lunedì 23 maggio 2016

Via Almirante

 Ove conoscessero la storia del Msi, gli antifascisti irosi e ostinati, anziché insorgere contro il chiacchiericcio della petulante Giorgia Meloni, esalterebbero lo storico, instancabile parlatore Giorgio Almirante, padre di tre fondamentali contributi alla mortificazione strutturale e alla degenerazione comiziale della destra italiana. I sinistrorsi dovrebbero capire, infine, che “via Almirante” è un crittogramma significante “via dalla tradizione italiana”, “via dalla cultura propriamente detta”, “via dalla vera destra”, “via dalla religione cattolica e dalla filosofia scolastica” e infine “via dalla storia ideale eterna”.

 Primo contributo almirantiano all'estinzione della destra: Genova giugno 1960, l'impedimento alla celebrazione del congresso nazionale del M.s.i., convocato dal segretario nazionale Arturo Michelini per attuare la svolta democratica del partito, che aveva, intanto, prestato un voto determinante al ministero presieduto da Ferdinando Tambroni. Il segretario della federazione genovese missina, l'elegante Pino Rolandino, aveva scelto, quale sede del congresso, il Margherita, un teatro ricostruito vicino alle lapidi che ricordavano i partigiani caduti durante la guerra civile 1943-1945. Di qui la violenta e pretestuosa insorgenza della piazza comunista. In quel teatro, infatti, lo rammentò a tempo debito Giano Accame, si erano svolte (indisturbate) numerose manifestazioni del M.s.i.. Fu ventilata ad ogni modo la proposta di celebrare il congresso missino nel teatro della delegazione di Nervi, una sede non esposta alla violenta contestazione dei comunisti. Purtroppo Almirante si oppose a tale ragionevole (e obbligata) scelta, onde la sospensione del congresso e l'immotivata e autolesionistica sfiducia dei parlamentari missini al governo di centro-destra presieduto da Tambroni. Il risultato fu l'isolamento del Msi, deportato in un vero e proprio ghetto.

Secondo contributo: Roma 1976, Almirante, beneficiato dagli errori dei democristiani sinistrorsi, aveva ottenuto l'adesione al Msi di numerosi esponenti dell'area moderata. Purtroppo il segretario missino, abbagliato e ingannato da una suggestione totalitaria, non seppe e forse non volle allontanare gli estremisti, che costituivano una minoranza in irosa fibrillazione a causa della svolta moderata del partito. In mezzo agli estremisti furenti primeggiava l'incontrollato paracadutista Sandro Saccucci, stralunato comiziante a Sezze, con seguito di pistoleri (risultato: un passante ucciso e uno ferito grave). L'impresa stralunata di Sezze e la mancata espulsioni di Saccucci (inspiegabilmente protetto da Almirante, che aveva peraltro deplorato il comportamento del pistolero) causarono le immediate e motivate dimissioni delle personalità, che avevano attuato la svolta moderata del Msi (Gino Birindelli, Ernesto De Marzio, Alfredo Covelli, Gianni Roberti, Gastone Nencioni, Mario Tedeschi, Massimo Anderson e numerosi altri). La fragilità di Almirante era tale che l'impresa di un irresponsabile comiziante con pistola fece naufragare il progetto, che contemplava una destra moderata.

Terzo contributo: la designazione di Gianfranco Fini (“un vuoto pneumatico”, giusta la definizione del proponente, Giorgio Almirante) quale candidato alla segreteria del Msi, una scelta  duramente contestata dalla classe pensante del partito (lo ha rammentato il sagace  Amedeo Laboccetta, autore del saggio La vita è un incontro, edito in Napoli da Controcorrente). Laboccetta sostiene che Fini, forse suggestionato dai Tulliani, mise fine alla sua carriera politica uscendo P.d.l. “con le sue gambe, dopo aver messo a soqquadro la casa: E lo ha fatto nonostante gli fosse stato consigliato, da uomini degni di fede e di considerazione, la totale inadeguatezza della  strategia politica finalizzata a demolire Berlusconi per poi prenderne il posto”.

 Giorgia Meloni è l'erede – la creata - e la continuatrice di quella politica almirantiana/finiana, che è stata indirizzata allo snaturamento e all'affossamento della destra nazionale. Il suo più alto progetto “politico”, infatti, è l'intitolazione di una via al pre-padre Giorgio Almirante, cui la vox populi attribuiva il titolo di capocomico.

Meglio della destra meloniana il niente. A coloro che professano idee riconducibili alla destra ideale non rimane che una scelta: l'azione culturale intesa a ristabilire il rapporto tra la politica della destra futura con la tradizione spirituale e filosofica degli italiani. La politica conforme alla speranza dei connazionali ricomincia dal pacifico allontanamento dalla chiacchiera squillante invano  nella rottamata destra. E dalla convergenza delle isolate intelligenze in un laboratorio inteso alla discoverta della cultura politica capace di scuotere la latitanza degli italiani.


Piero Vassallo

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