venerdì 5 maggio 2017

Il buonismo quale flagello dell'economia

Prima di ragionare intorno ai problemi sollevati dall'immigrazione dei terzomondiali, può essere utile riflettere su due cifre estratte dal vasto e inquietante catalogo, in cui sono elencati i problemi, che assillano e tormentano gli italiani: 3.100.000 disoccupati e 3.931.133 extracomunitari presenti sul nostro territorio.
Le due cifre dell'angosciante malessere italiano (e francese, per inciso) costituiscono il risultato di un delirio politico, lanciato al galoppo sulle piste dell'immigrazione da iniziati e da politici coatti, che imitano la trapassata utopia americana e importano le sue ingenti e macroscopiche contraddizioni.
Ora è difficile e forse impossibile capire e sottoscrivere – senza condividere il sodomitico proverbio, che declina il sadismo viaggiante nei piaceri attivi nell'alta finanza – i motivi che inducono il sommo miliardario ineconomico Georges Soros ad apprezzare un fenomeno oscuro e desolante, quale è la crisi economica in atto in Italia.
Il pensiero anticattolico e la attività del noto miliardario danneggiano una nazione ingegnosa e laboriosa, opponendosi alla forte attrazione, che la nostra civiltà e il nostro onesto benessere esercitano sui terzomondiali.
Di qui il sospetto che l'immigrazione sia approvata, incoraggiata e facilitata dai banditori del capitalismo selvaggio, stregoni impegnati a inquinare e devastare il resto dell'Europa cristiana, in vista della sua decadenza e del suo affondamento in quel paludoso e fetido assolutismo, che è propriamente detto civiltà bancaria.
Corre anche l'obbligo urgente di riscattare le ragioni dell'opposizione al capitalismo, che furono abusare dalle criminogene impresa dei comunisti e dei nazisti e con loro squalificate e liquidate dalla trionfante guerra di liberazione americana.
Al proposito è necessario rammentare che il terrifico spettro dell'opposizione comunista e nazista al capitalismo giustifica (surrettiziamente e arbitrariamente) l'attività di quell'ideologia liberalista, che sta avvelenando e impestando (salve poche e nobili eccezioni, la Russia di Putin, ad esempio) l'umanità postmoderna.
Di qui l'inutilità dei partiti oggidì vanamente e storditamente collocati a destra del capitale, quindi l'urgente necessità di aggiornare e riabilitare le tradizionali ragioni della resistenza al potere degli usurai, ragioni che furono avvelenate e vanificate dagli utopisti sovietici, prima di essere rapite, abusate e screditate in via definitiva dal nazionalsocialismo.
La correzione dello scenario politico, attualmente alterato dall'utopia neo liberale, dipende dalla entrata in scena di una cultura politica atta a coniugare l'irriducibilità al capitalismo e la emancipazione dell'economia dalle soffocanti ipoteche accese dagli usurai.
Il compito della cultura d'ispirazione cristiana, finalmente in uscita dal labirinto in cui si aggirano i fantasmi delle paradossali rivolte gregarie, è la riabilitazione del sano ottimismo, antitesi allo stordimento buonista e unica alternativa a quella tetra mitologia denatalista, che ha esposto la civiltà occidentale al rischio di oscillare tra le pessimistiche, funeree suggestioni intorno al regresso demografico e l'ottimismo, in corsa demenziale e cimiteriale in direzione del lupanare cosmico, alternativa allegramente e fruttuosamente promossa dai post comunisti e dai radical chic.
E' dunque evidente la necessità di far uscire la cultura della destra dal labirinto americano, in cui circolano i fumosi prodotti della obbedienza alle leggende intorno al primato dell'economia. Fu tale la linea tracciata dagli studiosi radunati intorno alla Fondazione Volpe, linea purtroppo non condivisa dai militanti di una destra conformista, che inseguiva e insegue le cieche e rovinose chimere del liberalismo.


Piero Vassallo

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