venerdì 16 aprile 2010

Non prenderà mai voti nel centrosinistra (la Discussione, 16/04/2010)

PIETRO GIUBILO, EX SINDACO DI ROMA, BOCCIA IL LAICISMO FINIANO

Non prenderà mai voti nel centrosinistra

In un libro di Piero Vassallo le ragioni storiche del percorso del presidente della Camera

di ADOLFO SPEZZAFERRO


Nella galassia della destra esistono più anime, compresa quella cattolica tradizionalista. Ieri, alla presentazione del libro del professor Piero Vassallo, Itinerari della destra cattolica (Solfanelli editore, 2010), abbiamo incontrato alcuni dei protagonisti di questa componente ancora importante all’interno del centrodestra. Tutti accomunati da un giudizio negativo nei confronti del presidente della Camera Gianfranco Fini, con toni più o meno duri. Per Vassallo, per esempio, «Fini non è un uomo di destra, perché la destra nasce cattolica, nella rivoluzione francese. Una destra anticattolica è quindi una contraddizione in termini». Per Augusto Sinagra, docente alla Sapienza di Roma, «Fini non ha un progetto politico, ma esclusivamente mire personali, destinate a fallire». Per Pietro Giubilo, ex democristiano ed ex sindaco di Roma, «la destra cattolica, con il cambiamento politico avvenuto dal 1995 in poi, ha ritrovato un ambito nel quale presentare le proprie tesi. Questo ambito è il centrodestra, dove oltre al Pdl va messa in qualche modo anche la Lega - che sta maturando in questa direzione - e l’Udc. Rispetto a questo spazio, le posizioni che vengono soprattutto all’interno del Pdl dall’elaborazione culturale e politica della fondazione di Fini Farefuturo, sono legittimamente in controtendenza. La linea è quella di un laicismo di destra ». Una Lega Nord come portatrice dei princìpi della destra cattolica, quanto se non più del Pdl, dove comunque è Berlusconi e non Fini a incarnare questa tradizione, è l’altro denominatore comune emerso dalle chiacchierate che abbiamo fatto con i presenti al convegno.
Tornando al Fini pensiero - che non esisterebbe, secondo la destra cattolica - Giubilo sottolinea però che «lo stesso Piero Vassallo - nel suo libro - ha dimostrato che una linea laicista, che non tiene conto della posizione cattolica, della tradizione culturale cattolica e quindi della visione del Vaticano II come in continuità con la tradizione, è in qualche modo presente nella cultura della destra, dall’evolismo ad altri filoni che rifiutano la religiosità nella politica e quindi si professano atei. In questo senso, tali posizioni possono definirsi anticattoliche.
Nel caso dell’operazione Fini, il quale si propone anche a un elettorato laico di destra, la posizione laicista riguarda però soprattutto la cultura e la politica di sinistra. Il territorio comune può essere l’interpretazione del Risorgimento, sul quale Alessandro Campi sta tentando di portare il discorso».
Certo però che l’operazione di Fini, ammesso che sia quella di strizzare l’occhio al centrosinistra è un po’ difficile da compiere. «La posizione laicista e anticattolica - ricorda Giubilo - è appannaggio quasi esclusivo della cultura di sinistra.
Quindi difficilmente si può trovare un elettorato, da quella parte. L’idea di voler fare il Sarkozy dell’Italia non tiene conto delle specificità del nostro Paese, dove c’è una presenza cattolica più importante rispetto alla Francia.
C’è un atteggiamento della Chiesa rispetto all’Italia che è diverso.
In questo senso mi pare un po’ difficile per Fini pensare di avere un grande spazio elettorale puntando soprattutto su questi temi».
A proposito di riforme istituzionali poi, terreno di scontro tra finiani e il resto del Pdl, sempre Giubilo fa presente che non serve importare modelli stranieri, che hanno un senso perché espressione di tradizioni e culture politiche dei Paesi d’origine, perché «abbiamo un modello elettorale, già sperimentato e che ha dato buoni frutti, tutto italiano, che è quello dell’elezione del presidente della Regione. Un sistema tra l’altro proposto da Tatarella, che era una persona molto intelligente.
In sostanza c’è un unico turno, ci sono le preferenze, per non fare un Parlamento di designati, uno spazio di indicazione dei partiti, che è il cosiddetto listino del candidato presidente, sul quale possono confluire personalità di prestigio, specie in una competizione nazionale. Questo sistema inoltre omogeneizzerebbe i sistemi politici, che in Italia sono diversi a ogni competizione elettorale.
C’è una soglia di ingresso che consentirebbe di evitare la frammentazione dei partiti e consente di tornare a scegliere i parlamentari, almeno in parte».


ADOLFO SPEZZAFERRO
la Discussione
Venerdì 16 aprile 2010, p. 5

Nessun commento:

Posta un commento