“La modernità si rivela enigmatica nella sua intima essenza e
apparentemente non vi è modo per superare questo enigma…una generica
consapevolezza di questo fenomeno affiora nelle ansie di tutti.”[i]
Non sappiamo quanto la
traduzione sia stata fedele, ma il termine enigma” (gr. ainigmad a ainissomai “faccio allusione
copertamente”, parlo oscuramente”) attribuito alla nostra epoca, sembra
corrispondere in qualche modo alle definizioni che ne dette il mondo della
Tradizione. Ma chi l’avrebbe detto che l’età ultima, il kali-yuga, si sarebbe risolta in sussurro apparentemente
inoffensivo, in un appena distinguibile “come
se…?
La mia preoccupazione nasce dal timore che le anime
dei cattolici vengano
un po’ alla volta forzate dentro
una sorta di tunnel di
narrazioni (ossessive, le si trova ovunque nei
messaggi pubblicitari, sui rotocalchi, sui quotidiani, sul web, ma penso anche
alle immagini prodotte dalla nostra mente dopo la lettura di uno scritto) che
ormai costituisce un intero sistema di immagini, abilmente confezionate
dai dottori del potere. Il tunnel appare come rivestito da narrazioni sulla realtà, una quantità incredibile
di “come se…” premuti sulla nostra fede e sulla vita di tutti i giorni con il
dissimulato scopo di sostituire la stessa realtà. Il senso è molto simile al “mito
della caverna” che si trova nel VII libro della Repubblica di Platone scritto all’inizio del IV sec. A.C.
Potremmo dire con un
po’ di immaginazione che all’entrata di quel tunnel esista la scritta post-cattolicesimo o anche cattolicesimo “come se” o ancora emozioni cattoliche (e nessun intelletto) o infine estetica del cattolicesimo. Occorre
precisare: “l’estetismo” è la dottrina che considera i valori “estetici” come i
massimi nella vita dello spirito; estetica è il termine che dal greco indica la dottrina della
conoscenza sensibile e anche la teoria dell’arte. Se lasciamo che si innestino
nel cattolicesimo generici valori “estetici” (dal greco aistethikos = che si riferisce
alla sensazione, alla percezione) assumendoli come i massimi nella vita dello spirito
e lasciamo prevalere la conoscenza “sensibile” delle verità rivelate sulla
conoscenza del cuore, rischiamo all’improvviso di sbattere contro il diamante
di Gesù che dice di sé “io sono la Via, la Verità e la Vita e non si va al
Padre se non attraverso me”. La
nostra religione si fonda sullo Spirito Santo ed è tanto fondata su di Esso che
“… qualsiasi peccato e bestemmia sarà perdonata ma la bestemmia contro lo
Sprito Santo non sarà perdonata.”[ii] Fra il credere ed il non credere non esiste un “credere come se”, un
credere emotivo, non esiste una terza via del credere come non si possono
servire due padroni. O se ne “odierà l’uno e amerà l’altro oppure sarà fedele a
questo e disprezzerà quello.”[iii]
Mi preme mettere in
guardia in particolare dalle narrazioni che mirano ad imporre di fatto ai
fedeli una terza via cristiana, un come
se…(fossi cristiano, un cristiano così e così). É possibile che esse
muovano da centri di potere (politico, economico, massonico, finanziario,
religioso, intellettuale), dalle grandi università, dagli intellettuali
vogliosi di successo, dalle agenzie di stampa internazionali
(ricordo che l’agenzia italiana, l’ANSA è stata fagocitata di recente dalla Associated Press e sarà questa che da New York ci dirà che cosa
dobbiamo sapere e che cosa no). La vita intellettuale di tutti noi si muove
ormai all’interno di molti post-,
orientati tutti verso il “superamento” della storia, della verità o della
realtà utilizzando come ho già detto il sistema delle narrazioni, dei racconti, del come se… La verità, la realtà, la storia che restano fuori
delle logiche di superamento sono condannate alla perdita di importanza. Il
timore è che il cattolicesimo, restato fuori delle logiche di superamento dello
stesso, possa dar vita ad un del post-cattolicesimo. Piede di porco, la
seduzione.
La seduzione (sedurre significa indurre al
male, allettare, circuire allo scopo di ottenere qualcosa) suscitata
dalle immagini che alterano la realtà,
la edulcorano, la pilotano, la stornano dalla sua essenza (penso per esempio ad
avvocatesse che per strada sembrano modelle in sfilata o a prossime giovani
madri che maliziosamente fanno virare la loro immagine verso quella
dell’indossatrice magari un po’ più tonda, eccetera), la seduzione dicevo,
sposta la riflessione del fruitore dal naturale desiderio di conoscenza, di
valutazione dei dati circostanziali in suo possesso verso il piacere estetico,
verso la sensazione e la percezione: clicca pollicione “mi piace”, dai dai
emoziònati… (non c’è bisogno che tu perda tempo elaborando altro tipo di
giudizi tanto se piace, vendo, se piaci, ti vendo, se piace…). Narrando la
realtà impercettibilmente la si storna e infine la si riduce al foglietto di
carta o alla manciata di pixel che stiamo guardando. Il limite della falsità
conclamata sta lì a soli due millimetri. Cacciari ricordava che non
occorreva più scomodarsi a dichiarare la morte di Dio, bastava solo pensarlo
come irrilevante.
La notizia è stata
riportata da Maurizio Blondet. In Ucraina si è svolta una “processione
della pace” che ha attraversato il paese, “portando a Kiev centinaia di
migliaia di persone in pacifica protesta contro il regime. Nessun medium
europeo ne ha parlato. Un gruppo elvetico di cittadini ha chiesto alla
televisione svizzera il perché del suo silenzio. Risposta: “Fino ad oggi non
abbiamo ricevuto dalle agenzie indipendenti, da cui riceviamo le immagini,
Reuters, AP, AFP, alcuna informazione e alcun materiale video su questa marcia.
Secondo le ricerche del nostro corrispondente, la marcia non è così importante
come si pretende”.[iv]
Indipendenti, le agenzie! Tradotto: un illustre sconosciuto dice al resto del
mondo: il fatto non l’ho giudicato importante dunque… non è esistito. Nemmeno
Dio ha potuto far tanto! Lazzaro non è che non sia morto, è resuscitato ma non
si è potuto fare come se non fosse morto. Sottacere una verità importante come
una processione per la pace in un contesto geopolitico come quello ucraino ed
in tempi come i nostri equivale a mentire. Per il tornaconto degli USA.
Occorre ricordare che l’Associated Press “è la
rete di informazione globale essenziale che fornisce notizie tempestive ed
indipendenti da ogni angolo del mondo per tutte le piattaforme media ed in
tutti i formati. Fondata nel 1846, oggi AP, è la fonte più riconosciuta di notizie
ed informazioni verificate e indipendenti (sic!). Ogni giorno oltre la metà
della popolazione mondiale vede notizie di AP.”[v]
Come dubitare del fatto che le menti degli abitanti di questa terra possano
sfuggire alla presa? Se si ignora il fatto, il fatto non esiste, se se ne
conosce l’esistenza si può sempre mentirvi intorno, ti pare? Clicca pollicione
“mi piace”… oh sì, buongiorno Satana!
Dalla seconda metà del
‘700, in occidente, come un impazzito seminatore di zizzania all’opera, una
specie di Potere che appare anonimo e ubiquista – servendosi di circoli di
volta in volta creati in funzione di uno scopo da raggiungere secondo uno
schema ignorato dai sudditi distratti ma rinvigorito giorno dopo giorno dallo
gnosticismo dei pochi eletti – rilascia messaggi ed immagini relative alla
realtà (si pensi alle agenzie pubblicitarie, al circuito
gossip-rinomanza-danaro-televisione-cinema-premi (Oxford vorrebbe premiare
anche una singola parola) capaci, mediante l’estetismo, di alimentare all’infinito la seduzione. Ricordo che l’estetica e gli estetismi attengono se
mai al bello, che sia seduttivo o
meno non importa, ed è menzogna grave – perché gravemente distorsiva – lasciar
credere che estetica e seduzione coincidano. Anzi l’immagine seduttiva è quasi
sempre pattume, cascame di una immagine bella (il bello ha le sue regole, come
ad esempio il rispetto delle proporzioni, ed occorre conoscerle anche se siamo
stati indotto a dimenticarle). Insomma una sproporzione può sedurre ma resta
brutta. Ora, confondere il bello col brutto (piacente)…
Vorrei aprire una
parentesi circa la natura e l’uso dell’ideologia.
Parafrasando Marx potremmo dire che mediante la seduzione si induce una
viscerale falsa coscienza dei rapporti di dominazione. Al centro dell’ideologia
permarrebbe la nozione di falsità. I
pontefici della falsità possono essere di volta in volta gli “immettitori” (il senso lo vedremo
dopo), o i Padroni del Discorso
(anche questo vedremo) o i distruttori creativi o, se più piace, gli “illuminati”.
Personalmente preferisco il termine allocrati
(allokrati, dal greco alloz = altro, diverso
e kratos = potere )uomini dalle anime perse. Credo infatti che si tratti di
uomini “altri”, secondo la qualità e persino secondo la natura. “Altri” e
dunque lontani dal Bene, dall’Etica, dalla
Politica, altri dalla Società, altri dai bisogni dei popoli, altri dalla
gerarchia dei valori intorno ai quali l’umanità, per quasi tremila anni ha
ruotato.[vi]
Con allocrazie ho inteso indicare quella forma di potere che è sì un
potere antropologico ma che si realizza mediante “presa” (di potere). Ed
ho preferito l’etimo di kratos a quello di arkeuω per le ragioni addotte
da Schmitt secondo il quale esiste una profonda differenza fra “archia”
e “crazia”(ad esempio fra mon-archia e demo-crazia)[vii].
La “archia” indica un potere che proviene da un Principio, dall’origine,
dal divino, mentre la “crazia” designa “un potere antropologico mediante presa di potere
(sottolineatura ns.)”. Di recente, entità sconosciute hanno provveduto in
occidente a realizzare una simile presa di potere. Non da Dio, quel potere, non
dal popolo ma da se stesse.
Il “nomos”[viii] significa “il luogo di dimora, distretto, luogo di pascolo… in base alla mentalità
di un sistema positivistico della legalità – viene reso col termine “legge”.
Sostiene ancora Schmitt[ix],
il “nomos” compenetra le archie e le crazie. “Nessuna di loro fa a meno del nomos…
Monarchia è, per esempio, la forma di sovranità nella quale uno comanda, questo
uno, il monos, è soggetto e detentore della sovranità o potere. Nella
democrazia è il demos soggetto e detentore della crazia. Invece nella parola
oikonomia (economia =
amministrazione della casa, ns.), al
contrario, l’oikos (=
la casa) non è soggetto e detentore dell’economia e dell’amministrazione, ma
piuttosto oggetto e persino materia”. Risulta così evidente che il
principio ordinatore, l’ordo ordinans,
in economia è posto fuori di essa. Il soggetto e detentore dell’economia
infatti non è la casa stessa ma il capofamiglia patriarcale, quel che
corrisponde al demos in “democrazia”ed al monos nella
“monarchia”. In esso risiedono le potestà “religiosa e morale, potestas giuridica e competenze decisionali in
materia economica”. Nel nostro caso, nel caso dell’economia, la presa di
potere di cui si è detto viene realizzata da elementi di umanità “altra”. Non
dal legittimo e naturale detentore dell’economia, (il politico, il sovrano ad
es.) colui in testa al quale sta la “potestas”. A conferma ricordiamo che in
passato molti sono stati i richiami espressi da politici illustri diretti a
censurare la cessione di quel potere a terzi, a soggetti cioè non legittimati
da alcunché
Credo che riflessioni del genere acquistino un
maggior peso se le si connette con il concetto di algenia. Esso “significa cambiare l’essenza
di una cosa vivente… Le arti algeniche sono rivolte al miglioramento degli
organismi viventi già esistenti e alla progettazione di organismi interamente
nuovi con l’intento di perfezionarne le prestazioni… L’algenia è un modo di
pensare la natura, ed è questo nuovo modo di pensare che stabilisce il percorso
per la prossima grande epoca della storia.”[x]
A me sembra che l’algenia abbia dapprima modificato l’essenza di alcuni uomini
facendoli mutare in allocrati
dall’anima buia, oscura, irredimibile proiettati ben lontano dai loro simili.
Solo successivamente ha cambiando l’essenza dell’uomo della strada e lo ha
fatto diventare suddito e servo nell’anima. Ad essere sinceri “la prossima
grande epoca della storia” non riesco ad intravederla. Oggi come oggi mi sembra
di intravedere zero epoche, estinzione del mondo conosciuto, animato e non,
morte e distruzione ovunque. Ma forse, come direbbe “babelwood”, mi son perso
qualcosa per cui si ha la sensazione che ogni singola parola potrebbe
bellamente essere non detta dal momento che se detta potrebbe significare
simultaneamente due opposti. Forse è veramente tempo di tacere e limitarsi a
cliccare o non cliccare pollicione “mi piace”.
La narrazione come sistema di pensiero intorno ai fatti si sarebbe
sviluppata dapprima in ambito politico interessando successivamente l’economia,
la sfera sociale, la dimensione religiosa, la finanza. Pensate, è accaduto che
un bel giorno un blasonato banchiere centrale abbia pronunciato 4 (quattro)
parole. I mercati sono andati a fondo o alle stelle non ricordo e nel frattempo
persone in carne ed ossa si siano arricchite o si siano impoverite. Ecco un esempio di narrazione (del nulla)
contro il buon senso della realtà.
Il peggio si ha, come
ho detto, quando la
narrazione pretende non solo di affiancare ma di sostituire la realtà, la narrazione diventa la realtà o, almeno, quella che qualcuno comanda che
debba interessare noi sudditi. I giovani
in particolare ne vivono immersi. In clima di post-verità è così avvenuto, per
esempio, che il giurista premio nobel per la pace abbia confuso disinvoltamente
i fatti con la prova degli stessi. Egli, dopo aver ripetuto il concetto, lo ha
fatto diventare (grazie alle agenzie di stampa) non più un assunto ma un
fatto.
Una docente universitaria non so se giurista, ha
scritto:
“Il racconto è parte integrante dell’esistenza
perché è attraverso la narrazione che si organizza il proprio vissuto e ci si
mette in relazione con la società e con il vissuto degli altri. Questa
necessità universale di disporre di storie entro le quali immettere la
realtà e gli accadimenti quotidiani di quella realtà, che siano
individuali o collettivi, ha una funzione di mediazione e di interpretazione
del mondo, alla quale la politica non può sottrarsi [le sottolineature sono
nostre ndr.].”[xi] Precisiamo, ma molto altro ci sarebbe da dire, che non bastano le storie o
le narrazioni (specie se ci si riferisce alle attuali) per ottenere interpretazioni del mondo. Si ha bisogno
di ben altro, di meta-narrazioni
eventualmente, realtà infinitamente più complesse delle narrazioni. Non è per
caso che gli “immettitori” di realtà in storie possano lucrare dalle operazioni
di immissione? Per immettere non è che
le nostre menti e ai nostri cuori siano stati in precedenza resi disponibili,
“emozionàti” come suggerisce la pubblicità? Svenduto il buon senso, il peso dei
fatti oggettivi scivola via mentre l’orecchio resta teso verso la captazione
dei messaggi mediatici capaci di seduzione, ancora più seducente se “narrata” (clicca pollicione “mi piace”.) É
nella realtà che vanno immesse le storie specie se sono evidenti
farneticazioni, non il contrario.
Vediamo
di mettere un po’ d’ordine: il vissuto
significherebbe, secondo W. Dilthey “…un nuovo approccio gnoseologico ai fatti
psichici… (un soggetto, ndr) non viene oggettivato di fronte ad un soggetto ma
è da questi appropriato come evento della sua stessa vita e così conosciuto.”[xii] Il tutto organizzato in narrazioni. Naturalmente
l’estenditrice di cui sopra non si preoccupa minimamente di indicare le
sorgenti delle narrazioni, le logiche utilizzate per narrare né chi sono i
fruitori ultimi né come si faccia a vivere quando al mattino si apre la porta
di casa e di narrazioni non ne trovi, ma trovi le zanne di lupi famelici pronti
ad azzannarti. E quando sei fortunato e le zanne sono coperte, ti devi armare
(come Tarabas) di molta scaltrezza, di forte senso di responsabilità, di
esperienza e… di silenzio. E se ti resta qualcosa forse usi l’empatia. Chiedo: e nel caso
della “processione della pace” svoltasi
a Kiev? Chi decide se un fatto di un certo peso sia o non sia importante? Non è
per caso che ci vengano imposte “visioni” su quel che dobbiamo o non dobbiamo
conoscere? La conoscenza è la tecnica, la disponibilità o il possesso di essa
per l’accertamento di un oggetto qualsiasi. Qui non sussisterebbe né la
tecnica, né la disponibilità né tanto meno il possesso di qualcosa per… Una
narrazione che prescindesse dall’errore o dalla verità non sarebbe narrazione
ma menzogna più o meno seduttiva. Svincolata dal modo di essere delle cose in
quanto esistono fuori della mente umana o indipendentemente da essa la
narrazione presta il fianco alla menzogna.
Se fossi sicuro della verità, potrei dire di
avere appreso dal giornalista d’inchiesta Aaron Klein che “…il Poynter
Institute, [dovrebbe essere una scuola di giornalismo generata da una
molteplicità di istituti che l’hanno preceduta, ndr] – che gestisce l’Ifcn – ha tra i finanziatori anche
l’Open Society fondazione che fa capo al finanziere miliardario George Soros”.[xiii] Chiarisco: l’Ifcn (Inernational
fact-Checkig Network) “riunisce grandi media e organizzazioni di fact checking” (il fact checking dovrebbe corrispondere, forse, ad “un’attività
critica cooperativa… [concepita,ndr.] per verificare la veridicità dei dati e
delle notizie che vengono messe in circolazione…”[xiv].
Ora, se non ho capito male, l’Inernational
fact-Checkig Network sarebbe il soggetto
capace di esprimere narrazioni dentro le quali immettere il fatto e la sua
realtà (di cui nel frattempo abbiamo perso le tracce).
A meno che non si brami di entrare a far parte
dell’entourage degli “immettitori” (qualcosa di simile ai “Padroni del Discorso” ipotizzati da Israel Shamir o ai
“distruttori creativi” di cui Ledeen ci ha detto) se magari smettessimo di
raccontare meno storie, di immettere in esse meno realtà e di esporre, con la
maggiore lealtà possibile, la realtà nuda e cruda che, detto ad onore del più
vecchio dei miei maestri [xv],
“resta ciò che si oppone alla menzogna”; se smettessimo di imbottire l’essere
umano di menzogne le più offensive ed inverosimili (offensive perché
inverosimili), di creare dal nulla danaro a palate e guadagnare potere ambendo
di dominare in giro di qua e di là ampie per il mondo, è possibile che il
nostro mondo girerebbe meglio.
Non vorrei far torto ad Hegel citandolo in
occasione di comprovate insipienze umane ma è per via di una mia certa ansia
determinata dal timore – lo si sarà capito – che sia in atto un ennesimo male
perpetrato ai danni della Chiesa cattolica.
Hegel scriveva: “Dalla facilità con cui lo spirito si contenta, si può misurare la grandezza di ciò che ha perduto.”[xvi]
La “facilità” è sotto gli occhi di tutti. Mi
ricorda il noto piatto di lenticchie ceduto
da Giacobbe all’affamato fratello gemello Esaù ricevendone in cambio i diritti
di primogenitura (che all’epoca non erano poca cosa). Esaù era considerato
primogenito per essere uscito prima di Giacobbe dal grembo materno. Il
“ciò che ha perduto” (la seconda parte dell’espressione hegeliana) lo vedremo
nelle prossime righe. Il motivo d’ansia (personale ma non solo) risiede nel
profilarsi dello spettro di un nascente post-cattolicesimo
(una “narrazione” di cattolicesimo, un “estetismo” cattolico) in cui il post- varrebbe non solo per un “dopo”
temporale ma anche per l’“oltre” gnoseologico, conoscitivo ed etico per un
“come se” fosse cattolicesimo” cui sembra aver messo mano il corrente
“francescanismo” di sapore buonista oltre misura, dal fare solidarista più
solidarista dei solidarizzati.
Lo sconcerto affiora quando sembra che non si
ottengano risposte o non ci si preoccupi di confondere le coscienze. Sorvolo
sulle risposte date decisamente “contro”. Insomma, un post-cattolicesimo messo in coda agli
altri post-: post-realtà,
post-verità, post-storia insomma post-un-po’-quel-che-ti-pare.
Per questa via scopriamo dall’oggi al domani la possibilità che nel cuore delle
verità di fede sia possibile negoziare criteri e categorie che per millenni NON
SONO STATI NEGOZIABILI. Mi sembra che si vaghi in un nebbione di approssimazione certamente più seducente
del rigore evangelico fondato su “Ego sum
via, et veritas, et vita: nemo venit ad Patrem nisi per me”[xvii].
E sono molti quelli che versano in uno smarrimento fino ad ora sconosciuto. Come mai era successo
prima, l’essere umano si trova in ogni momento a tu per tu con la menzogna:
dubbi, domande, suggerimenti, falsità conclamate, connessioni, riscontri e
rovesciamenti di ogni ordine e grado. Si sopravvive in un eccesso tonitruante
di informazioni, di contraddizioni, di abbandoni di notizie date per certe e
mai più smentite o confermate.[xviii]
Questo sistema di narrazione della realtà
di fatto attacca i fondamenti stessi della realtà. E lo smarrimento sta
diventando uno smarrimento esistenziale stabile, sovrapponibile alla vita
stessa e non viene più vissuto come effetto accidentale di circostanze. Il
cadere nell’approssimazione su temi capitali come Via Verità e Vita si
tradurrebbe in una seconda inchiodatura di Gesù, tipo come se (fosse) Gesù, un’apparenza di Dio, una sua narrazione.
Diventerebbe forse più seduttivo? Il timore è che con
il rifiuto della Via Verità e Vita, l’ultimo uomo (se nel frattempo non sarà
diventato post-ultimo) venga a
trovarsi in un deserto (in esso infatti non si intravedono vie), nel regno
della menzogna conclamata (dove si è incapaci di distinguere le verità dalle
menzogne o dalle opinioni personali) paurosamente immerso in una cultura di
morte. Per questa via, le tre V di Gesù (Via,
Veritas, et Vita) si trasformerebbero in tre “m”: io sono il modo
(un’ipotesi di via), la menzogna e la morte[xix].
Satana potrebbe essere smentito? Parliamo di fatti, stupid, non di narrazioni.
E tuttavia le porte dell’inferno non prevarranno ed i primi a saperlo sono i
ministri che presiedono al paventato post-cattolicesimo.
Essi hanno fretta.
La miccia mi fu accesa nello stomaco da certe
righe scritte da Maurizio Blondet [xx].
E poiché sono trascorsi quasi dieci anni da quando ho smesso di dibattere
questioni di tanto peso, prego il lettore di perdonare gli svarioni inevitabili
– si tratta di carità cristiana, per favore – avresti fatto meglio a resistere
alla tentazione, diranno tutti tranne uno – ma l’enormità della guerra nemmeno
tanto strisciante portata alla Via, alla Verità e alla Vita comanda l’urgenza
della testimonianza.
Blondet sostiene che al vescovo Galantino manchi la conoscenza. Ho il timore non
che gli manchi qualcosa ma, al contrario, che la possegga. Ho il timore che,
forse un po’ pasticciando, egli faccia parte di quegli “immettitori” di realtà
dentro narrazioni. Chi semplicemente erra magari fa tenerezza magari appare in
buona fede.
È noto che egli abbia sostenuto la narrazione
secondo cui Sodoma e Gomorra non sarebbero state incenerite. O almeno così mi è
sembrato di capire. È possibile che Galantino abbia confuso Sodoma o Gomorra
con Bela (divenuta poi Segor così chiamata per le esigue dimensioni della
città) dove Lot ottenne di rifugiarsi invece di arrampicarsi sul monte su cui
(a causa della sua vecchiaia) non avrebbe fatto in tempo a rifugiarsi. Comunque
il Padre lo esaudì.
La narrazione
galantiniana potrebbe essere risultata più gradevole, meno severa, qualcosa di
simile al “volemose bene” di modo che le due città avrebbero ottenuto la
salvezza in extremis? Ma che fine dovrebbe fare il testo biblico che dichiara
l’esatto contrario per via dell’inappellabilità del Signore? Anche il Signore
entrerebbe nella dimensione dei post-
? Ci sarebbe la possibilità di cliccare su “mi piace” leggendo la versione
galantiniana? La sua narrazione si è
poi diffusa viralmente in rete? C’è da chiedersi se la insipienza possa
produrre malefici minori di quanto non faccia un errore preordinato o una
perfidia conclamata. Siamo poi così sicuri che le coscienze sarebbero vessate
meno immaginando che i vertici di una istituzione siano occupati da insipienti
invece che ieratici dottori menzogneri? Farebbe meno danno una spallucciata di
una critica motivata cui si potrebbe risponderebbe con logica stringente? Sotto l’impero del racconto, della narrazione, delle
cronache non verificate su rotocalchi, web o sui network, davvero tutto e il
contrario di tutto appare possibile. Appare? Quel che è certo e che resta e continua a girare per la mente e
dentro il cuore delle persone è il dubbio.
In ordine alla tesi galantiniana le due città saranno poi state salvate o
incenerite?
Blondet prosegue e mi chiedo: una mancanza di
qualcosa (conoscenza) può essere contagiosa? Scrive: “É amaramente
divertente vedere come l’ignoranza di Bergoglio sia anche
contagiosa. La Segreteria di Stato doveva sapere che il Militare e Sovrano
Ordine di Malta è appunto, “sovrano”, non fosse altro perché ha un ambasciatore
accreditato presso detta Segreteria.” E che quindi non poteva darsi
mandato da parte di Francesco ad una commissione di inchiesta di cinque membri
che facesse luce sugli ultimi atti di governo del Gran Maestro dell’Ordine. È
credibile un grado così elevato di insipienza? Qual è il rischio? Il rischio è
la spallucciata dei fedeli, la loro convinzione di irrilevanza dei dottori
della propria Chiesa, la dappocaggine prestata all’Autorità. Per questa via è
crollato Dio (secondo Cacciari), sono crollati gli Imperi, gli Stati mentre la
Massoneria prospera. Se la mancanza di qualcosa non dovesse essere contagiosa,
la inattendibilità anche a proposito
di un fatto banalissimo facilmente controllabile (questa è la definizione di fatto)potrebbe essere contagiosa?
Non bastava: appartiene alla narrazione o è
verità di fatto accaduto la risposta di Francesco resa a chi domandava della
sofferenza dei bimbi? “Non perché, ma
per chi”. “Anche questo è teorico”, ha commentato [Francesco ndr.]. “Perché i
bambini soffrono? Non c’è risposta a questo”, ha ripetuto: “Soltanto guardare
il Crocifisso, lasciare che sia lui a dare la risposta. ‘Ma padre, Lei non ha
studiato teologia, non ha letto libri?’ Sì, [risponde Francesco ndr. ]ma guarda
il Crocifisso: soffre, piange, questa è la nostra vita.” [xxi]
E che avrebbe potuto rispondere la postulante?
Resta il rammarico per il fatto che questa volta gli “immettitori” abbiano
ritenuto le esternazioni di Francesco una narrazione importante (e
sconfortante) e che quindi sia stata riportata. Ma forse lo è stata perché
conveniva alla narrazione.
Comunque la si rivolti, non convince. Sarebbe
per mancanza di conoscenza dei giudizi orripilanti che Lutero dava di se stesso
che, Francesco, rientrato da Lund e Malmö dove un eresiarca sembra essere
diventato un buon riformatore (con statua al seguito) si sia limitato ad
inviare (dice la narrazione del
fatto) agli italiani terremotati disperati e alla crollata Basilica di San
Benedetto, Patrono d’Europa dal ’64, la semplice espressione “vi sono vicino”?
Lì il crollo oltre che materiale è stato anche, se non soprattutto, simbolico. Ma forse, dice la narrazione,
Francesco si tratterrebbe sul Soglio per soli cinque anni. Già, perché potrebbe
accadere che la Chiesa sia chiamata a “reggere” due dimissioni papali e due
papi emeriti. Per i Giusti che Lo
hanno commosso quando Lo hanno temuto e pregato, preghiamo che il Padre non
permetta. Per altri giusti Egli ha desistito. Se non ricordo male ci sarebbe
anche una profezia in proposito. Sempre che la frenetica distruzione di Chiesa
e di quel che resta dell’umanità non si tenti di realizzarla mediante bande.
Tipo le “squadre” che hanno operato in Italia con il metodo degli staffettisti:
Berlusconi, Monti, Letta, Renzi e Gentiloni. Forse l’opera del singolo
individuo darebbe da pensare.
Tanto per fare conto pari, la narrativa sussurra
che persino lo scisma verrebbe avversato perché nessuno si salvi nemmeno gli
scismatici fattisi tali per amore della Via, Verità e Vita.
Sì, Satana sta scuotendo violentemente i
fondamenti del Creato e tuttavia le porte dell’inferno non prevarranno.
Casualmente mi sono imbattuto in una
sventagliata di post-qualcosaltro. Il
primo è stato uno scritto di Jacob Taubes[xxii] (insegnante,
filosofo,
rabbino,
sociologo della religione e specialista di
studi sull'ebraismo austriaco)
dove si può leggere che “la tesi secondo la quale la
filosofia come storia — dagli ionici a Jena — delle riposte (e delle decisioni
in esse contenute) alla domanda «che cos’è la verità?», è conclusa. In suo
luogo la riflessione filosofica è dominata da un’«estetizzazione della verità»,
circostanza che in un certo senso corrisponde all’idea di “post-storia”… Non è qui in questione — come si potrebbe pensare —
un’immagine del mondo (nel senso di un modello ecc.) ma il fatto che il mondo
viene presentato come immagine e viene riferito a un soggetto che è
sostrato. Il nichilismo è per così dire l’immagine rovesciata dell’estetizzazione
della verità. È lo scavare e svuotare l’accadere storico: accade infinitamente
molto, ma ciò che accade non accade veramente, o tutto accade solo ancora «come
se».
La
storia ottiene questo carisma del «come se» interamente nella post-storia. La
post-storia sta dunque per principio, come mondo dei puri problemi di forma,
nel segno dell’estetica”.
Per
questa via potrei sostenere che la mia morte o la mia salvezza fisica ottenuta
grazie all’abilità dell’ottimo chirurgo siano “come se fossero” accadute? O
come se non lo fossero?
Se non
ricordo male sia per Locke (ed è quanto dire) e la Scolastica il sostrato non è altro che l’individuo
reale, il soggetto o la sostanza come soggetto.
È
possibile che il passare degli anni mi stia privando della lucidità necessaria.
A
proposito del fatto si afferma: “… il
fatto che il mondo viene presentato come immagine e viene riferito a un
soggetto che è sostrato …” E allora? Ma non ve ne curate, dice Taubes e con lui
Fukuyama (costui già membro del CFR ha dovuto correggere l’ipotesi super
venduta della sua “Fine della Storia” su cui Taubes ha tentato di fondare la
post-storia) e Kojève il post-nipponico “…ciò che accade non accade veramente,
o tutto accade solo ancora «come se»”. Il che detto in altre parole significa
che dell’occidente resterebbe solo l’immagine o una narrazione squinternata
altrimenti detta chiacchiera. Non ve ne curate, ci rassicura il nostro, magari
poi vi svegliate, un bel sole illumina la vostra stanza, la scalda e, aperta la
finestra, una bell’arietta carezzerà il vostro viso. Chiedo: alla fine chi è
che paga il conto di tutta questa storia?
Se per
«estetizzazione della verità» come scrive Taubes si dovesse intendere che i
valori estetici sono da considerarsi primari e fondamentali rispetto, ad
esempio, ai valori etico-religiosi o solo morali sarebbe come dire che la
qualità della conoscenza debba essere prima di tutto bella e gradevole. Forse
ci si dovrebbe rileggere il processo contro Gesù celebrato da Pilato. Sì, Hegel
ha veramente ragione. Solo che quel che abbiamo perduto è andato tutto a
beneficio dei dottori della legge stratosfericamente arricchitisi.
La preposizione post-, come si è detto sembrerebbe assumere (il condizionale di
questi tempi è d’obbligo) un valore polisemico molto incerto dal momento che in
essa sembrano coesistere il significato (temporale) di dopo o quello (concettuale) di oltre
nel senso di superamento o quello (modale) di approssimazione nel senso di come se o di quasi. È di questi giorni un piccolo scritto ironico a proposito di
un ipotetico post-Grecia connesso con un post-storia. Forse si sarebbe dovuto
scrivere di un “post-greci” dal momento che è la popolazione greca in carne ed
ossa a sopportare carichi che i dottori del valore non
toccano nemmeno con un dito mentre il parlamento ue si indigna se a Natale
viene concessa dal Parlamento Greco una piccola regalia agli anziani.
Nei
fumi degli eccessi d’ira mi è venuto da chiedermi: ma quante Norimberga
occorrerebbero un giorno e quanti stadi di calcio saranno necessari per contenere gli imputati per crimini contro
l’umanità?
Eppure
c’è stato chi non ha avuto vergogna di dichiarare: “La distruzione creativa è il nostro secondo nome, tanto all’interno
della nostra società come all’estero. Noi abbattiamo il vecchio ordine ogni
giorno, dal commercio alla scienza, alla letteratura, all’arte,
all’architettura ed al cinema alla politica ed alla legge. I nostri nemici
hanno sempre odiato questo turbine di energia e creatività che minaccia le loro
tradizioni (quali che siano) e la vergogna per la loro incapacità di sostenere
il ritmo - Noi dobbiamo distruggerli per avanzare la nostra missione storica”.[xxiii]
L’autore dell’espressione è M. Ledeen che l’ammiraglio Fulvio Martini, divenuto
capo dell’intelligence italiana, bollò negli anni ’80 e ‘90 come «persona non grata» in Italia. Oggi la casa del distruttore (prima o seconda che
sia) “sta” a palazzo Chigi.
A
tormentarmi l’ altro drammatico post- è il
post-verità.
In questo caso la preposizione post- potrà essere intesa solo nel senso di “oltre” e di “come se”.
Anche perché credo che oltre la verità resti la doxa,
l’opinione intorno a qualche cosa, o direttamente la menzogna.[xxiv] Ad
essere disprezzata come lo era in passato non è l’”opinione” ma la verità (aletheia) a dir poco non amata. Il discorso
torna perfettamente specie se a sostenerlo è Gesù.
“La frequenza d’uso di post-verità è
del resto destinata a crescere, almeno nel futuro immediato, dal momento che,
proprio in questi giorni, la controparte inglese post-truth è
diventata essa stessa notizia [corsivo
ns.] con la decisione degli Oxford Dictionaries di eleggerla parola
dell’anno per il 2016. E la definizione della parola inglese, un aggettivo, è
rimbalzata dai giornali al web e viceversa: ‘relativo a, o che denota,
circostanze nelle quali fatti obiettivi
sono meno influenti nell’orientare la pubblica opinione che gli appelli
all’emotività e le convinzioni personali…”. Ma sì, occorre picconare,
rottamare… ma dove? Dove ti pare basta solo che esista qualcosa contro cui
scagliare la punta del piccone. Ve lo ricordate il primo illustre picconatore,
l’italiano Cossiga, sì? Ma non ricordate i motivi per cui picconava, dite la
verità. E ve lo ricordate il meno illustre ma fresco rottamatore? Che ve lo
ricordate… l’avete visto scodinzolare di recente a Courmayeur, ma dai, su.
Vedete quante pronte braccia e quanti soldi si trovano picconando giù e
picconando su, su tutto quello che molte
generazioni d’uomini hanno messo su? Vedete come si può lavorare nei decenni,
tre per l’esattezza, di squadra (e di compasso)?
“La scelta degli Oxford
Dictionaries, che con questa iniziativa intendono premiare una parola che
sia particolarmente significativa nell’anno e che abbia buone speranze di
consolidarsi nella lingua, appare per il 2016 particolarmente azzeccata. La
post-verità, infatti, sembra davvero permeare a fondo la società contemporanea,
se una falsa notizia sui soldi spesi dalla Gran Bretagna per l’Europa (dato
verificabile) può spostare in parte il voto sulla sua adesione alla UE… o se i
profili social sono spesso autonarrazione (sottolineatura ndr.)
svincolata e svincolabile da dati obiettivi (Platone li avrebbe definiti “cose
come sono” ndr.), perché quel che conta non è chi siamo, ma l’emotività e la
simpatia con cui si è accolti (Sic!). Clicca pollicione “mi piace”... La rete
ha senza dubbio delineato i connotati fondamentali di questa dimensione “oltre
la verità”. ‘Oltre’ è il significato che qui sembra assumere il prefisso post-
(invece del consueto ‘dopo’): si tratta cioè di un ‘dopo la verità’ che non ha
niente a che fare con la cronologia, ma che sottolinea il superamento della
verità fino al punto di determinarne la perdita di importanza…”
Ecco un altro come se... Credete voi che resti un vuoto nel mondo al posto della
verità dopo che essa avrà perduto di
importanza? Il potere ha orrore del vuoto, quel vuoto verrà colmato con la
menzogna, con un sistema di menzogna, con la dittatura della menzogna che farà
impallidire i dittatori.
“E,
analizzando le modalità in cui il superamento si concretizza di volta in volta,
colpisce la vocazione profetica che la parola nasconde tra le sue lettere: la
post-verità, infatti, spesso finisce per scivolare nella “verità dei post”… la
prima attestazione di post-truth per l’inglese: il 1992. In quell’anno
Steve Tesich, in un articolo apparso sulla rivista "The Nation",
scriveva a proposito dello scandalo e della guerra del Golfo Persico: «we, as a
free people, have freely decided that we want to live in some post-truth world»
(noi, come popolo libero, abbiamo liberamente deciso che vogliamo vivere in una
sorta di mondo post-verità)… L’uso di post-verità come sostantivo è
ormai molto diffuso sul web e sui giornali in riferimento alla pseudo-verità
basata sull’emotività e sulle convinzioni personali a discapito dei fatti
oggettivi; anzi, sembra ormai addirittura prevalente e con questo specifico
significato è usato in quasi tutti i contesti e le accezioni in cui si potrebbe
ricorrere a verità (la post-verità, le post-verità,
ecc.), come del resto si è fatto anche in questo testo…” [xxv]
Lo scritto è di Marco Biffi.
Non immaginavo che anche una parola
potesse essere premiata (non so per via di quali meriti, non propri comunque) e
non immaginavo (e sì che ne ho di immaginazione) che l’imperial marchio Oxford
scendesse in campo e che l’«estetizzazione della verità» si estendesse anche ai
lessemi che magari potranno sfilare sul red carpet.
Concludo anche perché confesso di accusare
difficoltà a continuare a scrivere e a leggere di cose tipo “come se” paludate
di una qualche legittimità. La quantità e la qualità delle obiezioni sarebbe di
tale pesantezza da sconsigliare ulteriori considerazioni. Sia da leggere che da
scrivere. Ho preteso colpevolmente di portare avanti con grande povertà di mezzi una critica alla facilità, “la facilità con cui lo spirito si contenta”.
Ho finito col trovare l’immensità della “grandezza
di ciò che ha perduto” e son costretto a tenermi l’ansia di un apocalittico post-cattolicesimo.
La mia che voleva essere una denuncia si è imbattuta in un groviglio di logiche
sataniche che stanno finendo di spalancare l’abisso della follia. Mi sono
imbattuto in un groviglio di tentativi che pretendono di mettere di tutto e di
più sullo stesso piano: clicca pollicione “mi piace”: narrazioni, racconti, invenzioni
soggettive, seduzioni, estetismi e gli infiniti modi di essere delle cose in
quanto esistenti fuori della mente umana (indipendentemente da essa, precisa
Abbagnano), per portare il post-essere umano a preferire alle cose i lucidi
deliri evocati da soggetti sconosciuti animati da inconfessabili interessi
pecuniari e di potere bottegaio.
Pensierino della sera: non poco grato per la
sintesi, lo dedico a Henry
Miller[xxvi].
Giuliano Rodelli
[i] Antony Giddens, Le conseguenze della modernità, Bologna 1994 p.
56
[vi] Potrebbe
tornare utile la lettura di M. Scheler, Il
formalismo nell’etica e l’etica materiale dei valori, Cinisello Balsamo, San
Paolo, 1996
[vii] C. Schmitt,
Nomos-Presa di possesso-Nome - Si
trova in C. Resta, Stato mondiale o nomos
della Terra, Roma, Pellicani, 1999 p. 109.
[viii] Carl
Schmitt, Il nomos della Terra,
Milano, Adelphi, 1991 pp. 65-70
[ix] Carl
Schmitt, Nomos – Presa…, cit. p. 110
[x] J. Rifkin, Il secolo biotech, Milano, Baldini &
Castoldi, 1998 p. 68
[xi] C. Moroni,
http://www.istitutodipolitica.it/wordpress/2011/09/15/dalla-comunicazione-politica-alla-narrazione-politica-la-sfida-per-i-leader-di-domani/
[xii] U.
Galimberti, Dizionario di psicologia,
Torino, UTET, 2006 p. 966
[xiii] Il Fatto
quotidiano, Breve guida ad un dibattito… 31/12/16
p. 2
[xiv] http://www.ahref.eu/it/media/comunicati-stampa/fact-checking.html
[xv] G. Thibon, Ritorno al reale, Roma, Volpe, 1972 p.
190
[xvi]
G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia, ,
1963 vol. I p.7.
[xvii] “Io sono la
via la verità la vita e nessuno viene al Padre se non attraverso me” Gv. 14,6
[xviii] Potrebbe
essere utile la lettura di N.N. Taleb, Il
cigno nero, Milano, Il Saggiatore, 2007
[xix] Gv. 8,44. A
Satana “Gli è naturale affermare il falso perché è menzognero e padre di
menzogna”
[xx] La “rivoluzione” di Bergoglio: Ignoranza Dispotica – e anche contagiosa.
http://www.maurizioblondet.it/la-rivoluzione-bergoglio-ignoranza-dispotica-anche-contagiosa/
[xxi] https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-udienza-al-bambino-gesu
[xxii] J. Taubes, Estetizzazione della verità nella
post-storia.htm
[xxiii] http://www.controinformazione.info/vladimir-putin-rappresenta-la-maggiore-sfida-per-i-sostenitori-del-nuovo-ordine-mondiale/#more-12654)
[xxiv] Platone, Cratilo 385 b, “Vero è il discorso che
dice le cose come sono, falso quello che le dice come non sono.”
[xxv]
Cos’è la post-verità Risponde la Crusca - Linkiesta.it.htm
[xxvi] H. Miller, Domenica dopo la guerra, Milano,
Mondadori, 1948 “La concezione americana della vita è di razziare, sfruttare e
procedere oltre” p. 140.
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