domenica 25 ottobre 2015

L'Occidente dopo l'occidentalismo

 Il doveroso rifiuto del relativismo professato da Oswald Spengler, non vieta di apprezzare il frammento di autentica predizione, natante in quel fiume di oscuri oroscopi, che è intitolato Tramonto dell'Occidente: la tradizione illuministica è esausta. Aggiornata dai pensatori californiani, la filosofia dei lumi inglesi si è puntualmente rovesciata nell'obitorio libertino/sessantottino.
 Il devastante incendio pederastico, lesbico, stragista e suicidario, che divampa in America e nelle nazioni americanizzate, non può essere contrastato e spento dai princìpi sulfurei della filosofia di stampo illuministico, filosofemi che hanno messo in moto le macchine delle desolazioni in corsa rovinosa nell'emisfero crepuscolare.
 L'Occidente è l'area geografica nella quale le difese immunitarie sono debilitate e/o intossicate da avventurose teologie sudamericane e da rigurgiti ideologici contenenti estenuate frusaglie neopagane e/o progetti elucubrati da infantili escursionisti nelle praterie abitate dalle vane e desolate allucinazioni intorno alla magica [truffaldina] mano del mercato [la  setta massonica e la congrega degli usurai].
 Di qui la fragilità e l'insignificanza delle destre liberali/occidentaliste e l'obbligo di uscire dalla desolazione confusionaria per cercare una nuova capitale politica dei princìpi del diritto naturale, viventi solamente nella lontananza dal pensiero inglese.
 Di qui, infine, l'obbligo di considerare seriamente l'insorgenza cristiana in atto nella Russia, la nazione, che dopo aver attraversato l'infernale deserto del marxismo, ha ritrovato la propria indeclinabile identità.
 Al proposito conviene riflettere sull'orgogliosa affermazione di Putin: “Mentre l'Europa rinuncia alle proprie radici, la Russia è uno degli ultimi guardiani della cultura europea, dei valori cristiani e della vera civiltà”.
 (Per inciso: non è un caso che Stalin, per destare l'animo guerriero dei russi, nell'inverno del 1941 abbia fatto appello – strumentale - alla fede ortodossa. Il machiavellismo del dittatore georgiano non diminuisce il valore della risposta cristiana dei soldati russi. L'impostura staliniana contiene – inconsciamente - l'ammissione dell'invincibilità della fede cristiana in guerra contro il neopaganesimo. Un fatto, questo, che ha destato l'acuta attenzione di Putin, critico implacabile dello stalinismo e tuttavia capace di condividere il patriottismo, al quale il dittatore sovietico si appellava).
 Nel 2013, svolgendo il tema della diversità della Russia, Putin affermò infatti: “Molta gente nei paesi europei si vergogna ed ha paura di parlare di convinzioni religiose. Si stanno eliminando le feste religiose o si sta cambiando il loro nome, nascondendo l'essenza della celebrazione”.
 In Russia, invece, si fortifica l'identità nazionale, basata sui valori tradizionali, che possiede la Chiesa ortodossa. Il tema dell'opposizione della Russia cristiana al nichilismo trionfante nell'Ovest liberale/crepuscolare, è sviluppato in un magistrale saggio, Vladimir Putin uno statista singolare, scritto dall'illustre teologo padre Alfredo Saenz e pubblicato a cura di don Ennio Innocenti e Francesco Caloi, nella collana della Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe.
  Opportunamente padre Saenz avvia la sua riflessione sulla Russia post-comunista citando il giudizio di Solzhenitsyn su Putin: “Ha uno spirito penetrante, capisce subito e non ha alcuna sete di potere. Il Presidente capisce tutte le enormi difficoltà che ha ereditato. Bisogna mettere in risalto la sua straordinaria prudenza ed il suo equilibrato giudizio”.   
 Fulminante, ad esempio, è il giudizio di Putin sul progetto egemonico elucubrato dai vertici politicanti d'America: “Gli Stati Uniti falliranno come l'Unione Sovietica cercando d'imporre il loro modello al resto del mondo”.
 Di seguito padre Saenz cita numerosi segnali della fedeltà al Cristianesimo dimostrata da Putin.
 Particolarmente interessante (e istruttivo per i teologi ubriacati dall'ecumenismo conciliare e/o depistati dal perdonismo sudamericano) il dialogo di Putin con il Re dell'Arabia saudita, il quale chiedeva di poter acquistare un vasto apprezzamento di terra per costruire una grande mosche nella capitale della Russia.
 “Non è problema, gli rispose Putin, ma ad una condizione: che lei autorizzi la costruzione nella sua capitale di una grande chiesa ortodossa”. “Non può essere” ribatté il re. “Perché?” domandò Putin. “Perché la sua religione non è quella vera e non possiamo permettere che s'inganni il popolo”. Putin replicò: “Io penso lo stesso della sua religione e tuttavia permetterei di edificare il suo tempio se ci fosse reciprocità. Così lasciamo stare questo argomento”.
 Il confronto della fermezza di Putin con la flaccidità dell'Europa occidentale e del clero ecumenico al cospetto delle imperiose pretese degli islamici è sconfortante e allarmante.
 Nella lettera aperta agli editori dell'opuscolo, infine don Ennio Innocenti elenca le fonti del pensiero di Putin: il ministro dello zar Nicola II, il geniale e audace riformatore Otr Arkadevic Stolypin (1862-1911), vittima del nichilismo rivoluzionario, e il filosofo spiritualista Nicolaj Aleksandrovic Berdaiev (1874-1948) quest'ultimo giudicato autore di di testi d'ispirazione certamente cristiana “non immune da qualche seria riserva”.
 Alle fonti filosofiche e storiche di Putin l'occidente, purtroppo, non ha altro da opporre che le suggestioni neo-gnostiche e neo-sodomitiche, striscianti nel cuore di una civiltà  estenuata e alterata dalla rincorsa di effimere chimere.
 Don Innocenti conclude la sua puntuale disamina riconoscendo che “Putin non è affatto in condizione d'inferiorità rispetto agli USA”.

Piero Vassallo

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L'opuscolo in questione può essere richiesto all'Arciconfraternita degli Angeli dei Cocchieri, Via Capitan Bavastro 136 – 00154 Roma  

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