L’immagine dell’Illuminismo rutilante e trionfante si è smorzata, appiattendosi sulla catastrofica figura dell’essere disegnata dallo scolarca postmoderno Martin Heidegger e dai suoi continuatori francofortesi e californiani.
L’indirizzo decadente della filosofia moderna, peraltro, era stato previsto dal card. Giuseppe Siri, che ha annunciato la svolta neognostica nel gennaio del 1968, ventun anni prima della caduta del muro di Berlino: «Heidegger è una radicalizzazione di Kant, infatti sta interamente nel quadro kantiano. E tutta una scuola di pensiero, all’inizio di questo secolo, ha tentato un compromesso con Kant. Su quella via diventata facile, è quasi spontaneo ci fosse più che mezzo secolo dopo un tentativo di compromesso con Heidegger. Chi ha fatto le spese di tutto ciò sono la metafisica e la teologia naturale. [...] Queste tesi, che qualificheremo neognostiche hanno come fondamento la linea di pensiero appunto condannata da Concilio Vaticano I, la linea che da Kant va a Heidegger.» (1)
La caduta della filosofia illuminata nella tenebrosa superstizione neognostica rimette in gioco il pensiero tradizionale, rilancia le verità profeticamente affermate da Pio XII nella “Humani generis”, riabilita la filosofia di Cornelio Fabro e l’ecclesiologia di Romano Amerio. E fa scendere nel ridicolo i teologi progressisti, che mendicavano un tozzo di credibilità davanti alle funeree porte del mondo moderno.
Svanisce in un soffio il metacristianesimo, la dirompente e ossessa dottrina del teologo estremo Edward Schillebeeckx, secondo il quale la separazione dal pensiero moderno costringeva la Chiesa cattolica ad un’obiettiva insignificanza.
Si disperde nelle patetiche comunelle dei nostalgici e dei ritardati quello spirito del concilio, che incitava a diffidare della verità e dell’identità cattolica, «perché ambedue diventano momento di contrasto e di scontro con il mondo che cambia, con il mondo nuovo [...] cui i cristiani non solo devono adeguarsi ma devono addirittura adoperarsi per aiutarlo a chiarirsi, crescere, realizzarsi.» (2)
Nel nuovo e imprevisto scenario, l’insignificanza si è trasferita nel pensiero radical-chic, cupo e avvilente succedaneo di quell’utopia comunista, che sollazzava il pubblico festante sotto l’arco trionfale della storia.
Trascinato dal radical chic, il progressismo italiano affonda nella acque torbide della mistica decreazionista elucubrata dal tombale Andrea Emo Capodilista e commentata dal malinconico Massimo Cacciari.
È finalmente possibile fermare le bocce della destra sedicente nuova e inventariare gli errori strategici, le alleanze innaturali e le letture bifide e incapacitanti, che, ultimamente, hanno indebolito e alterato l’identità degli oppositori alla rivoluzione.
I testi di Walter Benjamin, Alexandre Kojève, Jean Paul Sartre, Ernst Bloch, Herbert Marcuse, Theodor Adorno, Max Horckheimer, Hans Jonas, Georges Bataille, Jacob Taubes hanno persuaso gli intellettuali e i militanti di sinistra a consegnare le illusioni rivoluzionarie al divorante fuoco delle passioni inutili.
Alla tradizione cattolica la cultura della sinistra non può opporre altro che il furore abortista e antiproibizionista di Emma Bonino e del suo sponsor, il finanziere apolide George Soros. Sostenuta da un mago della finanza iniziatica, la sinistra si disseta piegandosi caninamente sulle pozzanghere borghesi, un tempo colpite dall’anatema di Lenin.
È dunque evidente l’inutilità delle affrettate ed innaturali serenate al moderno, eseguite dagli esponenti datati di una destra atterrita dall’incubo del sessantottismo vincente.
Occorre chiudere la pigra stagione dell’et... et, che fu segnata dall’arretratezza culturale e dai complessi d’inferiorità. E archiviare gli abbagli che suggerirono alla classe dirigente missina il sodalizio con l’alieno Armando Plebe, la relazione gregaria con il nulla neodestro e l’ammirazione davanti alla capovolta spiritualità di Elemire Zolla, ambiguo suggeritore e promotore dei pensieri eccentrici diffusi dalle case editrici del conformismo (Dell’Albero, Borla, Rusconi, Mediterranee, e ultimamente Pantheon e Vallecchi) per il consumo di giornalisti plagiati e sbandati.
Le alleanze innaturali e zavorranti, sottoscritte dagli esponenti della destra fragile durante gli anni bui intorno al Sessantotto, infatti, non furono suggerite da affinità ideali seriamente accertate ma imposte dalla paura associata con lo sfrenato desiderio di sembrare aggiornati.
Prolungate senza ombra di ragione, oggi tali dipendenze sono diventate strumenti della confusione mentale e, quel che è peggio, giustificazioni di un dialogo anacronistico con gli iniziati ai misteri del postcomunismo: laicisti, relativisti, nichilisti, libertini e becchini.
I centri culturali costituiti dagli intellettuali di Gianfranco Fini sotto l’insegna della confusione tra la politica classica e la scienza comiziale (il vaniloquio sofistico), tra l’aristocrazia e la casta parassitaria, tra la tradizione e il cascame regressista, costituiscono il principale ostacolo sulla via dell’affermazione di una vera destra.
Di più: senza la neutralizzazione di tali fomiti d’ambiguità e d’inquinamento, la falsa destra sopravviverà continuando a deludere, a tradire l’elettorato ben pensante. E a sostenere il radical chic e i poteri forti, trapiantati a sinistra per la conservazione delle riforme attuate grazie al voto carpito a proletari e borghesi inconsapevoli di assecondare una congiura intesa a pervertire la società italiana.
Il conformismo e la superficialità circolanti nell’area neodestra, infatti, contribuiscono alla sopravvivenza delle “riforme liberatorie” di conio sessantottino, sfascio della famiglia, culto dell’adulterio, sostegno statale alla stampa pornografica, legalizzazione dell’aborto, liberalizzazione della droga, canonizzazione della pederastia, indulgenza e mano libera ai criminali, asilo ai terroristi d’importazione.
Il sessantottismo è servito ad insaponare la corda, con la quale la setta iniziatica (quella che si raduna nei luoghi di alto malaffare) e il partito dell’usura tentano di impiccare gli italiani alla lanterna della dissoluzione nichilista.
L’incantesimo è intanto svanito sul lato sinistro. La macchina eversiva ha girato le spalle al progressismo. In compenso, l’azione corruttrice e allucinatoria della scolastica settaria prosegue a destra, utilizzando la tattica che si adatta perfettamente alla società del libero inganno: la deposizione di polpette “squisite” sui palati dei vanesi e dei frivoli, che l’assiduo commercio con la stupidità — nel caso dei neodestri si può addirittura parlare di indurimento nell’idiozia — dispone ad ammirare i vettori del carbonchio spirituale.
È tempo che i militanti anticonformisti si allontanino dal tritacarne neodestro, depongano le illusioni sui presunti splendori della modernità avanzata e comprendano che, dopo il Sessantotto, le sinistre hanno percorso fino in fondo l’orbita del nichilismo.
Piero Vassallo
1) Cfr. “La teologia naturale”, in “Renovatio”, a. III, aprile-giugno 1968.
2) Pier Paolo Saleri ha confutato la dottrina dei dossettiani dimostrando che la scelta religiosa da loro proposta, cfr. “Studi cattolici”, n. 589, marzo 2010.
Nessun commento:
Posta un commento