domenica 20 novembre 2016

Un saggio sulla vita eterna di Giovanni Cavalcoli

 Nell'attuale clima di spensieratezza pressappochista, secolarista  e buonista pare che molti cattolici intendano la propria vita come  le api, che passano spensieratamente di fiore in fiore senza  fermarsi mai in niente, senza dar per certo nulla, se non forse uno  spasmodico attaccamento al proprio io scambiato per Dio.
 padre Giovanni Cavalcoli o. p.



La casa editrice anticonformista Fede & Cultura, attiva in Verona, propone il saggio La vita eterna, ragguardevole opera di Giovanni Cavalcoli, l'illustre teologo domenicano, dai banditori della teologia modernizzante tenuto sotto schiaffo, perché fedele alla tradizionale dottrina cattolica, contemplante il premio e il castigo eterno.
I banditori dell'avventizia teologia buonista e perdonista, infatti, accusano l'illustre teologo domenicano di aver condiviso e affermato la dottrina che contempla la infallibile giustizia di Dio, una teoria, secondo una loro temeraria opinione, superata, antimoderna e crudele.
Refrattario alla suggestione del progressismo, Padre Cavalcoli o. p. continua imperterrito la sua attività di strenuo difensore della teologia tradizionale e del legittimo e realistico confronto con la filosofia classica.
Pur riconoscendo la distinzione della filosofia platonica dal panteismo, ad esempio, l'illustre domenicano ne indica i limiti: “in Platone la distinzione anima-corpo appare a un tempo esagerata e troppo debole: esagerata in quanto l'anima appare ostile al corpo, troppo debole, in quanto il corpo sembra essere una semplice imitazione o manifestazione dell'anima”.
Di seguito il sagace teologo sottolinea l'assenza, nel pensiero cristiano, della suggestione dualistica, ossia di quella opposizione estrema e fuorviante, di quel conflitto insanabile tra eterno e temporale, che caratterizza il pensiero greco, e in modo speciale la scolastica sintonizzante.
Refrattario ai travestimenti rugiadosi e mondani della Carità, mascherine in circolazione sfrenata ed estenuante nella teologia progressista, padre Cavalcoli afferma risolutamente che “se il prossimo pone ostacolo alla nostra ricerca di Dio, dobbiamo avere la forza d'animo di respingerlo o di separarcene, come invece abbiamo il preciso dovere di seguire quei maestri e quei santi che ci conducono a Dio, o di prenderci cura di coloro che si lasciano guidare verso Dio”.
Padre Cavalcoli, pertanto, suggerisce ai teologi tentati dalla suggestione buonista la dottrina di San Bernardo, secondo cui l'amore è fine a se stesso e rammenta che il Santo Dottore “si riferisce a un amore che sia in se stesso la perfezione, come l'amore divino”. Natura e sovrannaturale, infatti, si incontrano nel disegno divino: “Dio, istitutore della natura, dà ad essa le forze sufficienti per raggiungere il suo fine, conseguito il quale noi siamo felici e perfetti”.
Opportunamente padre Cavalcoli respinge la suggestione della nuova e orizzontale teologia, denuncia la suggestione secolarista e la tendenza a dimenticare la meta ultraterrena, incombente sulla Chiesa e rammenta infine che “Dio, nel creare l'uomo, non era per nulla obbligato a indirizzarlo al fine soprannaturale il quale, come insegna Pio XII nell'enciclica Humani Generis, non corrisponde affatto ad un'esigenza dell'umana natura, ma una esigenza soltanto allorché l'uomo sa per fede dell'esistenza di questo fine sublimassimo e quindi comincia a desiderarlo e ha il diritto di desiderarlo in forza della grazia dello Spirito Santo”.
In conclusione è doveroso rammentare che la critica elaborata con rara competenza e con splendida fede da padre Cavalcoli, pur non non ignorando il potere delle oscure suggestioni, in trionfale, alienante e rovinosa corsa intorno alle rovine prodotte dal mondo moderno, afferma risolutamente e dimostra (si è tentati di usare il proibito e calunniato proverbio trionfalisticamente) la vitalità del pensiero cattolico.


Piero Vassallo

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