lunedì 18 luglio 2016

Frammenti e ragionamenti nella sera della via

Nella mia vita, come nella tramontante vicenda del qualunque anziano, ha unicamente significato l'elenco degli esempi. Degli insegnamenti e dei benefici ricevuti dai genitori, dai parenti saggi, e dal vasto numero degli educatori professionisti o amici.
 Per rammentare e comprendere il proprio nascosto significato l'io deve, anzi tutto, fare un coraggioso passo indietro e rivolgere la memoria ai testimoni della pietà cristiana e dell'amor di Patria. Due virtù che, in altri, censurati tempi, erano inseparabili. … Dietro la cattedra erano in mostra ritratti del Papa Pio XII, del Duce Benito Mussolini e del Re, Vittorio Emanuele III.
 Correva il tormentato maggio del 1943, l'Italia stava per scendere nel sottosuolo della sconfitta.
 Nel piccolo e povero paese in cui la mia famiglia si era rifugiata per sfuggire ai bombardamenti, le sere di maggio erano movimentate da un piccola e ardita folla di donne e giovani uomini credenti, che, per recarsi in chiesa rischiavano l'incontro con il solitario areo americano, la cui mitraglia aveva il compito di terrorizzare  il quasi disarmato nemico.
 Infine vinsero gli alleati. Insieme con i filippini, nell'aprile del 1945, gli zelanti fucilieri italiani salivano da una valle parallela, seminando bieco sangue fascista.
 I filippini lanciavano cartigli verdi, contenenti gomme da masticare. La liberazione incrociava l'accattonaggio. 
 Gli adulti del paese rustico guardavano scrollando la testa. Il fascismo non si smaltisce i pochi giorni...
 I rari operai, illuminati dal lavoro nella città, applaudivano e lanciavano fiori selvatici. La sconfitta li faceva gongolare.
Un giovane cripto fascista (il padre nascondeva in casa il fascista Giulio Cesco Baghino) osò lanciare fiori gialli, familiarmente detti piscia cani.
 Fortunatamente i liberatori filippini non capirono il significato offensivo del simbolo giallo. E i patrioti fecero finta di niente, ringhiando in cuor loro. (Se avessero saputo di Baghino, però...)
 Le donne, in disparte, facevano il segno della croce. Dall'alta valle scendeva infine il sordo rumore della plumbea giustizia partigiana. Eccitato dal lontano rumore delle mitragliette, l'illustre resistente promise e profetizzò una vita stentata al giovane lanciatore di fiori gialli.
 Se non che le tombe dei giustiziati fascisti, scavate in prossimità incauta dall'aquilotto, causarono una epidemia di tifo. Alcuni sussurrarono un enigmatico proverbio: Dio non paga il sabato.
 Un bieco fascista osò dire che l'infezione era la vendetta dei fascisti sveltamente assassinati e incautamente sepolti.
 L'antifascismo, era minoranza, infine. I montanari tacevano. I cialtroni erano l'un per mille. Nella grande folla l'un per mille di necrofili costituiva una folla rabbiosa ma esigua.
 La canaglia festante intorno ai morti esposti in piazzale Loreto rappresentava la minoranza vincente: cinquemila illuminati in rappresentanza di un silenzioso milione e mezzo di milanesi. La giustizia antifascista avanzava cantando in inglese.
 A Milano un poeta cieco, l'eroe italiano, medaglia d'oro (fascista) Carlo Borsini fu ucciso e gettata nel cassonetto della spazzatura. Iniziava il democratico corso della cultura.
 Pasolini (a futura memoria) era davanti al cassonetto. In attesa della conversione pederastia della poesia.
 Il giorno dopo la scuola fu  riaperta. Il professore ci assegnò un compito in classe: Il fine inglorioso del tiranno.  Poi si affacciò alla finestra. 
 Il tiranno era Benito Mussolini? O il popolo che applaudiva il boia? Quale era il pensiero del professore? L'incertezza incombeva. Mi avvicinai per chiedere spiegazioni. E mi accorsi che il professore piangeva. Ho forse intuito che il nascosto pianto celebrava l'avvento della nuova Italia? Mi resi conto che finiva un'epoca, che i discorsi del Duce, i libri di storia, le lezioni dei maestri e dei professori, gli appelli nella adunate, i bollettini di guerra, i racconti della radio, i giornali, le conversazioni familiari stavano per capovolgersi nel tran tran della chiacchiera disfattista cioè democratica? La triste ombra di Ferruccio Parri...
 Mi fu assegnato un tema. La liberazione. Avrei voluto, poiché in giro squillava la festa dei nemici, tuttavia non  riuscii a scrivere neppure una misera riga. Che splendido ricordo quella estranea impotenza a scrivere la parola dei vincitori.
 In città, infine, dopo lo sfollamento. Sulle terrazze e nei pubblici giardini si ballava il bughi bughi, una danza acrobatica, propedeutica di fulminee avventure americane. Magnifici vettori di malattie veneree. Dopo il mal francese il male americano. La storia s'insinua negli ospedali, talora.
 Genova, circonvallazione a monte. In via Acquarone, sulle macerie di un antico palazzo signorile, intanto stava l'improvvisato palcoscenico di Fagiolino, un comico di strada, specialista in  rumori intestinali, applauditi da una democratica suburra.

 Un sospetto impertinente li definiva colonna sonora della liberazione dall'odiata tirannia fascista. Dalla sana maggioranza applausi e grida di ammirazione alla profonda voce dell'Italia democratica. L'antifascismo, che magnifica, che soave musica.

Piero Vassallo

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