Gli esecutori delle disposizioni
mondialiste vanno sull'onda del capovolgimento. Poiché le cose capovolte destano
meraviglia e rompono la plumbea atmosfera che avvolge i sensibili, è agevole presentarle
giuste, lodevoli, commoventi. I gestori della politica, autorizzati dal popolo
sovrano, hanno preso dimestichezza coi doni che incantano il pubblico, è per
loro facile illustrarli e scansare i rappresentanti delle minoranze attaccati
alle cose che andrebbero per il loro verso.
Ma devono essere i rettofili a non aver capito
come prima il mondo andasse a rovescio, quando i sodomiti erano considerati
invertiti persino dalla Scienza. Non intendono che il mondo andava rettificato,
almeno in certe faccende di capitale importanza, come la concessione
dell'assoluta uguaglianza a tutte le inclinazioni umane, eccezion fatta per
quelle dei fascisti e dei fedeli alla lettera della divina legislazione.
Ultimamente - ma il progetto umanitario aspettava da tempo - la maggioranza degli eletti alla Camere vuole
approvare una nuova legge buonissima, una legge tanto debita quanto misericorde,
quella dello jus soli. Non importa se
i romani, soliti cinici, presto la chiameranno jus sola. Per ogni evenienza, il mite capo del governo si è fatto
coraggio scendendo in campo con un discorsone. Il volto contrito,
democristiano, egli si è fatto paladino dei poveri bimbi nati e cresciuti in
Italia e figli di stranieri, magari figli di stranieri ignoti, giunti da noi
mediante la criminale tratta degli innocenti. Quei bimbi, o ragazzotti e
signorine che essi siano diventati, hanno diritto alla cittadinanza nazionale.
Naturalmente Bergoglio, che prosegue a capovolgere la dottrina di Gesù
Cristo (secondo i ragionatori figli del mondo sorpassato), gongola e non spreca
parole inutili, non si sporca la lingua entrando nella diatriba politica. Egli
si è già espresso a iosa circa l'accoglienza di "gente d'ogni sorta"
(termine usato dagli appartenenti al mondo retrogrado) e circa l'uguaglianza
universale.
I Grillo, i Salvini, le Meloni spregiano la nuova legge, s'indignano, si
ripetono, adducendo le solite obiezioni. Non capiscono che di fronte all'idea che
ai miseri bambini si tolga un diritto, si spezzi l'avvenire di cui godono i
loro coetanei italiani (i quali sperano di sfuggire alla povertà e alla
disoccupazione che li minaccia e di farsi all'estero una vita degna delle loro
capacità - ma di fronte ai buoni sentimenti tutto questo scompare), non
capiscono, dicevo, che sono perdenti in partenza.
Io, che sono un po' birichino e anche pietoso nondimeno verso gli
sconfitti, voglio suggerire loro un espediente del vecchio mondo, un argomento
suscettibile di risollevarli. Dico: e perché i poveri figli del Bel Paese
dovrebbero essere defraudati della loro eredità, che lo jus soli impoverirebbe e soprattutto guasterebbe? Forse che la
cittadinanza non è un bere ereditario, trasmesso dai padri alla loro
discendenza? Forse che tutto ciò che nel Paese è pubblico, e viene dal sudore,
dal sangue e dalle virtù dei padri, non spetta ai figli? Per caso i democraticissimi diessini e i loro
fiancheggiatori (che ci tengono tanto ai propri averi) sono diventati
comunisti? Eccome lo negherebbero! Ma si smentiscono, perché il principio dello
jus soli altro non è che comunista. E
non già comunista patriottico, ma internazionalista, pertanto fuori della
realtà, come ogni dottrina che pretende di ignorare usi, costumi, lingua e
tradizioni dei popoli. Tanto è vero che l'Unione Europea si è dimostrata una
finzione: ogni popolo resta un ente, una persona, che difende i suoi interessi
bassi e alti, lo vogliano o meno i suoi governanti e i signori di Bruxelles.
Checché ne dicano, nemmeno questi politici pietosi vorrebbero che al
proprio paese, nella loro città, la loro cucina, le loro sagre, le loro usanze
venissero imbastardite. I proclami secondo i quali il miscuglio delle culture è
proficuo mostra la corda. Non si salvano capra e cavoli. Per la legge della
incompenetrabilità dei corpi, se entra lo straniero con la sua cultura, la
cultura locale ne soffre. Altrimenti ne nasce un miscuglio alieno. Ma quanti
ospiti sulla nostra terra sono disposti a rinunciare alla loro mentalità? Non
molti, e bastano i musulmani a formare delle colonie, come quelle dei nomadi
("zingari" dicono ancora quelli di Casa Pound, usando il vecchio
dizionario). Se poi qualche sprezzante di sinistra (che per ogni evenienza ha
pronta l'accusa di fascista) e il
sapiente Bergoglio parlano delle storiche invasioni barbariche in Italia, o
degli Stati Uniti formati dall'afflusso di ogni razza, o delle emigrazioni di
italiani nelle Americhe, è facile mostrargli la loro insipienza o la loro mala
fede. I barbari si fecero romani e cristiani. Il coacervo americano fu plasmato
con un certo stampo liberale, e tuttora laggiù ne portano le conseguenze. I
nostri connazionali portarono all'estero lavoro, ingegno e civiltà, e non solo
mafia colpevolmente tollerata.
Ma
con la demagogia si ragiona male e si compete peggio. E ho un bel suggerire ai
Salvini e alle Meloni che questi demagoghi sono i primi prigionieri del loro
strumento fascinatore: senza l'assistenza di Dio, gli integralisti fuori del mondo, non hanno speranza di
spuntarla.
Vale la pena aiutarli ancora un poco.
Il
primo ministro ha dichiarato che lo jus
soli distingue un paese civile. Egli si permette di tacciare di inciviltà i
molti Stati, tra i quali la Svizzera, che stabiliscono il principio dello jus sanguinis.
Esistono già condizioni legali, ritenute eque, per concedere la
cittadinanza italiana a stranieri residenti nello Stivale.
E dovremmo condannare l'Australia, che ha risolto il problema preliminare
dell'immigrazione irregolare?
Dal sito Internet di BBC News apprendiamo che:
I due principali partiti politici dell'Australia, la coalizione
Liberal-Nazionale e l'opposizione del Lavoro, sostengono forti politiche di
asilo.
Dicono che il viaggio che i richiedenti asilo fanno è pericoloso e
controllato da bande criminali e hanno il dovere di fermarlo.
Il governo di coalizione ha reso ancora più rigida la politica australiana
in materia di asilo quando ha preso il potere nel 2013, introducendo l' operazione Sovereign Borders , che mette i militari
nel controllo delle operazioni di asilo.
Sotto questa politica, le navi militari pattugliano le acque australiane e
intercettano le imbarcazioni migranti, rimorchiandole indietro in Indonesia o rimandando
i richiedenti asilo in gommoni o imbarcazioni di salvataggio.
Il governo afferma che le sue politiche hanno ripristinato l'integrità dei
suoi confini e hanno contribuito a prevenire la morte in mare.
Tuttavia, i critici dicono che l'opposizione all'asilo è spesso motivata
dalla razza e danneggia la reputazione australiana.
Quando i richiedenti asilo raggiungono l'Australia in barca, non vengono
tenuti in Australia mentre i loro reclami vengono trattati.
Invece, vengono inviati ad un centro di elaborazione
offshore. Attualmente l'Australia ha uno di questi centri nella nazione
dell'isola del Nauru e un'altra sull'isola di Manus in Papua Nuova Guinea.
Anche se questi richiedenti asilo si trovano come rifugiati, non è permesso
di stabilirsi in Australia. Essi possono essere sistemati in Nauru o Papua
Nuova Guinea, e quattro sono stati stabiliti in Cambogia ad un costo riferito
di A $ 55m (£ 28m, $ 42m).
I gruppi dei diritti dicono che le condizioni nei campi PNG e Nauru sono
assolutamente inadeguate, citando una scarsa igiene, condizioni dure, calore
eccessivo e mancanza di strutture.
La Corte Suprema della Papua Nuova Guinea ha stabilito in aprile che la
limitazione del movimento dei richiedenti asilo che non hanno commesso alcun
reato è incostituzionale.
Il primo ministro del paese ha poi chiesto all'Australia di chiudere il
centro.
Ma l'Australia non è disposta ad accettare i 850 uomini che si trovano al
centro e non è chiaro dove dovranno stare.
La probabile chiusura dell'isola di Manus significa che i richiedenti asilo
potrebbero essere trasferiti a Nauru, il che dice che ha spazio aggiuntivo.
Oppure potrebbero essere portati nel territorio australiano dell'isola di
Natale, dove c'è un centro di detenzione esistente.
Tuttavia, difficilmente cambia la linea dura dell'Australia
sull'immigrazione.
Piero Nicola
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