera curiosa e talora imbarazzante.
La
critica all'invasiva teologia in circolo nella Chiesa d'oggi è, infatti,
sviluppata da Radaelli entro i limiti tradizionali, segnati da San Roberto
Bellarmino (1542-1621), il Dottore della Chiesa che ha affermato la liceità
della resistenza all'errore professato da un Pontefice mentre ha negato la
liceità e addirittura la pensabilità della sua deposizione da parte dei fedeli:
"Come è lecito resistere al pontefice che attacca il corpo, così anche
è lecito resistergli se attacca le anime e distrugge l'ordine civile o, sopra
tutto, se tenta distruggere la Chiesa. Dico che è lecito resistergli attraverso
il non fare ciò che ordina e l'impedire l'esecuzione della sua volontà, Non è
lecito, tuttavia giudicarlo [in un processo] punirlo o deporlo, perché
questi sono atti di un superiore". Superiorità che, nella Chiesa
militante, appartiene unicamente al papa.
La
tradizionale impostazione del giudizio sulla crisi in atto è apprezzata da
mons. Livi, il quale, nella prefazione al testo in oggetto, dopo aver
rammentato che un totale ribaltamento della Chiesa "non è non sarà mai
la fine della storia", afferma risolutamente che il fedele consapevole
che "qualcosa di tragicamente negativo per il bonum commune
dei credenti in Cristo sta succedendo ... sente il dovere di adoperarsi,
come fa Radaelli, per contestare con argomentazioni valide e solide il
messaggio che, grazie a papa Francesco, si stia finalmente attuando una
radicale riforma della Chiesa che porterà a non condannare più alcun errore
dottrinale o pratico e a considerare buone e giuste tutte le opzioni esistenti,
compresa l'irreligiosità e l'ateismo".
L'indefettibilità
della Chiesa cattolica, dunque, è fuori discussione. Non può essere invece
taciuta la presenza del
disordine dottrinale, che tormenta il pensiero cattolico e sfiora addirittura
la mente del sommo pontefice, suggerendo allarmanti concessioni all'errore, ad
esempio all'ateismo vissuto in retta coscienza (o retta
tracotanza/ultracogitanza?) e calato nella modesta statura del giornalista
post-moderno Eugenio Scalfari.
Livi
denuncia "la progressiva de-dogmatizzazione della pastorale, che sta
contribuendo a consolidare quella dittatura del relativismo della quale invano
Benedetto XVI aveva invitato i credenti alla resistenza", Radaelli
denuncia addirittura la de-ellenizzazione della sapienza cristiana e dimostra
che la teologia conciliare e post-conciliare è avvelenata dal progetto, a suo
tempo formulato dai modernisti, di riportare la dottrina cristiana alla
(presunta) avversione alla filosofia professata dalle comunità cristiane delle
origini.
A ben
vedere le avanguardie della teologia post-conciliare hanno sorpassato
l'avversione modernistica alla retta ragione - ai preambula fidei - per
gettarsi a capofitto in quel delirio sessantottino secondo cui (parola
incendiaria e sconsiderata di Herbert Marcuse) il principio di identità e non
contraddizione è il preambolo all'orrore nazista.
L'inesistenza di un
primitivo disegno inteso alla de-ellenizzazione del Cristianesimo, ad ogni
modo, è visibile nel primo volume degli Stromata, in cui Clemente
Alessandrino (150-215) afferma: "la filosofia greca con il suo apparato
non rende più forte la verità, ma siccome rende impotente l'attacco della
sofistica e disarma gli attacchi proditori contro la verità la si è
chiamata con ragione siepe e muro di cinta della vigna".
La
dignità della ragione, in età moderna minacciata dalle elucubrazioni dei
sedicenti illuminati, è coerentemente e legittimamente
riaffermata dal Concilio Vaticano I:
"la fede suppone e perfeziona la ragione anche se la fede è sopra la
ragione non vi potrà mai essere una vera divergenza tra fede e ragione poiché
lo stesso Dio che rivela i misteri e comunica la fede ha anche deposto nello
spirito umano il lume della ragione: questo Dio non potrebbe negare se stesso
né il vero contraddire il vero" ("Dei Filius", IV).
Alla
vigilia della rivoluzione francofortese, Pio XII, il papa refrattario
all'irenismo, ha pubblicato l'Enciclica "Humani generis" per
suggerire lo studio delle opere degli erranti (evoluzionisti, esistenzialisti,
storicisti, nichilisti) "perché le malattie non si possono curare se
prima non sono conosciute".
La fede separata o
addirittura opposta alla ragione rende il fedele incapace di valutare la
fragilità degli errori che circolano nella desolazione moderna e di resistere
al fascino oscuro emanato dalla loro decrepitezza.
Privata
del sussidio delle verità di ragione la fede cattolica si intenerisce e
addolcendosi avanza fino al punto in cui si ode, nel borbottio
crepuscolare/leopardiano di un qualunque Scalfari, il ruggito che mette in fuga
il pensiero di San Tommaso d'Aquino.
Si
scambia una siepe nana per un tenebrosa foresta. Di qui le infantili paure, i
grotteschi inchini, le comiche giravolte, le prediche sgangherate e le servili
lodi all'indirizzo degli apostati sepolti nel cimitero delle catastrofiche e
disgraziate rivoluzioni.
Infine
lo sguinzagliamento dei teologi conformisti, incapaci di vedere il tracollo, l'obitus
marcionita del moderno e perciò
intesi a vantare la presenza di Hegel nei loro arruffati pensieri.
Con
ragione Radaelli sostiene che stiamo assistendo a una guerra "alla cose
per quello che sono, la guerra tipicamente sudamericana dell'uomo Jorge Mario
Bergoglio ben prima di essere chiamato al Sacro Soglio: pseudo-francescanesimo,
semplificazione, informalità, velocità, sono tutti obiettivi che van visti alla
luce di una prospettiva terzomondista, alla luce di una destrutturazione della
complessità metafisica dell'essere, come la intuisce Martin Mosebach col suo
libro, straordinario fin nel titolo, "L'eresia dell'informe".
L'intenzione
dei combattenti contro la metafisica è nascosta sotto il mantello di un'untuosa
e incappucciata fedeltà. Al proposito Radaelli rammenta che "il Bonaiuti, modernista
lungimirante, diceva 'Non contro Roma né senza Roma, ma con Roma e in Roma. Se
davvero vogliono conquistare l'inespugnabile Trono, Modernismo e Liberalismo
debbono aggirare le difese naturali della sacra Città, devono sapersi
infiltrare oltre le muraglie".
Effetto
dell'infiltrazione suggerita da Bonaiuti e attuata dai suo uditori è il cristianesimo
di pancia, predicato da papa Francesco, una novità di cui Radaelli descrive
le cinque componenti: la grandiosa, felice e totale
riforma della Chiesa, la conclusiva e fedele attuazione del
Concilio Vaticano II.
Radaelli
di seguito analizza i contenuti dell'enciclica "Lumen Fidei", scritta
da Benedetto XVI e firmata da Francesco. Il suo giudizio è devastante: "Colpisce
in questa Lettera enciclica sulla fede, l'assenza totale della parola dogma, di
un concetto, cioè, ormai bandito dalla Chiesa da tempo: esattamente da
cinquant'anni. Nella Humani generis, per esempio, essa compare sette volte e
altre tre in parole derivate, e nella Pascendi Dominicis gregis diciassette
volte più cinque in derivate".
Quando
si pensa che dogma significa decreto emanato dall'autorità religiosa per
definire un principio fondamentale non è difficile misurare l'allarmante
vastità della confusione che si è introdotta nella Chiesa cattolica a causa
della teologia soggiacente ai documenti del Concilio Vaticano II.
L'autore
dell'Enciclica in questione, d'altra parte riconosce che la fede viene
dall'ascolto (Fides ex auditu, Rm. 10,17) ma tace sul fatto che "ex
auditu" è espressione che porta a un verbum, a una parola, a una
testimonianza, a una dottrina, dunque a una verità, al dogma e senza
l'udito non si ha e non si può avere nulla".
Infine
Radaelli definisce la grande magagna che discende dalla guerra che il buonismo
ha dichiarato alla metafisica: "camminare verso forme comuni di
annuncio e pure speditamente. Noi e gli eretici, la verità e
la fandonia, il reale col mito e la fantasia, il Cielo e Belial. Ma: che
rapporto c'è tra il fedele e l'infedele? (2 Cor., 6.25). Nei termini tomasiani
la risposta è: nessuno". Questo induce a sospettare che la Chiesa
governata da papa Francesco corre in direzione di Nessuno.
Piero Vassallo
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