L'autodeterminazione dei popoli è un
principio giuridico sancito da un criterio morale. Il diritto internazionale e
l'ONU non hanno potuto ignorarlo. Però, con eccezioni capziose che hanno
violato il principio stesso, l'autodeterminazione è stata negata in vari casi:
quando il diritto all'indipendenza o alla ricongiunzione con stati affini era
sorretto da lingua, tradizioni, religione, territorio comuni e distintivi di un
popolo, che invece restò inglobato in uno stato di differente identità e di
differenti interessi spirituali e materiali.
Le ragioni della violazione servirono a sancire i privilegi e lo status
quo dei confini, stabiliti dalle nazioni più forti, vittoriose nell'ultimo
conflitto, e dei confini altrui che esse non volevano fossero mutati. Per
esempio, il Quebec non poté separarsi dal Canada; si trovarono pretesti per non
concedere a popolazioni tedesche o austriache di rendersi indipendenti da stati
ad esse estranei, nei quali erano inserite.
Se dunque anche un referendum effettivo e non truccato (di truccati ce
ne furono parecchi) non basta a rendere una nazione padrona del proprio
destino, il divieto all'autodeterminazione, invocato con il rispetto
dell'integrità territoriale esistente, dovrebbe poggiare su motivi etici
indiscutibili.
Non mi riferisco quindi alla Catalogna, né ai cosiddetti Paesi Baschi,
da lungo tempo appartenenti alla Spagna e ad essa accomunati da considerevoli
necessità, soprattutto dal grande numero di abitanti spagnoli che vive nelle
suddette province. Infatti il referendum per l'indipendenza della Catalogna è
stato approvato con un esiguo margine di maggioranza.
Pongo invece la questione dell'Ucraina e dei suoi abitanti che hanno
scelto l'unione con la Russia, in particolare quelli della Crimea. Fino alla
caduta dell'Unione Sovietica e anche prima della Rivoluzione essi stavano nell'Impero
russo. La lingua russa è tuttora diffusa nell'intero stato ucraino. Perciò è
ingiustificata la pretesa dell'Ucraina di non cedere le terre appartenenti a
quelle genti che hanno voluto l'annessione alla Russia. La Crimea, avendo ciò
conseguito con un plebiscito, appare legittimamente acquisita dallo stato
russo. Ergo, le sanzioni adottate, da paesi alquanto terzi, contro Mosca sono
prive di solido fondamento, soprattutto devono decadere di fronte ai buoni
motivi per ristabilire le normali relazioni con Putin.
S'intende l'antagonismo in atto tra Occidente e Europa dell'Est,
s'intende il vincolo che lega l'Italia alla NATO, ma l'Italia membro
dell'Alleanza Atlantica non ha motivo di condividere la contrapposizione. Il
nostro bisogno di liberarci delle straniere servitù economica e politica ci
rende più vicini alla Russia attuale che all'Alleanza attuale, come più vicini
a Trump che alle altre democrazie occidentali. Ora, se Trump rivaleggia con
Putin, almeno di facciata, e tiene ferme le sanzioni, resta il neanche troppo velato
appoggio del suo governo al nostro nuovo governo. Sicché in questo momento
storico abbiamo un discreto buon gioco per far valere i nostri interessi,
basati su presupposti morali, cioè per agire contro il mantenimento del
boicottaggio imposto alla Russia.
Piero Nicola
Eccellente articolo. Sono convinto che l'Italia debba affrontare il problema del rapporto con la Russia in piena autonomia politica e con risoluto distacco dall'ideologia americana (e rammentando che la Russia è un paese europeo).
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