La risposta è positiva se pensiamo che con
l’ultimo lavoro dello studioso genovese – ‘Un treno nella notte filosofante’ (Solfanelli,
Chieti, 2013) – ci troviamo al cospetto di un libro politico-filosofico che, in
sostanza, è un romanzo ‘sui generis’, visto che esso, come suona il
sottotitolo, discute della ‘Cronaca d’un viaggio tra incubo e teologia’. I
fatti narrati si presentano chiari ed inequivocabili poiché, all’improvviso, il
protagonista principale, Simeone, sotto mentite spoglie l’Autore, viene a
trovarsi coinvolto in una serie di complicate, assurde e dolorose vicende; e
ciò, proprio nel momento in cui intraprende un viaggio per un Convegno filosofico
a Venezia e, precisamente, quando le vetture vengono, per uno sciopero,
instradate su un binario morto.
Simeone e gli altri viaggiatori hanno la
possibilità di dialogare su varie questioni, ivi comprese quelle politiche e
speculative – come, ad esempio la ‘res cogitans’ e la ‘res extensa’, o Guénon convertito
all’Islàm – intervallate da altre considerazioni di vario genere, mentre
entrano in ballo, di volta in volta, i tanti interpreti degli eventi, ad
iniziare da Chiara che Vassallo riesce a ben delineare in tutte le
sfaccettature caratteriali, umane e spirituali.
Ad un certo punto della discussione,
l’argomento cade sul cosiddetto ‘barone nero’ - al secolo Julius Evola, celebre
filosofo, pittore, dadaista ed esperto di problemi filosofico-esoterici – e
Chiara chiede a Simeone se conosce l’autore di ‘Introduzione alla magia’
(1971); l’interlocutore risponde non solo di conoscerlo, ma anche di averlo
frequentato in tempi lontani, esattamente agli inizi degli anni Cinquanta.
Simeone, non si lascia pregare e racconta, per filo e per segno, da una parte,
le peripezie, per raggiungere Roma – siamo nel primo dopoguerra – e,
dall’altra, i contenuti del colloquio col filosofo abitante, fino alla morte,
“in un edificio d’età umbertina”, secondo Vassallo, in Corso Vittorio Emanuele
II.
Anche se personaggio stravagante, il filosofo,
insuperabile traduttore, tra l’altro, de ‘Il tramonto dell’Occidente’ di
Spengler, accetta il confronto con Simeone e il suo giovane amico, Stefano,
discettando di vari temi, citando le proprie pubblicazioni, e non nascondendo,
alla fine, la propria avversione per Aristotele. La discussione, aperta ad
altri protagonisti, si infiamma e vengono fuori la modernità ‘circense’, il
motivo ‘cavalcare la tigre’, ‘la rivolta contro il mondo moderno’, tutti
cavalli di battaglia del pensatore dadaista, unitamente al tema della romanità
che un professore, che partecipa alla discussione, ascrive solo a S. Tommaso e
a Giotto, in netto contrasto con lo spirito germanico privilegiante Lutero,
Boheme e Hoelderlin.
Frattanto, per uno sciopero che inizia a
mezzanotte, vengono sospesi, sul convoglio, tutti i servizi offrendo l’opportunità
ai passeggeri di affrontare una serie di tematiche sull’esistenza umana come
quella, per esempio, di Chiara secondo la quale “alla fine la vita normale ha
il sopravvento”. Nel volume sono, spesso felicemente, incastonate, tematiche e
riflessioni di particolare significato che lasciano trasparire non solo le
posizioni culturali, segnatamente speculative, dell’Autore, ma anche i dati
autobiografici ambientati negli anni immediatamente successivi alla fine del
secondo conflitto mondiale.
Egli è ancora un ragazzo di dodici-tredici
anni, ma ricorda con lucidità i drammatici avvenimenti di quei giorni
allorquando, scrive, “gli orfani recenti, quelli che facevano mostra
d’insicurezza, erano sospettati di fascismo. Nelle scuole più illuminate, si
alzarono le mani per correggere gli orfani ‘indiziati’”. Sintomatico, al
riguardo, la testimonianza dello stesso, secondo cui “un mese prima della pace”
una “maestra fu lestamente processata per spionaggio, (…) Di lei rimase solo il
tenero rimpianto della classe, all’oscuro della eseguita giustizia”.
Ed eccoci alla seconda parte del romanzo – la
più interessante - con l’acerbo risveglio di Simeone nel treno privo di
corrente, inchiodato, in piena campagna, su un binario morto, e purtroppo
lontanissimo dalla laguna; e, qui, entrano in ballo interpreti come Guido,
Ivano ed altri i quali comunicano che si è verificata una svolta storica, un’Ultrarivoluzione,
cioè - dato il declino dell’Occidente cristiano – con l’avvento di Entità
superiori; tale dottrina è professata e divulgata da Guido il quale sostiene
che tali Entità “hanno superato l’ideologia comunista”. Il più restìo ad
accettare tale nuova prospettiva ideologica è soprattutto Simeone contrario
ovviamente, alla posizione di T. W. Adorno e di Marcione, autentici
teorizzatori della gnosi.
I personaggi che l’Autore fa muovere sul
proscenio di queste tempestose vicende rispondono ai nomi di Cerenetti,
Antonio, il Dr. Armandi-Brandi, Sigfrido, Maria Teresa, Martina, Lucilla,
Martina, il prof. Melotti, l’Editore Rosati e numerosi altri, tutti, in qualche
modo, coinvolti in vicende che sanno di irreale e di imprevedibile. Intanto, a
Simeone, insieme con altri amici, viene assegnata una baracca visto che siamo
al cospetto di un vero e proprio sequestro.
Al riguardo, Lucilla sentenzia: “l’autorità
siamo noi” mentre il prof. Gamballarghi, dal suo canto, chiarisce che “le
categorie del razionalismo, le categorie generate dal principio monoteista
d’identità e non contraddizione ci hanno fatto entrare nello stato di
conflittualità, nel quale la natura rischia l’estinzione”. Durante le laboriose
e contrastanti discussioni, Simeone contesta, naturalmente, la validità della
saga wagneriana avente come protagonisti Wotan, Siegmund e Brunilde, non
peritandosi, addirittura, di proclamare: “io sputo in faccia ai pensatori
germanici”.
Frattanto, iniziano le lezioni per rieducare
al nuovo verbo i sequestrati, ma Simeone disgustato da tante eresie, sostenute
dai corifei dell’Ultrarivoluzione – come ad esempio, la sofiologia sepolcrale
divulgata dal prof. Ceneretti e la teoria delle Erinni, considerati veri angeli,
professate da altri – sbotta venendo violentemente colpito, da Ivano, con una
bastonata all’arcata sopraccigliare. Chiara gli è vicina e cerca d’aiutarlo
anche se il clima in cui vivono si presenta enigmatico ed irreale.
Ora, entra in scena padre Sergio - sacerdote
tradizionale e di sani principi che, osserva Vassallo, “non si è piegato alla
riforma neoreligiosa, pur in un’atmosfera di mondanismo – al quale viene dal
suo superiore affidata una delicata missione, quella, cioè, di tutelare
l’incolumità di una persona affidandola ad una famiglia sicura, dato che i
comunisti restano sempre nemici della Chiesa.
Ma, l’Autore introduce anche una serie di
osservazioni di ordine politico-religioso inerenti sia al nazismo e al
comunismo, ormai condannati al fallimento, sia alla volontà delle Entità
dirette a laicizzare totalmente la curia romana. Lucilla, pronubo l’Editore, sottoposta
ad un orrendo orgiastico sacrificio viene uccisa in un clima macabro e cruento
mentre Guido, durante una lezione, sostiene che le Entità hanno elaborato un
piano atto a liberare l’agricoltura dalla sudditanza alle multinazionali onde
riscoprire la sapienza degli antichi lavoratori della terra.
Ad un certo punto, però, per effetto dei
princìpi annunziati dai nuovi oscuri pedagoghi, matura, in alcuni sequestrati,
l’idea di una fuga a cui aderiscono Simeone, Maria Teresa, Chiara, l’avvocato e
il titubante Guido i quali, nonostante i rigori della montagna e le altre
innumerevoli difficoltà logistiche, discutono di varie problematiche e, in
particolare, della figura di Rosati definito, di volta in volta, un corruttore,
un distruttore, un traditore di giovani e un anarchico; il responsabile, in
definitiva, dell’atroce morte di Lucilla.
Intanto il prof. Melotti e Martina decidono di
sposarsi mentre Simeone si abbandona a delle confidenze con uno sconosciuto al
quale racconta le disavventure del treno deviato, del sequestro dei passeggeri
e della fuga dall’Armonia, non senza un sincero elogio alla pensatrice, allieva
di Husserl, Edith Stein, la celebre santa del Carmelo.
Ma le ultime ed assai commoventi parole di
Vassallo sono riservate al ricordo della figura di Francesco Grisi, scrittore
cattolico non integrato, poeta, pittore, saggista e uomo di vasti orizzonti
culturali, scomparso 14 anni fa a Todi dopo lunga e tormentata malattia da lui
efficacemente definita ‘dolce compagna’. Da qui, l’ideale colloquio fra Simeone
e Grisi che si confrontano sui temi più scottanti del nostro tempo, come
l’economia, la figura di Mussolini, la felicità, il mistero della vita etc.
Romanzo filosofico-politico complesso questo
di Piero Vassallo, non esauribile, naturalmente, nel contesto di una semplice
recensione; in esso rinveniamo, difatti, tutta la sua vita e l’intero suo
travaglio religioso; travaglio spirituale sorretto da severe idealità
cristiano-cattoliche e da inconcussi princìpi che ne fanno uno dei più
intransigenti rappresentanti della cultura italiana contemporanea anche quando
alcune sue tesi non sono del tutto condivisibili. Ma, a chi sa leggere tra le
righe dell’opera in questione, non sfuggiranno i nessi che presiedono
all’ideazione e alla traduzione in atto di una visione del mondo così sincera e
così sentita.
Concezione del mondo ancorata ad una salda ed
organica impalcatura che fatto della religione rivelata il centro propulsore della
vita dell’Autore e che ha contribuito in maniera sostanziale alla sua posizione
esistenziale di ‘Homo viator’, direbbe Gabriel Marcel, in “hac lacrimarum valle”.
Lino Di Stefano
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