Ove conoscessero la storia del Msi, gli
antifascisti irosi e ostinati, anziché insorgere contro il chiacchiericcio
della petulante Giorgia Meloni, esalterebbero lo storico, instancabile
parlatore Giorgio Almirante, padre di tre fondamentali contributi alla
mortificazione strutturale e alla degenerazione comiziale della destra
italiana. I sinistrorsi dovrebbero capire, infine, che “via Almirante” è un
crittogramma significante “via dalla tradizione italiana”, “via dalla
cultura propriamente detta”, “via dalla vera destra”, “via
dalla religione cattolica e dalla filosofia scolastica” e infine “via
dalla storia ideale eterna”.
Primo contributo almirantiano
all'estinzione della destra: Genova giugno 1960, l 'impedimento alla
celebrazione del congresso nazionale del M.s.i., convocato dal segretario
nazionale Arturo Michelini per attuare la svolta democratica del partito, che
aveva, intanto, prestato un voto determinante al ministero presieduto da
Ferdinando Tambroni. Il segretario della federazione genovese missina,
l'elegante Pino Rolandino, aveva scelto, quale sede del congresso, il
Margherita, un teatro ricostruito vicino alle lapidi che ricordavano i
partigiani caduti durante la guerra civile 1943-1945. Di qui la violenta e
pretestuosa insorgenza della piazza comunista. In quel teatro, infatti, lo
rammentò a tempo debito Giano Accame, si erano svolte (indisturbate) numerose
manifestazioni del M.s.i.. Fu ventilata ad ogni modo la proposta di celebrare
il congresso missino nel teatro della delegazione di Nervi, una sede non
esposta alla violenta contestazione dei comunisti. Purtroppo Almirante si
oppose a tale ragionevole (e obbligata) scelta, onde la sospensione del
congresso e l'immotivata e autolesionistica sfiducia dei parlamentari missini al
governo di centro-destra presieduto da Tambroni. Il risultato fu l'isolamento
del Msi, deportato in un vero e proprio ghetto.
Secondo contributo: Roma
1976, Almirante, beneficiato dagli errori dei democristiani sinistrorsi, aveva
ottenuto l'adesione al Msi di numerosi esponenti dell'area moderata. Purtroppo
il segretario missino, abbagliato e ingannato da una suggestione totalitaria,
non seppe e forse non volle allontanare gli estremisti, che costituivano una
minoranza in irosa fibrillazione a causa della svolta moderata del partito. In
mezzo agli estremisti furenti primeggiava l'incontrollato paracadutista Sandro
Saccucci, stralunato comiziante a Sezze, con seguito di pistoleri (risultato:
un passante ucciso e uno ferito grave). L'impresa stralunata di Sezze e la
mancata espulsioni di Saccucci (inspiegabilmente protetto da Almirante, che
aveva peraltro deplorato il comportamento del pistolero) causarono le immediate
e motivate dimissioni delle personalità, che avevano attuato la svolta moderata
del Msi (Gino Birindelli, Ernesto De Marzio, Alfredo Covelli, Gianni Roberti,
Gastone Nencioni, Mario Tedeschi, Massimo Anderson e numerosi altri). La
fragilità di Almirante era tale che l'impresa di un irresponsabile comiziante
con pistola fece naufragare il progetto, che contemplava una destra moderata.
Terzo contributo: la
designazione di Gianfranco Fini (“un vuoto pneumatico”, giusta la
definizione del proponente, Giorgio Almirante) quale candidato alla segreteria
del Msi, una scelta duramente contestata
dalla classe pensante del partito (lo ha rammentato il sagace Amedeo Laboccetta, autore del saggio La
vita è un incontro, edito in Napoli da Controcorrente). Laboccetta
sostiene che Fini, forse suggestionato dai Tulliani, mise fine alla sua
carriera politica uscendo P.d.l. “con le sue gambe, dopo aver messo a
soqquadro la casa: E lo ha fatto nonostante gli fosse stato consigliato, da
uomini degni di fede e di considerazione, la totale inadeguatezza della strategia politica finalizzata a demolire
Berlusconi per poi prenderne il posto”.
Giorgia Meloni è l'erede – la creata -
e la continuatrice di quella politica almirantiana/finiana, che è stata
indirizzata allo snaturamento e all'affossamento della destra nazionale. Il suo
più alto progetto “politico”, infatti, è l'intitolazione di una via al pre-padre
Giorgio Almirante, cui la vox populi attribuiva il titolo di capocomico.
Meglio della destra meloniana
il niente. A coloro che professano idee riconducibili alla destra ideale
non rimane che una scelta: l'azione culturale intesa a ristabilire il rapporto
tra la politica della destra futura con la tradizione spirituale e filosofica
degli italiani. La politica conforme alla speranza dei connazionali ricomincia
dal pacifico allontanamento dalla chiacchiera squillante invano nella rottamata destra. E dalla convergenza
delle isolate intelligenze in un laboratorio inteso alla discoverta della
cultura politica capace di scuotere la latitanza degli italiani.
Piero Vassallo
Nessun commento:
Posta un commento