Tanti sono i temi trattati da Piero Vassallo nel suo libro - né poteva essere diversamente trattandosi degli "Itinerari della destra cattolica".
Interessanti, tra le altre, le pagine su "l'esoterismo gnostico di destra" le cui origini risalgono al II secolo ed all'eretico Marcione. Queste argomentazioni, che aprono la seconda parte del libro, mi invitano a soffermarmi sulla figura e sul ruolo di Gianfranco Fini, di cui si parla in più punti, ed al quale sento il dovere di far presente i pericoli di quella "deriva relativista" che purtroppo già da tempo lo investe e che ha provocato il suo cambiamento di riferimento culturale, che addolora molti i noi. Ebbene, per rendersi conto di quel cambiamento basta mettere a confronto ciò che Fini affermava nel 1994 - l'anno del Congresso di Fiuggi in cui fu eletto presidente di An - con quello che oggi dice e che con lui dicono significativi esponenti della Fondazione Fare Futuro da lui fondata e presieduta. Non posso ad esempio dimenticare quando, alla vigilia di Fiuggi, gli sottoposi quel breve scritto che doveva, in modo sintetico, spiegare agli iscritti ed ai futuri elettori chi fossero ed a quali valori intendevano richiamarsi i fondatori del nuovo Partito. Fini non solo accolse quello scritto ma volle anche che fosse riportato negli Atti di fondazione del Partito, scritto che così testualmente diceva: "ci sentiamo eredi e siamo cultori della civiltà romana e di quella cristiana che ha il suo fondamento nel messaggio portato da Pietro a Roma e diffuso in Occidente e nel mondo intero". Ed ugualmente non posso dimenticare le sue parole, e la mia soddisfazione, quando accolse la proposta di istituire la "Consulta etico-religiosa" di Alleanza Nazionale, della quale volle affidarmi la presidenza, e così anche quando fece modificare l'articolo de "il Regolamento di Partito" inserendo la condizione che in tutti i Comitati provinciali (fondamentali organi territoriali del Partito) vi fosse un rappresentante della Consulta etico-religiosa. Tutto questo - e mi dispiace dirlo - è stato poi gradualmente abbandonato e dimenticato già prima della fusione di An con Forza Italia e della nascita quindi del Pdl. Ma veniamo ad oggi e prendiamo il numero dello scorso febbraio di Charta Minuta - il periodico della Fondazione Fare Futuro - un numero dal significativo titolo "La nostra nuova politica", dove i numerosi articoli possono ben illuminarci su quella "nuova politica" definita da alcuni il "Finismo", e da altri, con un pizzico di malizia, il "Fini pensiero". La pubblicazione apre con l'editoriale di Fini che per la verità non dice molto. Accenna al "patriottismo repubblicano" che sottolinea essere una riscoperta - il che gli dà anche modo di ricordare Machiavelli - e poi tocca altri temi, le cosiddette "nuove parole" che, come lui stesso dice, "possono essere mattoni", utili per l'opera di rinnovamento della cultura politica italiana, o meglio della "nuova casa comune degli italiani". Vediamoli allora questi mattoni. Tra i vari articoli di quel numero di "Charta Minuta" soffermiamoci su quello di Filippo Rossi, direttore di "Fare Futuro Web Magazine". Rossi ci spiega che la "destra nuova" è in effetti - come lui stesso afferma - una "destra libertaria". Ed a coloro che vedono questa destra libertaria come "un tradimento dell'identità ed un abbandono della casa del Padre" Rossi risponde deciso: "sì, è proprio così". E subito tutto diviene più chiaro.
"Bisogna navigare in mare aperto" - afferma - "senza vincoli di sorta.
Oltre i muri. Oltre i dogmi". Oltre quindi quelle barriere poste dalla nostra vecchia cultura, di cui ovviamente occorre dimenticarne anche le millenarie radici. Altro che sentirsi eredi ed essere cultori di quelle civiltà, come con tanto entusiamo ed emozione si era voluto affermare negli atti fondativi di Alleanza Nazionale. Bisogna abbracciare la "google-Kultur" dice con enfasi Rossi, senza peraltro rendersi conto che l'informatica non è che uno strumento, indubbiamente affascinante, ma sempre uno strumento, che può anche illudere e deludere. E continuando poi la sua esposizione ci avverte che "bisogna giocare a tutto campo, avere il coraggio del gioco", e per meglio spiegarci il suo gioco afferma: "Che Guevara è anche uno di noi, come icona, come simbolo" e subito dopo aggiunge "ma Che Guevara al tempo stesso non è uno di noi perché dei simboli, della cultura, la cosa più bella è questo: ognuno prende quel che vuole. Non ci sono regole predefinite".
Credo che questi concetti che il direttore di "Fare Futuro Web Magazine" ci espone con tanta franchezza siano più che sufficienti a comprendere cosa vuole essere questa "destra nuova", e quindi quale sia il pensiero del "gruppo ideologico che sta attorno a Fini" come lo stesso Rossi puntualizza. Siamo di fronte ad una proposta ideologica di chiara impronta "soggettivista" e "relativista" che non può che sfociare nel più totale e triste "nichilismo", e quindi di fronte ad un gruppo politico che, dopo aver reciso le proprie radici culturali e dimenticata la propria identità, si avventura in "mare aperto" verso il "nulla", senza riferimento ad alcun "valore", e men che meno ai "valori non negoziabili". Mi sono più volte domandato da dove poteva aver avuto origine il cambiamento culturale di Fini, e Piero Vassallo nel paragrafo del suo libro che tratta dell' "ateismo di destra" ne dà una spiegazione chiamando in causa l'influenza esercitata sulle giovani generazioni degli anni '70/'80 dal movimento francese "Nouvelle Droite" di De Benoist, importato in Italia da Armando Plebe. Quanto a Fini che con la sua "virata", o per meglio dire la sua "strambata culturale", si avventura in mare aperto vorrei ancora una volta ricordare i nostri primi incontri e gli esaltanti anni della nascita di quel nuovo soggetto politico che volemmo chiamare "Alleanza Nazionale". E sempre a lui, che sembra orientato a voler dar vita ad un nuovo movimento politico - come la stessa nascita del gruppo "Generazione Italia" potrebbe far pensare - rivolgo con amicizia l'invito a leggere l'ultimo opuscolo del "Centro di Orientamento Politico" che riporta gli Atti del Convegno su "Etica, diritto e politica" per poi riflettere, non solo sul significato di quei tre termini ma anche, e soprattutto, sull'importanza della loro successione. Il rovesciamento infatti di quella sequenza e quindi il dare inizio ad un'azione politica senza aver prima chiaramente posto a fondamento stabili principi di carattere etico - adeguatamente trasformati in norme giuridiche - conduce inevitabilmente al sopravvento del "potere" su tutto. "Ed è proprio questo" - come dice il professor Francesco D'Agostino in quel convegno - "il tarlo che consuma l'esperienza politica della modernità".
Gaetano Rebecchini
Il Tempo, 22/04/2010, p. 22
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