venerdì 4 marzo 2016

LIBERTÀ DI STAMPA? (di Piero Nicola)

Ogni tanto si viene a sentire che abbiamo la libertà di stampa. Questa volta, perché sembra che un ingordo voglia appropriarsi di circa il 20% dell'informazione. La Stampa di Torino, già proprietà degli Agnelli, si fonde con il Gruppo Espresso, che possiede 16 quotidiani, due radio e La Repubblica. Anche il Secolo XIX di Genova dovrebbe seguire le sorti de La Stampa.
  Chi si preoccupa sono i giornalisti interessati, perché gli accorpamenti comporteranno una diminuzione del personale.
  Il Giornale, che ricorda d'essere politicamente dalla parte opposta rispetto ai giornali di sinistra antiberlusconiani, ironizza sul fatto che coloro i quali protestarono per i troppi canali in mano a Mediaset ora se ne stanno zitti. E il Direttore Sallusti afferma di non curarsi dell'accresciuta potenza degli oppositori che stanno sotto la guida di Carlo De Benedetti.
  Marcello Foa su Il Giornale pubblica notizie che danno la misura dell'autocensura dell'informazione filogovernativa. Il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, parlando al Consiglio dei diritti umani dell'ONU a Ginevra, ha denunciato il cattivo uso che venne fatto della Carta promuovendo le Primavere arabe: "una nuova lettura della Convenzione dei diritti umani" per imporre valori non universali, contrari a diritti economici, sociali e culturali.
  Veramente, non mi ero mai accorto che in questo paese ci fosse la libertà di informazione, e mi spiace che Sallusti, Belpietro e Feltri facciano credere che il loro presunto andare controcorrente o contro Renzi o contro il Pd costituisca libertà di dire e di stampare la verità.
  Su questo punto, sono proprio quelli di destra a impedire quanti ancora sarebbero in grado di ragionare con la propria testa, di ascoltare con le proprie orecchie e di vedere con i propri occhi.
  I quotidiani di opposizione alla cultura e alla politica imperante si fondano pur sempre su principi errati, illuministi, liberali; pertanto non possono informare rettamente, pertanto contribuiscono alla corruzione.
  Qualcuno dei ragionanti, udenti e vedenti congetturerà che la censura democratica consista nel tollerare qualche piccola voce veridica, che raggiunge soltanto pochi individui, perché la restante polifonia è unanime nel considerare valevoli diverse fondamentali falsità e diversi errori, ad ogni modo non osa denunciarli andando contro la generale opinione del pubblico, che si regge su quei maligni presupposti come sulle proprie gambe.
  Le cose non stanno nemmeno del tutto in questo modo. Esistono leggi liberticide che impediscono di smentire le imposture legalizzate. È facile citare le nuove leggi che stanno per entrare in vigore sulla sorta di matrimonio tra omosessuali. Dopo la loro approvazione, chi le dicesse cattive incorrerebbe in qualche sanzione legale per aver denigrato la volontà del popolo. Inoltre gli verrebbe imputato il delitto di discriminazione sessuale, equiparabile al razzismo, al bullismo, e così via. 
  Ma diventa sovversivo anche chi afferma invalida una legislazione attuata dagli eletti del popolo sovrano, poiché né il cittadino, né il deputato o senatore sottostanno ad un'etica loro sopraordinata, salvo quella della costituzione, ottenuta con lo stesso criterio che rende arbitri legislatori uomini politici di varia opinione.
   A parte il fatto che la costituzione è soggetta a cambiamento, che fu cambiata (in peggio, p.e. con la modifica dei Patti Lateranensi, e dei "limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare", i.e. marito non più capofamiglia) e sta per essere cambiata, essa contiene disposizioni deleterie. L'art. 21 recita: "Tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure".
  Questo diritto, unito alla libertà religiosa e alla facoltà di formare partiti con ideologie perverse come quella marxista, è chiaramente, di per sé, immorale. Si ammette la propaganda di teorie e credenze false e nocive, quantunque si debbano rispettare le norme vigenti sul buon costume e l'ordine pubblico e costituzionale.
  Un'altra violazione della morale è il diritto di sciopero, che affida alla forza bruta i diritti e i doveri del lavoratore. 
  L'art. 54 prescrive: "Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi".
  Dunque si conculca la libertà di fare apologia di valori che distruggerebbero certe leggi ordinarie  e costituzionali, sebbene tale apologia sia ineccepibile e giustamente dettata dalla coscienza.
  In paesi anglosassoni, si sono già verificate condanne di chi, presumendo di godere della libertà di stampa e di parola, ha negato la liceità dei comportamenti omosessuali.  
  Come osservato sopra, non è la restrizione della libertà ad essere iniqua. Del resto, tutti i regimi devono ricorrervi in qualche modo per preservare la loro esistenza. Iniquo è l'abuso della libertà, come l'abuso che condanna il suo giusto esercizio.


Piero Nicola

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