venerdì 4 maggio 2018

TEORIE MALATE (di Piero Nicola)


Buona parte delle teorie erronee tradotte in norme e prassi non sono prive di frode, altre provengono da buona fede solo in apparenza, poiché si tratta di coscienza falsificata; molti le approvano per un errore di valutazione, sebbene anche qui in fondo giochi spesso un ottimismo, talvolta un pessimismo, moralmente censurabili.
  Sta di fatto che oggidì i procedimenti sociali introdotti nella temperie postmoderna sono sbagliati. Infatti vengono accolti solo quelli conformi a un mondo sbagliato: il mondo dell'immoralità giustificata, degli stupefacenti tollerati, della giustizia molle, incerta e indulgente, delle libertà e dei diritti indebiti e rovinosi, sanciti dalle leggi, che castigano chi vorrebbe raddrizzare le storture.
  Una dottrina delle peggiori, gabellata per scientifica, fu quella sulla pazzia e sul trattamento dei malati di mente. Ebbe buona accoglienza e consenso popolare. Come per quasi tutte le licenze legalizzate essa soddisfaceva il sentimento pietoso e il senso di giustizia, non già puri e generosi, bensì radicati nel vile amor proprio: "Se succedesse a me, se io fossi costretto ad avere le mani legate..." ecc. ecc. Il consenso provenne dalla presunzione di sé, di saper usare della libertà meglio di chiunque, di essere comunque al riparo dalle offese altrui, e dal timore di dover subire l'affronto della coercizione.  
  Si stabilì che l'alienato, curato bene e carezzato, non fosse pericoloso, tranne che in casi rari. Dunque si abolirono quei tristi e orribili luoghi di segregazione e di tortura che erano i manicomi. Naturalmente i pazzi omicidi sussistettero, i peggiori sono tuttora rinchiusi in speciali reparti psichiatrici, e sono in numero maggiore del previsto. Naturalmente le statistiche stanno in mano ai comandanti; essendo scomode, non vengono divulgate e forse nemmeno eseguite. Ma ciò che importa è che potenziali folli assassini, feritori e danneggiatori - da cui un tempo la società era protetta - sono in circolazione, nelle famiglie, minate dall'angoscia e dal terrore, altrimenti quasi abbandonati alla propria disperazione e al suicidio. Fenomeno sociale che viene artatamente nascosto o sminuito.
  La frode, facilitata dall'oltremodo coltivato pregiudizio umanitario, va a segno un giorno sì e uno no, quando dovrebbe saltar fuori la criminale applicazione della teoria, responsabile di uccisioni, ferimenti e violenze commesse da poveri irresponsabili. Non passa settimana che un tale, che è stato in cura per problemi psichici (questa circostanza viene quasi sottaciuta) ammazza, usa violenza, commette gravi reati.
  Dice: "E allora i poveretti confinati in un manicomio non vivrebbero peggio che in prigione, anche se non avrebbero compiuto azioni temibili, orrende?" E qui compare l'ignoranza: sia non essendosi compresa la reale pericolosità, tenuta nascosta, sia trovandosi all'oscuro della saggezza inerente al governo di uno Stato.
  Seguendo lo stesso principio pietoso e scrupoloso - utile all'invalso sistema democratico - per evitare l'errore giudiziario si dovrebbe assolvere quasi tutti gli imputati, lasciando a piede libero la delinquenza spicciola e criminale. Si è quasi giunti a un simile disordine funesto. Gli stessi tre gradi di giudizio lasciano in circolazione gran parte dei delinquenti sotto processo. La regolamentazione dei provvedimenti detentivi fa acqua dappertutto, con arresti domiciliari, permessi e premi. Giornalmente le vittime dei delitti, i parenti degli assassinati, lamentano l'ingiustizia, ma sono relativamente pochi. Chi subisce il furto, la messa a soqquadro della casa, persino la rapina, se ne dimentica, si convince che occorre convivere con gli inconvenienti del progresso, dell'immigrazione. Gli stessi parenti stretti dei drogati sono sopraffatti dal sistema, dalla falsa fatalità.
  Le debite leggi, la debita amministrazione della giustizia, il debito carcere, possono e devono produrre la salute civile, garantire gli autentici diritti umani. La malizia invece accende un faro sull'ineliminabile errore giudiziario, sulla possibilità di patire una restrizione del libito, sul rischio di incorrere in un'iniquità. I pubblici persuasori, che dovrebbero essere educatori, mirano in basso a pascere l'ego e gli appetiti, anziché esaltare il nobile sacrificio, in qualche misura sempre necessario al vero bene comune.
  Aggiungo una nota significativa sulle attuali aberrazioni dell'equità. Poco tempo è trascorso dalla morte di una ragazza placcata in una partita di rugby. Se c'è uno sport crudo e antifemminile questo è il rugby. La notizia ha fatto il suo corso ovattato, intriso di tenerezza, di varie solidarietà, con vago accenno al modo in cui avvenne la disgrazia. E come parlare di disgrazia, a seguito di uno scontro brutale e di una caduta con conseguenze prevedibili, trattandosi di corpi di ragazza? Lo stesso dicasi del pugilato, del calcio muliebre: contrari alla peculiarità del gentil sesso. Veri e propri snaturamenti, altro non sono che lusinghe per giovani e adulte, non di rado frustrate, in cerca di affermazione a caro prezzo. Il danno psicologico e fisico non tarda a colpire quel genere di atlete e di sportive. Ma ha la meglio la brama di avere, di essere di più, di non rimetterci, di cogliere ogni opportunità. Prevale il pregiudizio: la completa parità di donna e uomo. Sciocchezza di badiale evidenza, eppure accettata, idolatrata. Men male che i maschi ancora non si cimentano con i ferri da calza e i lavori all'uncinetto.
  Ma che succederà quando i dispensatori di desideri avranno esaurito le loro droghe?

Piero Nicola

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