sabato 12 aprile 2014

La discendenza di Fini dalle illusioni di Almirante

Fini finis
Amedeo Laboccetta narra la destra suicidaria
e la discendenza di Fini dalle illusioni di Almirante

 Il 12 febbraio del corrente anno, nel quotidiano romano "Il Tempo" è apparsa un'intervista all'ex deputato del Pdl ed ex amico e stretto collaboratore di Gianfranco Fini, Amedeo Laboccetta. Un'occasione utile per rivelare (forse involontariamente) le dimenticate cause della catastrofe, che ha sepolto nel ridicolo gaucciano la destra di stampo almirantiano. E per indicare ai cattolici la direzione politica vietata dal senso comune e dalla dignità.
 Laboccetta rivela, infatti, che la crisi della destra ha origine dal capovolgimento di quel principio di solidarietà personale e civile, che dovrebbe governare gli atti dei dirigenti politici irriducibili all'odio di classe e in generale alla spregevole invidia: "Una volta Berlusconi e Gianni Letta si recarono nell'appartamento di Fini alla Camera. Il Cav. gli chiese cosa voleva per piantarla. Fini chiese la testa di due ministri, La Russa e Matteoli, e di Gasparri, che era capogruppo al Senato. Berlusconi trasecolò: 'Ma sono tuoi amici'. Fini replicò: 'L'amicizia in politica non è un valore'. Ecco questa era Gianfranco".
 Un'aura sgradevole avvolge la meschinità dell'uomo e squalifica il suo rozzo pensiero. Pensiero (se tale si può definire) in aperta guerra con i princìpi della nobile tradizione della scienza politica, da Platone a Aristotele fino a San Tommaso, a Vico e a Fabro.
 Si pone il problema: quale è la causa di una tale capovolgimento della tradizione e di un tale degrado (si è tentati di dire casalese, visto che la qualifica machiavellica offenderebbe perfino la memoria del segretario fiorentino) della classe politica "a destra"?
 A tale domanda risponde Laboccetta: "Quando Almirante lo [Fini] propose segretario del Msi in tanti eravamo perplessi. Allora Giorgio [ecco un nome che non ha portato fortuna alla politica italiana]  ci invitò a casa sua e ci disse di stare tranquilli. 'Fini', disse, 'prima di andare al partito passerà sempre per casa mia' E allora ci convincemmo".
 La garanzia di controllare Fini era infondata, dal momento che il padrino Almirante era molto anziano e di salute cagionevole, vero è che sopravvisse solo un anno alla promessa a Laboccetta. E oltre che infondata l'assicurazione almirantiana era insincera, dal momento che il segretario del Msi nutriva e confessava continuamente un'invincibile stima nei confronti del suo "delfino" o garzone.
 Chi ha attraversato l'infelice e fallimentare storia della destra missina, peraltro, rammenta il disprezzo che Giorgio Almirante nutriva nei confronti dei militanti refrattari al "totalitarismo oratorio" (la politica è unicamente comiziale) e perciò capaci di pensare con la propria testa e, all'occorrenza, di disubbidire al comando cervellotico.
 Dominato dall'innaturale avversione all'uomo di pensiero e di carattere, Almirante trattò alla stregua di nemici, screditò e spinse nel margine i più qualificati esponenti della potenziale classe politica, i quali si erano formata nel raggruppamento giovanile del Msi sotto la guida di Ernesto De Marzio e di Carlo Costamagna: Fausto Gianfranceschi, Enzo Erra, Giano Accame, Fausto Belfiori, Pinuccio Tatarella, Gianni Allegra, Gabriele Fergola.
 A conferma del giudizio negativo sull'ideala umano del capo missino sta la originaria scelta di promuovere segretario del Fronte della gioventù l'opaco ma caninamente servile Fini, che il congresso dei giovani, celebrato nel 1976, aveva respinto al quinto posto nella lista dei prescelti. 
 A causa di tale cervellotica decisione gli oppositori interni attribuirono ad Almirante il titoli irridente di "capocomico".
  Giovanni Volpe, il geniale mecenate che aveva inventato gli Incontri internazionali della cultura per avviare un confronto tra le anime della destra ideale, rappresentate da Giuseppe Sermonti e Massimo Pallottino, Marcel de Corte e Arnaldo Volpicelli, Nicola Petruzzellis e Augusto Del Noce, Ugo Spirito e Fausto Gianfranceschi, Sergio Ricossa e Marino Gentile, lamentava il disinteresse e l'ostilità di Almirante verso le proprie splendide iniziative.
 Fini è un mediocre orecchiante. Almirante era un uomo colto purtroppo in guerra contro la cultura della destra vivente fuori dal suo controllo e del suo ragionare secondo Pirandello.
 Sembra opportuno concludere che è illusorio, patetico e destinato al fallimento il tentativo di fondare il partito della destra sull'immaginario conflitto tra la politica di Almirante e quella di Fini.
 La destra d'ispirazione cattolica, di conseguenza, deve nascere da una filosofia politica irriducibile al machiavellismo borgataro e al pirandellismo filodrammatico, che ha elevato uno zotico interprete all'infelice vertice della politica italiana.

Piero Vassallo


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