La
sinistra che piange
L'umorismo, antidoto
alle afflizioni della
letteratura indignata
Resto
della cultura gramsciana, l'indignazione - trisma funereo - invade la
letteratura e gli schermi della televisione nell'intento di convertire la plebe
edonista, ma ottiene soltanto il naufragio del pensiero progressivo nell'umore
bilioso.
L'indignazione
eccita ma non diverte. Aggredisce ma non conquista. Irrita ma non persuade.
Sentenzia ma non insegna. Produce solamente scariche nervose che addormentano e
soffocano l'allegria.
La
memorabile battuta di Vittorio Sgarbi sulla Bindi più bella che intelligente
o una delle tante barzellette di Silvio Berlusconi ottengono effetti
propagandistici superiori a quelli conquistati della gigantesca macchina
dell'indignazione intelligente e pensosa.
Il
deprimente Saviano, il tronfio Eco, la lepida Dandini, la irritante
Littizzetto, la sconsolata e soporifera Mortizia affacciata al telegiornale di
Rai3, l'esangue Travaglio e il tribunizio Santoro, accedono il fuoco di
passioni violente ma passeggere, che Berlusconi spegne con uno spruzzo di
frizzante champagne.
Il
segreto della cultura di destra, infatti, risiede nella vocazione all'umorismo
pungente ma non iroso, efficace e sicuro rimedio alle afflizioni procurate
dalla letteratura indignata e dal cabaret furente.
L'umorismo
è il preambolo al pensiero indirizzato all'ottimismo e alla bonarietà. Ora un
saggio di umorismo orientato a destra sono i Racconti del cavolo scritti
in prosa gradevole da Marino Solfanelli e pubblicati dalla casa editrice di
famiglia, Tabula fati nella fantastica città di Chieti.
Nella
breve presentazione alla raccolta, Giulio Cutore scrive: "Con mano
lieve ma decisa, Marino Solfanelli mette bonariamente a nudo le debolezze e le
piccolo meschinità umane che, nonostante le roboanti petizioni di principio di
tanti nostri politici, non conoscono bandiere di partito, ostinandosi anzi ad
allignare con più tenacia proprio in quegli animi dai quali la fede politica
dovrebbe da sola provvedere a scacciarle".
L'umorismo è una
contemplazione indulgente dei difetti umani. La ghigliottina è rottamata.
L'oratoria roboante in fondo a sinistra.
Lo
stile di Solfanelli appartiene una dimensione irriducibile al clima rovente dei
tribunali intitolati all'esigente e implacabile Virtù, il feticcio un tempo
idolatrato dai funzionari della famelica ghigliottina, oggi usata dagli
agitatori delle tintinnanti manette e incensata dal giornalismo dei diversamente
colti e intelligenti. I sacerdoti dello sdegno e del ghigno.
Di sé
invece Marino Solfanelli scrive: "Nessuna pretesa da parte mia di
lanciare messaggi all'umanità, essendo questa prerogativa dei giornalisti
pennivendoli, poetucoli da strapazzo, politici cialtroni, amministratori
arroganti. ... Ho raccontato soltanto, in maniera scherzosa, quattro momenti
della vita dell'uomo, nella speranza di non meritare quattro sberleffi".
Gli sberleffi colpisco
le facce delle mummie in sosta nel salotto buono. Racconti godibili, quelli di
Marino Solfanelli,invece, sono specialmente consigliati per la lettura nelle
vetture bar dei treni a lunga percorrenza. Dove incombe la noia del tran-tran.
Per esperienza diretta il recensore può testimoniare che il piccolo libro di
Marino Solfanelli raggiunge lo scopo di sciogliere in un sorriso la monotonia
del viaggio.
Piero Vassallo
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