Propagata da
un parlamento intossicato e intontito dalla necrofilia
liberal-socialista, l'infezione abortista fu subita e sopportata da
una pavida e arrendevole fazione sedicente cattolica, la Democrazia
cristiana, che si era già arresa alla disonesta e scellerata legge
divorzista, pur di conservare la poltrona al capo del governo Mariano
Rumor.
Vivente
grazie all'ossigeno prestato dai deputati capitolardi, e al sonno di
un popolo intontito e narcotizzato dall'urlo del potente politico e
dello sfrenato giornalismo progressivo,
(potere obbediente alla disonesta, mitologica ciancia intorno alla
suprema autorità del voto referendario), la infame e turpe legge
abortista incontra, finalmente, la risoluta e intrepida opposizione
di ginecologi dotati di sano e refrattario
intelletto.
La dottrina
democratica afferma l'inviolabilità della qualunque opinione
condivisa dal popolo sovrano. Uomini di scienza ritengono che
sovrana sia, invece, la legge naturale e degna dell'ossequio che,
invece, si deve rifiutare coraggiosamente alla legge positiva
inquinata dalle passioni criminogene, circolanti in una maggioranza
politica contagiata e ottenebrata dai pensieri tossici, saliti dal
sottosuolo iniziatico e dal vespasiano gay.
La
coraggiosa, irriducibile resistenza dei ginecologi a una disonesta,
inumana e tirannica legge, conferma, infine, le ragioni del rovente
disprezzo che i cattolici refrattari hanno per tempo rovesciato
sull'impagliato
buonismo dei radicali d'acquasantiera,
clericali senza bussola e senza cuore, che depongono la loro inutile
ma vergognosa astensione ai piedi dei banditori radical
chic di una legge infame e assassina, che
rende i legislatori meritevoli di un implacabile disprezzo.
Refrattari
e imperterriti in mezzo ai giornalisti di
servizio
e ai vescovi assordati e spaventati
dall'incessante rumore della stucchevole celebrazione
post conciliare,
i
ginecologi
disobbedienti
alla legge assassina rappresentano
l'avanguardia
alla quale appartiene il futuro, già in cammino sulle rovine delle
moderne rivoluzioni e illusioni.
Giuliano
Ferrara, uno fra i più lucidi e ostinati
difensori del sacro diritto alla vita (specialmente alla vita
innocente e indifesa) rivendica i princìpi che i vescovi bergogliani
hanno consegnato alla macchina che addolcisce e addomestica i
pensieri scomodi e le sfide al potere esercitato dai nichilisti
democratici.
In
un fulminante articolo pubblicato nel quotidiano anticonformista Il
Fatto,
Ferrara osa indicare il bersaglio umano, sul quale sono puntati i
coltelli affilati dalla della ciancia abortista: “La
sanzione della condanna a morte di esseri ancora non nati,
piccolissime persone che si possono fotografare, che sentono dolore,
che hanno una struttura cromosomico finita e unica al mondo”.
Le
indignate
parole
di
Ferrara
azzoppano i camminatori avanzanti (progredenti)
sugli acrobatici sentieri del dis-umanesimo di stampo porno-laicista.
L'aborto è un delitto infame e maramaldesco, delittuosa
e spregevole è la legge che assolve o addirittura incoraggia e
finanzia l'omicidio. Indecoroso e capovolto è il potere dello stato
che una tale legge concepisce e impone. Orribile è la colpa delle
madri snaturate, che ricorrono al servizio mortifero prestato dalla
medicina di uno stato sceso in guerra contro la legge naturale.
La
disobbedienza degli intrepidi ginecologi per la vita è il segno
della albeggiante rivolta contro i mortiferi poteri del progressismo
di stampo cainita e/o sodomitico. Uno sputo lanciato sulla faccia
deforme e ripugnante della legge contro natura.
Piero Vassallo
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