Ai teologi volanti e festanti nel
rovente soffio del post concilio, il compianto Nino Badano, dopo aver
contestato l'incauta apertura al dialogo, rammentò l'esempio offerto da
un papa di santa vita e di alta dottrina, San Leone Magno (Volterra 390 – Roma
461).
L'intrepido pontefice, infatti, sconsigliava
energicamente e addirittura proibiva il dialogo con gli eretici e i non
credenti: “Dovete evitare gli uomini che sono contro la Verità come si evita
un veleno mortale: dovete detestarli, astenendovi anche dal parlare con loro
perché sta scritto: la loro parola rode come la cancrena”.
Purtroppo l'ammonimento di San Leone Magno
è stato addolcito dalla nuova teologia, quindi capovolto nell'ascolto prestato
dalla gerarchia alla untuosa/rumorosa chiacchiera degli interpreti
(franco-tedeschi) dello chic tecclesiale.
L'esortazione di San Leone Magno è stata
censurata e sostituita dal caramelloso/avventuroso ecumenismo e dal soggiacente
delirio teologico, a tempo debito denunciato da Cornelio Fabro, vox
clamantis in deserto.
Dal suo canto Badano affermava che, dopo il
concilio per antonomasia, “l'intransigenza è proscritta: per
accordarsi col mondo si dà a Cesare anche ciò che è di Dio; gli uomini amano
fingersi più misericordiosi di Lui”.
Il clero untuoso e conformista, avendo elevato
don Giuseppe Dossetti alla dignità appartenente a San Tommaso d'Aquino, non
vede o finge di non vedere l'inefficacia
del dialogo - a struttura capitolarda e ad effetto rovinoso - con la
vana gloria dei prestigiatori di parola laica.
Gli interpreti del pensiero radical chic
ottengono dall'incauta e disarmata bonarietà della gerarchia vaticana il battesimo
e la cresima di chiacchiere esangui, in desolata/affranta agitazione nella
totentanz laica, democratica e progressista.
La gerarchia conciliare sembra incapace di
vedere l'estenuazione e l'agonia del laicismo post moderno, uno sfinimento che talora si
rovescia nel delirio drogastico, talora affonda nei paradossi della medicina
mortale, talora, infine, si consegna, quasi gongolando, al minaccioso e cupo
avvenire islamico.
Il giornalismo di servizio, applaudito dal
Vaticano buonista, nasconde e censura intanto i cattolici sacrificati – giorno
dopo giorno - sui feroci altari della religione maomettana.
Impassibili i giornalisti di obbedienza
clericale amplificano il grido della complicità indirizzata agli islamici, che
invadono (a loro rischio eventuale e a nostro sicuro danno) la disarmata,
calpestata e intossicata terra italiana.
Il malinconico destino degli europei passa per
la capitolazione italiana e contempla l'assistenza silente o addirittura
esultante all'incontrollata invasione degli islamici.
Lo sbarco dei maomettani nelle terre dalle
quali furono cacciati dalla Cristianità credente e combattente, è una sciagura
preparata dalla strutturale debolezza del pensiero laico, un vizio incrementato
dalla viltà dei costumi delle masse plagiate dai media pornografici e
dalla acquiescenza diffusa da una gerarchia vaticana caduta nella fossa dei
serpenti a sonagli sincretisti.
L'impossibilità di sperare nel soccorso di una
classe politica vanesia e debragata costringe gli italiani,
ostinatamente refrattari alla schiavitù avanzate al seguito degli islamici, a
condividere, allargandola, la sentenza di un filosofo non cristiano, quale fu
Martin Heidegger: “solamente Dio ci può salvare dalla stupidità illuminata
dalle candele conciliari”.
Soltanto la fede nel vero Dio può destare
gli europei dal delirio, che, rovesciandosi nella teologia onirica, ha
suggerito di aprire le porte dell'Europa all'invasore maomettano.
Piero Vassallo
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