martedì 2 dicembre 2014

Ascesa e trionfo del delirio teologico

 Infaticabile esploratore della letteratura teologica intossicata dal modernismo e dalla cultura hippy, Marcel De Corte, negli agitati anni del post-concilio, ha raccolto, catalogato e pubblicato nella rivista La Torre di Giovanni Volpe, il fior fiore delle perle clericali pescate nelle acque della stupidità invincibile.
 Quali esempi della contaminazione surrealista della teologia, De Corte citava le parole d'ordine gridate dal palcoscenico: “Lo Spirito Santo ha soffiato sulle barricate del sessantotto” (Marie-Dominique Chenu), “Se gli studenti si ribellano è un’epifania divina” (Paul-Emile Léger), “Dio è l’avvenire assoluto” (Karl Rahner), “Il vero tempio di Dio è l’uomo. ... Dio è il prossimo” (Louis Evely), “Dio è morto” (Jean Cardonnel), “La rivelazione è il risultato dell’esistenza umana che riflette su se stessa” (Edward Schillebeeckx).
 Dal suo canto Cornelio Fabro, nel profetico saggio L'avventura della teologia progressista, edito da Rusconi nel 1974, annunciava la tempesta anarco-pederastica incombente sul mondo cattolico.
 La tempesta mentale di stampo californiano era già in atto nella sentenza squillante di don Enrico Chiavacci, "la vera natura è non avere natura" e nell'applaudita pornoteologia di don Ambrogio Valsecchi, secondo il quale "l'amore del prossimo si esprime anzitutto e sopratutto nel rapporto sessuale. ... La sessualità è affermata come funzione umana generale per esercitare l'attività dialogica che presiede alla socialità: maestri di questo nuovo corso della morale sono indicati espressamente gli atei Freud e Marcuse".
 Quasi in risposta all'angosciata domanda del principe Amleto - vergogna dove è il tuo rossore? - il teologo Valsecchi, marciando sotto le rosse bandiere sessantottine, affermava spavaldamente "la liceità del peccato solitario, dell'omosessualità, del rapporto completo fra i i fidanzati che intendono sposarsi, del superamento dei princìpi della Humanae vitae".
 Alla fine del secolo sterminato baluginava ancora un debole frammento della vivida luce diffusa dalla Sacra Scrittura e dal magistero tradizionale. I vescovi della classe Noziglia non erano ancora in scena. Dispiace rammentarlo, trattandosi di un fatto preconciliare, ma la scienza degli uomini moderni - quantunque incensata dai padri festanti nelle convulse/confuse adunate del Vaticano II - era ancora giudicata stoltezza davanti alla sapienza di Dio.
 San Giovanni Paolo II, benché artefice dell'ecumenica, rumorosa e non compianta baraonda ad Assisi, in quel tempo si lasciava andare a dichiarazioni non conformi alle suggestioni modernizzanti in circolazione dopo il concilio.
 Nell’Evangelium Vitae Karol Wojtyla osò perfino gettare l’ombra del dubbio su aurei feticci della modernità quali il preservativo, la pillola, l’aborto, l'onanismo, l'adulterio e la sodomia, eccelse meraviglie venerate dai protagonisti della coda francofortese e sidagogica del secolo sterminato.
 Immediatamente si udì l'irritato mormorio dei teologi progressisti. Le parole del papa polacco furono avvolte e incartate dal pio rumore/malumore delle avanguardie teologiche e giornalistiche.
 Correva l'anno 1994, nella prima pagina di Repubblica, organo implicito della nuova teologia, un titolo profetico a caratteri di scatola annunciava   addirittura "omosessuale prete ideale".
 I teologi ortodossi videro l'inevitabile e si rassegnarono. La disperata e umiliata resistenza di Benedetto XVI fu sventata e sconfitta dal tenebroso e invincibile potere del disordine imperante nelle camarille vaticane. Accompagnata da squilli di trombe laiche e iniziatiche, la Chiesa cattolica fu abbandonata alla ruggente farneticazione degli autodistruttori. 
 San Pio X e San Pio da Pietralcina, i Santi che avevano profetizzato la catastrofe e tentato di arginare la disastrosa alluvione scatenata da teologi innamorati del cadaverico fantoccio della modernità furono collocati nell'angolo dei pensieri sorpassati.
 Grazie a Dio non tutti i cattolici sono in corsa verso il vespasiano, che irradia l'ultimo pensiero della rivolta contro la Verità. Nell'avvincente saggio su San Pio da Pietralcina, (Il segreto di Padre Pio, edito da Rizzoli) un impavido refrattario, Antonio Socci ha dimostrato che la fonte cui si è assiduamente abbeverato il cappuccino fu il papa San Pio X. La missione del più popolare fra i Santi dell'età contemporanea fu arginare, con le proprie sofferenze "la gravissima crisi della Chiesa, l'immaner apostasia del nostro tempo, l'apocalittico crollo del sacerdozio".
 Al proposito, Socci cita un luminoso testo di San Pio X, in cui il lettore può intravedere una profetica lode della luminosa umiltà del suo migliore discepolo, Francesco Forgione: "Chi è ricco di santità può - benché ultimo - operare cose meravigliose a salute del popolo di Dio, come fanno fede moltissime testimonianze di ogni età. Solamente la santità rende il sacerdote quale egli deve essere secondo la sua vocazione divina: Uomo crocifisso al mondo, vivente nella novità di una vita protesa alle cose celesti per condurre alle medesime il popolo cristiano". 
 San Pio X e San Pio da Pietralcina testimoniano l'invincibilità della Chiesa nella guerra scatenata dal clero modernizzante. Il 12 marzo del 1913, mentre sulla belle époque incombe il terribile castigo della guerra, Gesù appare al cappuccino e gli rivela: "La mia casa è diventata per molti un teatro di divertimenti; anche i miei ministri che io ho sempre riguardato con predilezione, che io amato come pupille dell'occhio mio; essi dovrebbero aiutarmi nella redenzione delle anime, invece chi lo crederebbe?! da essi debbo ricevere ingratitudini e sconcezze. Vedo molti di costoro che sotto ipocrite sembianze mi tradiscono con comunioni sacrileghe. ... Gesù purtroppo ha ragione di lamentarsi della nostra ingratitudine. Quanti disgraziati nostri fratelli corrispondono all'amore di Gesù col buttarsi a braccia aperte nell'infame setta della massoneria".
 La contaminazione settaria del clero cattolico era in atto da tempo. L'infiltrazione di cauti errori e di intermittenti verità non è una innovazione introdotta dall'effervescenza teologica attiva nei documenti e nelle chiacchiere intorno al Concilio Vaticano II. Non si deve tuttavia permettere che la minaccia incombente sulla Chiesa cattolica induca alla disperazione. La speranza, infatti, è suggerita e obbligata dalla condanna pronunciata da Cristo e rivelata a San Pio da Pietralcina, testimone della invincibile santità. Dio non ha consegnato i suoi fedeli alle tenebre dell'errore modernista e/o ai flash della televisione. I tamburi dello sciocchezzaio novista rullano invano.


 Piero Vassallo

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