martedì 2 settembre 2014

Il male oscuro della riforma Gentile

Provocazione di un tradizionalista irriguardoso

Il male oscuro della riforma Gentile

 Magnifica la riforma di Giovanni Gentile? Splendidi i licei italiani? I migliori al mondo? Indubbiamente sì, dal punto di vista dell'astratta pedagogia. Dal punto di vista della tradizione filosofica italiana sembra fondato il dubbio sollevato da Lucio Colletti e da Antimo Negri: la filosofia neoidealista, madre della grande riforma scolastica, "continuava ad essere, a restare una provincia del Reich filosofico tedesco".  
 Il nobile patriottismo di Gentile non si discute seriamente. Il suo tentativo di avvicinamento alla verità cattolica è riconosciuto da numerosi, autorevoli storici della filosofia. Antimo Negri, peraltro, sosteneva l'italianità dell'attualismo, che si rannoda, attraverso Vico e Cuoco, all'antiquissima italorum sapientia, e alla filosofia del Rinascimento (Telesio, Campanella, Bruno).
 Tuttavia in Antimo Negri era quasi invincibile il sospetto secondo cui il neoidealismo "derivava dai magnanimi lombi teoretici dell'idealismo hegeliano" e rimaneva tale quando "coccotteggiava con Lukàcs o con i marxisti di Francoforte, con Heidegger, Husserl, Wittgenstein, Gadamer ecc."  (Cfr.: Antimo Negri, "Giovanni Gentile pensatore italiano", in Aa. Vv.,  "Giovanni Gentile filosofoitaliano", Rubbettino, Soveria Mannelli, 2004, p. 4 e seg.)
Dal suo canto Cornelio Fabro aveva dimostrato che, nella filosofia gentiliana, "l'essere non è anzi tutto assoluto e perciò fondamento dei molti e dei diversi, non è l'Essere: è semplicemente fenomeno che dissolve se stesso nel porsi del suo divenire"  (Cfr.: Cornelio Fabro, "Giorgio G.F. Hegel La dialettica", Edivi, Segni 2012, p. 155).
 I giudizi sul neoidealismo, aiutano a capire per quale causa il liceo gentiliano genera difficoltà nella mente degli alunni appartenenti a famiglie fedeli all'autentica tradizione cattolica. 
 Ogni anno, in coincidenza con gli ex esami di riparazione, ricevo ansiose (e in qualche modo ansiogene) comunicazioni di genitori cattolici, i figli dei quali sono entrati in umiliante conflitto con i programmi e con i professori della scuola italiana conforme al Reich filosofico tedesco.
 Perché, nei licei, il disagio giovanile è prevalentemente cattolico (oltre che proletario)? Perché non sfiora i figli della borghesia illuminata? Sono inopportune e reazionarie tali domande?
 Per la durata di alcuni anni ho pensato, correndo sui binari dell'opinione prevalente, che i figli dei cattolici fossero repressi e perciò ipodotati, ossia frenati e antiquati dal pensiero dei familiari, e finalmente inadatti alla frequentazione della migliore scuola (italiana? tedesca?) del mondo.
 Un dubbio cominciò a insinuarsi quando lo storico Mario Attilio Levi, reduce da un viaggio in veste di visitor, mi parlò delle università americane, nelle quali gli studenti imparavano, senza difficoltà e in breve tempo, il latino e il greco. 
 Il dubbio si approfondì nel 1983, quando partecipai a un convegno di studi, organizzato in Palermo da Tommaso Romano, titolare delle edizioni Thule, convegno anticonformista, presieduto dal prof. Luigi Salerno e intitolato "Una scuola al servizio dell'uomo". 
 Ultimamente il giudizio di un dotto amico, sincero ammiratore di Gentile - "un'attenta lettura dell'opera gentiliana ultimamente suggerisce l'uscita dal neoidealismo" - ha consolidato la mia opinione, obbligandomi a concludere che estranea alla fede cattolica e alla vera tradizione nazionale è la scuola riformata dal pur geniale progetto di Giovanni Gentile - un filosofo la cui umana e intellettuale grandezza tuttavia non si può discutere - e ipodotati sono i professori, i quali applicano ciecamente i criteri della sopravvalutata e venerata riforma, e lo fanno proclamando un contraddittorio e assurdo disprezzo per il filosofo fascista che l'ha concepita.  
 Ovviamente è doveroso giustificare la scelta del cammino audacemente qui proposto per giungere a una conclusione eretica, che disturberà il vasto popolo (et sinistra et destra) dei ben pensanti, degli eleganti e delle persone colte (categorie dalla quale, per destino lo scrivente è escluso).
 Il primo oggetto avvistato su tale percorso è il principio che ha illuminato il riformatore di Gentile e l'azione dei post-gentiliani: la religione è per i bambini, la filosofia (neohegeliana o bruniana o francofortese) è proposta alla mente dei giovani maturandi e degli adulti evoluti.
 La filosofia moderna e quella ultramoderna correggono, ridimensionano e alla fine sostituiscono la religione. Al proposito è doveroso rammentare che il filosofo siciliano Pietro Mignosi ha dimostrato magistralmente che Gentile criticava e confutava i modernisti, perché disapprovava la loro esitazione di fronte alla proposta di riforma radicale avanzata dal neoidealismo.
 L'opera dello Hegel rivisitata da Gentile diventò il surrogato della Sacra Scrittura e della Scolastica (e tale rimase fino ai giorni nostri, per effetto dell'inettitudine democristiana o meglio per l'assenza - o la emarginazione  di illuminati e coraggiosi riformatori, quali Fabro e Del Noce, ad esempio).
 Secondo risultato: l'accertamento che i classici della letteratura antica, contemplati nei programmi dei licei riformati da Gentile, sono esclusivamente gli ovvi scrittori pagani.
 Terzo risultato. Capire che, secondo la filosofia che informa il liceo classico, latina è soltanto la lingua di Cicerone, di Virgilio, di Ovidio e di Tacito Il latino medievale è pertanto giudicato un orribile sgorbio, un prodotto dell'oscurantismo clericale.
 Quarto risultato. Capire che secondo la logica della riforma, greca è soltanto la lingua degli scrittori pagani. Di San Paolo scrittore greco parla (eventualmente e in lingua volgare) l'insegnante di religione, di solito un laureato in varia e polifrenica umanità. Ai Padri Greci non si fa cenno nelle lezioni alte, dalle quali dipendono i voti in pagella. (Non è forse per un caso che la libreria romana, nella quale si potevano acquistare i volumi di Sources Chrétiennes ha abbassato la saracinesca?)
 Quinto risultato: rammentare che San Tommaso è citato nelle ultime pagine del primo volume di storia della filosofia, una collocazione nella quale non pochi insegnanti, laicisti e/o cattolici aperti, leggono un illuminante invito a censurare l'opera di un filosofo, che non può essere paragonato alla meraviglia  hegeliana e post-hegeliana.
 Sesto risultato. Rendersi conto del fatto che, nei licei, l'insegnamento della storia obbedisce all'idea dell'assoluto (neo-hegeliano) in perpetuo movimento. Il Medioevo, in quanto età lontana dalla rivoluzione luterana, idealistica e neoidealistica è giudicato una parentesi oscura e infrequentabile, magicamente squarciata da pensatori eterodossi, quali Gemisto Pletone, Marsilio Ficino, Pico della Mirandola e Giordano Bruno.
 Settimo e ultimo risultato. Le marginali scuole di indirizzo professionale, intanto, riducono in pillole volgari e oscuranti l'insegnamento laico impartito nei nobili licei.

 Conclusione. L'ammirata e venerata riforma Gentile, purtroppo, ha fondato una scuola laica, che educa conformisti, oggidì i lettori di Repubblica e di Micromega e i compratori dei libri adelphiani.
 La maggioranza delle persone colte, di conseguenza, oggi è priva delle difese immunitarie indispensabili alla resistenza alle sirene del nichilismo.
 In tale brodo di cultura i figli dei cattolici non modernizzanti si sentono a disagio, un disagio che va ascritto a loro merito.
 Il liceo, infatti, rovescia le convinzioni religiose, le idee ricevute dalla famiglia e dalla parrocchia (quando la parrocchia conserva la propria identità e non si arrende alla Babele conformista edificata dai teologi modernizzanti).
 Il malessere dei ragazzi è un importante segno, che merita l'attenzione dei cattolici propriamente adulti e refrattari al falso e rovinoso ecumenismo.
 Senza misconoscere l'attitudine del liceo a sviluppare l'intelligenza degli alunni e ad abituarla alla fatica (nessuno può seriamente negare che lo studio delle lingue antiche sia un eccellente esercizio) si pone il problema di organizzare una seria alternativa all'indirizzo neoidealista e/o tardo marxista e francofortese della scuola italiana, ossia al pensiero che è comunicato da docenti supinamente ligi ai criteri di una filosofia irriducibile alla vera tradizione degli italiani.
 In questa direzione hanno incominciato ad avanzare (ottenendo incoraggianti risultati) alcuni sacerdoti della Fraternità San Pio X, i quali hanno fondato istituti scolastici privati, nei quali è applicata una pedagogia, oltre che efficace conforme ai princìpi indeclinabili del Cattolicesimo.

 Tenuto conto dei buoni risultati di detta esperienza, sembra lecito sostenere che le linee della possibile scuola alternativa devono obbedire ai criteri dettati dalla nostra vera tradizione. Criteri non utopistici e non rivoluzionari. In special modo:

a. Lo studio della lingua di Roma deve diventare compatibile con il rispetto del latino medievale, lingua usata dagli scalatori italiani ed europei del vertice speculativo del pensiero umano. Il disprezzo del latino medievale è un tic del laicismo oscurantista, un vizio di pensiero che non deve contagiare gli animatori una scuola rispettosa della verità storica.

b. Di conseguenza lo studio del latino e la lettura di autori quali Virgilio e Cicerone deve essere indirizzato a preparare la riflessione sulla teologia di Sant'Ambrogio e di Sant'Agostino e infine  orientato alla comprensione dell'insuperata filosofia di San Tommaso. Senza riferimento al pensiero cattolico, la lettura di Virgilio e di Cicerone diventa materia di quel puro esercizio retorico, che, un tempo, infiammava le arringhe degli avvocati di grido.
c. Lo studio della lingua greca, a sua volta, deve essere finalizzato alla comprensione dei Vangeli,  della teologia di San Paolo e dei Padri Greci. Va da sé che non si propone di escludere la lettura dei testi di Platone e Aristotele ma di orientarla alla comprensione del miglior risultato e termine del pensiero greco, la filosofia di San Tommaso, appunto.

d. Lo studio della letteratura italiana deve avere per finalità ultima la lettura e la comprensione della Commedia di Dante, poema della nazione italiana.

e. La studio della filosofia deve essere orientato al naturale sviluppo della ragione dei discenti oltre che a una seria critica del pensiero rapsodico da Cartesio ai francofortesi.
 Tale critica è stata avviata da Cornelio Fabro, da Carmelo Ottaviano, da Ceslao Pera, da Tito Centi, da Raimondo Spiazzi, da Nicola Petruzzellis, da Michele Federico Sciacca, e da Maria Adelaide Raschini, continuata ultimamente da illustri pensatori, quali Antonio Livi, Paolo Pasqualucci, Pier Paolo Ottonello, Ennio Innocenti, Serafino Lanzetta, Giulio Alfano, Sebastian Kunkler, Matteo D'Amico, Guido Vignelli, Paolo Rizza, Rosa Goglia, Alessandro Fiore.
 Con gli insegnanti di filosofia  possono collaborare efficacemente gli eminenti studiosi del del diritto, Patrizia Firmani, Elisabetta Frezza, Emilio Artiglieri, Ascanio Ruschi ecc.

f. La studio della storia deve essere specialmente inteso alla spietata confutazione delle leggende nere confezionate dagli scrittori illuministi e comunisti.
 Una tale impresa è già stata felicemente avviata da storici d'alto profilo, quali Paolo Pasqualucci,  Roberto De Mattei, Claudio Bernabei, Tommaso Romano, Massimo Viglione, Valentino Cecchetti, Roberto Dal Bosco, Pucci Cipriani, Gianandrea de Antonellis, Alberto Rosselli, Pietro Giubilo, Corrado Gnerre, Lino Di Stefano, Angelo Ruggiero, Luciano Garibaldi, Siro Mazza, ecc.

r

 In mancanza di una corretta e immunitaria istruzione i giovani sono destinati al naufragio nel gorgo thanatofilo avviato dal pensiero post-moderno, erede legittimo della gnosi hegeliana (o bruniana o francofortese) e in ultima analisi dall'antica eresia gnostica.
 Certo è che il liceo di Gentile non è stato capace di sventare la squallida manfrina del Sessantotto e di evitare l'influsso della desolante e tossica cultura francofortese. Anzi..
 Sarebbe sommamente stupida la proposta di abolire il liceo classico, tuttavia non si può negare che, per il bene della comunità cattolica e dell'Italia tutta, è urgente la sua riforma.

 L'attuazione del progetto contemplante un liceo d'indirizzo cattolico, d'altra parte, non è un sogno reazionario ma un disegno ragionevole, che contempla una conquista possibile, non proibita vista l'ecumenica flessibilità in circolazione nella cultura dello stato italiano e considerata la presenza di studiosi cattolici (sopra ne sono stati citati alcuni) qualificati e capaci di organizzare scuole di alto profilo, di un più alto profilo di quello delle attuali scuole di stato.

Piero Vassallo

1 commento:

  1. Interessantissimo! è proprio ciò che stavo cercando! Potrebbe consigliare anche qualche buon manuale di pedagogia cattolica?

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