La realtà del tempo presente, il mondo in cui
viviamo, ci sta sfuggendo; soprattutto le sue cause sfuggono alla nostra
comprensione. Ci sembra di renderci conto dei problemi, e anche delle soluzioni
di questa crisi, che ormai si manifesta grossolanamente; ma certi presupposti
inamovibili, come il sistema democratico e i concetti di giustizia, di diritti,
di solidarietà, accettati per abitudine e non abbastanza approfonditi,
impediscono di avere la chiarezza, la soddisfazione, e si resta non solo nel
dubbio, si resta nella sensazione di impotenza, nello scetticismo rispetto al
ricupero di una vita buona.
Tuttavia la soluzione possibile esiste. È
quella della Fede certa e della vera filosofia in accordo con la Fede, in
accordo con questo patrimonio che ci appartiene, e che è aggredito dalla
cultura moderna nella quale siamo immersi, nella quale si perde l’orientamento.
Sarebbe inutile negarlo. Purtroppo oggi gli uomini della Chiesa, i pastori,
sono inefficienti, se non anche fuorvianti. I pastori, che sono sempre
necessari. La Chiesa ha cessato di essere il porto sicuro.
Allora occorre anzitutto confutare,
smascherare gli errori, e le trame assai sotterranee che irretiscono e
confondono persino i migliori, e così portare alla luce le cause e vedere i
rimedi.
Ci sono diversi modi per mettere le cose in
ordine, per rassicurare. Il discorso teologico e quello filosofico, da opporre
agli inganni, non sono facili. Inutile farsi illusioni. E tuttavia è necessario
approfondire per afferrare gli ostacoli, per smontare le trame in azione. Ma la
dimostrazione filosofica, anche in forma divulgativa, spesso riesce ostica,
richiede applicazione e stanca il lettore. Già Platone ricorse all’arte del
dialogo socratico. Altri composero opere letterarie di carattere filosofico in
forma di racconti e di romanzi, che resero accattivanti le loro tesi. Alcuni di
questi maestri, per altro, furono cattivi maestri. Per esempio Voltaire, con il
suo “Candido”.
Nel panorama odierno delle lettere il racconto
filosofico e veridico è una rarità. Eppure sarebbe quanto mai necessario per
schiarire le idee dei benpensanti.
Piero Vassallo, dopo una vita di studi
politici, filosofici e teologici, ci ha dato un’opera di questo genere ed è riuscito
nell’intento.
Simeone, il protagonista, raggiunge la
stazione della sua città per prendere un treno della Compagnia dei vagoni letto,
e recarsi a un convegno, a Venezia, dove terrà un discorso sul declino della
ragione.
Fin dalla partenza, si presentano le occasioni
per fissare il clima della vita attuale in chiave critica e oggettiva. Sul filo
delle sue meditazioni si manifesta un’epoca della limitatezza cartesiana, del
dispotismo bancario, della farsa liturgica e del nuovo quietismo, ossia dell’acquiescenza
verso il disordine, della complicità con la cultura decadente e amorale. Il carpe diem, l’edonismo deve sfociare nel
nichilismo, nel nulla mortifero, e invece molti sembrano rassicurati dallo
statu quo, quando ormai il collasso è alle porte.
Che cosa sarebbe l’invito al trattenimento
istruttivo, senza uno stile brillante? Merita citare un quadretto degli
sciatori della società consumistica, che fremono sul marciapiede ferroviario: “Sotto
turbanti di finta pelliccia, alcuni dopolavoristi, camuffati da signori delle
nevi, voci rauche, natiche straripanti, cuori agitati dalle promesse dei
bollettini meteorologici, affrettavano il passo della loro impellente voglia di
discesa”. Essi fanno parte dei “discendenti universali” alla “sciolina”.
L’architettura e il decoro liberty della
stazione precorrono la decadenza postmoderna, la degradazione dei suoi
frequentatori. Le considerazioni sono originali, nutrite di mirabili aforismi. E
già l’autore coglie spunti per accennare a opere, eventi, personaggi d’ogni
tempo, per discernere l’oro dagli orpelli. La storia della cultura così
abbozzata è una miniera di notizie invitanti a ulteriori esplorazioni sotto una
sicura indicazione.
Di lì entriamo nelle carrozze lussuose del
viaggio. E giungono i dialoghi quasi socratici, inframmezzati da ricordi che cominciano
a tracciare il curriculum del protagonista: Simeone. Egli militò nel comparto
di un partito della estrema destra. Nonostante la sua strenua ricerca del vero,
nonostante le sue qualità, era fatale che non potesse emergere, essendo
osteggiato dai dirigenti e anche da qualche compagno di avventura nel Bunker. Il
Bunker era la significativa etichetta della sezione del movimento, in cui le
belle speranze dovevano essere frustrate.
Nella vettura ristorante egli incontra un
vecchio compagno di battaglie politiche, Giuseppe, ora avvocato. Insieme
ricordano le trascorse esperienze, la varia umanità dei vecchi colleghi, i
maestri incontrati o frequentati. Con ciò si precisa il loro pensiero. Un
professore napoletano, Antonio, un bello spirito assai colto, si unisce alla
conversazione e, con lui, Chiara, una giovane donna affascinante, il cui
compagno di mensa, industriale farmaceutico, si è allontanato con una scusa,
infastidito dal tenore del colloquio. Antonio, salottiero, ha la parte dello
scettico, del sofista negatore della forma. La donna rappresenta il buon senso
pratico. Il Barone Nero, cioè Evola, e Guenon vengono passati al vaglio come
pensatori di una destra che, professando uno spiritualismo gnostico, esoterico,
anticattolico, s’incontrerà con la sinistra sia atea e nichilista, sia pseudocristiana
modernista. Tutte queste idee fuori dell’ortodossia sono destinate a confluire
nella filosofia dell’umanità elevata a divinità, realizzata mediante liberazioni
o iniziazioni impossibili, risolte nella peggiore delle corruzioni.
Sciolta momentaneamente la compagnia, Simeone
e Chiara si ritrovano, si intrattengono confidenzialmente e con una certa
simpatia, che non dà luogo ad arrivederci. Ma è l’occasione per completare la
storia dell’educazione e la storia sentimentale del protagonista, che fu lasciato
dall’amata a causa del suo destino di irregolare, coerente nella ricerca della
verità e dell’adesione alla verità. Intanto si precisa il vasto quadro dei tempi
in evoluzione.
Al mattino, Simeone si sveglia che il vagone è
fermo su un binario morto in una campagna aprica e desolata. Gli si fa incontro
un certo Guido, incaricato di raccogliere i viaggiatori e di condurli a un
villaggio sperduto del paese di Armonia. Armonia: una denominazione che si
rivelerà una beffa. Egli ha perduto il contatto con i suoi compagni, che
ritrova in seguito.
Ed ecco la descrizione della località
regredita a una condizione di presunta naturalezza, secondo un’ideologia
ecologica accordata con l’ideologia progressista d’avanguardia. Il paese, uno
stato nello stato che lo protegge, è governato da dirigenti chiamati Entità. Tramite
lezioni collettive, essi operano una sorta di rieducazione dei neofiti, usando
mezzi dialettici, psicologici, e la corruzione libertina, la coercizione
spacciata per giustizia. Il punto di forza di questo regime è il mito del
ritorno ai primordi, il mito di una liberazione dal monoteismo e
dell’affidamento agli istinti: una liberazione dalla razionalità, una
liberazione che nell’uomo prende la piega del vizio, dell’orgia. Lo sfrenamento
conduce al delitto, al sacrificio umano sotto la forma di un rito, che pure è
demoniaco. La pur necessaria tesi intellettuale si appoggia sulla mitologia
greca, sul paganesimo di Wagner, sulla filosofia moderna, sull’eresia gnostica,
sul panteismo, su una gamma di altre eresie che negano Dio vero, il Dio
legislatore e di giustizia dell’Antico Testamento. Si travisa Cristo per farlo
servire all’antropocentrismo, in cui l’uomo, simile a Dio, può permettersi
tutto, anzi deve soddisfare ogni impulso.
Insomma, l’enclave dove si congiungono i
simboli del nazismo e del comunismo, prefigura vivamente l’approdo cui questo
nostro mondo appare avviato.
I nostri eroi riusciranno a uscirne e a godere
di una pace fondata sul credo cattolico. Ma non voglio togliere il piacere di
scoprire come ciò avvenga. Posso solo anticipare che non manca qualche idillico
incontro tra i due sessi della brigata e che, d’altra parte, in una plaga limitrofa,
un imprenditore capeggia un movimento controrivoluzionario. Tuttavia egli è
ancorato a un costume borghese di dialogo e di compromesso, un costume
democristiano che non autorizza illusioni. Il grande paese circostante è
dominato da uomini della cattiva specie, in combutta con l’editore Rosati, il
capo delle Entità maledette. Nella libidine del loro potere, esse non badano agli
esiti distruttivi dell’andamento impresso alla società. Però agli amici giunti
in salvo sulla cima di una montagna giunge notizia che il Costruttore di Arcore
ha vinto le elezioni. Si affaccia la speranza che possa spezzare lo scellerato
governo di Rosati.
Simeone risente dei postumi di una bastonatura
ricevuta per la sua ribelle confutazione delle empie lezioni dottrinali. Ha
delle allucinazioni, in cui gli compare l’amico Francesco Grisi, sagace artista
e intellettuale. Egli in un’aura surreale gli dice d’aver partecipato
all’avventura del treno e del soggiorno nel luogo infernale di Armonia. Nella
sua fantastica apparizione, Grisi prevede la rovina delle Entità, che recano in
sé il germe della dissoluzione. Egli prospetta una contro-follia, un antidoto
sicuro per ogni evenienza, in cui riporre la speranza: la follia cristiana, la
follia dei santi. Gli amici si trovano concordi al confine con uno stato
mistico, a contatto col regno della certezza ultraterrena. Usciti da ogni
solco, sulla vetta del monte isolato, al di là della comprensione si percepisce
la gloria di Dio, si comprendono i miracoli dei santi che sconfiggono le Entità
e i loro commerci.
Piero Nicola
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