sabato 29 luglio 2017

LA SOLUZIONE CIVILE (di Piero Nicola)

  L'uomo, cittadino o governante, appartenga al Mille o al Duemila, è sempre la stessa creatura difettosa e colpevole, a causa delle conseguenze del peccato originale. Dopo Costantino, la civiltà cristiana adottò, mediante la Chiesa, una valida legge morale. Il che non impedì le sue violazioni e le giustificazioni sofistiche dei trasgressori. Il mondo, signoreggiato dal maligno, non smise d'essere il mondo accusato di empietà da Gesù Cristo, che profetò la persecuzione dei propri ministri e dei fedeli sino alla Parusia. Già gli imperatori del Sacro Romano Impero si opponevano all'Autorità dei Pontefici; già nel '500 un Machiavelli poteva teorizzare una Signoria immorale. In ogni epoca dell'era cristiana, al reggimento dello Stato fu necessario il rispetto della stabilita legge naturale e divina, pena il disordine e il decadimento progressivo della civile condizione spirituale ed economica, sino all'estremo degrado delle nazioni. Tanto più tale politico rispetto occorrerebbe nel tempo del peggior paganesimo attualmente invalso, del laico rifiuto della suddetta legge, sostituita con codici pervertiti e mortiferi.
  Storicamente, anche presso quei popoli cattolici dove, in seguito alla Rivoluzione Francese, al diritto equo (rispettoso della Chiesa) subentrò il diritto liberale (uguaglianza e libertà indeterminate e strumenti del potere), gli antichi costumi dovuti alla Religione misero un freno alla decadenza, che in seguito poté aumentare. Circa gli Stati in cui vigeva il protestantesimo, avvenne qualcosa di analogo: l'eresia non pervenne a abolire alcuni sani principi, le radicate consuetudini smorzarono le dissipazioni, la regola delle scienze, delle imprese e del lavoro produsse prosperità materiali e illusioni di creatività artistica e di vita culturale. Prosperità e illusioni orgogliose, fatte per la maggior perdita: quella delle anime. La disciplina imposta dalle guerre contribuì in qualche modo a mantenere una certa moralità. Alcuni statisti e governanti più avveduti intravidero gli effetti del cattivo andamento progressista, vi posero ripari, e però di effetto insufficiente e temporaneo.
  La soluzione del problema politico-istituzionale dimora invariabile, come invariabile è la condizione umana e quella del mondo, che rappresenta l'esilio dei credenti. "Exsules filii Evae... in ac lacrimarum valle". Ma se Satana regnante sarà debellato soltanto alla fine, non si esclude che coloro i quali reggono lo Stato, per divina permissione, possano tentare di reggerlo secondo il volere del Creatore. Egli non ha affatto revocato la sua sacra investitura, il potere legittimo disposto per il re ("Non c'è potestà se non da Dio, e quelle che esistono sono stabilite da Dio" - Rom. 13). Se il re, o quelli che ne esercitano le funzioni, usano male il loro libero arbitrio, è giusto che essi e i sottoposti ne paghino il fio. Se per avventura un re abbastanza giusto viene disubbidito o rovesciato dal popolo, è giusto che male ne incolga ai disubbidienti, sotto forma di castigo evidente (guerra, lotte intestine, disordini) o di semplice degradazione spirituale.
  Posto che vi siano uomini capaci e in grado di realizzare un programma politico, i provvedimenti  che rimediano alla decadenza, e validi in assoluto, potrebbero essere i seguenti.
  In primo luogo occorre tener conto, secondo le premesse, del nemico da battere, che si trova anzitutto nell'umana debolezza. Per ovviare alla corruttibilità del popolo (senza il consenso del quale non si governa) è indispensabile seguire due vie. L'una consiste nel suscitare in esso alcune idealità, ovvero un certo entusiasmo che lo leghi al potere. E gli ideali possono essere buoni e legittimi, come un sano sentimento patriottico, fondato sulle degne tradizioni e sull'amor di Patria. L'altra via, dipendente dalla prima e, impervia soltanto in apparenza, consiste nell'innalzare il senso del sacrificio e della rinuncia: quasi un'eroica ambizione a pro dell'integrità della res publica e del bene comune. I due procedimenti, presenti nella storia, furono sperimentati con successo, benché per lo più ricorressero a metodi spuri (retorica, omissioni, eccessi del nazionalismo).
  In secondo luogo, il buon governo si attua superando le divisioni partitiche, la partitocrazia, la democratica dipendenza dal libito popolare, nel quale non può risiedere la suprema autorità, la verità e il bene, per i motivi su esposti. Né tali doti possono aversi negli eletti dal popolo e suoi rappresentati, essendo, in ogni caso, condizionati dal popolo e in competizione fra loro per ottenerne il favore.
  Ne consegue che i diritti, i poteri e le libertà democratiche dovranno essere notevolmente diminuiti o aboliti. Ecco il sacrificio di cui sopra. E ripetiamo che esso fu ottenuto nella storia e accolto in nome di ideali. Anche la persuasione della peccabilità di chiunque, il concetto acquisito della giustizia inevitabilmente imperfetta, e il lecito compiacimento della coscienza avvertita, col tempo, diventano educazione popolare. L'ammirazione della virtù concorre a promuoverne la pratica (per quanto vi si insinui l'ipocrisia) e mortifica il vizio. Al contrario, oggi si è giunti alla promozione e alla diffusione del vizio (parola praticamente cancellata dal dizionario) cui viene cambiato il nome, rivestendolo di legittimità e persino di merito.
  Così come la Chiesa (quella vera), seguendo l'insegnamento e l'esempio del divino Maestro e degli Apostoli, mise al bando gli eretici,  preservando il gregge suscettibile di subire gli assalti dei lupi e le insidie delle volpi, parimenti nel consorzio umano occorre difendere i cittadini dai seduttori di ogni genere. E ben lo dimostrano gli stessi poteri democratici nostrani, i quali hanno proibito la propaganda fascista. Dunque lo Stato salutare, di cui stiamo trattando, che dovrà rimette in vigore la legge che piace a Dio, avrà bisogno di bandire ogni diffusione di dottrina falsa e seducente. È pur noto che malizia e falsità di vane promesse fanno presa sugli uomini. Il serafino Lucifero incorse nel peccato di superbia. Eva, nonostante la sua nativa integrità, divenne succube delle lusinghe del Serpente. Ora la preservazione si realizza con una censura. Si badi che nessun governo ne fa a meno, e quanto più cerca di farne a meno, obbligato a tener fede ai presunti diritti umani, tanto più si regge sulla menzogna e sulla corruzione. Le attuali democrazie inculcano la menzogna proclamandosi Stati di diritto. Ma esse legittimano, oppure tollerano nefandezze, con una giustizia iniqua, con leggi demagogiche e immorali, che fanno leva sul sentimentalismo dei neghittosi, sugli egoismi e sulle tendenze ignobili.
  Ma, si dirà, se l'uomo è tanto corruttibile e instabile, su chi fare affidamento per l'attuazione del prospettato risanamento? Qui torna l'equivoco che assimila l'essere umano alla legge eterna che gli abbisogna. L'essere fragile è tuttavia capace di riconoscere la verità e la giustizia, di nutrire l'equa ambizione di instaurarle. Una volta persuaso di esse, avendone la facoltà, egli può elevare a norma verità e giustizia al di sopra di sé stesso, per la salvezza propria e per quella altrui.
  La forma di Stato (la cui Costituzione si fonda sui principi etici della tradizionale civiltà cristiana) viene per logica conseguenza. Ai poteri esecutivo e legislativo, organicamente connessi, sarà preposto un Capo dello Stato e Presidente dei ministri, eletto da un ristretto Consiglio di unanimi fondatori, poi costituito dai loro successori eletti dal Capo. Il quale si avvarrà di un Consiglio composto dai rappresentanti delle diverse attività sociali; mentre il potere giudiziario, strettamente apolitico, dovrà sottostare al controllo dei garanti della Costituzione. La maggiore garanzia dello scopo da perseguire risiede nella condotta di pochi capi chiaramente responsabili. Se le nomine delle cariche che governano la macchina statale fossero soggette a un'elezione dal basso, in breve sarebbe la rovina.
  Come l'organismo della Chiesa fu costruito divinamente con un vertice e in modo gerarchico, come l'esercito riceve analoga struttura e la nave ha un comandante con pieni poteri, così dev'essere per lo Stato. Anch'esso è una macchina bellica, sempre in guerra contro il nemico (il male), è una nave sempre esposta a pericoli funesti. La disciplina e lo spirito di corpo formano il nerbo sia militare che civile. Il generale che perde la battaglia, il capitano che fa naufragio, sono inevitabilmente sostituiti. La struttura resta uguale e indispensabile. Per eccezione, avviene l'ammutinamento, ossia la rivoluzione. Ma è impossibile riformare senza grave scapito l'ordine naturalmente instaurato.
  S'intende che il consorzio civile è formato bensì di famiglie, piccole società la cui autonomia va rispettata. Altresì i comuni, le imprese economiche e culturali sono piccoli stati aventi capi e gerarchie. Ma questo complesso di organi non deve ledere con le sue autonomie la Legge e l'autorità dei suoi tutori, che presiedono a tale impero sui generis.


Piero Nicola

giovedì 20 luglio 2017

Il primato civile degli italiani, quale titolo per la liberazione dall'americanismo

La voce ora stridula ora blesa dei teologi crepuscolari padovani, puntualmente ridicolizzata e stroncata dalla sagace e implacabile Elisabetta Frezza ma condivisa, lodata incensata dal potere politico e dal trionfante sottobosco progressista, lancia il grido d'allarme “per il perdurante rischio di una visione antropologica inadeguata della questione omosessuale”.
In realtà sono sotto schiaffo (politico e clericale) i refrattari all'ideologia pederastica, professata e praticata dalla potente minoranza iniziata ai misteri soggiacenti o sovrastanti l'ideologia progressista, di stampo atlantico e di finanza apolide.
Un inelegante (antidemocratico) amico sostiene (con sfacciata ragione) che la colonna sonora della potente America è la ridarella sodomitica, messa alla berlina da Aristofane.
La trionfante e gongolante nazione guida dell'occidente demo-urologico deve (purtroppo) la sua nascita e il suo ingresso nella storia ai navigatori italiani e agli emigranti in fuga dalla civiltà europea.
Malauguratamente i pensatori americani, infettati dal protestantesimo ed elettrizzati dalla vittoria nucleare, hanno capovolto la genuina tradizione europea, per mettere in scena una squillante, ecumenica sintesi di vuoto bigottismo e di galoppante paganesimo.
Chiusa nel giro vizioso del pragmatismo, l'America non è tuttora in grado di esibire studiosi capaci di tracciare la via d'uscita dalle contraddizioni di una società in bilico perpetuo tra virtuose manfrine, furori numismatici e squillanti vizi contro natura.
Il fatto è che nutrimento della vita americani è uno stato d'animo che associa i furori dell'eresia quacchera con un libertinismo ipercinetico e con una filosofia (il polveroso pragmatismo) desolante e sgangherata.
La desolante cultura americana, di conseguenza, è la soluzione minacciata alla fede cattolica e alla tradizione italiana. La esangue e pallida filosofia degli americani, infatti, pone il problema di un serio (umiliante e devastante) confronto con i numerosi protagonisti del pensiero italiano, medievale e moderno 1.
Di qui l'obbligo di far uscire la cultura della destra dalle intossicanti & paralizzanti cineserie diffuse dalle società esoteriche. E di qui l'urgenza di rinnovare la cultura italiana, emanciparla dalle suddette cineserie infine indirizzarla alla liquidazione dalle desolate mitologie di stampo neo pagano, che (ecco il nodo paradossale della storia contemporanea) furono concordemente diffuse dai perdenti carristi di Germania e dalle vincenti fortezze, fatte volare dai tracotanti liberatori d'oltre Oceano.
Il problema della destra, pertanto, è la liquidazione delle esangui e ambidestre mitologie neopagane, che destano, purtroppo, piccole ma ostinate meningiti nelle parrocchie modernizzanti, nelle università americanizzate e nella scolastica della destra nomade e sgangherata.
Sopraffatta, umiliata e alterata dai vincitori della seconda guerra mondiale, stordita dal riflusso modernista, intossicata dall'ideologia liberale e insudiciata dal progressismo di conio massonico e/o sovietico, la tradizione italiana vive orgogliosamente nei rifugi abitati dagli irriducibili, i quali conservano e incrementano il primato civile e spirituale della nostra patria.
Il problema che tale minoranza deve risolvere, in vista di un'opposizione irriducibile al sistema, è lo stabilimento di una linea strategica contemplante una fedeltà alla tradizione cattolica non inquinata da passioni incontrollate, da suggestioni stravaganti e da torride intemperanze.
La fragilità della politica progressista e la debolezza della cultura a monte, inducono a sperare nel futuro di una destra finalmente organizzata intorno ai princìpi indeclinabili della tradizione italiana. Una destra ideale, oggi attiva nei centri di cultura, nei quali agisce la strenua e promettente irriducibilità all'affarismo politicante.

Piero Vassallo



1) San Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Cristoforo Colombo, Antonio Vivaldi, Antonio Rosmini, San Giovanni Bosco, Guglielmo Marconi, Giuseppe Moscati, Eugenio Pacelli, Agostino Gemelli, Cornelio Fabro)(San Tommaso d'Aquino, Dante Alighieri, Francesco Petrarca, Cristoforo Colombo, Antonio Vivaldi, Antonio Rosmini, San Giovanni Bosco, Guglielmo Marconi, Giuseppe Moscati, Eugenio Pacelli, Agostino Gemelli, Cornelio Fabro, Giuseppe Siri.

lunedì 17 luglio 2017

SPRITUALISMO BERGOGLIANO (di Piero Nicola)

  Non c'è dubbio che Bergoglio, la sua corte e una quantità di preti e frati della nuova chiesa, affermino una spiritualità contraria alla Legge. Sono varie e numerose le loro deroghe al Decalogo e alle norme inequivocabili, impartite da Gesù Cristo ai fedeli perché osservandole essi possano salvarsi. Troviamo queste inosservanze stabilite nero su bianco nella Amoris laetitia; le abbiamo ascoltate ripetutamente nelle omelie e nelle varie dichiarazioni dell'occupante della Santa Sede e dei suoi seguaci; sono comparse in azioni scandalose per chi si attenga alla dottrina della Chiesa, che ebbe vigore sino a Giovanni XXIII. Gli atti di governo e d'insegnamento (che tiene luogo del Magistero universale, ma chiamarlo magistero sarebbe blasfemo) condivisi dalla gran parte dei vescovi e dei porporati, attestano le violazioni dottrinali in materia grave (matrimonio, rapporti con gli eretici e gli infedeli, trattamento dei peccatori pubblici, ecc.) con l'aggravante che sono tollerati chierici e laici maggiormente progressisti o evoluzionisti, mentre vengono puniti coloro che si attengono ai precetti consacrati per quasi 2000 anni dall'Autorità ecclesiastica come immutabili.
  La giustificazione di tali infrazioni è sempre la stessa. Lo spirito del Vangelo sarebbe superiore alla lettera, compresa, si sottintende, la formulazione dei dogmi. "Noi rispettiamo i dogmi," si dice, "ma dobbiamo superare il loro formalismo, perché intendiamo essere cristiani veri, anzitutto misericordiosi, e Dio è amore, prima che legislatore".
  Si può dimostrare come quest'ultimo asserto sia errato, giacché Dio è giudice particolare delle anime e Cristo giudice universale alla Parusia, mentre la Provvidenza regge il mondo con giustizia perfetta e ineffabile. Pertanto la divina misericordia è, per così dire, condizionata dalla divina e regale giustizia. Dio rimuneratore dei meriti è anche Colui che condanna l'uomo colpevole, dopo avergli largito le sue grazie. La Bibbia e la Rivelazione lo dicono chiaro. Diversamente, si cade nella predestinazione luterana e nella negazione del libero arbitrio. Difatti Bergoglio va incontro a Lutero.
  Ma torniamo al punto della carità e dell'interpretazione della legge. "Chi sono io per giudicare?" dice il capo della pseudochiesa, di fronte al peccatore. A prescindere dal fatto che egli, governando, per forza di cose giudica (e purtroppo lo fa secondo le sue vedute), egli approfitta dell'impossibilità di giudicare le anime, in quanto ciò spetta all'Onnipotente, per togliere la punizione ai trasgressori (pure evidenti e scandalosi) della Volontà del Signore. Per sostenere la sua tesi, il seducente costruttore di ponti e l'abbattitore di muri, deve ricorrere alla coscienza tribunale sindacato soltanto dall'Altissimo.
  Qui abbiamo il primo aspetto dell'eresia. Si esclude che la dottrina dogmatica sia norma della coscienza, e che la Chiesa abbia il compito di istruire e assistere il foro interiore secondo la morale teologica attinente a tale dottrina, ammonendo bensì chi trasgredisce. Mentre si permette che la coscienza possa regolarsi sulla Scrittura secondo un libero esame (gravissimo errore protestante).
  Il secondo aspetto dell'eresia sorge dalla presunzione che il fedele possa disubbidire alla Legge divina, appoggiandosi al proprio saggio discernimento e alla buona fede. In altri termini, la Roma usurpatrice e traditrice solleva il credente dall'obbligo dell'obbedienza al Creatore, posponendo la sacra obbedienza all'esame interiore e personale o ad altri criteri esterni. Se Dio si è servito della Legge, con un mezzo adeguato alla natura dei mortali, essa deve essere osservata nondimeno con la virtù obbligatoria della sottomissione. Eccezion fatta per una dispensa autorevolmente concessa dalla Chiesa. Dispensa che non può più essere data dalla chiesa di Bergoglio, responsabile dell'eresia suddetta e di altre ancora.
  Ma quale coerenza dovremmo ormai pretendere da chi riverisce Lutero e vuole che i maomettani possano adorare Dio in Allah, che gli Indù si salvino essendo bravi Indù, esimendosi dal badare a Gesù Cristo, per cui i cattolici dovrebbero astenersi dal proporLo ai non cattolici? La chiesa di Bergoglio non è cattolica, non essendo l'unica depositaria della Verità e missionaria, ma è un farisaico tradimento degno di Satana.


Piero Nicola

sabato 15 luglio 2017

LA VENERE SCHIAVA (di Piero Nicola)

Scrittori e pensatori, della donna hanno detto tutto. Di certo molto più di quanto essa sia disposta a confessare di se stessa. Come avviene di giudizi intorno a generi d'individui, le generalizzazioni sono legittime, purché si salvi l'eccezione. Alla comune compagna dell'uomo non si può di certo paragonare la santa e nemmeno l'etera o la virago.
  Dunque si volle formulare il concetto dell'eterno femminino, affibbiarvi la caratteristica del così fan tutte. La connaturata gentilezza, che va dalla voce bianca alla grazia corporea e delle attitudini, un certo modo di agire e di pensare, distinguendo la figlia di Eva offrono materia di osservazione.
  È pure evidente che le doti innate e le limitazioni costituzionali degli esseri umani condizionano la loro esistenza. Nonostante gli sforzi politici per ridurre la disuguaglianza dei sessi alla parità delle loro funzioni, sinora i potenti hanno dovuto recedere dal proposito di far gareggiare insieme uomini e donne in competizioni sportive individuali, oppure a squadre maschili e femminili contrapposte.
  Stante l'impossibilità che qualcuno abbia omesso qualcosa della condizione femminile, tuttavia mi sembra che un aspetto sia stato trascurato. Ed è la schiavitù che la bellezza impone alla femmina umana.
  Si rileva che la sua attrattiva rientra in una legge di natura, e che anche l'uomo deve poter piacere. Invece il valore soggettivo e oggettivo dell'avvenenza del gentil sesso non è confrontabile con quello del sesso forte. La moderata bruttezza non crea un complesso nel soggetto maschio, egli non deve ricorrere a espedienti per nasconderla e per apparire quello che non è; tanto meno si preoccupa di abbellirsi con trucchi e cosmetici quando la sua figura sia di già gradevole. Ripeto che i casi particolari e la dubbia mascolinità esulano dal discorso.
  Ma quando parlo di schiavitù - beninteso accetta e magari non accusata come tale - dovuta alla bellezza muliebre, non intendo riferirmi alla sua mancanza, né alla sua deficienza; ritengo schiave nondimeno quelle che non lamentano propri difetti estetici.
  Yukio Mishima ebbe a dire che "la bellezza è un dente guasto". Marcel Arland, meno pessimista e non affetto da filosofia asiatica, fa osservare a un suo protagonista, che frequenta l'affascinante ragazza di cui si sta innamorando: "Sino ad allora non avevo saputo che la bellezza fosse un dono tanto grave". E così continua: "Un giorno in cui si parlava di Geneviève in sua assenza, una sua amica fine, buona, ma d'aspetto ingrato, mormorò: 'Geneviève è bella; è molto bella'. Lo disse con semplicità, e di cuore, ma mi parve di percepire nelle sue parole un timore, una compassione, e forse un sollievo per non aver ricevuto in sorte un favore così pericoloso."
  Cionondimeno vorrei andare oltre ciò, che potrebbe apparire ancora parziale. Si pensi che, se la civetta ovvero la carente di personalità, aspirano a piacere a tutti, le altre in attesa di conquistare un fidanzato o già accompagnate, non potendo nascondere le loro fattezze,  sono esposte a ogni sorta di sguardi indiscreti e di approcci indesiderati. Esse si sentono oggetto di desiderio, un oggetto qualsiasi, giacché chi così le apprezza e fischia o fischierebbe loro dietro (all'americana) per lo più nemmeno le conosce, non rispetta la loro persona. Ecco la schiavitù della bellezza che, nonostante ogni accorgimento e contegno, presenta colei che la possiede anzitutto come un'attrattiva per la maschile concupiscenza o per la conquista. Il disgusto di piacere a chiunque, il sentirsi sempre gli occhi addosso (anche delle donne curiose e gelose), i complimenti importuni, l'essere costrette a respingere le profferte indesiderate, la tentazione di divenire esibizioniste, tutto questo fastidio diuturno, cui non ci si può sottrarre e che trova scarsa compensazione, che altro è se non una servitù? E il poter pretendere dalla vita, le esperienze procurate dalla bellezza e l'avarizia della vita rispetto alle sue promesse, la persecuzione dell'invidia, non sono una tirannia?


Piero Nicola

lunedì 3 luglio 2017

TRA VASCO ROSSI E J. M. BERGOGLIO (di Piero Nicola)

A volte qualcuno mi rimprovera d'essere pessimista, perché tutte le epoche sono state in preda alla corruzione, sotto governi collusi e menomati, sotto l'autorità di preti indegni, ecc.
  Rispondo che non è stata sempre stessa cosa. Al ogni modo la civiltà succeduta all'avvento di Costantino ha di recente subito una frattura epocale, che divide l'era moderna da quella postmoderna, la seconda età essendo, in quanto a giustizia, incomparabile con la precedente. Si è prodotto all'inverso, il breve trapasso che si ebbe quando la religione cristiana divenne religione dell'Impero Romano. Se, prima, ancora vigeva una legge positiva accettabile, alquanto conforme alla legge naturale e divina, dopo, molte delle sue continue infrazioni e violazioni di funesta gravità, sono diventate lecite a causa di un inedito diritto artatamente instaurato. Negli stessi paesi dove era ammesso il divorzio ed era legittima la propaganda di dottrine empie e nefaste, tuttavia l'aborto, i diritti dell'omosessualità equiparati a quelli della coppia normale, la procreazione oltremodo contro natura, l'eutanasia, ecc. venivano puniti dalla legge, stante il consenso popolare.
  I miei obiettori, non rassegnati alla degenerazione della civiltà, non stimano tale rivoluzione così importante da provocare un frana civile, un serio peggioramento del malcostume, uno straripamento  della malizia umana, una decadenza mortifera. Contribuisce al loro ottimismo la sedicente chiesa col suo moralismo laico e malato, con uno spiritualismo peccaminoso, opposto ai dogmi, a un credo scomodo, impervio.
  I liberali d'ogni colore (di sinistra, di destra, atei o presunti cristiani) si fanno portare dai venti musicali di Vasco Rossi, della sua parentela rock e delle ballate nordiche rockettizzate, come dalle onde dolciastre dell'immoralità moralista dell'eretico Usurpatore che siede in Vaticano; e accettano le loro disgrazie, anzitutto domestiche, avviluppati nella propria miseria ansiosa di nuovo, lenita dalle artefatte invenzioni culinarie, dalle illusioni erotiche e vacanziere.
  Quando il pessimista dipinge il quadro (incorniciato dalle aureole di Vasco e di Bergoglio) nel quale i democratici figurano partecipi (tanto peggio, se qualcuno di essi critica la mollezza di Gentiloni, l'italiana politica sull'immigrazione, la rigenerazione dei voucher, la mancanza delle casette per i terremotati, il fazioso egoismo delle correnti politiche, le aree urbane e extraurbane infrequentabili per il comune cittadino, ecc.!), essi, che godono delle libertà democratiche più anticonformiste (purché restino nel gregge dei politicamente corretti) rispondono: "Eh che? Ci hai preso per dei dottor Pangloss? Fin dalle scuole superiori ci è caro Voltaire, non l'abbiamo mai disprezzato. Sono finiti da un pezzo i censori clericali che lo misero all'indice. Che siamo cattolici o agnostici, noi amiamo il dialogo e le belle varietà del pensiero e dell'arte. Ci unisce la bellezza, la pluralità dei sentimenti, l'antifascismo!"
  Guai a interrogarli su un raffronto tra le folle oceaniche plaudenti nel Ventennio e le folle ai concerti sfolgoreggianti e assordanti, impazzite per l'esaltante e consolante poetica dei profeti urlatori, maestri del saper vivere. I conformisti progressisti (consapevoli o inconsapevoli, come tanti che si tengono Vasco, Salvini e la Messa Tridentina) avrebbero bisogno di uno che gli rivitalizzasse il midollo mediante un'iniezione di coerenza, uno che li investisse col sole della virilità, con una parola e un esempio tonanti; a Dio piacendo che nascesse il santo o almeno il sano condottiero capace di mortificare le mollezze pacifiche, morbose e vigliacche.
  È pur vero che una società sussiste grazie alla disciplina dell'ambizione e del lavoro, ma il vizio creduto giovevole, insieme all'idea cosmopolita, la rende infeconda e la spegne. Il segno della sua condanna immutaabile è appunto la denatalità.


Piero Nicola