giovedì 25 maggio 2017

DEFUNTI E COSCIENZE: VITTIME D'UNA PROPAGANDA (di Piero Nicola)

Torno su una requisitoria già svolta assai, ma occorre controbattere la propaganda pervicace e insidiosa.
 Difendere risolutamente una tesi politica contro l'opposizione politica, trovandosi al vertice del potere, è sempre stata ritenuta un'azione dittatoriale. Da noi, le massime cariche dello stato democratico sono costituite al di sopra delle parti. La regola sussiste sebbene sia stata trasgredita, sebbene nella patria della democrazia il Presidente USA abbia ampia facoltà di fare politica, con poteri governativi e di propaganda.
  Ma l'arbitrio di cui sopra sarebbe il meno, se consistesse, poniamo, in una manovra per far cadere un capo del governo. L'insistente opera di persuasione proveniente dal vertice, accusato da Salvini (stando alle informazioni della stampa) di pratica complicità con gli scafisti negrieri, non si fida più dei suoi fallaci argomenti multietnici, che stentano a fare presa sulla gente preoccupata dall'invasione extraeuropea; perciò batte e ribatte sul sacrosanto, ineccepibile principio secondo il quale chi è in pericolo di morte, deve essere soccorso e salvato. Con questo, anziché aver detto l'ultima parola che tappa la bocca al contraddittore, viene carpita la buona fede del cittadino, si inganna la sua coscienza, operando un'omissione clamorosa circa il caso concreto. Se l'evento funesto - che nonostante ogni sollecitudine provoca morti e disgrazie - è evitabile e il soccorritore può prevenirlo, anche su di lui ricade la colpa, a lui spetta la responsabilità sacrosanta di adoprarsi affinché la disgrazia non possa avvenire.
  È notorio come si svolga il soccorso in mare degli stranieri imbarcati su natanti non solo inadatti a raggiungere l'approdo, ma positivamente destinati a un imminente naufragio. La flotta nazionale e le organizzazioni non statali, pronte a intervenire, non impediscono che molti emigranti periscano, anche in condizioni atmosferiche normali. Inoltre molti trasportati nella tratta operata dagli scafisti (tratta innegabile, i capibarca essendo considerati fuorilegge e perseguiti dai tutori della legge) subiscono coercizioni e violenze anche mortali. Si pensi nondimeno ai tanti bambini mandati allo sbaraglio senza alcun loro genitore o parente. Pertanto la nazione che si incarica di trarre in salvo i prossimi all'annegamento ha la responsabilità di evitare le morti e le violenze subite nella suddetta circostanza. Forse che a tale nazione mancano i mezzi per farlo? No di sicuro.
  Dei criminali portano esseri umani in condizioni di perdita della vita, addossando il loro scampo a uno Stato straniero, il quale non potrà mettere tutti al sicuro. Le democrazie invocarono simili crimini per intraprendere azioni di guerra contro i criminali La morale senza bisogno di etichetta prescrive tale sollecito provvedimento, che dovrebbe assumere lo Stato cui spetta di sconfiggere la tratta. E per farla cessare, per far cessare gli affondamenti e i decessi di ogni genere, basta riportare sistematicamente i naufraghi nel luogo da cui sono partiti. L'unico motivo valido per non farlo sarebbe quello di sottrarli alle mani dei loro aguzzini, che però devono essere debellati da chi di dovere. Il motivo dell'accoglienza di disperati costretti alla fuga non regge. È dimostrato dai segni delle violenze loro usate in terra libica che si tratta d'un commercio di tipo schiavistico, in cui sono coinvolti anche individui privi di diritto d'asilo. Se ne hanno le prove e le riprove. L'indispensabile cernita di chi ha diritto d'asilo esclude il ricevimento di una massa eterogenea. Forse che, prima di prendere il mare, si trovano in uno Stato che perseguita i rifugiati, che intende affamarli e li costringe alla fuga?  Lo Stato libico è sovrano, riconosciuto dall'Italia, dalla UE, dall'ONU, e non viene accusato di siffatte persecuzioni.
  Ora, la Libia non provvede in nessun modo. Se il governo libico, che ha la giurisdizione sulle genti venute nel suo territorio, si giustifica con la propria impotenza, deve chiedere aiuto all'Italia e accettare l'intervento italiano, in mancanza del quale si diventa corresponsabili del delitto, proprio come sostiene Salvini.
  Non basta. La extraterritorialità delle acque internazionali non giustifica i comportamenti illeciti, tanto più quando interferiscono con l'azione di soccorso operata dallo Stato che raccoglie i naufraghi. Quelle navi di organizzazioni sedicenti umanitarie che vanno a prendere i naufraghi, partecipano della responsabilità della tratta e dei suoi esisti nefasti, che esse siano autorizzate o no dal governo italiano, e a prescindere dagli interessi che possano avere nella faccenda. Esse non hanno alcuna facoltà di giudicare i diritti di esuli goduto dagli emigranti, né di stabilire dove essi debbano essere sbarcati. Tuttavia la colpa maggiore ricade su Roma, che contribuisce al traffico infame. Andando in acque internazionali a prendere i prossimi immigrati e permettendo ad altri di fare lo stesso, Roma permette la prosecuzione del fenomeno esiziale, che cesserebbe con una semplice dichiarazione di non volervi consentire. L'Australia ha agito così verso gli stranieri provenienti dall'Asia navigando su boat people di fortuna.
  Dal sito Internet di BBC News apprendiamo che:
I due principali partiti politici dell'Australia, la coalizione Liberal-Nazionale e l'opposizione del Lavoro, sostengono forti politiche di asilo.
Dicono che il viaggio che i richiedenti asilo fanno è pericoloso e controllato da bande criminali e hanno il dovere di fermarlo.
Il governo di coalizione ha reso ancora più rigida la politica australiana in materia di asilo quando ha preso il potere nel 2013, introducendo l' operazione Sovereign Borders , che mette i militari nel controllo delle operazioni di asilo.
Sotto questa politica, le navi militari pattugliano le acque australiane e intercettano le imbarcazioni migranti, rimorchiandole indietro in Indonesia o rimandando i richiedenti asilo in gommoni o imbarcazioni di salvataggio.
Il governo afferma che le sue politiche hanno ripristinato l'integrità dei suoi confini e hanno contribuito a prevenire la morte in mare.
Tuttavia, i critici dicono che l'opposizione all'asilo è spesso motivata dalla razza e danneggia la reputazione australiana.
Quando i richiedenti asilo raggiungono l'Australia in barca, non vengono tenuti in Australia mentre i loro reclami vengono trattati.
Invece, vengono inviati ad un centro di elaborazione offshore. Attualmente l'Australia ha uno di questi centri nella nazione dell'isola del Nauru e un'altra sull'isola di Manus in Papua Nuova Guinea.
Anche se questi richiedenti asilo si trovano come rifugiati, non è permesso di stabilirsi in Australia. Essi possono essere sistemati in Nauru o Papua Nuova Guinea, e quattro sono stati stabiliti in Cambogia ad un costo riferito di A $ 55m (£ 28m, $ 42m).
I gruppi dei diritti dicono che le condizioni nei campi PNG e Nauru sono assolutamente inadeguate, citando una scarsa igiene, condizioni dure, calore eccessivo e mancanza di strutture.
La Corte Suprema della Papua Nuova Guinea ha stabilito in aprile che la limitazione del movimento dei richiedenti asilo che non hanno commesso alcun reato è incostituzionale.
Il primo ministro del paese ha poi chiesto all'Australia di chiudere il centro.
Ma l'Australia non è disposta ad accettare i 850 uomini che si trovano al centro e non è chiaro dove dovranno stare.
La probabile chiusura dell'isola di Manus significa che i richiedenti asilo potrebbero essere trasferiti a Nauru, il che dice che ha spazio aggiuntivo.
Oppure potrebbero essere portati nel territorio australiano dell'isola di Natale, dove c'è un centro di detenzione esistente.
Tuttavia, difficilmente cambia la linea dura dell'Australia sull'immigrazione.

  In questo affare mediterraneo gli interessi politici e di potenti singoli o di potenti gruppi di varia specie sono evidenti. I nostri capi subiscono costrizioni e minacce? Almeno conservino una parvenza di dignità e stiano zitti nel loro malgoverno, si astengano dalle imposture che corrompono il popolo abituandolo alla falsità, a coprire la più deleteria immoralità con una foglia di fico.


Piero Nicola

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